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Università degli Studi di Palermo Istituto di Neuropsichiatria Divisione di Neurologia e Riabilitazione Neurologica. Lezioni su:. “Aspetti clinici, diagnostici e terapeutici delle malattie cerebrovascolari” Prof. Rosolino M. Camarda. Fisiopatologia.
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Università degli Studi di Palermo Istituto di Neuropsichiatria Divisione di Neurologia e Riabilitazione Neurologica Lezioni su: “Aspetti clinici, diagnostici e terapeutici delle malattie cerebrovascolari” Prof. Rosolino M. Camarda
Fisiopatologia Nel corso di ischemia, il tessuto nervoso, pur estraendo il massimo possibile dei nutrienti, non riesce più a mantenere un adeguato metabolismo aerobico e la produzione energetica viene in parte affidata alla meno redditizia glicolisi anaerobica responsabile di una modesta produzione di ATP insufficiente a mantenere le funzioni neuronali, quale, ad esempio, la pompa sodio-potassio, del calcio etc..
Come conseguenza, la popolazione neuronale ischemica va incontro ad alterazioni funzionali che sono, in genere, di tipo deficitario e piu’ rara-mente di tipo irritativo.
La glicolisi anaerobica porta, come tappa finale, alla formazione di acido lattico e, quindi, ad un accumulo locale di ioni H+ (acidosi locale) che è responsabile di vasodilatazione nella regione ischemica. A seguito della vasodilatazione e della caduta locale di pressione provocata dalla occlu-sione arteriosa, il territorio vascolare del tessuto ischemico puo’ cosi riuscire ad operare un “furto” di sangue a carico delle regioni circos-tanti, con aumento paradosso del suo flusso ema-tico regionale [flusso di lusso].
Se i meccanismi di compenso locale non sono sufficienti a ga-rantirne l'integrità, cellule endo-teliali, neuroni e glia vanno in-contro ad edema citotossico e, successivamente, a morte.
A causa del deficit di perfusione e dello edema citotossico delle cellule endoteliali capillari, inizia l’aggregazione delle pias-trine che preclude ogni possibilità di ri-circolazione [no-reflow phenomenon]. La mancanza di flusso, l’ipossia, la con-seguente acidosi locale danneggiano la bar-riera emato-encefalica, riducendone o abo-lendone le funzioni e causando la forma-zione di edema vasogenico.
La riduzione critica del flusso ematico cerebrale si accompagna anche alla abo-lizione delle fisiologiche risposte vaso-motorie alle modificazioni della pCO2 del sangue arterioso le quali consistono in vaso-dilatazione ed aumento del flusso ematico cerebrale in seguito ad ipercapnia e vaso-costrizione e riduzione del flusso in seguito ad ipocapnia.
Ne deriva che se i soggetti in cui si realizza una ischemia focale vanno incontro a disturbi respi-ratori che provocano ipercapnia (condizione non infrequente in corso di coma), nelle zone paren-chimali adiacenti a quelle strutturalmente lese e che rispondono ancora con modalità fisiologica alla ipercapnia cioè vasodilatazione e aumento locale di flusso ematico, puo’ instaurarsi un furto di sangue [furto di sangue intracerebrale ofenomeno diRobin Hood] dalle zone strutturalmente lese non piu’ sensibili alle variazioni della pCO2 e, quindi, una ulteriore, dannosa, riduzione del flusso ematico del parenchima strutturalmente leso.
Similmente, l’ipocapnia conseguente alla iper-ventilazione, provocando vasocostrizione e riduzione del flusso ematico nelle zone paren-chimali integre confinanti con quelle struttu-ralmente lese che hanno perso l’autoregolazione ed il cui letto vascolare si trova in paralisi vasomotoria puo’ provocare in queste ultime un aumento passivo del flusso ematico [fenomeno del controfurtoo “intracerebral inverse steal syndrome”].
Tipi fisiopatologici di edema cerebrale L’ischemia cerebrale si accompagna sempre ad edema. L’edema cerebrale è definibile come un aumento di volume della massa encefalica dovuta ad un aumento intra e/o extracellulare del suo contenuto di acqua ed elettroliti. La cavità endocranica è un contenitore nel quale esistono distretti vari esprimenti ciascuno un proprio volume ed una propria pressione.
La risultante della interazione pressoria delle componenti volu-metriche dei singoli elementi costituenti i vari distretti della ca-vità endocranica esprimono la pressione endocranica.
Un edema cerebrale di lieve entità e spazialmente circoscritto può non provo-care sintomi e segni neurologici, mentre se diffuso e di grave entità e al di sopra dei limiti del suo compenso fisiologico porta sempre ad ipertensione endocra-nica e a compromissione delle funzioni cerebrali.
L'edema citotossico consegue ad un incremento della osmolarità intracellulare secondario ad un esaurimento del metabolismo ossidativo cellulare. Questo’ultimo evento comporta una progressiva inattivazione della pompa sodio-potassio ed un conseguente netto accumulo intracellulare di ioni sodio ed un liberazione ed accumulo intracel-lulare di idiogenic osmoles a partire dai costi-tuenti cellulari e come conseguenza, per gradiente osmotico, una diffusione di acqua dagli spazi extra- a quelli intracellulari.
Da un punto di vista istopatologico, l’edema citotossico è caratterizzato dal rigonfiamento degli elementi cellulari cerebrali (neuroni, glia e cellule endoteliali). Esso è una delle prime espressione del danno anossico ed è localizzato ugualmente nella sos-tanza grigia e nella sostanza bianca.
L’edema vasogenico è la forma piu’ comune di edema cerebrale osservabile nella pratica clinica. Esso è caratterizzato da un aumento della permeabilità delle membrane endoteliali dei capillari ai vari costituenti plasmatici quali macromolecole (proteine sieriche), elettroliti ed acqua. L’alterazione della integrità anatomo-funzionale della barriera emato-encefalica cui esso consegue ha, almeno al suo esordio, un carattere quasi sempre focale.
L’ulteriore diffusione del suo fronte che avviene essenzialmente per diffusione, attra-verso lo spazio interstiziale della sostanza bianca che per la sua stessa struttura offre una minore resistenza, dei vari costituenti il liquido edemigeno (proteine, elettroliti ed acqua) viene facilitata dall’aumento del gra-diente di pressione che viene a formarsi tra il tessuto luogo di formazione dell’edema e le cavità ventricolari. L’edema vasogenico è principalmente localizzato nella sostanza bianca.
L’edema interstiziale o idrocefalico, infine, è legato ad un aumento del contenuto idrico della massa cerebrale per infiltrazione di acqua nella sostanza bianca periventricolare secondario ad aumento della pressione liquorale.
All’edema sia esso citotossico o vasogenico, consegue sempre un aumento della pressione tessutale locale extravascolare la quale puo’ raggiungere e superare quella intracapillare ed intrarteriolare provocando il collasso delle pareti vasali cioè, in ultima analisi, un aumento delle resistenze arteriolari.
L’aumento delle resistenze del letto arteriolo-capillare ed il contemporaneo aumento della pressione endocranica legato all’edema, in assenza di un aumento proporzionale della pressione arteriosa sistemica è causa della riduzione del flusso ematico cerebrale nella regione edematosa causa, a sua volta, di ulteriore estensione del focolaio ischemico.
Livello di lesione Livello di coscienza Letargo Stupore Talamo Mesencefalo Coma Coma Coma Ponte Bulbo
Aspetti semeiotici rilevanti di alcuni disturbi della coscienza
Correlato anatomo-patologico dell’ischemia cerebrale Se l’ischemia è irreversibile, il tessuto nervoso va incontro ad una precisa sequenza di eventi patologici di trasformazione necrotica.
Poichè dei due nutrienti fondamentali del tessuto cerebrale (ossigeno e glucosio), è 1'ossigeno a venire esaurito per primo quando si occlude un vaso arterioso, il tessuto a valle va incontro ad ipossia oligoemica stagnante, inizialmente compensata dalla autoregolazione locale, con dilatazione arteriolare la quale, però, ad un certo punto diventa una vera e propria vasoparalisi.
Se l'apporto energetico ai neuroni è insufficientemente compensato da questo primo meccanismo, entra in gioco un se-condo compenso costituito dall'aumento della estrazione di ossigeno, con aumento della differenza artero-venosa in ossigeno. Questi due meccanismi riescono a salvare il tessuto nervoso fino ad un apporto ridotto ad 1/4 del normale. Oltrepassata questa “soglia”, compaiono i segni di disfunzione del tessuto nervoso.
Le cellule più sensibili alla condizione di ipossia e quindi le prime a mostrare segni di alterata funzione, sono le cellule della corteccia cerebrale cui seguono, in ordine decrescente di vulnerabilità, i neuroni dell’ipocampo, dei gangli della base, del tronco dell’encefalo e del midollo spinale.
Subito dopo l’esordio dell’ischemia, all'interno del neurone, l'alterazione strutturale più evi-dente si ha inizialmente a carico dei mito-condri le cui creste vanno incontro a rigon-fiamento e disorganizzazione strutturale che a sua volta è causa di ulteriore caduta della resa della efficienza delle strutture enzimatiche dell’organo. Successivamente, anche il reticolo endoplasmatico si rigonfia e nel citoplasma compaiono microvacuoli.
Dopo circasei oredall'inizio dell’ipossia, il neurone mostra le tipiche alterazioni cellulari ischemiche, quali citoplasma uniformemente eosinofilo e disgregazione della sostanza tigroide nucleare. Le cellule gliali mostrano un rigon-fiamento dei nuclei che nei giorni successivi vanno incontro a moltiplicazione; le cellule della microglia entrano in attivita’ fagica di smal-timento trasformandosi in veri e propri fagocitii quali dalla periferia marciano verso il centro della lesioneper rimuovere il tessuto necrotico.
Nelle primissime ore dell’ischemia, il focolaio infartuale non è macroscopicamente differen-ziabile dal parenchima circostante sano anche se sono microscopicamente presenti tutti gli aspetti conseguenti al mancato apporto di ossigeno e di glucosio legato alla condizione di ischemia (rigon-fiamento dei mitocondri, edema citotossico, vaso-paralisi). Lo diventa dopo circa 6-8 ore dall’inizio della ischemia anche alla TAC a causa dell’edema cito-tossico delle strutture cellulari del tessuto cere-brale in preda alla ischemia.
Dopo circa 24 ore l’edema che è, ora, preva-lentemente di tipo vasogenico, si estende ben al di là del territorio parenchimale preda della necrosi e raggiunge la sua massima estensione all’incirca dopo 3-5 giorni per poi regredire dopo 15-20 giorni. La minore resistenza alla penetrazione dei raggi X da parte del tessuto edematoso rispetto al tessuto sano ne permette la visibilità alla TAC.
Dal 3° al 10° giorno il tessuto necrotizzato colliqua e dalla sua periferia inizia il processo di reazione mesenchimale che porta da una parte, attraverso la proliferazione di macrofagi in attività fagica di smaltimento, ad iniziare il rias-sorbimento del tessuto necrotico e, dall’altra, a delimitare, sequestrandolo dal resto del paren-chima, il tessuto necrotico. Il processo di riassor-bimento puo’ durare a lungo e puo’ dar esito ad una cavità cistica o ad una cicatrice poro-ence-falica.
L’infarto ischemico legato ad occlusione trombotica del lume arterioso è, in, gene-rale, un infarto bianco. Esso diventa rosso (infarto emorragico) per permeabilizzazione delle pareti endoteliali agli eritrociti se il vaso si ricanalizza o se un ostacolo al suo deflusso provoca una stasi venosa.
Following Complete Arrest of Circulation ... • Experimental Data • membrane ion pump failure • neurons and glia depolarize • release of excitatory amino acids • Ca 2+ overload • influx of Na+ • lactic acidosis • oedema • activation of proteolytic enzymes • Clinical Observations • unconsciousness within seconds • coma within minutes • irreversible damage after 5 minutes
LA CASCATA NEUROTOSSICA DELLO INSULTO CEREBRALE ISCHEMICO È CAUSA DI DUE TIPI DI MORTE CEL-LULARE : • Morte “immediata”: necrosi • Morte “ritardata”: apoptosi
La cascata neurotossica dell’insulto cerebrale ischemico Gli elementi cellulari costituenti il tessuto nervoso sono grandi consumatori di ossigeno e glucosio e dipendono per la produzione di ener-gia quasi esclusivamente dal processo di fosfo-rilazione ossidativa. In condizioni fisiologiche, per ogni 100 grammi di tessuto e per ogni minuto, il flusso ema-tico cerebrale medio è pari a 57 ml/min, l’utiliz-zazione media di ossigeno è pari a 156 mmol/min e quella di glucosio è pari a 31 mmol/ min.
All’arresto completo della circolazione cerebrale seguono tutta una serie di eventi metabolici che portano in pochi minuti a danno irreversibile dei costituenti cellulari del parenchima cerebrale e a coma cere-brale irreversibile.
Al contrario la riduzione focale del flusso ematico cerebrale (CBF) al di sotto di 10-15 ml/min./100 g. di tessuto e la conseguente restrizione nello ap-porto di ossigeno e di glucosio innescano altera-zioni metaboliche e biochimiche di grado variabile in funzione sia della durata della ischemia [altera-zioni tempo-dipendenti] che dei gradienti di flusso [alterazioni spazio-dipendenti] cioè la cascata neurotossicadell'insulto cerebrale ischemico che è causa di due tipi di morte cellulare neuronale “immediata”, per necrosi, e “ritardata”, per apoptosi.
Nella zona cerebrale ischemica in un primo tempo, la caduta critica del flusso ematico cos-tringe gli elementi cellulari ad una maggiore estrazione di ossigeno dalla emoglobina ma quando la liberazione di ossigeno diviene insuf-ficiente a permettere i normali livelli di meta-bolismo ossidativo cellulare si ha il viraggio della glicolisi aerobia verso quelle anaerobia con con-seguente acidosi lattica e ridotta produzione di ATP che è la sorgente energetica delle pompe ioniche intracellulari.
Il deficit della pompa sodio-potassio determina una rapida perdita di potassio dai neuroni che è causa di massiva depolarizzazione neuronale e gliale.
Se a questo punto si realizza il ripristino del flusso ematico, il danno cellulare che si è realizzato sino a quel momento è ancora reversibile altrimenti il processo della cascata neurotossica continua e si drammatizza con l’esordio del fenomeno della eccitotossicità da glutammato.
Succede, infatti, che i canali del calcio voltaggio-dipendenti delle strutture somato-dendritiche e presinaptiche si aprono e si realizza un accumulo extra-cellulare di aminoacidi eccitatori anche perché risulta impossibile il loro reuptake presinaptico che è energy consumer. Il rapido incremento di glutammato extrasinaptico causa una ecces-siva stimolazione dei recettori NMDA e AMPA innescando il meccanismo della neu-rotossicità.
Infatti, l'attivazione dei recettori AMPA contribuisce alla depolarizzazione che è ritenuta responsabile dell’aumento del magnesio del recettore canale NMDA con la conseguente apertura del recet-tore che permette un elevato flusso intracellulare di ioni calcio.
A questo punto, l’ingresso massiccio di ioni sodio e calcio per gradiente di concentra-zione e di voltaggio e il difetto di estrusione attiva di tali ioni che è ATP-dipendente, il conseguente incremento di uptake attivo di calcio da parte di mitocondri e reticolo endoplasmatico ed il fatto che ciascun ione sodico o calcico è rivestito da un mantello idrofilo di nove molecole di acqua portano alla formazione di edema citotossico.
Il fenomeno della eccitotos-sicità da glutammato con il conseguente incremento endo-cellulare di ioni Calcio è res-ponsabile del processo di “morte immediata”.
L'elevazione della concentrazione intracito-plasmatica del calcio non solo disaccoppia, a livello mitocondriale, la fosforilazione ossi-dativa che conduce ad un ulteriore decre-mento dell'energia fornita e all'aumento dei radicali liberi ma è, poi, di per sè causa di tutta una serie di eventi tossici nucleari e citoplasmatici.
Essi sono l’attivazione di enzimi proteolitici calcio-dipendenti quali lipasi, proteasi, endo-nucleasi ed altri enzimi catabolici che degradano le proteine del citoscheletro, quali actina e spectrina, o le proteine della matrice extracellulare quali la laminina e che, colletti-vamente, hanno conseguenze deprimenti per la funzione cellulare, la struttura della mem-brana ed il citoscheletro e che in ultimo con-ducono a necrosi.