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Introduzione allo Humanistic management Marco Minghetti Lezione 4 Pavia Ottobre 2007

Introduzione allo Humanistic management Marco Minghetti Lezione 4 Pavia Ottobre 2007. A livello della produzione: serialità standardizzazione specializzazione del lavoro e delle mansioni A livello dello scambio: mercato di massa orientamento al prodotto e alla quantità. .

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Introduzione allo Humanistic management Marco Minghetti Lezione 4 Pavia Ottobre 2007

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Presentation Transcript


  1. Introduzione alloHumanistic managementMarco Minghetti Lezione 4PaviaOttobre 2007

  2. A livello della produzione: serialità standardizzazione specializzazione del lavoro e delle mansioni A livello dello scambio: mercato di massa orientamento al prodotto e alla quantità. Il modello dello scientific management (1)

  3. A livello cognitivo: massimizzazione dei risultati nel minor tempo possibile trionfalismo funzionale riduzionismo di ogni varianza deresponsabilizzazione personale sul risultato finale Il modello dello scientific management (2)

  4. Le organizzazioni – sia quelle con un preciso obiettivo economico, sia quelle di servizio pubblico e, in generale, le grandi burocrazie – sono state finora orientate da culture e meccanismi operativi fondati: sulla centralità del comando su un’attenzione ossessiva ai processi di esecuzione (significati prescritti decisi a priori che vanno solo eseguiti) Modello della istituzione totale oggi inaccettabile e disfunzionale Pervasività dello scientific management

  5. Tutte le funzioni e le operazioni di un’azienda sono divise in sei gruppi: • Funzioni tecniche • Funzioni commerciali • Funzioni finanziarie • Funzioni di sicurezza • Funzioni contabili • Funzioni amministrative (nel senso francese del termine, cioè come modo di gestire l’azienda: le funzioni direttive vere e proprie).

  6. Le organizzazioni di oggi secondo lo scientific management • Le organizzazioni sono unità sociali (o raggruppamenti umani) deliberatamente costruite per il raggiungimento di fini specifici • Fondate su: 1. divisione del lavoro deliberatamente programmata 2. presenza di uno o più centri di potere 3. sostituibilità del personale

  7. I rapporti con gli operai Il paradigma di Taylor si basa su quattro principi (p. 166): • sviluppo delle conoscenze su basi scientifiche; • selezione scientifica della manodopera; • preparazione del lavoro su basi scientifiche; • collaborazione tra direzione e maestranze.

  8. L’OSL si basa sul principio della one best way. Esistono diversi modi per svolgere un compito lavorativo, ma solo uno è il migliore. Il modo migliore si può individuare attraverso l’analisi dei tempi e dei metodi di lavoro per razionalizzare il processo lavorativo che, del resto, non richiederebbe lavoratori di particolare intelligenza. Taylor sostiene che il suo metodo (scientific management) ha successo se ogni singolo operaio viene coinvolto e convinto, creando delle sinergie tra capitale e lavoro, con l’eliminazione della conflittualità e l’aumento della produttività (p. 158). • L’OSL si propone di garantire: • massima efficienza all’impresa (p. 192- 194) • massimi profitti per l’imprenditore • massimo benessere per i lavoratori (pag. 147)

  9. In sintesi i principi del taylorismo sono: • one best way, semplificazione del processo lavorativo • the right man at the right place, l’uomo giusto al posto giusto • organizzazione aziendale gerarchica • collaborazione tra lavoratori e dirigenti, per obiettivi comuni e maggiori profitti • OSL come scienza oggettiva • prospettiva futura di uno sviluppo economico senza crisi

  10. Caratteristiche delle grandi organizzazioni odierne 1 • Doppio livello di direzione generale, o almeno di coordinamento complessivo delle operazioni fondamentali: quello dell’intera azienda e quello delle singole unità (denominate in genere divisioni) che gestiscono autonome combinazioni di prodotti e mercati; • la presenza, quindi, di divisioni che agiscono negli ambiti operativi affidati con livelli di autonomia abbastanza ampi; • l’istituzione di una struttura amministrativa centrale, che offre supporto al vertice strategico nel coordinare alcuni aspetti del funzionamento; alcune funzioni e politiche di ordine generale, come possono essere la finanza, la ricerca e sviluppo, e alcuni aspetti della gestione delle risorse umane, possono cosi mantenere un coordinamento o anche una gestione centralizzata;

  11. Caratteristiche delle grandi organizzazioni odierne 2 • lo sviluppo di sofisticate modalità di controllo sui risultati, soprattutto attraverso budget e collegati obiettivi di carattere economico, finanziario e correlati al successo competitivo, affidate a organi di staff della direzione complessiva; • la possibilità, quindi, di sviluppare strategie articolate, con distinzione tra il livello divisionale e quello aziendale complessivo, che vede il vertice strategico impegnato soprattutto nel governare lo sviluppo, allocare le risorse per gli investimenti, orientare l’azione del management attraverso politiche premianti;

  12. Caratteristiche delle grandi organizzazioni odierne 3 • il rilievo particolare assunto dai meccanismi e dalle politiche di allocazione delle risorse finanziarie, umane e tecnologiche, come focus per l’intervento della direzione generale; questa è chiamata in primo luogo a gestire “il portafoglio” delle attività aziendali, in modo da equilibrare lo sfruttamento delle opportunità di sviluppo e investimento con il contenimento del rischio finanziario; • la possibilità anche di un orientamento verso lo sviluppo di imprenditorialità diffusa, con l’adozione di sistemi premianti verso un management imprenditoriale.

  13. A livello della produzione: serialità standardizzazione specializzazione del lavoro e delle mansioni A livello dello scambio: mercato di massa orientamento al prodotto e alla quantità. Il modello dello scientific management (1)

  14. Per Weber la burocrazia è il tipo ideale di organizzazione, una forma razionale per l’esercizio di un’autorità legalmente legittimata, che consegue gli obiettivi per cui è posta in atto attraverso la corretta individuazione di sottosistemi detti “uffici”. Weber e il modello della burocrazia

  15. La spersonalizzazione. La competenza di decidere e agire è affidata a uffici e posizioni, non alle persone come tali: in questo senso la rilevanza storica della burocrazia come grande innovazione sociale consiste ne liberare le organizzazioni dall’uso personalistico e arbitrario del potere. Caratteristiche della burocrazia 1

  16. La specializzazione. La suddivisione e l’attribuzione di compiti e responsabilità è basata su requisiti di competenza e capacità. La gerarchia. L’esistenza di un ordine gerarchico fra uffici equilibra il criterio di specializzazione, evitando di frammentare troppo la responsabilità. La formalizzazione, principio secondo cui la condotta degli uffici si deve fondare su documenti formali. Caratteristiche della burocrazia 2

  17. “Il meccanismo burocratico, nella sua forma più sviluppata, sta agli altri generi di organizzazione esattamente come la macchina ai metodi non meccanici di produzione. Precisione, rapidità, non ambiguità, unità, rigorosa subordinazione, riduzione degli attriti e dei costi materiali e umani: tutto questo viene elevato al punto ottimale nell’amministrazione strettamente burocratica”. Max Weber La burocrazia come macchina

  18. “Karl”, ha notato Piero Citati, “comprende che la vera essenza della vita americana è l’automatismo. Il primo incontro è un prodigio dell’ingegneria meccanica, che attrae il suo spirito infantile. Lo zio gli ha lasciato nella stanza una tipica scrivania americana, con cento spartizioni di tutte le misure… Sul fianco del mobile, c’è un regolatore: girando la manovella si ottengono i più diversi cambiamenti e spostamenti. Basta girare la manovella e le sottili pareti divisorie scendono, formando la base e il soffitto di nuovi scompartimenti… Anche la casa dello zio è una specie di enorme scrivania, un gioco meccanico… Negli immensi uffici, l’automatismo inscena una grandiosa e assurda commedia di burattini… così ogni errore è escluso dalla grande macchina americana”. Il “disperso” di Kafka

  19. Il management come “scienza” non può essere limitato al Taylorismo. Un efficace quadro di sintesi delle sue evoluzioni successive è tracciato nel capolavoro di Gareth Morgan, Images, le metafore dell’organizzazione, in cui viene proposta una rassegna dei principali “paradigmi manageriali” del Novecento.

  20. LE METAFORE DELL’ORGANIZZAZIONE Se Taylor e Weber guardavano alla meccanica, Chris Argyris, Frederick Herzeberg, Douglas McGregor e altri, dopo gli storici studi di Elton Mayo negli anni Venti, hanno proposto un paradigma organicistico, biologico; in seguito, si sono succeduti paradigmi ispirati alla cibernetica, alla sociologia, alla psicologia, fino ai più recenti tratti dalla teoria della complessità. Come ha intuito Morgan, dietro ad ognuna di queste descrizioni agisce una metafora (la macchina, l’organismo, il cervello, la rete…): utilissima per alcuni aspetti, ma produttrice per sua natura anche di distorsioni.

  21. Dire che “quell’uomo è un leone” serve per coglierne una caratteristica, il coraggio: tuttavia, “l’uomo a cui ci si riferisce qui non ha il corpo coperto da una pelliccia, né ha quattro gambe; non ha nemmeno dei denti affilati e, tanto meno, una coda!”. I limiti della metafora

  22. I paradigmi “scientifici”, proposti dalla letteratura manageriale, sono paradossalmente caratterizzati da un’intima “pseudo-scientificità”. Della metafora, da cui ogni paradigma deriva, se ne occuparono per millenni soprattutto esperti di retorica come Gorgia da Lentini, Aristotele, Isocrate, Cicerone, Sant’Agostino, ed è stata utilizzata prevalentemente in campo letterario

  23. Il fatto stesso che, con l’andare del tempo, i calchi analogici proposti da ricercatori e studiosi di management si siano allontanati sempre più da “scienze pure” come la fisica e la biologia, per avvicinarsi ad ambiti disciplinari il cui status è labile o quantomeno di incerta “esattezza” (la psicologia, la sociologia, l’antropologia) è indicativo di una crescente inadeguatezza della scienza a comprendere il mondo aziendale, così come ogni mondo agito da esseri umani.

  24. L’illusione di Robinson L’illusione dello scientific manager è la stessa di Robinson: illudersi che tutto possa essere ridotto a numero, a formula, a quantità

  25. Robinson Crusoe fin dalla sua apparizione è stato celebrato da autori come Rousseau e Kant e che Marx individua quale archetipo perfetto dell’approccio borghese nei confronti del mondo alle origini del capitalismo, analizzato magistralmente da Adam Smith nella Ricchezza delle Nazioni, testo a sua volte diretto precursore degli scritti di Taylor

  26. Un approccio riduzionistico E’ basato sulla fiducia che il mondo possa essere dominato nella misura in cui è possibile misurarlo, quantificarlo, valutarlo. Pensiamo all’incipit del romanzo. La nave su cui l’eroe di Defoe navigava è naufragata vicino ad un isola a cui Robinson approda. Non appena in forze egli costruisce una zattera e la carica con cibi e oggetti abbandonati sul relitto: mano a mano li dispone ordinatamente sulla spiaggia, enumerandoli con compiaciuta pedanteria.

  27. Anche in questa situazione estrema, ha osservato Piero Citati, “ ciò che egli (Robinson) vuole, prima di ogni altra cosa, è misurare: misurare lo spazio e il tempo; e perciò nessuna delle sue spedizioni sulla nave è più importante di quella in cui porta a riva l'inchiostro, la penna, la bussola, gli strumenti matematici, le carte geografiche. Sa che l'ordine e la misurazione sono le fondamenta della civiltà occidentale.. e che così non obbedisce soltanto allo spirito borghese. Obbedisce soprattutto allo spirito di Dio, il Grande Misuratore, che divide la sua vita in periodi perfettamente simmetrici, secondo la legge sovrana del numero.”

  28. La partita doppia di Robinson MALE: Mi trovo gettato su di una orribile isola deserta, privo di qualsiasi speranza di salvezza. BENE: Ma sono vivo, invece di essere morto annegato, come l'equipaggio della nave. MALE: Sono stato diviso dal mondo intero e prescelto, per così dire, per una vita di infelicità. BENE: Ma sono anche stato prescelto, fra l'equipaggio della nave, per essere salvato dalla morte e Colui che miracolosamente mi ha salvato dalla morte può anche liberarmi da questo stato. MALE: Sono separato dall'umanità, solo, bandito dalla società dei miei simili.

  29. BENE: Ma non mi trovo, morente di fame, in un luogo sterile che non mi offra nessuna possibilità di nutrimento. MALE: Non ho vestiti per coprirmi. BENE: Ma vivo in un clima caldo, e, se anche avessi abiti, non li potrei portare. MALE: Sono indifeso e non ho mezzi per resistere agli attacchi degli uomini e delle bestie. BENE: Ma sono stato gettato in una isola dove non vedo bestie feroci che mi possano fare del male, come quelle che vidi sulla costa dell'Africa; che ne sarebbe di me se avessi fatto naufragio su quelle coste? MALE: Non c'è un'anima con cui possa parlare e che mi possa confortare. BENE: Ma Dio, miracolosamente, ha mandato vicino a riva la nave, da cui ho potuto ricavare tutto il necessario per i miei bisogni e tutto ciò che mi aiuterà a supplirvi finché vivrò.

  30. Un approccio vincente ma solo fino a quando il Robinson-imprenditore deve operare su un’isola deserta. Sotto questo riguardo, il suo agire non è neppure ascrivibile alla prima delle quattro tipologie di azione umana descritte da Habermas, nella sua Teoria dell’agire comunicativo, “l’agire strategico”. Si ha infatti agire strategico “se prendiamo le mosse da almeno due soggetti agenti, agenti in modo finalizzato, che realizzano i loro scopi mediante l’orientamento e l’influenza sulle decisioni di altri attori”. Secondo questa definizione, Robinson Crusue che, da solo sull’isola, agisce razionalmente rispetto allo scopo, non sta agendo strategicamente, giacché è il solo attore; si potrà dire che egli intraprende un agire strategico solo quando incontra Venerdì (e dunque gli attori sono due). Ma il rapporto di interazione tra i due si risolve rapidamente in quella che, per dirla con Hegel, potremmo definire come una “dialettica servo/signore”: certo non quella più adatta allo sviluppo dell’ innovazione, alla valorizzazione di quella che Richard Florida chiama la “classe creativa”.

  31. Una definizione di Complessità E’ lo iato fra la “realtà” e la sua rappresentazione simbolica a determinare la definizione di Complessità come l’impossibilità per ogni sistema formale (dunque scientifico) di cogliere in modo adeguato tutte le proprietà del mondo reale.

  32. La Complessità secondo E. Morin 1 “La razionalizzazione innanzi tutto accorda il primato alla coerenza logica sull'empiria, tenta di dissolvere l'empiria, di rimuoverla, di respingere ciò che non si conforma alle regole, cadendo così nel dogmatismo. Del resto è stato notato che c'è qualcosa di paranoico che è comune ai sistemi di razionalizzazione, ai sistemi di idee che spiegano tutto, che sono assolutamente chiusi in sé ed insensibili all'esperienza. Non è un caso che Freud abbia usato il termine di razionalizzazione per designare questa tendenza nevrotica e/o psicotica per cui il soggetto si intrappola in un sistema esplicativo chiuso, privo di qualsiasi rapporto con la realtà, pur se dotato di una logica propria. In qualche modo la grande differenza tra razionalità e razionalizzazione è che l'una è apertura, l'altra è chiusura, chiusura del sistema in se stesso. Vi è una fonte comune della razionalità e della razionalizzazione, cioè la volontà dello spirito di possedere una concezione coerente delle cose e del mondo. Ma una cosa è la razionalità, cioè il dialogo con questo mondo, e altra cosa è la razionalizzazione, cioè la chiusura rispetto al mondo.”

  33. La Complessità secondo E. Morin 2 “La razionalità complessa parte dall'idea che non c'è adeguazione a priori tra il razionale e il reale. Parte dall'idea che la conoscenza non è il riflesso del mondo. Ogni conoscenza è al tempo stesso costruzione e traduzione: traduzione a partire da un linguaggio ignoto, a cui prestiamo dei nomi. Siamo noi che assegniamo i nomi a partire da certe qualità o proprietà che rinveniamo nelle cose. Dunque la conoscenza è una traduzione costruita e la razionalità in particolare è un modo di costruire la traduzione con un certo numero di qualità verificatrici e correttrici.”

  34. Wislawa Szymborska ha tradotto in meravigliosi versi questi concetti, in particolare Vista con granello di sabbia:

  35. VISTA CON GRANELLO DI SABBIA Lo chiamiamo granello di sabbia. Ma lui non chiama se stesso né granello, né sabbia. Fa a meno di nome generale, individuale, instabile, stabile, scorretto o corretto. Non gli importa del nostro sguardo, del tocco Non si sente guardato e toccato. E che sia caduto sul davanzale è solo un'avventura nostra, non sua. Per lui è come cadere su una cosa qualunque, senza la certezza di essere già caduto o di cadere ancora.

  36. Dalla finestra c'è una bella vista sul lago, ma quella vista, lei, non si vede. Senza colore e senza forma, senza voce, senza odore e dolore è il suo stare in questo mondo. Senza fondo lo stare del fondo del lago e senza sponde quello delle sponde. Né bagnato né asciutto quello della sua acqua. Né al singolare né al plurale quello delle onde, che mormorano sorde al proprio mormorio intorno a pietre non piccole, non grandi.

  37. E il tutto sotto un cielo per natura senza cielo, dove il sole tramonta non tramontando affatto e si nasconde non nascondendosi dietro una nuvola ignara. Il vento la scompiglia senza altri motivi se non quello di soffiare. Passa un secondo. Un altro secondo. Un terzo secondo. Ma sono solo tre secondi nostri. Il tempo passò come un messo con una notizia urgente. Ma è solo un paragone nostro. Inventato il personaggio, insinuata la fretta, e la notizia inumana.

  38. Lo spazio dell’interpretazione • Il problema con cui si confronta oggi lo scientific manager è allora lo stesso che hanno dovuto affrontare gli esperti di tutte le discipline scientifiche a partire dalla fisica, con Heisenberg, nel corso del Novecento: fra il mondo semplice ma astratto descritto dalle leggi scientifiche e il “mondo dei plena” di husserliana memoria, fra il mondo dei “granelli di sabbia”, degli oggetti e quello che nel Manifesto chiamiamo il “mondo vitale” abitato da persone, si apre uno spazio, lo spazio dell’interpretazione, lo spazio abitato da quella che Ugo Volli ha definito l’”eccezione umana”. Come ha osservato Piero Trupia “la nostra conoscenza procede per concettualizzazione delle cose del mondo che in sé sono plena e non concetti. Il concetto astrae, semplifica e lascia fuori pezzi di realtà”.

  39. Ma questi pezzi a volte ritornano, direbbe Stephen King, ad inquietare non solo i sonni ma anche le veglie di coloro che, illudendosi di ridurre la realtà ad un meccanismo semplice da manovrare, si ritrovano ad essere stritolati in un incubo di cui non comprendono le logiche, poiché estranee alla “one best way”. • Per questo motivo si chiede allo humanistic manager di essere soprattutto un sensemaker, un produttore di senso: contro la dittatura del “significato unico” imposto dalle procedure e dalle best practices, si impone la necessità di generare nuovi percorsi di senso e di costruire imprese in cui sia possibile a tutti scoprire le moltiplici possibili strade che conducono alla piena valorizzazione del proprio potenziale e quindi alla generazione di valore per l’azienda.

  40. Le tre Leggi della robotica • Un robot non può ferire un essere umano, o tramite l'inazione, permettere che un essere umano venga danneggiato. • 2. Un robot deve ubbidire agli ordini dati da esseri umani eccetto quando tali ordini sono in contrasto con la Prima Legge. • 3. Un robot deve proteggere la propria esistenza facendo in modo però che ciò non contrasti con la Prima o la Seconda Legge.

  41. Girotondo • SPD-13, ovvero Speedy, è un robot che i due astronauti Powell e Donovan hanno portato su Mercurio per impiegarlo nella rimessa in funzione di una Stazione Mineraria installata sul lato illuminato del pianeta. I due inviano Speedy a recuperare del selenio sulla superficie, elemento fondamentale per la loro sopravvivenza, ma il robot comincia a muoversi in cerchio recitando filastrocche senza senso come un ubriaco. Dopo l'analisi delle Tre Leggi, applicate alla situazione, i due tecnici capiscono che Speedy è in equilibrio tra un potenziale di Seconda Legge basso ma prioritario, ovvero l'ordine impartitogli, e un potenziale di Terza Legge, più alto perché il robot è molto costoso e quindi dotato di un maggiore istinto di autoconservazione, ma con priorità minore, scatenato dal pericolo di effluvi di ossido di carbonio che intaccano il ferro, principale materiale di cui è fatto il robot. Quest'anomala situazione di equilibrio causa il movimento a girotondo del robot, la sua “pazzia”, che Powell risolverà imprimendo al robot un potenziale di Prima legge più forte degli altri due, mettendo la propria vita a repentaglio, e spezzando così finalmente il ciclo indefinito dentro il quale era caduta la macchina.

  42. “Non è sufficiente che un’istruzione sia formulata, occorre anche che sia eseguita. E’ il problema dell’applicazione della regola, noto in linguistica come in giurispudenza e mai definitivamente risolto poiché il contesto lascia sempre uno spazio di ambiguità: ogni caso è un caso particolare, non interamente riconducibile a priori alla legge, la quale deve essere interpretata.”

  43. La Complessità di ogni evento (dunque anche di ogni evento aziendale) è allora progettabile (cioè collocabile nel futuro, pianificabile) proprio partendo dall'osservatore-progettista che deve lavorare sui propri codici interpretativi, comunicativi, esperienziali, emotivi – in sintesi, sul proprio “sapere”, sul proprio “knowledge”, la propria “conoscenza”.

  44. Gli elementi delle organizzazioni • La struttura sociale • I partecipanti • I fini • La tecnologia Tutti questi sono inseriti in un ambiente, con cui l’organizzazione deve interagire

  45. Schema di Leavitt: gli elementi delle organizzazioniAMBIENTE struttura sociale tecnologia scopi partecipanti

  46. Organizzazione come sistema razionale • L’organizzazione è una collettività orientata al raggiungimento di fini specifici che presenta una struttura sociale relativamente formalizzata: • Strumenti disegnati allo scopo di raggiungere fini determinati • Concetti: razionalità, fine, formalizzazione

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