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IPERATTIVITA’ E ADOZIONE. Dott.ssa Alessandra Spanò Psicologa e Psicoterapeuta Cognitivo Comportamentale. Caratteristiche adhd. Spesso in movimento con le mani o con i piedi, continuamente agitato da seduto (adolescenti e adulti possono riferire senso di irrequietezza
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IPERATTIVITA’ E ADOZIONE Dott.ssa Alessandra Spanò Psicologa e Psicoterapeuta Cognitivo Comportamentale
Caratteristiche adhd • Spesso in movimento con le mani o con i piedi, continuamente agitato da seduto (adolescenti e adulti possono riferire senso di irrequietezza • Ha difficoltà a rimanere seduto quando gli viene richiesto di farlo • Si fa facilmente distrarre da altri stimoli • Ha difficoltà ad attendere il proprio turno nei giochi o nelle attività in gruppo • Ha difficoltà a seguire le istruzioni che gli vengono date, per esempio, non riesce a finire un compito assegnato
Non riesce a mantenere l’attenzione nelle attività scolastiche e di gioco • Passa da un’attività ad un’altra senza concluderne una • Fa fatica a giocare in modo tranquillo • Spesso parla eccessivamente rispetto ai coetanei • Interrompe o si intromette in modo inadeguato, per esempio, si mette bruscamente in mezzo mentre altri bambini giocano o degli adulti parlano • Perde o dimentica il necessario per attività a casa o a scuola (giocattoli, matite, libri, tuta, compiti) • Spesso fa cose pericolose senza pensare alle conseguenze (non di proposito o per fare qualcosa di eccitante) come correre in strada senza guardare
I bambini con queste caratteristiche sono alla continua ricerca di attenzione, dimenticano facilmente le richieste, perdono costantemente le loro cose, sono disorganizzati e sempre in movimento. A volte mangiano e dormono poco, possono presentare forme allergiche e sensibilità alla luce e ai suoni. Hanno difficoltà ad andare d’accordo con fratelli e sorelle e con i coetanei, si sentono frustrati con facilità e si oppongono ai cambiamenti delle loro abitudini.
L’ADHD è un vero problema, per l’individuo stesso, per la famiglia e per la scuola, e spesso rappresenta un ostacolo nel conseguimento degli obiettivi personali. E’ un problema che genera sconforto e stress nei genitori e negli insegnanti i quali si trovano impreparati nella gestione del comportamento del bambino.
Criterio A (DSM-IV) • 1) tipo con disattenzione predominante devono essere persistiti per almeno sei mesi sei dei seguenti sintomi: • a) spesso non riesce a prestare attenzione ai particolare o commette errori di distrazione nei compiti scolastici, sul lavoro o in altre attività • b) spesso ha difficoltà a mantenere l'attenzione sui compiti o sulle attività di gioco
c) spesso non sembra ascoltare quando gli si parla direttamente • d) spesso non segue le istruzioni e non porta a termine i compiti scolastici, le incombenze, o i doveri sul posto di lavoro (non a causa di comportamento oppositivo o di incapacità di capire le istruzioni) • e) spesso a difficoltà ad organizzarsi nei compiti e nelle attività
f) spesso evita, prova avversione, o è riluttante ad impegnarsi in compiti che richiedono sforzo mentale protratto (come compiti a scuola o a casa) • g) spesso perde gli oggetti necessatri per i compiti o le attività (per esempio giocattoli, compiti di scuola, matite, libri o strumenti) • h) spesso è facilmente distratto da stimoli esterni • i) spesso è sbadato nelle attività quotidiane
2) tipo con iperattività/impulsività predominante devono essere persistiti per almeno sei mesi sei dei seguenti sintomi: • iperattività • a) spesso muove con irrequietezze mani o piedi e si dimena sulla sedia • b) spesso lascia il proprio posto a sedere in classe o in altre situazioni in cui ci si aspetta che resti seduto • c) spesso scorrazza e salta dovunque in modo eccessivo in situazioni in cui ciò è fuori luogo (negli adolescenti o negli adulti ciò può limitarsi a sentimenti soggettivi di irrequietezza) • ei giochi)
d) spesso ha difficoltà a giocare o a dedicarsi a divertimenti in modo tranquillo • e) è spesso "sotto pressione" o agisce come se fosse "motorizzato" • f) spesso parla troppo • impulsività • g) spesso "spara" le risposte prima che le domande siano state completate • h) spesso ha difficoltà ad attendere il proprio turno • i) spesso interrompe gli altri o è invadente nei loro confronti (per esempio si intromette nelle conversazioni o nei giochi)
Fattori di rischio, • Barkley (1998) ha proposto un elenco di ordinati per livello d’importanza, associati alla genesi del DDAI: 1) presenza di disturbi psicologici nei familiari, in particolare il DDAI; 2) abuso di sigarette e alcool della madre durante la gravidanza, associato o meno ad altri problemi di salute della madre; 3) assenza di un genitore o educazione non adeguata; 4) problemi di salute o ritardi di sviluppo del bambino; 5) precoce insorgenza di elevati livelli di attività motoria; 6) atteggiamenti critici e/o direttivi della madre durante i primi anni del bambino.
Fattoriprotettivi • Contrapposti ai fattori di rischio è stata costruita una lista quanto aiutano il ragazzo a limitare gli esiti negativi del DDAI, tra questi ricordiamo: 1) elevato livello educativo della madre; 2) buona salute del bambino poco dopo la nascita; 3) buone capacità cognitive del bambino (in particolare linguistiche); 4) stabilità familiare (Campbell, 1990).
Insorgenza e eziologia • Insorgenza a 3-4 anni • Prevalenza maschile • Ereditarietà 80% • Cause: • Caratteristiche neurocerebrali • Ruolo dopamina • Prematurità
Le ricerche compiute in questo ambito dimostrano che la forma di intervento più efficace deve agire su più fronti e comprendere • Consulenza e sostegno ai genitori • Terapia del comportamento • Neurofeedback (EEG Biofeedback) • Consulenza alla scuola su strategie comportamentali • Training di abilità sociali • Interventi di potenziamento dell’apprendimento • Interventi cognitivo-comportamentali per incrementare l’autostima
Adozioni.... Dott. Andrew Adesman, pediatra specializzato nello sviluppo e nel comportamento dei bambini presso l’Ospedale pediatrico Schneider ha evidenziato l’ereditarietà dell’ADHD sottolineando come il 40 % dei bambini ADHD ha almeno un genitore affetto dallo stesso disturbo; inoltre, altri fattori influenzerebbero e potrebbero alterare la funzione dell’attenzione, come l'uso di droga o di alcool durante la gravidanza che porterebbero anche ad una maggiore incidenza di parti prematuri a loro volta ulteriori fattori di rischio nello sviluppo dell'ADHD. Lo stesso autore evidenzia che i bambini adottati dalla Cina, dalla Russia e dall’ Est- Europeo, in genere, sono più a rischio di sviluppare ADHD per i motivi già esposti e ai quali occorre aggiungere anche la malnutrizione.
Ricerche americane • Stati Uniti Dott. Victor Groza, ha evidenziato come dal 1990 le adozioni internazionali in America erano state effettuate soprattutto dall'Europa orientale e centrale (Russia e Romania) e dal 1995 anche dalla Cina. • La storia e la cultura di questi paesi sono palesemente differenti eppure risulterebbe uguale l'incidenza di ADHD nei bambini adottati da questi paesi e questo appare giustificato dai simili sistemi di assistenza rivolti verso i bambini adottabili spesso istituzionalizzati. Tali bambini, il più delle volte non sono orfani ma le condizioni socio-economiche della famiglia d’origine non permette loro di ricevere un'adeguata assistenza e per tale motivo vengono istituzionalizzati e resi adottabili. In questo contesto, situazioni di malnutrizione e assenza di stimolazioni psico-fisiche adeguate verso il bambino su basi biologiche alterate sono causa di insorgenza di diverse forme di ritardi e di ADHD.
malnutrizione severa nell’infanzia • a Jean Nelson Erichson e Heino R. Erichson(fondatori del Centro per adozioni internazionali "Los ninos" in Texas), i quali rilevano che la malnutrizione provoca danni notevoli allo sviluppo del cervello. • In tali bambini, inoltre, si potrebbero associare più fattori di rischio, comportamentali e sociali, di privazione affettiva, di prematurità in caso di sindrome fetoalcoolica e che costituirebbero tutti assieme importanti fattori di rischio per lo sviluppo dell'ADHD.
I BAMBINI ADOTTATI HANNO PROBLEMI A SCUOLA? • Sì, l’adozione sembra essere un fattore di rischio verso un buon adattamento scolastico, sia sul versante relazionale che su quello dell’apprendimento.Fattori di disagio specifici che possono rendere accidentato il percorso scolastico sono, infatti, in media più presenti che nei coetanei non adottati, anche se molti ragazzi adottati hanno percorsi scolastici positivi e anche se gli eventuali problemi variano per intensità e qualità.
Si possono incontrare: · problemi di apprendimento · difficoltà in alcune materie · intemperanze comportamentali · difficoltà a rispettare le regole
PERCHE' IMPARARE PUO' ESSERE DIFFICILE? Per poter apprendere è necessario avere dentro di sé uno spazio tranquillo e sicuro dove immagazzinare ed elaborare le nuove conoscenze. L'ansia impedisce la concentrazione e la ritenzione.E' necessario avere una buona sicurezza di sé per potersi dedicare a osservare, ascoltare, raccontare.Bisogna essere in grado di stare un po’ da soli con se stessi, mentre spesso i bambini adottati sono attraversati da un'inquietudine diffusa
Per loro il silenzio e la concentrazione possono essere sinonimi di vuoto e solitudine, per cui qualsiasi comportamento è meglio che star soli con se stessi, perché essere soli significa abbandono.Anche l'iperstimolazione cognitiva a cui i bambini adottati sono sottoposti per gli enormi cambiamenti delle loro condizioni di vita può sottrarre energie all'apprendimento scolastico
EFFETTI DELLA DEPRIVAZIONE AFFETTIVA I bambini adottati, soprattutto se precocemente ricoverati in istituto, hanno sofferto di alterazioni dello sviluppo dovute alla deprivazione delle cure materne.
La difficoltà di studio può essere attribuibile a deficit motivazionali (il bambino tralascia lo studio perché interiormente impegnato da temi più importanti - interesse per le origini, fantasie sul rifiuto, elaborazione della relazione con la famiglia adottiva - che dominano interamente la sua vita fantasmatica, distraendolo dalla spinta conoscitiva che motiva lo studio.
EFFETTI DEI MALTRATTAMENTI E DELL’ABBANDONO Un bambino, a causa dell’assenza di schemi cognitivi adeguati che si sviluppano più tardi, non è in grado di elaborare mentalmente eventi quali l'abbandono o i maltrattamenti subiti, facendo una corretta attribuzione delle cause. E' portato ad attribuire a sé le responsabilità per l'abbandono, e ciò è distruttivo per lo sviluppo della sua personalitàIl maltrattamento grave può produrre sintomi post-traumatici (ricordi intrusivi e ricorrenti dell’evento, esplosioni di aggressività, comportamenti ripetitivi, sintomi depressivi, ritiro sociale), che possono avere come conseguenza impossibilità di concentrazione, lentezza nell’elaborazione delle informazioni, disturbi iperattivi.
La distrazione in classe può essere in certi casi riconducibile allo stato alterato di coscienza spesso associato alle vittime di traumi,Senso di colpa e vergogna accompagnano le vittime di abusi sessuali.Maltrattamenti emotivi (denigrazione, critiche...) possono causare una compromissione dell’autostima e dello sviluppo delle competenze cognitive di base: percezione, memoria, attenzione, linguaggio; oltre a disordini della condotta, comportamenti antisociali, sintomi depressivi.
IMPARARE UNA NUOVA LINGUA Il processo di apprendimento linguistico è più lento di quanto si pensi.Serve molto tempo per acquisire i significati profondi e le regole strutturali di una linguaNon si deve dare per scontato che le difficoltà linguistiche debbano sempre scomparire con il passare del tempo.Anche a distanza di anni possono emergere difficoltà nell'acquisizione delle strutture logico-grammaticali, nella capacità di interpretare testi scritti, nell'abilità espositiva.
COMPRENSIONE TESTUALE E DIFFICOLTA’ DI STUDIO Si riscontrano con una certa frequenza deficit nella comprensione globale del materiale letto (integrazione tra frasi, inferenze sui temi non esplicitamente contenuti nel testo).E' probabile che si tratti di problemi di autocontrollo metacognitivo, cioè di una difficoltà a inibire le informazioni irrilevanti e a focalizzarsi su quelle essenziali per la comprensione.
MOTO PERPETUO Alcuni bambini hanno bisogno di mettersi sempre al centro dell'attenzione, di evitare il contatto con i momenti di quiete e di ascolto.Il perpetuo agitarsi di questi bambini non è esibizionismo giocoso, si tratta piuttosto di una paura di fermarsi e trovarsi persi in un vuoto, di confrontarsi e sentirsi perdenti, di continuare a non piacere perché non si è piaciuti a qualcuno all'inizio.
Sono comportamenti che derivano da insicurezze, da incapacità di seguire il normale flusso della classe ("se non ce la faccio mi sottraggo, faccio altro per nascondere la mia incapacità").Non va dimenticato che l'iperattività ha sempre una valenza depressiva.Va ricordato anche che molti bambini in precedenza hanno vissuto soprattutto in gruppo (bambini istituzionalizzati), confrontandosi tra pari piuttosto che facendo riferimento a figure adulte, quindi faticano a interiorizzare le routines di comportamento richieste dal nuovo contesto.
STRATEGIE CHE RIMANDANO AL PASSATO Con azioni che possono turbare gli adulti, in realtà questi bambini parlano delle loro emozioni profonde. Ma rivelano anche strategie che sono state loro utili in passato:- il furto, oltre a segnalare la necessità di riempire un vuoto, nella vita precedente poteva essere importante per la sopravvivenza;
- l'agitazione continua poteva essere un modo per catturare l'attenzione di un adulto, o per sfuggire a regole opprimenti, o per dimenticare qualcosa che faceva troppo male ricordare;- le bugie e la fabulazione potevano corrispondere alla costruzione di una realtà parallela, più tollerabile, che consentisse di sfuggire almeno in fantasia alla realtà presente.Prima di interpretare un comportamento fastidioso come sintomo di un disagio, bisognerebbe chiedersi “che funzione ha questo comportamento? È un'autodifesa? Una compensazione? Una rassicurazione? Un modo di raccontarsi?”
METTERE ALLA PROVA Più o meno consapevolmente il bambino adottato mette alla prova il nuovo ambiente (famiglia, scuola) per verificare la realtà dell’affetto dei nuovi genitori e del nuovo contesto.Comportamenti tipici: sviluppo di comportamenti oppositivo-provocatori, furti, tendenza alla menzogna e alla fabulazione.Sono comportamenti che possono riproporsi con particolare virulenza nella preadolescenza e nell’adolescenza.
Per i genitori: - non sovrainvestire l'ambito scolastico; essere consapevoli che le aspettative per il successo scolastico dei figli potrebbero non realizzarsi mai a causa della loro impossibilità di destinare all'apprendimento scolastico adeguate risorse emotive e cognitive;- ritardare l’inserimento a scuola, inserire il bambino in una classe inferiore a quella anagrafica, evitare di sottoporlo a tour de force per colmare le lacune;
ricordare che ripetere un anno non è un dramma; - dimostrare sempre accettazione, indipendentemente dai risultati;- motivare il bambino ad apprendere per se stesso;- coltivare interessi extrascolastici (riuscire bene in un campo – anche non scolastico – migliora l’autostima e consente di sopportare meglio la frustrazione di qualche fallimento scolastico);- guardare lontano (l’impegno e la perseveranza pagano, non drammatizzare gli insuccessi).
COSA POSSO FARE COME GENITORE? • Cercate il più possibile di mantenere la calma. Un bambino iperattivo può far sentire impotente e frustrato anche il più disponibile dei genitori, ma di solito arrabbiarsi non fa che peggiorare la situazione. • Organizzate il più possibile la giornata con routine fisse. Stabilite in anticipo l’orario per i compiti, la TV, il gioco e le varie attività. Il bambino iperattivo ha bisogno di situazioni ben strutturate. Non modificate la routine stabilita senza prima avvisare vostro figlio.
Adottate due o tre regole ben precise per indicare quello che vi aspettate dal bambino in certe situazioni. Scrivete tali regole e stabilite in anticipo anche le conseguenze cui il bambino andrà incontro per ogni infrazione. • Date al bambino la possibilità di muoversi liberamente in un spazio sufficiente in diversi momenti della giornata. • Limitate i rimproveri all’essenziale ed aumentate gli incoraggiamenti per i comportamenti desiderabili. Inoltre evitate di dire al bambino che cosa non deve fare, piuttosto ditegli che cosa desiderate che faccia e spiegategli perché.
Quando fate qualche richiesta al bambino o gli date alcune istruzioni, siate molto chiari. Non date mai più di una o due istruzioni per volta. Chiedete al bambino di ripetere quello che gli avete spiegato prima che inizi a fare qualcosa. • Limitate l’esposizione del bambino alla TV e ai videogiochi (anche senza eliminarli del tutto). Abituatelo ad usare il computer piuttosto che la Play Station. • Fornite a vostro figlio esperienze positive di socializzazione in un ambiente in cui possa più facilmente essere accettato e interagire con altri bambini divertendosi.
Esempi pratici • Stabilire chiaramente qual è il comportamento richiesto con tono pacato, fermo ma fondamentalmente gentile (mai sdolcinato, in latenza aggressivo, supplichevole, rassegnato). Esempio: “Carla, stasera alle sei ti risentirò la lezione, per cortesia preparati”. Non: “Carla, spero che tu sia d’accordo se stasera ti risento la lezione”. Non: “Carla, per una volta non fare tante scene stasera quando ti risentirò la lezione!”. Non: “Carla, vediamo se questa volta hai pietà di me e mi permetti di risentire la lezione”.
Esempi pratici • Elencare in anticipo quali sono le attività da svolgere. Nel far questo il genitore dovrebbe far presente tutto ciò che potrebbe accadere nel corso della giornata. Non c’è niente che provochi più resistenza che richiedere ogni volta una attività. Una breve lista con i diversi lavoretti da fare, consegnata al mattino, può aiutare molto. Naturalmente bisognerà mettere in conto fin dall’inizio che opponga resistenza, soprattutto con un rifiuto verbale. Però non ci si deve perdere d’animo: pazienza, pazienza, pazienza!
Esempi pratici • La disponibilità ad impegnarsi deve essere rinforzata e non solo il risultato dell’azione. Esempio: “Eva, capisco che tu sia delusa di aver preso solo un sette dopo aver studiato tanto. Ti eri messa proprio sotto! Non mollare ne vale la pena!”. Non: “Beh, un sette, con tutto quello che hai studiato?”. Non: “Un sette va già bene, ma devi migliorare, devi studiare ancora di più!”.
Esempi pratici • Quando la tensione sale: interrompere il contatto visivo, abbassare la voce! Questo occorre farlo anche quando si risente la lezione. Si devono fare le domande sull’argomento senza giudicare o criticare. In questo modo è più facile contenersi. I bambini con ADHD sono oltremodo sensibili alla mimica, ai gesti e al tono di voce e si pongono subito in contrasto o in atteggiamento di difesa. Per questo nelle situazioni critiche il contatto visivo non deve restare fisso e non si deve alzare il tono di voce. Il primo comandamento nei casi di ADHD: MAI DISCUTERE O CERCARE UN ACCORDO NELLA FASE ACUTA DI UN CONFLITTO.
Esempi pratici • Ricorrere spesso a correzioni non verbali o molto concise, magari con contatto fisico, toccando ad esempio le spalle. Ciò costituisce per loro un punto di riferimento. Prescrizioni comportamentali e appelli morali, come: “Ora dovresti veramente…”, “Non potresti almeno…”, “Io vorrei che tu adesso una buona volta…”, si devono assolutamente evitare. Nell’ADHD le spiegazioni continue producono soltanto un blocco.
Esempi pratici • Se si crea un litigio tra fratelli, non esiste una frase giusta: separare i ragazzi, non permettere di fare la spia. In questo caso guardare brevemente negli occhi e con voce bassa dire “basta” in modo fermo e deciso.
Esempi pratici • Subito dopo un’impennata della tensione e un calo del nervosismo non deve seguire alcuna rielaborazione. Si deve riprendere il normale svolgimento della giornata e tornare chiaramente in seguito sull’argomento, altrimenti risale subito l’agitazione. In nessun modo si deve insistere con frasi del tipo: “Se tu non avessi…”, “Se io non avessi…”.
INFINE.... • Il comportamento del bambino non va preso come una questione personale, in gioco c’è sempre il ruolo che si ricopre nei suoi confronti. Chi è capace lo mostra nel perdono, nella disponibilità a ricominciare ogni giorno da capo, a essere tollerante e rimanere fermo come una roccia nella marea della labilità umorale.
Bibliografia • 1993, Newton Verrier N., Difficoltà a scuola, in “La ferita primaria. Comprendere il bambino adottato”, Il Saggiatore, Milano 2007, pp. 179-181 • 2003, Dell'Antonio A., Il bambino a scuola: realtà, rappresentazioni, prospettive, in Commissione per le adozioni internazionali, “L'inserimento scolastico dei minori stranieri adottati”, Istituto Degli Innocenti, Firenze, pp. 70-84
2007, Chistolini M. e al., Le difficoltà del bambino adottato a scuola, in “Scuola e adozione. Linee guida e strumenti per operatori, insegnanti, genitori”, Franco Angeli, Milano • 2007, Fontani S., Adozione e difficoltà di apprendimento, in Bandini G. (a cura di), “Adozione e formazione. Guida pedagogica per genitori, insegnanti, educatori”, Edizioni ETS, Pisa, pp. 213-231 • 2007, Guerrini A., Odorisio M.L., Quando ci sono delle difficoltà, in “A scuola di adozione. Piccole strategie di accoglienza”, Edizioni ETS, Pisa, pp. 51-62 .