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Io e la matematica. Maria Bonomo matr. 3810989 Esame di Matematiche elementari da un punto di vista superiore Prof. Giovanni Lariccia. Corso di Laurea Scienze della Formazione Primaria Università Cattolica del Sacro Cuore.
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Io e la matematica Maria Bonomo matr. 3810989Esame di Matematiche elementari da un punto di vista superioreProf. Giovanni Lariccia.Corso di Laurea Scienze della Formazione PrimariaUniversità Cattolica del Sacro Cuore
Io e la matematica abbiamo vissuto su pianeti diversi. Per me, il mondo della matematica era in una realà contorta, inestricabile, inafferrabile…Pensando a questo mondo mi veniva in mente un rovo pieno di spine. Eppure………………………………………………..
Ancora oggi, all’età di 29 anni e quasi due lauree alle spalle, continuo a contare servendomi delle dita delle mani. Non riesco proprio a calcolare a mente!E se adesso dovessi dire, automaticamente, quanto fa 6x8, direi: non lo so! Datemi un attimo per pensare.
E’ il mio cervello che si è arrugginito sin dalle scuole elementari?Oppure, non riesco a deporre l’arma della rassegnazione e iniziare un rapporto pacifico con i numeri? Oppure, nessuno è mai riuscito a farmi amare la matematica? oppure
La prima percezione della matematica penso di averla avuta alle scuole elementari. Infatti, non ho ricordi che si riferiscono al periodo precedente, o forse, li ho rimossi perché sono stati poco significativi. La mia maestra ci dettava i problemi e io non capivo niente di quello che dovevo fare.Se ero fortunata, cioè se riuscivo a copiare dalla mia compagna di banco che era più bravina, andava tutto bene, se no mi aspettavano urla, rimproveri e umiliazioni.
Ricordo, come se fosse ieri, che una volta, dopo aver svolto un problema, mi ero dimenticata di scrivere a fianco dell’operazione ciò che rappresentava quel risultato. La maestra urlando mi disse: “Con questa operazione cosa hai trovato, patate?” Io, umiliata e ancor più scoraggiata, me ne ritornai al mio posto.
Nel corso degli anni, si cumularono sempre più nozioni e, per me, era sempre tutto più alieno. Alle scuole medie ho incontrato il Professore Puca. A lui la matematica e le scienze piacevano tanto. Percepivo a fior di pelle che lui amava ciò che insegnava, padroneggiava il linguaggio della matematica come se fosse la sua lingua materna.
L’avvenimento che è rimasto scolpito nella mia mente, del periodo scolastico, riguardò proprio il prof. Puca. Un giorno, tutta la classe non aveva studiato la lezione e tutti ci rifiutavamo di essere interrogati. Il professore, rosso dalla rabbia, si mise ad urlare contro di noi e, ad un tratto, ci disse: “Voi non vi rendete conto che è il sapere che vi rende liberi!”
Dopo quell’affermazione, in me scattò una consapevolezza che, penso di aver avuto sempre ma, fino a quel momento, nascosta in un angolo ad aspettare di sentire le parole giuste per giungere alla coscienza: la consapevolezza dell’importanza dello studio. Da allora, avrò avuto 13 anni, cercai seriamente di studiare bene tutte le discipline, soprattutto la matematica. Non volevo fare altre cattive figure nei confronti di quel professore che dava senso e importanza a ciò che insegnava.
Ma le basi del mio sapere matematico erano deboli e alle scuole medie i metodi e i tempi di insegnamento erano molto diversi rispetto a quelli delle scuole elementari. I professori avevano poco tempo per poter instaurare rapporti diretti con gli alunni e io avevo un cumulo di lavoro, vecchio e nuovo, da svolgere. Il professore, alla fine dell’anno, capì il mio impegno e mi mise 7 sulla pagella.
Arrivai alle scuole superiori e lì incontrai una professoressa che dettava e scriveva alla lavagna formule e teoremi senza spiegare di cosa si trattassero. Parlava con espressione annoiata e stanca. Quando era il momento di fare la “lista dei panini” da prendere al bar della scuola per l’intervallo, lei chiedeva sempre un panino con il salame. Quello della merenda era l’unico momento della giornata in cui si scrutava in lei un barlume di soddisfazione!
Le scelte che dovetti fare successivamente, per il proseguimento dei miei studi, si basarono sull’esclusione incondizionata della matematica tra le discipline di studio. Scelsi di iscrivermi in Scienze dell’Educazione. Durante il mio percorso universitario, studiando la pedagogia, psicologia, la filosofia e la didattica, mi resi conto di quanto sia difficile e importante il ruolo dell’insegnante nel “trasmettere” il sapere. Mi appassionai a questa figura professionale e scelsi di diventare insegnante.
Adesso, anch’io sto per diventare insegnante e la matematica non mi spaventa più, sia perché, adesso che sono adulta, non mi fanno più paura le urla degli insegnanti, sia perché, nel mio lavoro, sarò supportata da una competenza che è allo stesso tempo scienza e arte: la didattica, ossia il processo di mediazione e di facilitazione che l’insegnante sa mettere in atto per favorire il buon apprendimento.