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Storia di una rapporto che da idilliaco è diventato pessimo...ci sarà il lieto fine? Manuela Geracitano n. matricola 3809967 Matematiche elementari da un punto di vista superiore. Prof. Giovanni Lariccia. IO E LA MATEMATICA.
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Storia di una rapporto che da idilliaco è diventato pessimo...ci sarà il lieto fine? Manuela Geracitano n. matricola 3809967 Matematiche elementari da un punto di vista superiore. Prof. Giovanni Lariccia. IO E LA MATEMATICA
Il mio rapporto con la matematica è iniziato senza che me ne rendessi bene conto. Imparavo giocando, con i classici giochi che si fanno a quell'età: erano gli anni '80 e si giocava con i lego, i chiodini colorati, ecc e come tutti ho imparato a contare con le dita ma anche con i piedi...infatti quando andavo all'asilo (da casa mia erano circa 100 metri) con il nonno contavo ogni giorno quanti “passi” servivano per arrivarci. Ogni giorno il numero variava e io non capivo il perché. GLI ALBORI
PERCHE'? Ovviamente non conoscevo concetti quali la distanza o la misura e per cercare di stare al passo con il nonno ogni giorno allungavo sempre di più piedi e gambe.
All'asilo Suor Edda Maria aveva consegnato ad ogni bambino un libricino verde, ricordo che su questo libricino c'era stampata la figura di una mela. All'interno le pagine erano piene di figure da colorare (questo era quello che pensavo io). “COLORA IL CAPPELLO DEL FUNGO PIU' GRANDE” ma l'attività da svolgere non era semplicemente colorare ma capire quale dei due funghi fosse più grande: la GRANDEZZA!
Ovviamente la mia attività matematica non si limitava a questo. A casa, con mio fratello Alessandro, giocavo con una palla di spugna di colore arancione che però aveva per me una forma strana: era in realtà un grande dado; su ogni faccia erano stampati quelli che secondo me erano dei semplici pallini neri: i NUMERI! Mio fratello, di 3 anni più grande, mi diceva “vediamo chi, lanciando la palla, ottiene il numero maggiore”. Non avevo bene capito la “faccenda” dei numeri però il tutto mi affascinava moltissimo ma, chissà perché...vinceva sempre lui!
TUTTO ERA MATEMATICA SENZA CHE IO LO SAPESSI!! La prima volta che ho sentito la parola matematica, avevo 6 anni ed ero in prima elementare. A scuola ho finalmente imparato a scrivere i numeri, a fare le addizioni e le sottrazioni, le tabelline...che soddisfazione quando la mamma un giorno mi ha chiesto di andare al mercatino del paese a prendere il pane; “controlla se ti danno il resto giusto!” Avevo 10 anni.
Fin qui ho raccontato un rapporto che possiamo definire sereno o, come ho detto all'inizio, idilliaco. Quello che io definisco il momento buio arriva con le scuole medie. La matematica è diventata un incubo. IMPOSSIBILE PER ME CAPIRLA. Il motivo è facilmente intuibile: l'insegnate. Per lui l'insegnamento non rappresentava una passione (come dovrebbe essere in realtà) ma un obbligo, una routine di cui incolpare i propri alunni, un lavoro nel senso negativo del termine. Umanamente arido, incapace di rapportarsi agli alunni, indifferente alle esigenze di chi con la sua materia non avesse un buon feeling.
Volevo fare l'insegnate quindi al liceo scelsi l'indirizzo socio-psico-pedagogico. Nel primo biennio l'insegnante di matematica e fisica era davvero brava ma ormai il mio rapporto con la matematica era irrimediabilmente compromesso. Un giorno lei mi chiese come mai la matematica fosse l'unica materia in cui non ottenessi risultati ottimi...le risposi “IO ODIO LA MATEMATICA!”.
Gli ultimi tre anni del liceo cambiai insegnante di matematica. Arrivò una docente competente ma assolutamente incapace di insegnare la sua materia. La matematica si riduceva ad un insieme di formule da studiare a memoria, non sapevo nemmeno applicarle; per me erano semplicemente una serie di numeri di cui non capivo il valore.
All'università ho scelto un indirizzo che con la matematica non aveva niente a che fare: linguaggi dei media. Ovviamente non fu un caso. La matematica l'ho solo sfiorata, nel senso che l'esame che più si avvicinava al ragionamento matematico era organizzazione aziendale: 24, ovvero il voto più basso del mio primo ciclo di studi.
Due anni fa ho iniziato a lavorare in una scuola elementare come insegnante del doposcuola. Dovevo aiutare i bambini a fare i compiti, ogni giorno mi auguravo di non doverli aiutare a fare matematica ma ovviamente ciò era impossibile. Credo che grazie a questo lavoro sia iniziata la fase di riavvicinamento alla matematica.
Oggi insegno in una terza elementare. La mia scuola adotta il maestro unico e quindi mi ritrovo ad insegnare anche la matematica. Ero molto scettica, all'inizio, circa l'idea di accettare questo lavoro proprio perché ritenevo di non essere in grado di spiegare una materia che per me rappresentava una vera e propria incognita.
Che soddisfazione insegnare le moltiplicazioni a due cifre e constatare che i bambini avevano compreso ciò che avevo loro spiegato! Questo mi ha fatto capire che in effetti ho una buona base matematica. Probabilmente il pessimo ricordo del mio Professore delle medie mi ha fatto scordare della maestra che alle elementari mi ha insegnato la matematica: Barbara, la devo proprio ringraziare.
Come si suol dire “ho fatto di tutta l'erba un fascio”; da quell'esperienza negativa ho tratto la conclusione che nessuno era stato in grado di farmi amare e capire la matematica. Oggi so che non è così.
Grazie a questo progetto e grazie al mio lavoro di insegnante ho capito che la MATEMATICA FA PARTE DI ME. Non è assolutamente una frase fatta ma è ciò che penso.
Adesso sono in grado di rispondere alla domanda che ho posto all'inizio. LIETO FINE? Decisamente sì, speriamo che continui...