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Cosa chiedono (davvero) i due quesiti sull’acqua?

Cosa chiedono (davvero) i due quesiti sull’acqua?. Antonio Massarutto Università di Udine e IEFE - Bocconi. Il primo quesito. Cosa dice l’art. 23 bis. Obbligo di affidamento dei servizi di rilevanza economica a società di capitali comunque costituite

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Cosa chiedono (davvero) i due quesiti sull’acqua?

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Presentation Transcript


  1. Cosa chiedono (davvero) i due quesiti sull’acqua? Antonio Massarutto Università di Udine e IEFE - Bocconi

  2. Il primo quesito

  3. Cosa dice l’art. 23 bis • Obbligo di affidamento dei servizi di rilevanza economica a società di capitali comunque costituite • Il gestore deve essere costituito in base al codice civile (non sono ammesse entità di diritto pubblico) • Il gestore può essere un’azienda pubblica, privata o mista • E’ comunque un’autorità pubblica ad essere responsabile di definire qualità dei servizi, investimenti e tariffe (nel rispetto del vincolo di bilancio): il gestore non è e non sarà libero di fare quel che gli pare, ma opererà sulla base di un contratto con il soggetto pubblico • Termine perentorio per le gestioni che non sono state affidate con gara • Entro il 2011 o 2012 (a seconda dei casi) l’affidamento termina; gli enti locali devono indire una gara pubblica (cui possono peraltro partecipare gli attuali gestori senza alcun vincolo, tranne quello di avere eventuali affidamenti diretti altrove) • Possibilità di evitare tutto ciò ricorrendo a una delle fattispecie previste dalla deroga di cui al comma 4

  4. Cosa dice l’art. 23 bis - II • Possibilità di deroga • L’ente locale può mantenere l’attuale gestione in house (affidamento a società pubblica senza gara) qualora dimostri che l’eventuale ricorso al mercato non produrrebbe benefici • La dimostrazione è soggetta al parere (obbligatorio ma non vincolante) dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato • Nel caso specifico dell’acqua, questa dimostrazione poggia su tre indicatori: • Tariffa inferiore alla media nazionale • Equilibrio economico-finanziario (bilancio non in perdita) • Reinvestimento di almeno l’80% degli utili nel servizio idrico (ossia: gli utili non devono essere stati distribuiti ai comuni) • Possibilità alternativa: • Per le gestioni in house, l’affidamento originario può essere mantenuto se viene ceduto al mercato (con gara) un pacchetto del 40% (il socio privato dovrà in quel caso avere un ruolo nella gestione, e non solo di tipo finanziario • Per gli affidamenti a società quotate, questi possono essere mantenuti fino alla scadenza originaria e alle condizioni già previste se la parte pubblica cede al mercato una quota tale da non mantenere più del 30%

  5. Cosa NON succederà in ogni caso • Se vince il no, o non viene raggiunto il quorum: • L’acqua NON diventerà dei privati: la risorsa e le infrastrutture sono e restano pubbliche • Il servizio idrico NON diventa una “merce”: le condizioni di erogazione sono definite comunque nel “piano d’ambito” approvato dalle autorità pubbliche, base del contratto di affidamento • Le tariffe NON aumenteranno oltre quanto già previsto nei piani d’ambito già in vigore: la gara farà emergere un’offerta migliorativa, oppure ci terremo quel che abbiamo già • Se vince il sì: • le gestioni NON torneranno ad essere obbligatoriamente pubbliche: gli enti locali mantengono l’opzione di scelta tra le alternative

  6. Alcune ragioni per votare sì • La norma fa di ogni erba un fascio, facendo cessare tutte le gestioni pubbliche a prescindere • I criteri per ottenere la deroga sono sbagliati: si premia chi è più fortunato (tariffa bassa vuol dire che si opera in contesti favorevoli) e non chi è efficiente • L’esperienza internazionale insegna che le gare nel settore idrico funzionano poco e male: la concorrenza è scarsa, i criteri di affidamento sono discrezionali, i parametri rilevanti si decideranno comunque “in corso d’opera” dopo l’affidamento • Non ha senso mettere in gara imprese pubbliche e private come se fossero “alla pari”: non possono esserlo, perché la gestione pubblica sarà favorita essendo il proprietario anche banditore della gara. La gestione pubblica è un’alternativa alla gara, non può essere il vincitore della gara

  7. Alcune ragioni per votare sì • La legge offre a chi non vuole la gara una scappatoia comoda ma pericolosa, ossia la cessione coatta di un pacchetto azionario a soggetti privati che dovranno per forza assumere responsabilità di gestione (anche quando l’azienda pubblica funziona) • La gara dovrebbe essere bandita solo dopo che sono state definite in modo appropriato le regole per bandirla e aggiudicarla, nonché (ancora più importante) per definire le variazioni in corso d’opera della convenzione di affidamento; invece non solo il quadro regolatorio è opaco (nonostante la tardiva istituzione di un’autorità-agenzia), ma addirittura un’altra legge ha abolito il soggetto che dovrebbe bandire e gestire le gare e gli affidamenti come controparte, ossia l’AATO • Il governo si è dimostrato sordo ad ogni proposta di rivedere in senso migliorativo il testo della legge, e l’ha perfino blindato con il voto di fiducia: votare sì è l’unico modo per costringerlo a riprenderla in mano

  8. Alcune ragioni per NON votare sì • La campagna referendaria in realtà mira a ostacolare o rendere impossibile qualsiasi forma di coinvolgimento privato; il significato politico del referendum rischia di andare molto al di là del significato tecnico della norma abrogata • La campagna referendaria ha raccontato una montagna di fandonie a proposito della privatizzazione, inculcando nell’opinione pubblica qualcosa che non esiste, a suon di affermazioni false • La norma è trasversale e riguarda tutti i servizi pubblici locali, anche quelli per cui la gara può funzionare molto meglio che nel settore idrico • Nel settore idrico è comunque possibile disegnare gare che, almeno in parte, permettano di vincolare il gestore vincente alla riduzione dei costi e al contenimento degli extra-profitti; serve tuttavia un regolatore capace e forte • In Italia, non basta la carota ma ci vuole anche il bastone: senza un obbligo di confrontarsi con il mercato, gli enti locali preferiranno sempre mantenere le rendite politiche connesse con la gestione dei servizi pubblici

  9. Il secondo quesito

  10. Cosa dice la norma che si vuole abrogare • Il servizio idrico è erogato nel rispetto del principio della copertura dei costi attraverso le tariffe • La tariffa viene fissata secondo vari criteri tra cui quello che si vorrebbe abrogare: “adeguatezza della remunerazione del capitale investito” • Abrogando questo inciso, resterebbe comunque salvo il principio secondo cui tutti i costi (compresi quelli degli investimenti, e dunque anche i costi finanziari che si sostengono per procurarsi il capitale) devono essere coperti in tariffa: questo discende da un principio europeo non derogabile e contenuto nella Dir. 2000/60, che peraltro non vieta, ma riserva a casi eccezionali l’erogazione di sussidi a carico della finanza pubblica

  11. Ma allora cosa vuol dire? • Il significato del quesito ruota intorno al significato di “profitto” • Secondo i promotori del referendum, votare sì significa precludere qualsiasi forma di remunerazione del capitale; le gestioni idriche si finanzierebbero o a carico della fiscalità generale, oppure ricorrendo al credito (e in quel caso le tariffe dovrebbero coprire il servizio dei debiti, ma non la remunerazione del capitale proprio). • Secondo la teoria economica, il “costo del capitale investito” comprende in ogni caso la remunerazione “normale” del capitale investito; un’eventuale vittoria del sì affermerebbe solo il principio (che non c’era bisogno di affermare perché già implicito) secondo cui la remunerazione non deve eccedere quella “normale”, ossia quella che si otterrebbe investendo in un’attività finanziaria con gli stessi profili di rischio

  12. Le ragioni per votare sì • Personalmente non ne vedo nemmeno una: • Se vale la seconda interpretazione, sarebbe una specie di ossimoro: non cambierebbe nulla • Se valesse la prima, il settore idrico si troverebbe in enorme difficoltà nel reperire i finanziamenti, col rischio di non fare gli investimenti necessari • In ogni caso, NON ESISTONO PASTI GRATIS: abolire la remunerazione del capitale non vuol dire acqua gratis (o meno cara), bensì tasse più alte, stante l’impossibilità di ricorrere al debito pubblico

  13. Le ragioni per NON votare sì • L’acqua è un diritto, ma è anche un dovere: i costi del servizio idrico (elevati proprio perché lo vogliamo “universale” e vogliamo che rispetti elevati standard qualitativi e ambientali) devono essere coperti, e a pagare sono comunque i cittadini • L’unico modo per affrontarli è recuperando sul mercato (dalle banche e dagli investitori) i capitali necessari: dunque, questi andranno poi restituiti con gli interessi • Un capitale proprio del soggetto gestore è condizione di efficienza (in quanto la gestione mette a repentaglio risorse proprie e non solo risorse di terzi); ma ovviamente è necessario remunerarlo • Questo quesito dimostra che, in realtà, a molti votanti non importa granché la natura del gestore, quanto il fatto di non pagare l’acqua: ma è illusorio pensare che si possa non pagarla.

  14. Le ragioni per NON votare sì • Il profitto non è il lucro di chi si “approfitta” della sete dei cittadini, ma il premio (eventuale) per l’impresa che ha saputo creare una gestione efficiente • Ovviamente, in un settore caratterizzato da monopolio naturale, non è scontato che sia così: è compito della concorrenza e del regolatore mettere in piedi l’adeguato sistema di incentivi. • In questo momento la regolazione è inadeguata, ma a beneficiarne sono tutte le gestioni, sia pubbliche che private, che da una regolazione debole traggono scarsi stimoli all’efficienza. L’esperienza mondiale ci mostra comunque che si può fare, basta volerlo fare. • In ogni caso, ricorrere alla spesa pubblica NON è la soluzione: il costo dei servizi rimarrebbe alto, solo non lo si vedrebbe in modo altrettanto immediato. Nel secolo passato, quando tutta la spesa era a carico della fiscalità generale, il “profitto” era molto più elevato e incontrollato di quanto lo sia ora, solo che non lo si vedeva

  15. Alcune leggende urbane da sfatare

  16. Vero o falso? • Il primo quesito riguarda la possibilità di affidare a privati la gestione del servizio idrico • FALSO, nonostante che perfino la RAI continui a diffondere questa falsità. • Con o senza quesito, la possibilità rimane valida. • Peraltro, con la legge che si vuole abrogare la privatizzazione non è un obbligo • La vera differenza se vince il sì o il no riguarda l’obbligo di gara (ma alla gara partecipano tutti, compresi i gestori pubblici) • Se vince il sì al primo quesito, si affermerà che l’acqua è un bene comune e non può essere privatizzato • FALSO: che l’acqua è un bene comune è un’ovvietà. La questione riguarda solo ed esclusivamente la scelta del soggetto gestore, e questo PUO’, anche se non per forza DEVE, essere privatizzato (anche se vince il sì) • Se vince il sì non prenderà valore la legge di iniziativa popolare che voleva vietare ogni forma di coinvolgimento privato, ma semmai la vecchia legge, che lascia ai comuni ogni decisione in merito • Il secondo quesito mira a impedire che si possa lucrare un profitto sul bene comune • FALSO. Nessuno ha mai affermato che i privati possano lucrare sul bene comune, e non esiste nessun principio che li autorizzi a farlo. • Confondere la remunerazione del capitale investito prevista dal metodo tariffario con il profitto è un errore da matita blu. • L’attuale metodo tariffario è comunque pieno di difetti e va cambiato (a cominciare da quel valore del 7% fissato senza alcun riferimento al mercato).

  17. Vero o falso? • Il privato non fa gli investimenti • FALSO: ne fa semmai di più (anche perché con l’attuale metodo tariffario, più ne fa e più guadagna; sarebbe semmai il caso di rivedere il metodo premiando chi riduce i costi e non solo chi fa tanti investimenti • I dati dimostrano che gli investimenti sono comunque ripartiti: dal 2000 a oggi la media annua è circa doppia rispetto al decennio precedente • Le tariffe aumentano se arriva il privato • FALSO: le tariffe sono esattamente le stesse con tutte le forme gestionali; la remunerazione del capitale investito viene calcolata forfetariamente nello stesso modo, perché le regole sono uguali per tutti • Si ricorda che il decreto che ancor oggi disciplina le tariffe, con la remunerazione del capitale investito, fu approvato nel 1996 e reca la firma dell’allora ministro Di Pietro (che sia un omonimo di quel Di Pietro che oggi agita la bandiera del referendum?) • Col privato la qualità peggiora • FALSO: è vero semmai che è più facile controllare quando si opera in contraddittorio di interessi, ed è più normale “chiudere un occhio” quando controllore e controllato coincidono

  18. Vero o falso? • Una volta, quando c’era la finanza pubblica, si investiva di più di adesso • FALSO: la media annua del periodo 1990-1997 è stata di 17 €/anno pro capite, contro i 35 previsti nei piani d’ambito attuali • la media di quelli realizzati dal 2000 a oggi è comunque superiore ai 30 €/anno pro capite: un po’ meno di quanto previsto, ma comunque molto più di prima • In Germania, Inghilterra e Francia l’investimento pro capite è 3 volte superiore al nostro (non a caso le loro tariffe sono molto più elevate) • Nel mondo prevalgono le gestioni pubbliche: non è vero che pubblico è inefficiente • VERO, ma a una condizione: le gestioni pubbliche che funzionano, lo fanno proprio perché funzionano come aziende e sono rigorosamente vincolate a coprire i costi. Dove invece la gestione è prigioniera della politica in genere funziona male (ed è lì che in genere sorge l’esigenza di privatizzare) • L’obbligo di gara è imposto da norme europee • FALSO. Non esiste nessun obbligo imposto dall’UE. Le gestioni in house sono perfettamente legittime (quando rispettano i principi alla base di questo ordinamento, ossia: quando svolgono solo attività per l’ente pubblico proprietario, e sono da questo pienamente controllate).

  19. Vero o falso? • Col privato l’acqua diventerà un bene di lusso riservato solo a chi lo può pagare • FALSO: le tariffe non aumentano “perché c’è il privato”, ma perché non c’è più la fiscalità generale a farsi carico dei costi di investimento • In ogni caso, stiamo parlando di una spesa che si aggira sui 100 euro/anno pro capite e, a regime, potrà arrivare a un 30% in più • E’ comunque possibile prevedere, e di fatto già previsto, che le classi sociali deboli trovino delle formule agevolate • L’impasse in cui ci troviamo dimostra il fallimento del modello privatistico basato sul principio della copertura dei costi in tariffa • FALSO: questo principio è applicato in tutto il mondo, con qualunque sistema di gestione (pubblico, privato, misto) e funziona perfettamente. Se in Italia non siamo ancora riusciti a far partire a regime il sistema è semmai perché non è ancora applicato in modo rigoroso. • E’ peraltro vero che è cruciale trovare dei circuiti finanziari che permettano alle gestioni di accedere al mercato dei capitali in condizioni meno onerose, ripartendo il rischio finanziario in modo più efficiente. A questo possono servire circuiti di credito speciale garantito dallo stato (es. attraverso Cassa DDPP) oppure fondi rotativi, o ancora meccanismi basati su tassazione di scopo

  20. Vero o falso? • La finanza pubblica i soldi ce li avrebbe: basterebbe rinunciare a qualche spesa inutile o criticabile, come il nuovo cacciabombardiere, oppure recuperando l’evasione fiscale • VERO in linea di principio, ma la questione è: se per caso la fiscalità generale recuperasse qualche margine di manovra, non ci sono forse altri capitoli di spesa che reclamano con maggiore urgenza un aumento della spesa pubblica (in particolare il welfare, l’istruzione, la ricerca, i beni culturali)? • Una buona regola dell’economia è quella di usare la fiscalità generale solo per la spesa che ha valenze redistributive, non per i servizi che, in larga parte, ritornano alle stesse persone che hanno pagato le imposte • L’indebitamento pubblico potrebbe essere impiegato senza pregiudicare il patto di stabilità, ricorrendo al prestito irredimibile: in tal modo la “quota capitale” non dovendo essere restituita non farà aumentare il debito, e in tariffa ci potrà andare solo la quota interessi • Non solo FALSO, ma da veri MASCALZONI: questo equivarrebbe a lasciare ai nostri figli per sempre la rata interessi da pagare, anche quando gli impianti realizzati con quella somma non ci saranno più! • Questa autentica PATACCA non me la sono inventata, ma è contenuta nella proposta della parte più temeraria e massimalista del fronte referendario. • A costo di pigliarmi una denuncia, affermo e ribadisco con tutte le mie forze che questa proposta è un vero FURTO ai danni delle generazioni future, e sfido chi la pensi diversamente a singolar tenzone.

  21. Vero o falso? • Con la privatizzazione, ci saranno 100 milioni di morti • Questa non l’ho sentita direttamente, ma me l’hanno raccontata. Ancora non ci voglio credere. Spero che nessuna persona sana di mente possa credere una simile panzana, in perfetto stile berlusconiano (“se vince la sinistra arrivano i comunisti e vi portano via la casa”, “se vince Pisapia Milano diventerà una zingaropoli e Al Qaeda sarà contenta”, “Pisapia rubava le macchine” e simili) • Spero che, invece di ritrasmettere in televisione questa idiozia, che pare spopoli su Rai3, intervenga un neuropsichiatra

  22. Perché queste cose non le dite in televisione? • Non le diciamo perché non ci invitano • Per la verità ci avrebbero anche invitati: ma siccome non siamo collocabili né sotto una bandiera né sotto l’altra, la par condicio impedisce di invitarci • Se qualcuno volesse fare una raccolta di firme per un referendum contro la par condicio, sarò uno dei primi a firmare

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