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Il lavoro offeso. Avevamo tutti un contratto a tempo indeterminato, eravamo in regola. Io lavoravo con l’azienda madre ma l’operaio che ha subito l’infortunio lavorava in subappalto.
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Avevamo tutti un contratto a tempo indeterminato, eravamo in regola. Io lavoravo con l’azienda madre ma l’operaio che ha subito l’infortunio lavorava in subappalto.
Noi ditta madre cercavamo di mettere tutti coloro che lavoravano in subappalto al nostro livello in termini di sicurezza. Però i subappalti quando fanno le gare d’appalto vincono sul ribasso. Il ribasso avviene incidendo sulla sicurezza.
La legge invece dice che il ribasso avviene solo sulla quota del lavoro, la sicurezza invece dovrebbe essere rispettata al 100%. Quando andiamo sui luoghi di lavoro tra noi ditta madre e loro si vedono le differenze.
Noi però cerchiamo di dar fastidio alla ditta madre affinché trattino noi operai allo stesso modo mettendo in uno stato di sicurezza anche loro.(E., muratore, nazionalità italiana – Napoli)
La sicurezza dipende anche dall’impresa, dipende dal capocantiere…è vero che con il tempo si abbassa la guardia. Magari ci sono scadenze e nella fretta si fa meno attenzione alla sicurezza.
Se poi si fa male qualcuno o succede qualcosa improvvisamente si riprende l’attenzione e di nuovo si seguono le regole per la sicurezza. È un po’ un su e giù di attenzione.
Anche a me da fastidio portare il casco o mettere la cintura, perché ti limitano nei movimenti e quindi ci metti di più a fare le cose.(S., gruista, nazionalità italiana – Roma)
Lavoravo in una ditta piccole dimensioni che si occupa di scavi, fognature per palazzi. Lavora sempre in subappalto.
Il contratto di lavoro mi è stato fatto dopo l’incidente. Avevo iniziato a lavorare per quella azienda quasi un anno prima.(Z., operaio, nazionalità rumena – Roma)
Lui era sotto ricatto permanente. Gli dicevano: se non ti piace questo lavoro te ne vai a casa.
Ora siccome per la legge Bossi-Fini se non hai un contratto di lavoro non hai il permesso di soggiorno la cantilena era «se non ti piace… la porta è questa e vai».(F., nazionalità italiana, compagna di H. lavoratore egiziano morto sul lavoro a 28 anni - Milano).
Al momento dell’incidente avevo un contratto a tempo indeterminato ed ero inquadrato al I livello. Più o meno guadagnavo 1.200 euro.
Anche se avevo il contratto mi capitava di lavorare in nero. Lavoravo il sabato e ogni giorno facevo almeno 10 ore.
Sul contratto c’era scritta una cosa ma in realtà la situazione era diversa.(M., ferraiolo, nazionalità marocchina – Legnago, Verona)
Svolgevo tutte le attività che mi chiedevano di fare. Ogni giorno poteva cambiare. È normale che quando ogni giorno fai una cosa diversa è più facile farsi male. Magari fai anche tre lavori diversi durante una giornata.(Z., operaio, nazionalità rumena – Roma)
Certe misure di prevenzione si adottano solo dopo che è successo un incidente. Finché non succede un incidente nel nostro settore non si fa niente.(E., operaio II livello, nazionalità italiana - Modica)
Noi restauratori dovremmo avere dei dispositivi di sicurezza personale che non sempre le imprese forniscono, come: la maschera per i solventi e per la polvere, i guanti, le scarpe anti-infortunistica.
Quasi nessuno ti dà questa attrezzatura, nemmeno le tute.. devi comprarle tu.(I., restauratrice, nazionalità italiana - Napoli)
A me i carabinieri, mentre ero in ospedale, mi portarono un foglio con tutti gli attrezzi per la protezione che il titolare mi avrebbe consegnato, ma quella firma non era la mia e quel foglio era falso.(G., aiuto carpentiere, nazionalità italiana - Palermo)
Ogni 3-4-6 mesi si facevano corsi per la sicurezza, ma tutto ciò che facevamo nei corsi sulla sicurezza non veniva rispettato, non da noi ditte madri ma dai subappaltatori che subentravano nel giro di lavoro.(A., edile, nazionalità italiana - Napoli)
In quest’impresa per quello che ho visto non si facevano corsi di formazione. Se c’era qualcuno che arrivava come apprendista faceva direttamente formazione sul campo.(I., muratore, sindacalista, nazionalità italiana - Napoli)
“In cantiere il primo rischio che si percepisce è di non essere pagati”(I., carpentiere e sindacalista, nazionalità italiana - Napoli)
“Noi non possiamo dire niente sulle condizioni di lavoro altrimenti mi dicono che già ci sono pronte altre tre persone per prendere il mio posto. Anche se sei in regola, ma sei straniero, non puoi dire niente”(Z., manovale, nazionalità rumena - Roma)
Il problema è che nelle imprese corrono, corrono, corrono! La responsabilità non è attribuibile a lui che è caduto ma all’impresa.(I., carpentiere e sindacalista, nazionalità italiana - Napoli)
Lavoravamo sotto la muraglia di una ferrovia, all’improvviso cadde un muro alto circa 7 metri. È caduto giù, straripato proprio. Rimanemmo là sotto in quattro. Tre sono morti, e io sono l’unico superstite.
L’inchiesta è durata otto anni. La responsabilità non è stata data all’azienda, perché la causa è stata un disastro ambientale. Una scarpata di terra ha ceduto per un’infiltrazione di acqua, perché in quella settimana aveva piovuto molto, quasi tutta la settimana, e il muro ha ceduto.
Non è stato uno sbaglio di qualche operaio. Le cause erano esterne a quelle che erano le responsabilità dell’azienda. (V., operaio, nazionalità italiana - Napoli)
Prima dell’infortunio mi avevano detto che sarei stato assunto a tempo indeterminato, poi mi hanno detto che non mi potevano rinnovare il contratto perché c’era poco lavoro.
Io mi trovavo bene con loro, ma il titolare ha rosicato che ho denunciato l’infortunio. Dopo che mi ero fatto male ho parlato con loro e gli ho chiesto che fare, loro mi hanno detto di mettermi in malattia però non mi volevano pagare per i denti.
Io ho provato a fare un accordo, però mi hanno girato le spalle e a quel punto ho denunciato l’infortunio all’Inail.(F., operaio, nazionalità rumena – Roma)
Dopo essere stato ricoverato in ospedale, i primi giorni me li ha dati il mio medico curante, poi mi ha chiamato l’Inail. Ho dovuto fornire tutta la documentazione che avevo.
Sinceramente sono rimasto sconcertato che l’Inail che è una struttura così grande deve avere da me la documentazione e non fa lei stessa le dovute indagini.(F., manovale, nazionalità italiana – Napoli).
C’è ancora un’inchiesta in corso. Le indagini sono state fatte però la causa è ancora ferma in tribunale. Sono quasi due anni che è avvenuto l’infortunio. Hanno appena deciso chi sono le persone inquisite. Ma il processo penale non è ancora iniziato.(F., nazionalità rumena, fratello di G. muratore morto sul lavoro a 28 anni - Legnago).
Quando cominci a capire e riprendi a camminare.. e io sono stato un mese in coma.. ti imbatti nella cosa più brutta, che è lo scontro con i vari enti e con le varie istituzioni.
Se non ti ha ammazzato l’infortunio ti ammazzano le istituzioni. E’ come una via crucis. Ogni ente ti sbarra la strada.
Ogni ufficio ti dice vai dall’altra parte, nella sanità ogni medico ti dice vai dall’altro. Io sono stato sfortunato. Per fortuna però non è sempre così: ho trovato anche una parte di medici che mi ha aiutato.(B., operaio, nazionalità italiana - Napoli)
Alcuni tipi di riabilitazione li passa l’Inail, altri no. La riabilitazione quindi l’ho dovuta fare a spese mie perché il tipo di fisioterapia che mi serviva l’Inail non la copriva rispetto all’accordo che c’è con l’Asl(V., muratore, nazionalità italiana - Napoli)
Io sono stato in ospedale per tre mesi e ho fatto quattro interventi alla mano, però alla fine mi hanno dovuto amputare il dito. Ho fatto solo un mese di fisioterapia, poi me la sono dovuta pagare da solo(F., muratore, nazionalità rumena - Roma)
Dopo l’incidente ci sono delle cose tanto semplici per aiutare le persone anche con minori spese che però non si fanno. Devi fare guerra a tutti per far valere una parte dei tuoi diritti.(B., operaio, nazionalità italiana - Salerno)
Io conoscevo il sindacato prima di infortunarmi, però c’erano tante persone nel cantiere dove lavoravo che non lo conoscevano. Dopo l’infortunio il sindacato mi è stato davvero utile perché se non sai quello che devi fare e dove devi andare è tutto complicato.(F., operaio, nazionalità rumena – Roma)
La depressione è dovuta proprio a questa serie di circostanze, nel momento in cui ti vedi abbandonato da tutti.
La questione poi si ripercuote in ambito familiare. Io ad esempio ho due figli a casa. Una sono riuscita con tantissime difficoltà a mandarla a scuola, l’altra no.
Io ringrazio Dio di avere una famiglia che mi ha aiutato e mi aiuta, altrimenti non ce la fai.(B., operaio, nazionalità italiana - Napoli)
Adesso non lavoro, prendo 249 euro al mese e resisto solo perché c’è mia sorella con il marito che mi aiuta e mi paga tutto…
Se non c’erano loro dovevo per forza tornare in Marocco. Io sono sposato ma da quando ho avuto l’infortunio non sono più potuto andare a casa. Mia moglie è rimasta in Marocco. Adesso potrei fare al massimo il magazziniere, non ce la faccio nemmeno a guidare.(O., manovale, nazionalità marocchina - Firenze)
Mi ritrovo con una pensione di 392 euro al mese e basta. Avrei preferito avere le mie gambe e un lavoro. Io con questa somma non ci faccio niente, a stento mi pago le sigarette.
Ma quello che io preferirei risolvere non è tanto il lato economico della faccenda che peraltro non mi soddisfa, ma la possibilità di un lavoro e di uno stipendio.(C., operaio edile, nazionalità italiana – Catania)
Prima lavoravo in nero, poi al momento in cui ho subito l’infortunio mi hanno fatto firmare il contratto e insieme la lettera di dimissioni.
Adesso non mi prende nessuno a lavorare. Aspetto che si chiuda la pratica e poi torno in Romania, almeno anche se non trovo lavoro lì forse mi posso mantenere.(Z., manovale, nazionalità rumena – Roma)