1.06k likes | 1.22k Views
Antropologia - Lezione 14^. Momento sistematico 1 Le strutture della libertà creata.
E N D
Antropologia - Lezione 14^ Momento sistematico 1 Le strutture della libertà creata
In te, donna Samaritana, io scorgo un prodigio grande come quello che è in Maria! Infatti lei dal suo seno ha partorito in Betlemme il suo corpo come un bambino, ma tu dalla tua bocca lo hai reso manifesto come un adulto, in Sichem, città della casa di suo padre. Benedetta sei tu, donna, che hai partorito dalla tua bocca la Luce, per coloro che erano nelle tenebre. Maria, la terra assetata, a Nazaret ha concepito il Signore nostro attraverso il suo orecchio. Ma anche tu, donna assetata di acqua, hai concepito il Figlio, attraverso il tuo ascolto. Benedette sono le tue orecchie che hanno bevuto alla sorgente, che hanno dato da bere al mondo. Maria lo ha deposto nella mangiatoia, tu invece nelle orecchie di quanti ascoltano (S. Efrem, Inni sulla verginità 23,4-5)
Recupero della questione: • Dal chi è l’uomo? • Al come è fatto l’uomo? Due modelli interpretativi: • Tricotomia (Spirito – anima - corpo) • Dicotomia (anima - corpo)
Dalla tricotomia alla… SPIRITO corpo anima
alladicotomia: DIO: SPIRITO OGGETTO ESTERNO Anima: qui lo spirituale nell’uomo corpo (animale) antropocentrismo
Tenere ancora la composizione anima-corpo? F.G. Brambilla: sì, ma parlando non più di componenti di cui è fatto l’uomo, ma di: • condizioni antropologiche della immagine di Dio che è una “libertàcreata”
Oggi torna “di moda” il tema dell’anima cfr. il libro fortunato di Vito Mancuso, Il destino dell’anima: 130.000 copie…. • Tema obsoleto o capace ancora di attrattiva? • Occasione propizia anche per la teologia?
Occasione sì! Sollecita a ripensare temi che, se dati per scontati, rischiano di cadere nella insignificanza. • La dimenticanza dei teologi? Il loro lavoro è sottoposto ai condizionamenti culturali: non sempre riescono a sottrarsi agli orientamenti dominanti di un tempo e c’è il rischio di mettere a tacere alcuni dei temi essenziali! • Dialogando con le neuroscienze ci si discoste-rà dal pensiero tradizionale sull’anima? La teologia è anche esplorativa, pur rimanendo aperta alle revisioni critiche delle sue ipotesi di lavoro.
Chiaramente l’antropologia e l’escatologia sono più esposte di altre branche del sapere teolo-gico (cristologia, sacramentaria…) al fluttuare delle visioni che la cultura in generale elabora. • Sugli esseri umani sono molte le forme del sapere che si incontrano/scontrano.
Premessa introduttiva Tommaso, De Veritate, q. 10, a. 8, ad 8um: Secundum hoc scientia de anima est certissima, quod unusquisque in seipso experitur se animam habere et actus animae sibi inesse; sed conoscere quid sit anima difficillimum est. • Quimens e anima sono usati (quasi) come sinonimi. • La risposta alla questione si basa sulla distin-zione tra la percezione di avere un’anima e la conoscenza della natura dell’anima.
l’espressione di Tommaso esprime bene lasituazione paradossale nella quale si trova oggi la riflessione sull’anima: • da una parte, nel linguaggio comune si continua a usare il termine ‘anima’, quasi traccia di una coscienza della dimensione ‘spirituale’ dell’uomo • dall’altra quando si tratti di dire cosa si intenda con quel termine, e cioè la ‘natura’ dell’anima, il consenso sembra non esistere più.
Sono cambiati i paradigmi non tanto circa l’esistenza dell’anima/mente quanto circa la natura della stessa • al punto che con il termine ‘anima’ non si intende più ciò che nella tradizione teologica si è inteso fino ad alcuni decenni fa.
Cosa è l’anima? Nella pubblicistica recente (filosofica soprattutto): • Si sa di più che in passato: si è abbando-nata la concezione (‘riduttiva’) ascritta alla filosofia greca (platonica), che identificava l’anima con la parte interiore - immateriale dell’uomo • oggi la si fa coincidere con la personaumana (l’io) nella sua relazione con il mondo, con gli altri e con Dio.
Però si sa anche di meno sull’anima. Perché? Perché in una certa letteratura la si identifica con le funzioni cerebrali, liberandola da ogni connotazione spirituale e/o metafisica. Nel linguaggio vulgato (che ha la sua matrice nella psicologia) se si parla di anima la si intende come psiche, cioè come concrezione di sensazioni, sentimenti, emozioni, analiz-zabili mediante tecniche raffinate, in grado di giungere oltre la consapevolezza immediata della persona, fino alle radici rimosse delle cause e dei processi che originano i fenomeni psichici.
Quali questioni sono coinvolte? • La comprensione della identitàdella persona umana (cosa vuol dire avere un’anima) • La delineazione del destino eterno della persona umana.
Dunque due provocazioni radicali per la teologia su due versanti: • quello antropologico e quello escatologico • ovviamente strettamente connessi. La circolarità dei due poli: • se si vuol capire il destino delle persone umane, si dovrà illustrare la loro struttura ontica • ma se si vuole capire come sono fatte bisogna includere anche il loro destino: perché sono fatte così?
L’interesse per l’anima sul versante antropolo-gico (minoritario fino a due decenni fa ma ora tornato in auge), torna nel dialogo con le neuroscienze e/o le neuro-filosofie. Questo dialogo pone un problema gnoseo-logico relativo a una scienza dell’anima Chi è competente a parlare di anima?
Questioni aperte: • Si può ancora parlare di ‘anima’, o comun-que di un principio spirituale nell’essere umano, se si constata che la conoscenza, come le emozioni, le decisioni, perfino gli atti religiosi sono comandati dal cervello? • Una volta conosciuto il cervello si può spiegare anche l’attribuzione di azioni che finora si ritengono “superiori” e si attribuiscono a un principio spirituale.
Sembrerebbe che ciò che distingue gli uomini dagli altri animali sia soltanto la più com-plessa costituzione del cervello sicché le antiche funzioni attribuite alla co-scienza / anima sarebbero da attribuire alla diversa struttura / funzionamento del cervello. Domande: • E che cosa si deve intendere con il termine “anima” come è usato dalle neuroscienze? • Che rapporto si deve stabilire tra il nuovo strumento linguistico e il precedente? Si intende ancora la stessa cosa?
Elemento veritativo esposto a rischio: G. Canobbio: “le neuroscienze/neurofilosofie non permet-tono di pensare nell’uomo un principio spirituale ‘separato’ dalle funzioni cerebrali”.
Le PROVOCAZIONI alla TEOLOGIADELL’ANIMA che vengono dall’ESTERNO (dai risultati sugli studi sul cervello: le neuroscienze e le neuorifilosofie) che vengonodall’INTERNO (antropologia biblica e ripensamento della escatologia)
Le PROVOCAZIONI ALLA TEOLOGIA che vengono dall’ESTERNO la novità: non solo la psicologia (e le scienze umane) hanno elaborato una loro visione circa l’identità degli umani ma anche le neuroscienze e le neurofilosofie Già nel 1954 Arnold Stocker avviava la sua esposizione su L’anima nelle dottrine psico-logiche contemporanee con queste parole che prendiamo dal testo di M.F. Sciacca (a cura), L’anima, Morcelliana, Brescia 1954, p. 293.
«Aveva scritto Malebranche nelle sue Méditations che “l’idea di anima è un oggetto così grande, così capace di rapire con la sua bellezza le menti, che, se tu avessi l’idea della tua anima, non potresti più pensare a null’altro”. Non sembra affatto però che questo sia il pensiero degli psicologi della fine dell’ottocento, e neppure della maggior parte di quelli del novecento... L’epoca contemporanea non ha certo portato un grande progresso in materia di conoscenza dell’anima. In verità, la maggior parte degli specialisti della psicologia contemporanea non hanno mai dimostrato alcuna inclinazione a considerare il fondo del problema, che concerne la natura stessa dell’anima. […] L’anima in sé, in-somma, sembra che non presenti nessun interes-se. È questo un atteggiamento che testimonia del peso con cui l’ipoteca dello scientismo materia-listico grava ancora sul movimento delle idee».
Verifica: se ci si domandasse dove oggi si riscontri ancora l’uso del termine ‘anima • ripulitura del termine ANIMA dagli scritti degli intellettuali come “conquista”, e quindi una liberazione dal passato, in nome della scienza • Il suo uso rimane solo nel linguaggio quoti-diano e nella poesia • le neuroscienze non usano in genere il termine ‘anima’, bensì ‘mente’, termine con il quale si indica il complesso delle attività cerebrali supe-riori, quelle relative alla soluzione dei problemi, ai calcoli, alla razionalità (mente ‘computazio-nale’).
Il linguaggio di “mente” avvicina il rapporto mente-cervello/corpo a quello del computer: la mente è il software, il cervello/corpo lo hard-ware: cfr. S. Nannini, Mente e corpo nel dibattito contemporaneo, in AA. VV., L’anima, Mondadori, Milano 2004, pp. 23-40. • nel vocabolario, accanto alla mente si pone poi la “psiche” o l’animo o l’anima = per designa-re l’insieme della vita affettiva, emotiva, o la coscienza fenomenica e l’interazione con il collettivo umano. • Il cambiamento di linguaggio indica un cambia-mento radicale della prospettiva: da quella filosofico-teologica si va sempre più assu-mendo quella ‘scientifica’.
Esempio: Vittorino Andreoli dopo aver richiamato la concezione greca di anima : «se nel duali-smo greco anima e corpo sono nettamente separati, le scienze successive hanno verifi-cato come gli attributi riferiti all’anima rien-trano invece in un corpo inteso come ence-falo o come attività encefalica» (Mente e anima, in A.M.C.I., L’anima tra scienza e fede, San Paolo 2006, p. 42). NB: l’affermazione «le scienze […] hanno verificato». Ma esistono alcuni attributi dell’anima non verificabili dalle scienze?
Andreoli riconosce uno spazio «trascendente» che «non può competere alla scienza parlarne» (p. 43.). Però le giustificazioni classiche per la ‘spiri-tualità’ dell’anima: la memoria, la conoscenza, la coscienza di sé sono ascrivibili alla mente e per capirli non si avrebbe più bisogno della filosofia e della teologia. La scoperta della plasticità del cervello «ha permesso di riportare alla mente tutta questa parte di attività umane – memoria, coscienza, apprendimento, sogni, persino l’immaginazione – che per secoli filosofi e teologi hanno attribuito all’anima» (p. 50).
Questa visione afferma che le neuroscienze sembrano (pretendono?) di spiegare tutti i moti della persona umana. • Di parere opposto è L. Bossi, Storia naturale dell’anima, Baldini e Castoldi, Milano 2005. Secondo l’autore l’aver identificato l’anima con la mente ha portato a uno scarsorisultato: “la maggior parte delle idee sviluppate nel XX sec. derivino pigramente da qualche teoria biologica del XIX secolo” (pp. 425-426).
«avendo relegato l’anima nel regno delle anticaglie, oggi siamo […] messi davanti al fatto che le nozioni di corpo animale, vita, morte e di persona siano diventate impossibili da circoscrivere, come ben sanno gli esperti di “bioetica” e i giuristi, ormai disorientati di fronte ai problemi posti dalla scienza, dalla medicina moderna e dallo sviluppo delle biotecnologie» (p. 18). Anche la mancata integrazione del concetto di individualità in quello di persona.
Quale la radice dell’orientamento dominante nelle neuroscienze/neurofilosofie? • Gli storici della filosofia: U. Barth = distruzione della base metafisica della riflessione sull’anima alla fine del secolo XVIII (l’ingresso massivo del principio della soggettività, anche l’influsso della psicologia della percezione di sé).
G. Basti, Il problema mente-corpo, in Annuario di filosofia 2000, Mondadori, Milano 2000, pp. 265-318 • attribuisce la causa della sparizione della nozione di anima spirituale dalla riflessione filosofica all’assoluta inconsistenza, logica, metafisica e fisica, della teoria dualista cartesiana (p. 278); • l’identificazione dell’io con la sola sostanza spirituale pensante ha significato buttare a mare gran parte della filosofia medievale di ispirazione cristiana.
ESITO: • la teologia non trova più nella filosofia della mente/anima un’alleata per pensare il principio spirituale dell’uomo • senza il quale diventa per lo meno difficile delineare una prospettiva escatologica(che c’è per l’uomo dopo la morte?) • e illustrare l’assunto fondamentale dell’antropologia cristiana secondo il quale l’uomo è immagine di Dio
la visione ‘scientifica’ dell’anima tende a ‘invadere’ un campo che fino a non molto tempo fa restava riserva della filosofia/teologia • fino al recente passato l’ambito scientifico e l’ambito filosofico-teologico procedevano ciascuno nel suo ambito con il pacifico accordo di non invadere il rispettivo campo
ora la situazione è cambiata drammaticamente: • i risultati dello studio sul cervello a molti sembrano sufficienti a destituire di valore quanto la tradizione filosofico-teologica aveva strenuamente difeso di fronte alle insorgenti forme di materialismo • ricorrendo al concetto di anima, intesa come principio spirituale di origine divina.
Il nuovo naturalismo, in base allo studio del cervello, pretende di conoscere la particola-rità della persona umana senza ricorrere allo spirito o a un principio vitale: + non c’è più alcuna modestia scientifica (ignorabimus) + secondo un filone del naturalismo non c’è altro che una serie di processi fisiologici per spiegare tutto quel che la persona umana pensa, vuole, sente, anche nell’ambito religioso.
Tre forme di ‘naturalismo’: • metafisico (non esiste altro che quello che le scienze naturali sono in grado di conoscere) • semantico (una conoscenza filosofica sarebbe accettabile solo se usasse concetti che pure le scienze biologiche utilizzano) • metodologico (filosofia e scienza considerano il medesimo oggetto)
Dove non ci si vuole limitare al dato empirico, eventualmente si introduce il concetto del Sé: questo ha sostituito il concetto di anima, come più neutrale dal punto di vista ontologico; per molti autori naturalistici il sé di un uomo è il prodotto della capacità di rappresentarsi, senza con ciò precisare se il sé sia oppure no una realtà: il sé sarebbe una illusione, alla quale il soggetto rappresentandosi si sottopone. Cfr. J. Quitterer, L’anima umana: illusione o realtà neurobiologica? Un contributo all’attualità del concetto di anima, in «Rivista teologica di Lugano» 8[2003], 217-231).
Le neuroscienze (nella forma riduttiva estrema) identificano l’anima col cervello e negano la sua natura spirituale Le neuroscienze, nella loro espressione radicale, non lasciano alcun spiraglio per una vita oltre la morte.
Le PROVOCAZIONI alla TEOLOGIADELL’ANIMA che vengonodall’INTERNO (antropologia biblica unitaria)
Crisi del vocabolario cristiano sull’anima? • Estraneazione dal linguaggio anche liturgico? Vedi il rito delle esequie. • Ratzinger manifestò il disappunto che nella seconda metà degli anni ’70 “perfino il Missale Romanum del 1970 ha bandito il terminus anima dalla liturgia dei defunti; parimenti esso è scomparso dal rituale della sepoltura”. • Non così per il Messale Romano in tr.it. - però è vero che si riscontra la tendenza a parlare di persona, uomo, piuttosto che anima. • Perché? Per essere più fedeli all’antropologia biblica unitaria e prendere le distanze dalla antropologia di stampo platonico.
Oltre alla riscoperta della teologia biblica unitaria dell’uomo contro la visione greca spiritualista e dualista • importante nell’impostazione del discorso il recupero del rapporto teologia e filosofia • specie per il recupero in filosofia del valore del corpo (Körper e Leib)
Tutti i manuali hanno recuperato i termini che la Scrittura utilizza per indicare l’uomo • essi non indicano una parte dell’uomo stesso, bensì dimensioni di tutto l’uomo • anche dove nella LXX (cfr. il libro della Sapien-za) o nel NT si incontra il termine psyché (tradotto in latino e italiano con anima) lo si dovrebbe intendere non nel senso ‘greco’ di principio spirituale e immortale (una parte dell’uomo), bensì nel senso della nefeš ebraica (= gola), cioè di persona vivente che nella sua totalità è dotata di aspirazioni e desideri, a fianco dell’altro aspetto, che rimanda alla fragilità, richiamato dal termine basar.
Attraverso la ripresa della visione biblica, nell’attuale antropologia «L’anima ha recuperato appieno […] l’originario significato biblico di nefeš quando esso è riferito all’uomo e, al pari del concetto di “corpo-basar”, sta per tutto l’uomo. Nel cristianesimo è l’uomo che pensa, sente, decide, dialoga con Dio: l’uomo nella sua interezza”» (A. Vaccaro, Neurofilosofia, p. 223).
È impossibile pensare l’anima come realtà a se stante, altra dal corpo. • Anche i testi in cui si parla di un’anima immor-talenon vanno intesi come di un principio spirituale dell’essere umano che da solo è in grado di valicare la soglia della morte. • Sembra che la Bibbia non voglia presentare la costituzione ontologica dell’essere umano, ma descrivere lo stesso nel suo dinamismo teso tra aspirazione alla vita e esperienza della fragilità. • L’uomo è anima-gola: desiderio vivente di Dio, di vita in pienezza.
Perciò è errato pensare che il recupero della antropologia biblica unitaria sia fatto a spese della teologia dell’anima. Specie se si percorrono semplificazioni: Bibbia contro visione platonica… A cui segue l’idea che la tradizione ecclesiale successiva si è staccata dalla Bibbia e ha preferito Platone. Un aspetto da chiarire: nella Bibbia c’è una antropologia di tipo metafisico, circa la struttura di cui è composto l’uomo?
Gianfranco Ravasi dice che la ricerca esegetica sarebbe ormai giunta alla convinzione che non si possa «isolare all’interno della Bibbia una riflessione sistematica sull’uomo e, quindi, non si ha una puntuale definizione e descrizione delle componenti o della tipologia generale antropologica. La stessa “unità psicofisica” non è mai teorizzata o analizzata ma è solo una sorta di percezione primordiale e spontanea dell’uomo nel suo porsi concreto, percezione lontana dalla consapevolezza di una vera e propria struttura metafisica» (cfr. L’anima nella tradizione biblica, in AA.VV., L’anima, Mondadori, Milano 2004, p. 140).
Sembra più corretto affermare che Cristo e il cristianesimo (delle origini) non abbiano insegnato una antropologia, ma in una antropologia.
La Bibbia rispecchia un dato di esperienza immediato, che non impedisce un’analisi più accurata, con la quale giunge fino a distinguere dimensioni, aspetti, elementi di un’unità complessa nella quale si possono stabilire gerarchie: ciò che contraddistingue gli umani rispetto agli altri animali non può essere by-passato neppure quando si parla degli umani non in termini ontologici, ma descrittivi. La domanda circa i costitutivi dell’unità complessa (che è l’essere umano) appare in forma cogente nel momento in cui non ci si voglia limitare alla descrizione.
L’esigenza di dare una risposta alla domanda si coglie nel recente magistero cattolico, che recepisce l’istanza biblica e filosofica del ‘900. • GS 14 prende avvio dichiarando l’unità di anima e corpo: «Corpore et anima unus, homo per ipsam suam corporalem condicionem elementa mundi materialis in se colligit». Il recente Magistero sarebbe arrivato a supe-rare la visione ‘dualista’: «Solo nel Vaticano II il magistero ecclesiastico ha superato lo schema corpo-anima, raggiungendo così la svolta fatta dall’età moderna» (E. Klinger).