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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI SALERNO FACOLTÀ DI INGEGNERIA. Corso di FRANE a.a . 2013/2014 ANALISI DI UN CASO STUDIO DESCRITTO IN UN ARTICOLO SCIENTIFICO IN LINGUA INGLESE “Accoppiamento dell’analisi dell’equilibrio limite e del monitoraggio in tempo reale per definire
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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI SALERNO FACOLTÀ DI INGEGNERIA Corso di FRANE a.a. 2013/2014 ANALISI DI UN CASO STUDIO DESCRITTO IN UN ARTICOLO SCIENTIFICO IN LINGUA INGLESE “Accoppiamento dell’analisi dell’equilibrio limite e del monitoraggio in tempo reale per definire un sistema di sorveglianza di una frana in Calabria (Italia Meridionale),2010” Prof. Ing. Michele Calvello Studente: Turco Domenico Antonio 0622500125
Nel presente lavoro è stato analizzato e discusso l’articolo di “Iovine et al.”, pubblicato sulla rivista NHESS (Natural Hazards and Earth System Sciences) nel Novembre del 2010. Lo studio riguarda la frana nel comune di San Benedetto Ullano (SBU), in Provincia di Cosenza, che tra il 2009 e il 2010 ha provocato danni alle infrastrutture di trasporto e le linee di pubblica utilità (fognaria, gas, elettrica).
L’intera area è attraversata da una faglia che si estende per circa 30 km, lungo la quale le rocce metamorfiche (prevalentemente gneiss, scisti e filladi) della Catena Costiera, affioranti più ad ovest, vengono poste in contatto laterale con i sedimenti (soprattutto conglomerati, sabbie e argille) di riempimento del graben del F. Crati, posti più ad est. unità carbonatiche; unità metamorfiche di grado da molto basso a basso, a tratti con ofioliti; sequenze sedimentarie tipo flysch; unità metamorfiche di grado da intermedio ad alto, e rocce intrusive; depositi torbiditici, prevalentemente a grana grossa; falde flyschioidi, in prevalenza marnosoargillose; falde flyschioidi, a struttura caotica; unità sedimentarie autoctone;
L’intera area è attraversata da una faglia che si estende per circa 30 km, lungo la quale le rocce metamorfiche (prevalentemente gneiss, scisti e filladi) della Catena Costiera, affioranti più ad ovest, vengono poste in contatto laterale con i sedimenti (soprattutto conglomerati, sabbie e argille) di riempimento del graben del F. Crati, posti più ad est. • af) depositi alluvionali • df) detriti di frana • qcl) depositi conglomeratici di antichi terrazzi fluviali • Pa1-2) argille marnose grigio-blu • sbm) gneiss e scisti biotitici a granato, contenenti localmente abbondante granito e vene di pegmatite, fino a costituire zone migmatitiche • sf) scisti filladici grigi,…
Gennaio 2009 Il 28 gennaio 2009, a causa di forti precipitazioni prolungate fu innescata una vasta frana da scorrimento in materiale detritico di tipo molto lenta che proseguì con una velocità di spostamento maggiore di 1 cm/mese, generando una serie di fessure nella porzione centrale del pendio instabile. Nei successivi mesi, coincidenti con le stagioni estive, la frana mostrò movimenti più localizzati e poco significativi (pochi mm/mese). Il movimento franoso, rappresentò in parte, una riattivazione di una frana , già nota e riportata nella Carta del rischio di frana formulata dall’Autorità di Bacino regionale, che in passato interessò l’intero versante del centro storico Classifica di Varnes (1978) Classifica di Cruden e Varnes(1996) Classifica di Vaunat et al. (1994)
Gennaio 2009 Il 28 gennaio 2009, a causa di forti precipitazioni prolungate, fu innescata una vasta frana da scorrimento in materiale detritico di tipo molto lenta che proseguì con una velocità di spostamento maggiore di 1 cm/mese, generando una serie di fessure nella porzione centrale del pendio instabile. Nei successivi mesi, coincidenti con le stagioni estive, la frana mostrò movimenti più localizzati e poco significativi (pochi mm/mese). Il movimento franoso, rappresentò in parte, una riattivazione di una frana , già nota e riportata nella Carta del rischio di frana formulata dall’Autorità di Bacino regionale, che in passato interessò l’intero versante del centro storico Per una più completa classificazione della frana si potrebbe calcolare il volume(m3) di materiale interessato ma gli autori non definiscono in maniera chiara le misure in gioco. Infatti, le lunghezze in pianta (espresse con una scala grafica)e gli spessori mobilitati (15-35m) portano a un range di volume elevato che non permette di fare una stima certa.
Febbraio 2010 Dopo circa un anno dal primo innesco della frana, nel Febbraio 2010, sempre a seguito di un periodo di abbondanti precipitazioni, furono registrati nuovi movimenti nella zona centrale del pendio provocando ingenti danni alle infrastrutture viarie (SP 31) e alle linee di pubblica utenza (gas, elettrica, fognaria). Le superfici di rottura, inizialmente presenti solo nella parte centrale , man mano che proseguì il movimento, subirono una delocalizzazione verso i fianchi del versante, raggiungendo la chiesa di San Rocco (collocata in prossimità del fianco sinistro del versante) ed il cimitero (collocato presso il fianco destro del pendio). Questa migrazione di fratture, interessò principalmente un’area boscata a monte del versante e un edificio per civile abitazione verso valle. L’emergenza ha reso quindi necessaria la realizzazione di un sistema integrato di sorveglianza per la mitigazione del rischio della frana dove sono stati utilizzati due approcci: • Monitoraggio in tempo reale dei principali fattori di controllo della frana (piogge, livelli piezometrici, spostamenti superficiali e profondi ) e successivo trasferimento dati ad un centro di elaborazione; • Modellazione numerica mediante l’analisi dell’equilibrio limite e del moto di filtrazione
Dopo il primo innesco della frana, già dal 31 gennaio 2009, sono stati fissati alcuni capisaldi sul corpo di frana ed ai suoi margini; nelle settimane successive, il loro numero è stato integrato e la loro ubicazione progressivamente adeguata sulla base dello sviluppo osservato del fenomeno
Area complessivamente minacciata Area con maggiori evidenze di mobilitazioni Verso medio degli spostamenti Estensimetri a filo Estensimetri a filo Stazioni pluviometriche Fori di sondaggio Edificio Altri fenomeni gravitativi attivi Principali fatture (2009) • Non è specificato in maniera chiara la metodologia secondo cui sono stati scelti i punti significativi e i tempi di attivazione e disattivazione dei vari strumenti. • A mio avviso, visto che le piogge, e quindi il livello di falda, hanno un ruolo importantissimo nell’innesco dei movimenti, sarebbe stato opportuno installare più piezometri. • Inoltre vengono rese note solo alcune delle misure degli strumenti installati (estensimetri 3 e 5,inclinometri S2-4-5). • S1-S5 sono fori di sondaggio perforati nell’estate 2009; S1 è stato attrezzato con un piezometro open-pipe mentre S2-5 con inclinometri • e1-10 rappresentano estensimetri a filo di alta precisione di cui: e1-6 attivi da febbraio 2009; e3-6 inattivi da Febbraio 2010; e7-10 attivi da Febbraio 2010 • P0-P1 sono stazioni pluviometriche, la prima attiva da aprile 2009 a Febbraio 2010 e la seconda da Marzo 2010.
I dati raccolti dalle varie strumentazioni sono stati utilizzati per implementare un sistema di allerta. Relazionando le misurazioni delle stazioni pluviometriche con gli spostamenti cumulati registrati da estensimetri, sono state ottenute le velocità massime giornaliere ai caposaldi. Piogge e spostamenti superficiali durante le fasi di mobilitazione del 2009 (a) e del 2010 (b). In azzurro sono rappresentate le piogge giornaliere, in nero e rosso le velocità massime giornaliere degli spostamenti ai caposaldi, in verde gli spostamenti cumulati agli estensimetri e5 ed e3. Sono inoltre rappresentate in arancio una velocità critica puntuale empirica di 3 cm/giorno (che definisce una condizione di preallarme) ed in marrone una velocità puntuale empirica pari a 5 cm/giorno (che definisce una condizione di allarme).
La figura seguente esprime la sezione schematica della frana di San Rocco, in particolare: • sezione e profondità dei fori; • principali superfici di rottura utilizzate nell’analisi dell’equilibrio limite; • risultati delle misure inclinometriche(aggiornato a Dicembre 2009) S2, S4 e S5. Ritengo che il grafico sia esposto in maniera confusa e superficiale; le misure inclinometriche non portano un riferimento temporale e le profondità sono di difficile lettura. Inoltre non sono riportate informazioni riguardo al monitoraggio inclinometrico del 2010.
Attraverso i valori di velocità puntuale massima giornaliera si arriva a definire i diversi livelli di allarme e le relative procedure da seguire. Nella seguente tabella, utilizzata dal sindaco nelle eventuali situazioni di calamità, vengono anche definite dall’autorità di protezione civile alcune misure di mitigazione del rischio per le sole condizioni di allarme e preallarme. I valori Fiindicano i coefficienti di sicurezza globali ricavati dall’analisi dell’equilibrio limite
Il secondo approccio che si è utilizzato per lo studio del sistema franoso in località San Rocco, è l’analisi dell’equilibrio limite (LEM) .( metodo rigoroso di Morgenstern &Price (1965). Lo schema stratigrafico adottato è stato definito in base a prove di laboratorio e ad indagini in sito lungo le verticali S1-S5 che hanno riconosciuto un primo strato di copertura detritica gneissica, un secondo strato di substrato roccioso alterato ed un terzo strato di substrato roccioso intatto. • i sub-corpi di frana #1-3, l’unghia delle superfici di rottura basale è stata assunta presso il torrente Marri (a 370 m s.l.m.); • i sub-corpi #4-6, essa viene invece ipotizzata in corrispondenza della marcata rottura di pendenza poco a monte dell’edificio“P” (a 415 m s.l.m.)
Le proprietà fisico-meccaniche dei terreni sono state definite a partire da un’accurata analisi di letteratura di studi precedenti effettuati nella stessa zona, e da risultati più recenti di sole prove di laboratorio di taglio diretto su campioni indisturbati prelevati dai fori di sondaggio S3 e S4. Le mobilizzazioni di frana avvenute possono essere interpretate come una riattivazione lungo superfici di scorrimento preesistenti. Di conseguenza, nelle analisi LEM i valori di resistenza al taglio adottati per lo strato 1 sono stati quelli residui; al contrario, per lo strato 2 è stato scelto un angolo di attrito leggermente più piccolo del valore di picco. • g = 17 kN/m3, c’= 0, f‘ = 32°, per lo strato 1; • g = 18 kN/m3, c’= 0, f ‘ = 36°, per lo strato 2. …..per quanto riguarda i materiali situati al di sopra della falda freatica (cioè in condizioni parzialmente sature), i valori dell’angolo di attrito insaturi, f’b sono stati assunti pari a f‘/2, in base al criterio di rottura valido per terreni parzialmente saturi (Fredlund et al., 1978).
La profondità della falda non è stata misurata durante le fasi parossistiche di movimento, bensì soltanto durante le fasi di quiescenza (es. periodo estate-autunno2009). Siccome le informazioni disponibili sulla variazione della falda nel tempo erano piuttosto limitate, i livelli idrici considerati nelle analisi parametriche sono stati incrementati parallelamente alla configurazione estiva. E’ evidente come il sub-corpo di frana 4 è quello più instabile in relazione al livello di falda, infatti, raggiunge instabilità già per una profondità di 11 metri in S1. Negli altri casi si hanno condizioni di allarme dagli 8 metri in poi, fino ad arrivare, per una profondità della falda di 4m, a un fattore di stabilità globale minore dell’unità per tutti i sub-corpi di frana ipotizzati. Fattori di stabilità (Fi) dei sub-corpi di frana considerati (#1-6), in funzione della profondità della falda in S1.
Frana in località San Rocco: geometria della falda assunta per una profondità di 9 m in corrispondenza di S1.Per il sub-corpo di frana #4, si ottiene F4 = 1.01. I risultati corrispondono a quanto osservato in situ durante le recenti fasi di mobilizzazione gravitativa, cominciate nel gennaio 2009 e nel febbraio 2010. Infatti, chiari segni di riattivazione di un sub-corpo di frana riferibile al #4 sono stati effettivamente rilevati. Sulla base delle attuali conoscenze, se la profondità della falda in S1 varia da 15 a 9 metri, il fattore di sicurezza varia tra 1.3 e 1.0 per il sub-corpo di frana #4 – ovvero per il settore compreso tra la strada comunale per il cimitero e la SP 31, che ha mostrato di recente la più forte tendenza alla destabilizzazione • L’analisi eseguita, nonostante i riscontri con le mobilitazioni effettivamente avvenute, affronta il problema solo al suo stato limite ultimo(terreno rigido-plastico), ipotizzando la superficie di scorrimento. • Ritengo che un’analisi in campo elastico, tramite una modellazione agli elementi finiti, potrebbe essere di aiuto per seguire lo stato tensionale e deformativo che porta all’innesco del movimento. • La modellazione del livello di falda, che si basa sulle sole misure del piezometri in S1 e sull’analisi del moto in condizioni stazionarie, potrebbe essere più precisa e affidabile tramite l’installazione di ulteriori strumenti.
Il sistema di gestione dell’allerta, basato sulla misura delle velocità puntuali massime giornaliere, ha raggiunto ottimi risultati in termini di mitigazione del rischio • Il movimento del pendio ,però, sia nel 2009 che nel 2010, è avuto a seguito di violente e prolungate precipitazione, che hanno portato a una risalita della falda freatica. Ritengo pertanto che il sistema di allerta dovrebbe prendere in considerazione come parametro di base anche la profondità della falda e le pressioni interstiziali.. Nel prossimo futuro, il sistema di allerta a SBU dovrebbe essere ulteriormente affinato - condizionandolo ai nuovi dati e, possibilmente, ai risultati di una modellazione idrologica • Nell’articolo si fà riferimento ai soli interventi non strutturali per la mitigazione del rischio provocato dalla frana; vista l’importanza del fenomeno e il valore non indifferente dei volumi mobilitati, si potrebbe pensare anche a interventi di tipo strutturale. La soluzione che meglio si attiene al problema è un intervento di drenaggio profondo o subsuperficiale anche se non sono eventuali opere di sostegno.
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