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Interazione radiazione-materia: l’effetto fotoelettrico. luce incidente. collettore. emettitore. La storia. vuoto. elettroni che arrivano al collettore.
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luce incidente collettore emettitore La storia vuoto elettroni che arrivano al collettore Nel 1899, Thomson capi` che se racchiudeva una superficie metallica in un tubo a vuoto e la esponeva alla luce ultravioletta alcuni elettroni venivano estratti dalla superficie colpita dalla luce esattamente come accadeva se all’interno del tubo veniva creato un forte campo elettrico. Gli scienziati dell’epoca si chiesero come sarebbero variati il numero e la velocita` degli elettroni in funzione dell’intensita` e del colore della luce incidente. Ci si aspettava che un fascio di luce piu` intenso avrebbe “scrollato” piu` violentemente gli elettroni del metallo estraendone in media di piu` e piu` veloci. Aumentare la frequenza della radiazione elettromagnetica (e quindi variare il colore della luce) avrebbe fatto oscillare gli elettroni piu` velocemente facendoli uscire prima dalla superficie del metallo. Con una luce molto fioca gli elettroni avrebbero impiegato molto tempo per raggiungere un’ampiezza di vibrazione tale da poter uscire dalla superficie del metallo. Nel 1902, Lenard studio` come l’energia dei fotoelettroni emessi nel tubo catodico variasse con l’intensita` della luce. Aveva a disposizione una sorgente luminosa di cui poteva aumentare l’intensita` fino a 1000 volte. Gli elettroni emessi venivano raccolti da uno strumento che poteva misurare la loro energia in funzione di una certa intensita` luminosa. Lenard scopri` che l’energia degli elettroni non dipendeva dall’intensita` della luce, contrariamente a quanto si sarebbe immaginato all’epoca. Da essa dipendeva pero` il numero di elettroni emessi. Lenard fece un altro tentativo. Separo` le varie componenti di frequenza diversa e provo` a ripetere l’esperimento usando volta per volta luce di colore diverso. Scopri` che l’energia massima che potevano avere gli elettroni dipendeva dal colore: a lunghezze d’onda minori, cioe` frequenze maggiori, corrispondevano elettroni emessi con maggiore energia.
"A splendid light has dawned on me..." - Albert Einstein L’idea di Einstein Nel 1905 un giovane e sconosciuto Albert Einstein diede un’interpretazione molto semplice dei risultati di Lenard. Egli assunse semplicemente che la radiazione incidente dovesse essere vista come pacchetti (“quanti”) di energia hf, dove f e` la frequenza e h e` una costante (costante di Planck). Nella fotoemissione, uno di questi quanti di energia viene assorbito da un elettrone. Se questo elettrone si trova dentro il metallo ad una certa distanza dalla superficie un po’ di energia verra` persa lungo lo spostamento. L’energia minima necessaria ad estrarre l’elettrone viene chiamata “energia di legame” e si indica con W. Gli elettroni piu` energetici saranno quindi quelli posti sulla superficie ed avranno energia E pari a E = hf – W Appare quindi chiaro che se la luce incidente non ha frequenza abbastanza elevata nessun elettrone verra` emesso perche` nessuno riuscira` ad avere energia superiore a quella di legame.Questo e` completamente indipendente dall’intensita` della luce stessa. Grazie a quest’idea Einstein vinse il premio Nobel, e in seguito alla pubblicazione del suo lavoro fu coniato il termine “fotone” per descrivere le particelle che costituiscono la radiazione elettromagnetica.
Lo spettro elettromagnetico Lo spettro elettromagnetico non e` altro che il nome che gli scienziati danno all’insieme dei diversi tipi di radiazioni. La radiazione e` energia che propaga sotto forma di onde. La luce visibile emanata da una lampada o le onde radio e televisive sono due tipi di onde elettromagnetiche. Altri esempi di radiazione EM sono le microonde, i raggi infrarossi ed ultravioletti, i raggi X e g.
Radiazione e.m. ad alta energia: i raggi g I raggi sono fotoni molto energetici, di energia compresa tra 1 MeV e 10 GeV, cioe` 106 e 109 elettronvolt Sono prodotti nel decadimento spontaneo di materiali radioattivi, come il cobalto-60 e il cesio-137. I raggi prodotti dal cobalto-60 possono penetrare a fondo nel corpo umano, quindi sono stati usati spesso per curare il cancro con la radioterapia.
L’effetto fotoelettrico con i raggi g • vogliamo misurare lo spettro di energia degli elettroni estratti da un materiale (NaI-Tl, ioduro di sodio drogato tallio) colpito da un fascio di raggi g prodotti da una sorgente radioattiva • l’energia di legame degli elettroni piu` interni nello iodio e` di soli 33keV • abbiamo a disposizione sorgenti diverse e possiamo verificare che per diverse energie dei fotoni emessi, il picco di energia corrispondente all’effetto fotoelettrico si sposta. elettrone emesso con energia E=hf-W raggio g incidente viene completamente assorbito dall’atomo
Effetto Compton • La cinematica dell’urto e’ simile a quella di due corpi puntiformi • L’energia dell’elettrone emesso varia in funzione dell’angolo di diffusione elettrone emesso con energia variabile raggio g incidente non viene completamente assorbito dall’atomo raggio g diffuso nella collisione
apparato sperimentale fotomoltiplicatore rivelatore
Schema del circuito di acquisizione dati • I raggi g vengono convertiti in un e- nello scintillatore • I fotoni di scintillazione sono proporzionali all’energia dell’e- • I fotoni vengono convertiti in e- e moltiplicati nel PM • Il segnale di corrente viene amplificato • e la sua ampiezza viene misurata dall’ADC • L’MCA conta quanti eventi hanno la stessa ampiezza e li organizza in un istogramma 137Cs MCA ADC NaI-Tl PM Amplificatore
Lo spettro picco del fotoelettrico • L’energia dell’elettrone liberato nell’effetto fotoelettrico e` monoenergetico • L’energia dell’elettrone diffuso per effetto Compton varia da 0 a un massimo (Compton edge) che dipende dall’energia del g incidente • Gli altri picchi sono dovuti alla presenza del materiale di cui e` fatto l’involucro del rivelatore conteggi energia