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Analisi EDF sul recepimento della Direttiva Occupazione Sfide future

Analisi EDF sul recepimento della Direttiva Occupazione Sfide future. Il recepimento della 2000/78: questioni rilevanti. Definizione di disabilità Oggetto della direttiva Mancanza di soluzioni ragionevoli Necessità di sanzioni dissuasive Azioni positive Informazione Dialogo civile

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Analisi EDF sul recepimento della Direttiva Occupazione Sfide future

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Presentation Transcript


  1. Analisi EDF sul recepimento della Direttiva OccupazioneSfide future

  2. Il recepimento della 2000/78: questioni rilevanti • Definizione di disabilità • Oggetto della direttiva • Mancanza di soluzioni ragionevoli • Necessità di sanzioni dissuasive • Azioni positive • Informazione • Dialogo civile • Conformità con il diritto nazionale • Monitoraggio dell’attuazione • Vertenze giudiziarie • Le parti sociali ed il dialogo sociale

  3. 1. Definizione di disabilità • La definizione di disabilità è di competenza nazionale • La direttiva non fornisce linee guida sulla portata della definizione • Di conseguenza: • Gli Stati adottano definizioni restrittive • Alcuni esempi preoccupanti: • Utilizzo di percentuali per la definizione della disabilità ed indicazione delle soglie minime per l’applicazione della direttiva (30% in Germania, 33% in Spagna) • In assenza di una definizione di modello sociale, i paesi fanno ricorso alle rispettive definizioni mediche (in particolare quelle utilizzate per il calcolo delle pensioni di invalidità) • È necessario che la Commissione fornisca linee guida per la definizione del concetto di disabilità e consideri errata l’attuazione in base a definizioni restrittive.

  4. 2. Oggetto della direttiva • Il vuoto legislativo sulla discriminazione in ambiti come ad esempio trasporto, merci e servizi limita l’efficacia della direttiva. • Alcuni paesi hanno sfruttato la possibilità di ampliare l’oggetto della direttiva (Regno Unito, Belgio, Francia…) • I paesi che recepiranno il solo oggetto della direttiva registreranno ripercussioni sull’occupazione dei disabili di portata inferiore rispetto ai paesi con normative di vasta portata. • Il successo della campagna “1 milione per la disabilità” ha permesso di raccogliere 1.288.000 firme a sostegno di una nuova direttiva.

  5. Parti sociali / Oggetto • 3.1.d “all’affiliazione e all’attività in un’organizzazione di lavoratori o datori lavoro, o in qualunque organizzazione i cui membri esercitino una particolare professione specifica, nonché alle prestazioni erogate da tali organizzazioni.”

  6. 3. Mancanza di soluzioni ragionevoli • Al momento della presente analisi, Estonia, Italia e Polonia non avevano ancora recepito la norma. • Poiché le soluzioni ragionevoli vengono trattate in un articolo a parte, se ne può ricavare l’impressione che la loro mancanza non costituisca una forma di discriminazione. • Talvolta sussistono differenze tra soggetti in cerca di occupazione e soggetti già occupati. • Sono necessarie procedure di violazione a carico dei paesi che non recepiscano la direttiva e le linee guida, in modo da chiarire che la mancanza di soluzioni ragionevoli costituisce una discriminazione.

  7. 4. Necessità di sanzioni dissuasive • La necessità di sanzioni dissuasive è stata per lo più trascurata. • Solamente Italia e Finlandia sembrano avere introdotto sanzioni che potrebbero scoraggiare la possibilità di discriminazione. • Di conseguenza, in numerosi paesi le imprese preferiscono pagare le sanzioni – sempre che esistano – piuttosto che assumere disabili. • L’introduzione di sanzioni non dissuasive dovrebbe essere considerata alla stregua di una violazione della direttiva.

  8. 5. Azioni positive • Non discriminazione + azioni positive = inclusione sociale • In questo ambito assume particolare rilevanza la cooperazione tra sindacato ed associazioni dei disabili • Esempi di misure positive: formazione sulla direttiva, sistemi tradizionali di quote ed incentivi, sostegno a datori di lavoro e lavoratori, ecc…

  9. 6. Informazione • L’informazione sulla direttiva deve riguardare organizzazioni sindacali ed organizzazioni di disabili. • Sono necessari periodi di formazione affinché si acquisisca la comprensione dei propri diritti. • Anche i datori di lavoro devono essere formati sul contenuto della direttiva. • Esiste la possibilità di sentirsi esclusi dal periodo di recepimento.

  10. 7. Dialogo civile • Alcuni esempi positivi di cooperazione: Austria, Francia, Danimarca, Repubblica Ceca… • Va sottolineato come la consultazione con organismi specializzati in questioni di uguaglianza non significhi consultazione con la società civile. • La consultazione con i disabili permette una legislazione di qualità superiore e maggiori aspettative per le organizzazioni dei disabili.

  11. 8. Conformità con il diritto nazionale • La direttiva è stata recepita tal quale nel diritto nazionale. • La contraddizione tra normative esistenti è causa di incertezza. • Il recepimento della direttiva avrebbe richiesto la partecipazione di più ministri e non solo del ministro del lavoro e del ministro degli affari sociali. • La responsabilità della certezza giuridica è quindi nelle mani dei giudici.

  12. Parti sociali / Conformità Art.16.b “tutte le disposizioni contrarie al principio della parità di trattamento contenute nei contratti di lavoro o nei contratti collettivi, nei regolamenti interni delle aziende o nelle regole che disciplinano il lavoro autonomo e le organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro siano o possano essere dichiarate nulle e prive di effetto oppure siano modificate”.

  13. 9. Monitoraggio dell’attuazione • Importante ambito di cooperazione con le organizzazioni sindacali. • L’onere della prova della discriminazione è a carico del disabile. • Di conseguenza il soggetto si trova a combattere da solo contro l’autore della discriminazione. • Alcuni paesi hanno istituito organismi specializzati in questioni di uguaglianza, ma ciò non è prescritto dalla direttiva. • In assenza di tali organismi specializzati e di ombudsman con la possibilità di ricevere denunce relative alla disabilità, risulta fondamentale il ruolo del sindacato.

  14. Parti sociali / Attuazione Art.18. “Gli Stati membri adottano le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 2 dicembre 2003 o possono affidare alle parti sociali, a loro richiesta congiunta, il compito di mettere in atto la presente direttiva per quanto riguarda le disposizioni che rientrano nella sfera dei contratti collettivi. In tal caso gli Stati membri si assicurano che, entro il 2 dicembre 2003, le parti sociali stabiliscano mediante accordo le necessarie disposizioni, fermo restando che gli Stati membri devono prendere le misure necessarie che permettano loro di garantire in qualsiasi momento i risultati imposti dalla direttiva. Essi ne informano immediatamente la Commissione”.

  15. 10. Vertenze giudiziarie • Il numero di soggetti disabili che si rivolgono alla Corte di Giustizia è basso a causa di: • Squilibrio nei rapporti di forza • Inesistenza di organismi specializzati in questioni di eguaglianza • La discriminazione nelle assunzioni non viene mai sottoposta ai tribunali. • Inoltre in alcuni paesi (Finlandia, Italia, Lettonia, Portogallo ed Irlanda) le organizzazioni dei disabili non hanno diritto di rappresentare un disabile vittima di discriminazione. • Una strategia attiva degli organismi specializzati che prevenga la discriminazione con un approccio “ex ante” è importante per prevenire episodi di discriminazione in futuro.

  16. Parti sociali / Difesa dei diritti Art.9.2. “Gli Stati membri riconoscono alle associazioni, organizzazioni e altre persone giuridiche che, conformemente ai criteri stabiliti dalle rispettive legislazioni nazionali, abbiano un interesse legittimo a garantire che le disposizioni della presente direttiva siano rispettate, il diritto di avviare, in via giurisdizionale o amministrativa, per conto o a sostegno della persona che si ritiene lesa e con il suo consenso, una procedura finalizzata all'esecuzione degli obblighi derivanti dalla presente direttiva”.

  17. 11. Parti sociali / Dialogo sociale (art. 13) • 1. Gli Stati membri, in conformità delle rispettive tradizioni e prassi nazionali, prendono le misure adeguate per incoraggiare il dialogo tra le parti sociali al fine di promuovere il principio della parità di trattamento, tra l'altro attraverso il monitoraggio delle prassi nei luoghi di lavoro, contratti collettivi, codici di comportamento e ricerche o scambi di esperienze e di buone pratiche. • 2. Gli Stati membri, nel rispetto delle rispettive tradizioni e prassi nazionali, incoraggiano le parti sociali, lasciando impregiudicata la loro autonomia, a concludere al livello appropriato, accordi che fissino regole antidiscriminatorie negli ambiti di cui all'articolo 3 che rientrano nella sfera della contrattazione collettiva. Tali accordi devono rispettare i requisiti minimi stabiliti dalla presente direttiva e dalle relative misure nazionali di attuazione.

  18. Per ulteriori informazioni • www.edf-feph.org • javier.guemes@edf-feph.org

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