200 likes | 596 Views
Consolidanti per il restauro: vantaggi e limiti. Anna Maria Mecchi Referente scientifico del GL3” Trattamenti materiali lapidei” della Commissione tecnica UNI “Beni Culturali –NorMal”. CNR – Istituto conservazione e Valorizzazione Beni Culturali. Consolidamento.
E N D
Consolidanti per il restauro: vantaggi e limiti Anna Maria Mecchi Referente scientifico del GL3” Trattamenti materiali lapidei”della Commissione tecnica UNI “Beni Culturali –NorMal” CNR – Istituto conservazione e Valorizzazione Beni Culturali
Consolidamento Per trattamento di consolidamento si intende l’impregnazione con un prodotto che, penetrando in profondità, migliori la coesione del materiale alterato e l’adesione fra questo ed il substrato sano. Come risultato si avrà una maggiore resistenza ai processi di alterazione. Racc.Normal 20/85 One might hope to make the stone at least as strong as it was (Snethlage 2008)
Il prodotto consolidante dovrà quindi 1)venire uniformemente assorbito dalla pietra, raggiungere tutto il materiale alterato, consolidarlo e collegarlo alla pietra sana più interna senza che si producano discontinuità. La profondità di penetrazione richiesta varia a seconda delle caratteristiche della pietra; può essere quindi di pochi millimetri in una pietra compatta, di molti centimetri in una pietra porosa; 2) non provocare variazioni significative di dilatazione termica, espansione idrica, modulo elastico, permeabilità al vapore; 3) non provocare la formazione di sottoprodotti secondari dannosi; 4) conservare inalterati l’aspetto e i valori cromatici del materialelapideo 5) essere reversibile ovvero compatibile
Conference “Reversibility: Does it Exist?”, Oddy A.&Carroll S. Eds.. London 8-10 September 1990, British Museum Reversibilità? Concezione e interpretazioni nel restauro, Politecnico di Torino, aprile 2002 Dalla Reversibilità alla Compatibilità Arkos, Conegliano, giugno 2003 La reversibilità nel Restauro Scienza e beni Culturali – XIX Convegno Internazionale, Bressanone 2003
Infine dovrebbe essere durevole, economico, facile da applicare e sicuro per gli operatori !! It is like trying to find one pill that will cure all the diseases know to humankind !!! (E.Doehne and Clifford A.Price) E’ quindi opportuno intervenire con un trattamento consolidante solo quando la pietra è in uno stato di disgregazione così avanzata da pregiudicare la conservazione del manufatto, dopo aver individuato le cause del degrado ed aver operato per limitarle, quando possibile
Epossidiche Gauri e Domaslowski (1974-1991) sono i primi ricercatori a prendere in considerazione l’uso di tali resine Tre ampie review (1991-92) vengono presentate da Selwitz sui vantaggi e limiti di tali prodotti con descrizione di casi di applicazioni. Essi vengono considerati dei buoni adesivi ma troppo viscosi e quindi con difficoltà di penetrazione in profondità nella struttura porosa del materiale lapideo, fragili, con effetti di variazione di colore non trascurabile rispetto al materiale non trattato, facilmente soggetti a ingiallimento soprattutto totalmente irreversibili e incompatibili con il materiale lapideo. Essi sono stati talora usati con buoni risultati in situazioni particolari (oggetti trattati in laboratorio, materiali con fenomeni di larghe fessurazioni). Recenti lavori (Kozub 2004, Cardiano 2005) hanno proposto emulsioni epossidiche e complessi ibridi con silice, ma ulteriori lavori sono necessari per valutare tali nuovi prodotti Rimane in ogni caso il problema che tali trattamenti sono da considerarsi irreversibili e incompatibili con il materiale lapideo e con possibili ulteriori trattamenti
Resine acriliche I polimeri acrilici , in particolare il Paraloid B72 (coopolimero etilmetacrilato-metilacrilato) sono stati largamente usati nel passato e ancora oggi trovano talora impiego a dispetto dei numerosi lavori che ne evidenziano le loro caratteristiche negative. La facilità d’uso e i risultati apparentemente positivi immediatamente dopo l’applicazione possono dare una ragione del loro ancora diffuso impiego Inizialmente una sperimentazione di Feller su oggetti esposti alla National Gallery- USA li classificava come adatti ai Beni Culturali in quanto non davano significative variazioni di colore e , soprattutto erano considerati reversibili fino a 100anni ! Tale sperimentazione diede buona durabilità in quanto fu condotta considerando materiali esposti in ambienti museali e non all’aperto
Resine acriliche Nel 1972 si è diffuso un tipo di trattamento misto “Bologna cocktail” composto da B72 e alcossisilano. Tale prodotto ha dato inizialmente buoni risultati soprattutto in pietre con problemi di scagliatura, tuttavia tali risultati si sono dimostrati relativamente poco durevoli. e disastrosi quando applicati ad altri tipi di pietre ad alta porosità con formazione di croste e successivi distacchi. Recenti lavori hanno infine confermato la scarsa stabilità e perdita di efficacia delle resine acriliche dopo invecchiamenti artificiali e naturali. (Bracci 2003; Favaro 2006-2007) In conclusione il Paraloid B72 è un buon adesivo, poco penetrante e reversibile solo a tempi brevi, ma non un buon consolidante per materiale lapideo esposto all’aperto. Attualmente si stanno sviluppando ulteriori ricerche su compositi acrilici/silossanici con qualche primo promettente risultato (Zielecka 2007; Sadat-Shojai 2009); rimane tuttavia il fondamentale problema dell’incompatibilità di tali resine con il substrato lapideo e con possibili ulteriori trattamenti
Calce e nano calce Per il consolidamento delle pietre carbonatiche niente dovrebbe essere meglio di proporre prodotti a base di calce, che carbonatando all’interno del materiale ne dovrebbe ricostruire la struttura. Tuttavia tale tipo di consolidamento si scontra con alcune grosse problematiche: la scarsa penetrazione in profondità la formazione di carbonato di calcio amorfo con scarsissimo potere consolidante incompleta carbonatazione dell’idrossido Per superare questi problemi si stanno conducendo numerose ricerche e un progetto europeo www.stonecore-europe.eu In particolare segnaliamo le ricerche: (Tiano 1992-2008) che hanno proposto un pretrattamento con glicolproteine per favorire la formazione del carbonato di calcio in forma cristallina (Dei, Adolf, Ziegenbalg, Daniele: 2000-2010) che propongono nano- particelle di idrossido di calcio in soluzione alcolica per permettere al prodotto una maggiore penetrazione e ritardare la carbonatazione alla fase in cui le nano-particelle sono penetrate all’interno del materiale.
Calce e nano calce Su questi trattamenti con nanocalci si sono avuti già promettenti risultati sugli affreschi ma ulteriori sperimentazioni devono ancora essere sviluppate sui material lapidei. Un ottimo lavoro di Lopez-Arce 2011 esamina i complessi fenomeni di cristallizzazone di rocce a composizione calcite/magnesite trattati con nanocalci in diverse condizioni di umidità. Infine segnaliamo anche un altro approccio per il consolidamento (Favaro 2008) mediante formazione di carbonato di calcio che parte da un prodotto completamente diverso e cioè l’alcolato di calcio Ca(OHC3)2 Tali trattamenti, qualora, fossero diffusamene dimostrati i risultati sperati sarebbero sicuramente trattamenti compatibili con i substrati lapidei carbonatici o con componenti carbonatiche e con futuri trattamenti
Silicato di etile e alcossisilani La prima idea di impiego del silicato di etile come consolidante per materiale lapideo risale alla metà dell’800 con Von Hoffman’s , poi dopo gli studi di Laurie intorno al 1920, si arriva al brevetto del Wacker-OH (Sandstein festinger) del 1960. Due sono stati negli ultimi decenni i composti più ampiamente studiati e applicati . Il metiltrimetossisilano MTOMS Il tetra-etossisilano TEOS Tali composti semplificando la reazione reagiscono secondo il seguente mecanismo: sono idrolizzati dall’acqua per formare i silanoli che poi polimerizzano in polimeri siliconici. L’acqua può venire dall’ambiente o essere aggiunta come ingrediente del solvente. Può essere aggiunto anche un catalizzatore in forma usualmente di composti organici di stagno o piombo o più raramente acidi e basi forti. Oltre a tali composti sono stati introdotti molti altri composti basati sulla sostituzione del gruppo metile con altri gruppi alchilici o acrilici.
In teoria questi prodotti dovrebbero legarsi con legame chimico con il substrato lapideo contenente gruppi –OH, quindi essenzialmente con le pietre silicatiche, producendo un effetto consolidante. Non dovrebbe essere adatti alle pietre carbonatiche in quanto il legame che si potrebbe formare è essenzialmente di tipo elettrostatico e quindi più debole. A fronte di questi principi generali vi è una molto estesa letteratura sia sulle reali possibilità di formazioni di tali legami sia sulle prestazioni di tali composti. Spesso in tale letteratura vengono espressi risultati non concordi. Il principali problemi che comunque sembrano emergere sono: 1) ritiro in fase di asciugamento con conseguente fessurazione 2)fragilità 3)incompatibilità con substrati carbonatici 4)comportamento molto discusso con i materiali argillosi ( sia nelle pietre carbonatiche che in quelle silicatiche)
Recenti lavori hanno cercato di ridurre l’aspetto della fessurazione con aggiunta di ossidi colloidali o nanosilici (Escalante 2000, Miliani 2007, Kim 2009). Per ridurre la fragilità sono stati sviluppati silani elastificati ( Kim 2008, Maravelaki 2008) Remmers KSE 500E e nanoibridi composti (Mosquera 2008, Simionescu 2009). Per quanto riguarda il loro uso sui materiali carbonatici molti lavori di carattere prestazionale mostrano in realtà una buona efficacia consolidante (De Clercq 2007.Maravelaki 2008;Wheeler 2008, Reudrich 2002) anche se non paragonabile con quella ottenuta sulle pietre silicatiche . Un ulteriore elemento di riflessione è il loro comportamento positivo su marmo. In entrambi i casi gli alcossisilani possono ridurre la disgregazione intergranulare se le dimensioni e le geometrie degli spazi o dei pori lo permettono. Infine quanto riguarda il loro uso sui materiali carbonatici sono stati proposi agenti accoppianti che facciano da ponte fra i polimeri siliconici e il substrato carbonatico (Wheeler 2003; Pinto 2008). Rimane comunque la loro incompatbilità con la natura del materiale lapideo stesso.
Per gran parte dei consolidanti la procedura di trattamento è estremamente importante per le loro prestazioni. Per procedura di trattamento intendiamo: • Concentrazione del prodotto nel solvente • Tempi di applicazione e metodi di applicazione (capillarità, immersione, pennello, ecc.) • Condizioni di umidità del substrato lapideo • Condizioni termo-igrometriche dell’ambiente durante le applicazioni e il periodo di cura I primi due punti determinano per tutti i tipi di consolidanti le quantità di prodotto assorbito e la loro penetrazione in profondità. Mentre gli altri due punti influiscono grandemente soprattutto su quei trattamenti che reagiscono all’interno del materiale. Sull’influenza di tali parametri sono stati condotti numerosi lavori e anche recentemente se ne è sottolineata l’importanza (Camaiti 2003; De Clercq 2007; Pinto 2008; Lopez-Arce 2010 ). Spesso i giudizi poco positivi su un tipo di trattamento sono in parte riconducibili a una sua applicazione non ottimale.
Conclusioni La grande quantità di studi condotti in laboratorio può sicuramente dare un importante contributo alla comprensione dei meccanismi di consolidamento dei vari prodotti e quindi ad una loro sempre migliore formulazione. Accanto ad essi un contributo fondamentale ci potrebbe venire dalle esperienze della loro applicazione su superfici deteriorate ed esposte al natural weathering. Purtroppo molte di tali esperienze vengono ancor oggi ad essere inutilizzabili in quanto non accompagnate da una puntuale documentazione.
Non esiste un buon consolidante in assoluto ma esso deve essere scelto in relazione al materiale lapideo e al suo stato di degrado. Allo stato attuale delle conoscenze difficilmente potremo trovare una soluzione che soddisfi completamente tutti i requisiti che vorremmo. Sicuramente, però, possiamo operare una scelta consapevole dei rischi e dei limiti che le attuali soluzioni ci propongono, privilegiando trattamenti, anchea dispetto di una loro più modesta efficacia,che: - non inducano danni anche nel tempo - consentano la ritrattabilità del materiale lapideo - non inducano variazioni cromatiche tali da alterare il valore estetico del Bene - siano compatibili con la natura del materiale lapideo non snaturandolo In questa prospettiva sono estremamente interessanti i trattamenti con nanocalci e gli studi attualmente rivolti ai processi di geopolimerizzazione, cioè tutti quei trattamenti che ripristino il materiale deteriorato partendo dal materiale stesso