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Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” Facoltà di Giurisprudenza. Economia delle Aziende, Pubbliche e Non Profit Le teorie sull’esistenza e sul ruolo delle aziende non profit. Lezione del 03 aprile 2012. Prof. Luciano Hinna. Ripasso….
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Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” Facoltà di Giurisprudenza Economia delle Aziende, Pubbliche e Non ProfitLe teorie sull’esistenza e sul ruolo delle aziende non profit Lezione del 03 aprile 2012 Prof. Luciano Hinna
Ripasso… Negli ultimi decenni si è assistito ad una consistente crescita del numero di organizzazioni e di occupati nel settore non profit. Interpretazione negativa: non profit come strumento elusivo fiscale o del lavoro. Interpretazione positiva: non profit come conseguenze di specifici vantaggi economici.
Ripasso: Weisbrod Le aziende non profit producono beni pubblici (non escludibili, non rivali) Fallimento dello Stato: Due gruppi di cittadini risultano insoddisfatti dall’offerta pubblica: • Cittadini under-satisfied • Cittadini over-satisfied Le aziende non profit generano un ampliamento dell’offerta tale da soddisfare i cittadini under-satisfied
Ripasso: Hansmann Propone una teoria basata sui fallimenti dei contratti che si determinano in presenza di asimmetrie informative tra produttore e consumatore. Le aziende non profit si sviluppano nella produzione di beni e servizi dove maggiore è la difficoltà dell’acquirente a controllare la qualità.
James: i limiti del modello di Hansmann James critica il modello di Hansmann perché: • Non prende in considerazione il settore pubblico • Non tiene conto di altri mercati dove seppur esistono asimmetrie informative non esistono organizzazioni non profit Per spiegare l’esistenza delle imprese non profit, James riprende le teorie di Weisbrod(perché esiste una domanda per i beni/servizi offerti dalle non profit), integrandole con il perché vi sia una convenienza per queste ultime a offrirli.
James: l’integrazione del modello di Weisbrod Qual è il motivo che spinge il decisore politico a un ridimensionamento del settore pubblico a favore di quello non profit? • Impossibilita di mantenere in piedi un sistema universalistico di garanzie sociali da parte della “mano pubblica”; • Impossibilità, per un sistema altamente burocratizzato, di far fronte a un’elevata eterogeneità della domanda.
James: l’integrazione del modello di Weisbrod In questo contesto, le aziende pubbliche hanno convenienza a delegare la gestione e la produzione di alcuni servizi sociali alle aziende non profit. Infatti, le imprese non profit: • in quanto entità più “snelle” riescono meglio a fronteggiare l’eterogeneità della domanda; • consentono di ridurre l’ammontare di spesa totale sopportata dallo Stato e/o estendere il servizio a più soggetti;
Le teorie di Ben-Ner Ben-Ner riprende il modello di Hansmann sulle asimmetrie informative. Egli definisce le organizzazioni non profit come istituti che permettono ai consumatori di massimizzare il controllo sull’output al fine di superare le asimmetrie informative tra produttore e consumatore. Secondo l’autore, superare le asimmetrie informative è possibile attraverso: • un sistematico monitoraggio della qualità; • il controllo diretto della produzione.
Krashinsky: la teoria dei costi di transazione Secondo Krashinsky, le aziende non profit comportano una serie di costi di transazione, e riescono a prevalere sulle altre solo quando i costi generati sono inferiori a quelli dell’impresa o dell’istituzione pubblica I costi di transazione sono la conseguenza diretta dell’incompletezza contrattuale che caratterizza le relazioni tra gli stakeholder; quindi, dipendono dalle caratteristiche relazionali delle prestazioni lavorative, scarsamente correlate con elementi quantitativi controllabili che possano consentire una valutazione della prestazione stessa.
Krashinsky: la teoria dei costi di transazione Quando i soggetti decidono di far parte di un’organizzazione non profit, condividono un comune insieme di valori, i costi associabili all’incompletezza contrattuale si riducono; Questo è dato dalla forte motivazione data dall’appartenere ad una organizzazione non profit, nonché dalla condivisione degli obiettivi (della missionaziendale), che giocano a favore della riduzione dei costi.
Krashinsky: la teoria dei costi di transazione Il coinvolgimentonelprocessodecisionale degli stakeholder, costituisce una forma di controllo e garanzia della qualità, riducendo i costi di transazione. Atri autori, come Young e Rose-Ackerman, ritengono che il non profit sia nato e si sviluppi da lobbies intenzionate ad allargare la propria influenza finanziaria.
Borzaga: le aziende non profit come “strutture di incentivi” Secondo Borzaga, le aziende non profit si identificano come "strutture di incentivi”. Egli differenzia tra diverse tipologie organizzative di aziende non profit a seconda del titolare del diritto di controllo (donatori, lavoratori o volontari, consumatori) e mette in evidenza che a ognuna di queste formule organizzative corrisponde una struttura di incentivi volta a ridurre eventuali comportamenti opportunistici.
Borzaga: le aziende non profit come “strutture di incentivi” Riprende la teoria di Hansmann sui fallimenti del contratto e individua tre tipi di fallimenti: • Asimmetrie tra produttore e consumatore; • Asimmetrie relative alla disponibilità a pagare del consumatore; • Incompletezza dei contratti di agenzia tra manager e lavoratori. A seconda delle caratteristiche del bene/servizio offerto e degli stakeholder coinvolti, potrà verificarsi uno dei suddetti fallimenti. Pertanto, sarà necessario scegliere la struttura organizzativa più adatta a minimizzare i costi di transazione da esse causati.
Zamagni e la teoria del “rapporto fiduciario” Le teorie finora esaminate, partono dal presupposto che i consumatori siano indifferenti sulla provenienza dei beni e servizi che consumano; In tal senso, gli individui scelgono la combinazione di qualità e quantità dei beni/servizi solo in relazione al proprio vincolo di bilancio. Tuttavia, secondo Zamagni i consumatori incorporano all’interno della funzione di preferenza anche altre caratteristiche. I principi regolativi del settore non profit potrebbero quindi essere individuati nel particolare “rapporto fiduciario” che si instaura tra consumatori e fornitori del servizio per un’evidente condivisione di interessi
La teoria dell’interdipendenza: Salamon Parte da una domanda: Perché il settore non profit viene definito “terzo settore”, intendendo con ciò un settore residuale che opera solo laddove i settori principali (mercato e Stato) falliscono? Secondo Salamon, infatti, il rapporto Stato - non profit deve essere invertito, giacché il settore non profit e il più adatto a fornire i servizi sociali mentre lo Stato deve intervenire solo nei casi di fallimento del primo.
La teoria dell’interdipendenza: Salamon Salamon, inoltre, individua tre fallimenti del non profit, che richiedono l’intervento dello Stato, ossia: • Insufficienza filantropica: lo Stato interviene con la tassazione • Particolarismo filantropico: lo Stato stimola processi politici democratici • Paternalismo e carattere amatoriale della filantropia: Lo Stato fissa norme per l’accesso al servizio che lo inquadrino come diritto
La teoria dell’interdipendenza: Salamon Con tale analisi Salamon ha evidenziato i principali limiti delle aziende ed i punti di forza delle amministrazioni pubbliche. In particolare, le aziende pubbliche, possono raccogliere con l’imposizione fiscale maggiori risorse. Tuttavia, le aziende non profit sono in grado di garantire standard qualitativi più elevati sopportando costi di transazione più bassi. Pertanto, non si tratta di scegliere quale dei due settori (pubblico o non profit) debba convenientemente sostituire l’altro, ma di trovare opportune forme di collaborazione tra i due.