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Etnografia delle audience. Prof. Romana Andò Teoria e analisi delle audience. L’etnografia come studio del ‘normale’. L’etnografia va a vedere fenomeni e pratiche sociali nelle loro ‘apparenze normali’ , smontando la ‘ normalità’ di tali ‘apparenze’.
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Etnografia delle audience Prof. Romana Andò Teoria e analisi delle audience Perchè studiare i media?
L’etnografia come studio del ‘normale’ • L’etnografia va a vedere fenomeni e pratiche sociali nelle loro ‘apparenze normali’, smontando la ‘normalità’ di tali ‘apparenze’. • L’etnografia, come l’etnometodologia, tratta quello che è ovvio e dato per scontato (il mondo del ‘senso comune’) come strano e problematico e viceversa.
Il senso comune • La fitta e complessa trama delle conoscenze condivise e largamente interiorizzate a livello sociale costituisce il senso comune. • Il senso comune può essere considerato come l’insieme delle certezze tacite e indubitabili che ciascun componente di un gruppo condivide con i suoi simili. • I contenuti e le assunzioni sulle quali si basa sono ritenute auto-evidenti; le domande che lo mettono in discussione sono “prive di senso”; le persone che se ne discostano sono “dissennate”.
Il senso comune • Il senso comune è “quell’insieme di conoscenze che la vita quotidiana mette a disposizione di ognuno: tipizzazioni preinterpretate intersoggettivamente nelle quali si riproduce la costruzione sociale della realtà” (Schutz). • Il senso comune emerge da “tutte quelle pratiche, rappresentazioni, simbolizzazioni per mezzo delle quali il soggetto si organizza e contratta incessantemente il suo rapporto con la società, con la cultura, con gli eventi”(Jedlowski)
Etnografia come rottura del senso comune • L’etnometodologia è lo studio (-logia) dei metodi (-metodo-) utilizzati dagli individui (etno-) per rendere spiegabile e intelligibile (accountable) la realtà che li circonda. • L’etnografo analizza le spiegazione e i racconti (accounts) forniti dagli stessi attori sociali, i quali a loro volta li impiegano nella vita quotidiana, attingendoli dalla conoscenza di senso comune.
Scontrarsi con il senso comune • “By the end of my first full day with Dorothy Evans and her customers, I had come to realize that although the Smithton women are not accustomed to thinking about what it is in the romance that gives them so much pleasure, they know perfectly well why they like to read. • I understood this only when their remarkably consistent comments forced me to relinquish my inadvertent but continuing preoccupation with the text” (J. Radway, Reading the Romance, 1991)
Una cassetta degli attrezzi per costruire racconti… • L’etnografia è una “cassetta degli attrezzi”, cioè una modalità con cui ci si può avvicinare ai fenomeni sociali osservando le pratiche degli attori sociali in determinati contesti, con l’aiuto di una varietà di tecniche (Clifford, Marcus 1986). • Questo significa anche pensare all’etnografia come ad una “costruzione” ad opera dell’osservatore: il racconto autobiografico è necessariamente una fiction, nel senso che è “qualcosa di fatto [o] fabbricato – secondo il significato originale di ‘fictio’ – non che sia falso” (Geertz 1973).
Etnografia come fiction: interpretazione di interpretazioni • Leggere l’interpretazione dei testi fornita dagli intervistati vuol dire interpretare testi che, a loro volta, sono resoconti del comportamento di fruizione mediale degli intervistati stessi. • Il ricercatore qualitativo deve affrontare la difficoltà di raccontare storie sulle storie che gli intervistati hanno scelto di raccontargli.
Parole da interpretare • Scrive un’intervistata: • “Il fatto che le mie parole potessero essere poi il punto di partenza per una interpretazione, questo mi dava un po’ dei problemi … Toccava a lei tirare le somme e dire quale è la giusta immagine o che cosa c’è di vero in una immagine o che cosa c’è di vero nell’altro”. (Siebert, E’ femmina però è bella, 1991)
Tra etnografia e autobiografia • Nell’interpretazione etnografica entra sempre, in modo trasparente, la dimensione autobiografica del ricercatore. • Nel suo racconto, il ricercatore si riferisce in maniera ‘oggettiva’ ed accademica all’oggetto osservato: • ma il resoconto, legittimato, scientificamente è comunque una forzatura rispetto alla dimensione dialogica dell’osservazione e della raccolta dei dati.
L’ orientalismo etnografico • Quando il ricercatore racconta, anche autobiograficamente, dell’oggetto studiato, emergono: • una serie di costruzioni discorsive che definiscono ‘un’alterità’ • del tutto inventata e fittizia, esotica e affascinante, • portatrice di stereotipi e di senso comune. • Un ‘orientalismo’ (Said) che vive di senso comune e che legge il mondo attraverso il senso comune.
Alcuni esempi di ‘orientalismo mediale’ • L’audience è attiva • Audience critica=audience resistente • Ipersemplificazione delle letture del rapporto media-minori (modelli causa-effetto) • La lettura è attiva, la visione di tv passiva. • Cultura popolare=cultura bassa • Fan=sogetto passivo e fanatico • I media (nuovi-potenti) hanno effetti negativi sul pubblico.
I tratti dello stile etnografico • Privilegiare l’osservazione e la descrizione delle pratiche sociali sull’analisi semantico-strutturale • Abbandonare ogni pretesa di oggettività a favore dell’illustrazione originale e per forza parziale di “aspetti, mondi o dimensioni della vita sociale” • Adottare uno sguardo non ingenuo, scettico anche sui propri risultati • Utilizzare una pluralità di metodi • Mettere in correlazione le descrizioni con lo stile adottato dall’osservatore (narratore di un racconto).
“non si dovrebbe essere etnografi da tavolino” • L’etnografia, quindi, si caratterizza per l’aderenza a ciò che studia “per il fatto che si tratta di una metodologia capace di collocare chi la usa, almeno inizialmente, nel mondo sociale analizzato e descritto”(Dal Lago, De Biasi 2002).
Il compito del ricercatore • “1) osservare e rilevare il comportamento di routine di tutti i tipi caratteristici di soggetti che si stanno studiando, • 2) fare questo all’interno degli scenari naturali ove il comportamento accade e • 3) trarre inferenze accuratamente dopo aver considerato i particolari del comportamento comunicativo, con particolare attenzione posta ai modi spesso sottili, sebbene rivelatori, in cui differenti aspetti del contesto si informano l’uno con l’altro” (Lull, 1987)
Uno stile di ricerca riflessivo • “la caratteristica principale dell’etnografia [è] il fatto di sgorgare dall’esperienza del mondo sociale.”(Dal Lago, De Biase). • Questo vuol dire che non esiste un modus operandi ortodosso dell’etnografia: essa è inseparabile dai contesti cui viene applicata ed è un approccio che mantiene sempre una posizione riflessiva verso i metodi che adotta. • “l’etnografia è una pratica che va vissuta, uno “stile di ricerca e di analisi e non […] metodologia chiusa o rigidamente definita” (ibidem)
I tratti distintivi delle etnografie del consumo • Morley e Silverstone (1991) individuano tre tratti nelle etnografie del consumo: • l’attenzione al contesto; • l’uso di strumenti qualitativi di indagine; • Il ricorso alla triangolazione (di fonti diverse; di metodi diversi; di gruppi di ricerca/ricercatori diversi).
Il mondo vitale delle audience • I processi comunicativi devono essere studiati nello spazio e nel tempo reali per esaminare le dinamiche dell’azione e le limitazioni nelle attività quotidiane e nelle pratiche degli individui e dei gruppi impegnati nella produzione socialmente situata e nel consumo di significati. • Le istanze individuali della comunicazione non hanno senso, prima di essere state interpretate nel contesto complessivo del mondo vitale dell’audience.
Le audience nel contesto • “l’esperienza dell’audience di un medium specifico e del suo contenuto non possono essere separati da come esso viene usato (…) • se dobbiamo capire la realtà vissuta, dietro le misurazioni, abbiamo bisogno di rivolgerci alcontestod’uso, alla struttura fisica dove la ricezione ha luogo, e chiederci, qual è il senso del guardare la tv per l’audience” (Jensen, 1987) • Il contesto sociale fornisce un laboratorio per l’analisi naturalistica del consumo e della produzione di significato.
Che cosa intendiamo per contesto • Possiamo definire il contesto come un insieme di “micro-setting quotidiani”, cioè di ambienti fisici (casa) e relazionali (famiglia, amici) che abitualmente ospitano le pratiche di ricezione (Moores 1993). • Questi setting locali sono incorporati in ampie strutture sociali (macro-contesto) e intrecciati con esse. • La ricerca etnografica più spesso si concentra sui micro-setting locali (nucleo domestico).(Casetti, Di Chio 1998)
L’osservazione partecipante • “Con osservazione partecipante si intende quel metodo nel quale l’osservatore partecipa alla vita quotidiana delle persone sotto studio, o apertamente nel ruolo di ricercatore o mascherato in altri ruoli, osserva ciò che accade, ascolta ciò che viene detto e interroga le persone in un periodo di tempo esteso”(Becker, Geer).
Il ruolo del ricercatore • Partecipante interno: il ricercatore fa parte del fenomeno osservato ma i membri del gruppo sociale non sanno che sta svolgendo una ricerca su di loro. • Partecipante/osservatore: il ricercatore entra nel contesto adottando il punto di vista dei partecipanti e cercando di farsi accettare dal gruppo. • Osservatore partecipante: il ricercatore osserva il suo oggetto di studio, anche interagendo con i soggetti partecipanti; • Osservatore esterno: il ricercatore osserva senza essere osservato e senza prendere parte al contesto di partecipazione del gruppo. De Blasio, Gili, Hibberd,Sorice 2007)
Alcune regole per l’osservazione partecipante • Stabilire una soglia di durata minima o massima per l’osservazione (per il consumo tv da 3 a 7 giorni) • Curare la fase di ingresso e di accettazione (fiducia) nel contesto/gruppo: la presentazione può essere mediata (istituzioni religiose e ricreative) e accompagnata da doni. • L’esplicitazione degli obiettivi di ricerca: svelarli può essere una risposta alla fiducia riposta dal gruppo, ma svelarli troppo può minare l’obiettività dei risultati raccolti. (Casetti, Di Chio, 1998) • La rilevazione dei dati è affidata alla memoria del ricercatore e ai suoi appunti: l’uso di registrazioni audio e video dipende dai contesti e dall’oggetto di studio.
Le domande da porsi per l’osservazione partecipante • Chi sono gli attori nella ‘scena’ • Come è organizzata la scena • Come nascono e si sviluppano le forme di interazione fra soggetti • Quali sono gli eventi significativi per il gruppo. (De Blasio, Gili, Hibberd,Sorice 2007)
Strategie retoriche nel resoconto etnografico • ‘Documentario’ (racconto del logos): l’osservatore descrive l’audience in maniera distaccata; • ‘Confessione’ (racconto del pathos): resoconto in prima persona, in cui l’oggetto stesso della ricerca è il ricercatore; • Etnografia ‘realistica’ (racconto dell’ethos); • Etnografia del ‘collage’ (racconto polifonico): dialoghi, verbalizzazioni, trascrizioni presentate insieme dal ricercatore. (ScrØder, Drotner, Kline, Murray 2003 in De Blasio, Gili, Hibberd,Sorice 2007)
Le fasi dell’osservazione partecipante • 1° fase: nei primi due giorni vengono registrati appunti sulla storia della famiglia/gruppo, sulle biografie dei membri e sullo spazio fisico in cui si realizza la fruizione; • 2° fase: “acclimatamento” del ricercatore con la famiglia o gruppo studiato (l’osservatore viene inserito nelle attività quotidiane) • 3° fase: alla fine dell’osservazione, il ricercatore effettua interviste in profondità con i membri della famiglia o del gruppo (Lull 1990 in Boni)
Family television • “il marito e la moglie si toccarono a vicenda solo due volte in una settimana. La prima volta lui afferrò giocosamente la moglie e la mise a sedere sulle sue gambe mentre la figlia raccontava una storia divertente su qualcosa che era accaduto a scuola quel giorno. L’altra occasione di contatto fisico nella stessa settimana avvenne una sera mentre la coppia guardava la televisione […]” (Lull, 1980, 203)
La natura sociale delle audience nell’intervista • Considerare le audience come individui che nelle pratiche di consumo portano le proprie esperienze e conoscenze maturate nel processo di socializzazione, • e considerare che, nel momento del consumo, le audience si riferiscono a significati sociali, socialmente negoziati, • ci consente di utilizzare come metodo etnografico anche le interviste individuali, • perché l’intervistato farà comunque riferimento alle sue esperienze sociali e ai significati sociali dell’atto di consumo e ricezione.
I media partecipano alla vita sociale e culturale • “Si tratta dunque di esaminare i media come processo, come agenti e come oggetti dati, a tutti i livelli, ovunque gli esseri umani si aggreghino in uno spazio reale o virtuale, comunichino, tentino di persuadere, informare, divertire, educare; ovunque tentino, in una molteplicità di modi e con diversi gradi di successo, di connettersi l’uno all’altro” (Silverstone 2002, pag. 21)
L’intervista in profondità • L’intervista in profondità è un metodo che si pone a metà strada tra colloquio clinico e intervista direttiva. • Rispetto al primo, ha una traccia più strutturata e una vocazione più operativa; l’oggetto di indagine è stabilito dal ricercatore, che indaga attraverso le domande la relazione tra il soggetto e l’oggetto di indagine. • Rispetto alla seconda è meno rigida e la traccia meno stretta.
Difendere le interviste • Il metodo dell’intervista deve essere difeso non solo per l’accesso alle opinioni e alle dichiarazioni consapevoli che esso offre alla ricerca, ma anche per l’accesso che fornisce ai termini e alle categorie linguistiche con cui gli intervistati costruiscono le loro parole e la loro comprensione delle proprie attività (Morley). • L’atto di fruizione mediale resta comunque opaco all’osservatore che lo osserva solo come comportamento e non come racconto.
“con il telecomando accanto...” • “è irritante, perché magari sto guardando qualcosa ed ecco che tutto ad un tratto lui cambia canale per vedere i risultati delle partite di football”. • “Non ho molta scelta, perché lui se ne sta là con il telecomando accanto ed ecco tutto […] Io mi infastidisco perché magari sto guardando un programma ed ecco che lui si mette a cambiare canale per vedere se su un altro canale è finito un certo programma così lui si può registrare qualcosa […]” • “Il telecomando sta sempre vicino alla sedia di papà. Non se ne allontana finché c’è papà. Se ne sta proprio lì” (Morley, Family television, 1986)
“and I think my body is in the room but the rest of me is not (when I am reading)” • “I think men cannot do that unless they themselves are readers. I dont’t think men are ever a part of anything even if it’s television” • “They are never really out of their body either” • “I don’t care if it’s a football game: I think they are always consciously aware of where they are” • “but I think a woman in a book isnt’t” (J. Radway, Reading the Romance, 1990)
That gets on your nerves • DH: Which characters do you particularly like or dislike? • L: Well, I dislike Arthur Brownlow, I can’t stand him. • DH:And why dont’you like him? • L: Because if he was my husband I would have kicked him out years ago – but that is obviously the character, not him. And his wife gets on your nerves […] Every time you see their living-room you know there is something on the table. That gets on your nerves” (D. Hobson, Crossroads: the Drama of a Soap Opera, 1982)
Il focus group • Il focus group è … • … un metodo qualitativo, una tecnica di ricerca qualitativa o per la raccolta di dati qualitativi • Il focus group è … • una tecnica intermedia: tra l’intervista e l’osservazione (Corrao, 2000)
Una discussione di gruppo • Il focus group non è … • … un’intervista di gruppo • .. ma è una discussione di gruppo. • La rilevazione non è basata sulle risposte dei singoli partecipanti alle domande del mediatore, bensì sulla loro interazione (Corrao, 2000)
La composizione dei gruppi • Estraneità dei partecipanti tra loro e con il moderatore vs precedente conoscenza dei partecipanti • Omogeneità interna del gruppo vs eterogeneità interna del gruppo • Mini group vs Full Group • A uno stadio vs A più stadi
Il grado di strutturazione • Gruppi autogestiti • Focus group con guida d’intervista contenente i punti da trattare • Focus group semistrutturati • Focus group con tecniche, anche standardizzate per stimolare il dibattito o raccogliere informazioni supplementari
Il ruolo del moderatore • Molto marginale. Il moderatore propone il tema e le regole di interazione, lasciando che i partecipanti discutano tra loro. • Limitato. Il moderatore interviene per agevolare l’andamento della discussione o contrastare deviazioni dal tema e per equilibrare gli interventi. • Ampio. Notevole controllo sul contenuto della discussione e sulle dinamiche di gruppo
Il campionamento • La numerosità del campione non può essere predeterminata rigidamente in fase di progettazione. • Per individuare i soggetti si ricorre a campionamenti non probabilistici, detti “a scelta ragionata”. • Si può anche ricorrere al ruolo di un mediatore
L’elaborazione dei dati • Il materiale informativo emerso dai focus può essere trattato: • come semplice descrizione narrativa basata sulle note prese durante la discussione di gruppo; • come trascizione verbatim delle registrazioni. • Il materiale viene sottoposto ad una griglia di lettura guidata dagli obiettivi e dalle domande di ricerca
“il maschio il calcio, la femmina le telenovelas” • I: Facciamo un gioco. Provate ad associarvi ad una trasmissione televisiva. Se voi doveste associare la vostra personalità a un programma televisivo a quale pensereste? • Simonetta: Il Maurizio Costanzo Show. • Elsa: Medicina, Informazione come Check-up. • I: Non quale trasmissione vi piace. Quale vi assomiglia. • Signora A: Il Costanzo lo seguo volentieri. • Anna: Non saprei. • Mauro: Porta a Porta. Mi piace la polemica, la politica. Se non mi piace una cosa non è che sto zitto. • I: fate questo gioco con i vostri figli. Associate la personalità di vostro figlio a una trasmissione. • Giosuel: Quelli che il calcio. • Elsa: Il maschio sì, il calcio sicuramente. • Anna: Il maschio il calcio, la femmina le telenovelas. • Mauro: A mio figlio piace il divertimento pure i professori lo dicono che non s’azzitta mai. Gli piace ridere e scherzare, giocare. Quindi una trasmissione allegra, musicale. (Tirocchi, Andò, Antenore, Giovani a parole, 2002)
Le storie di vita • Le storie di vita sono interviste particolari in cui si chiede ad un soggetto di raccontare la propria esistenza, per es. in relazione al consumo dei media. • Rispetto all’osservazione e all’intervista in profondità, consentono una presa diacronica o ‘storica’ sul fenomeno (come sono cambiati i consumi e le abitudini di consumo negli anni); • danno conto delle dimensioni micro e macro sociali del consumo, superando i limiti degli altri metodi • e arricchiscono l’approccio etnografico di una capacità previsionale che altri metodi non possiedono. (Casetti, Di Chio, 1998)
Storie di vita • “una metodologia di ricerca che comprende la storia degli eventi, la storia della memoria degli eventi, la revisione degli eventi attraverso la memoria” (Molinari 2002) • Non importa che la storia di vita rappresenti fedelmente comportamenti effettivi, ma “che questi fossero i particolari accounts che gli spettatori si sentivano di dare del proprio comportamento rimane un fatto sociale di interesse considerevole”.(Morley 1986)
“la televisione era…” • “La televisione era una rappresentazione di uno status sociale: se io avevo la televisione è perché me la poteva pure permettere, come il telefono” • “La televisione è stata una mamma, per tutti, visto che l’abbiamo vissuta in prima persona i primi anni ’50. Abbiamo visto le prime televisione in bianco e nero, un canale, poi due, poi tre, poi c’è stato il pluralismo, c’è stata la tv privata che finalmente ha preso piede” • “Credo che [la televisione n.d.c.] avesse una funzione culturale come l’aveva avuta la radio prima: io lo ricordo anche quando si ascoltava la radio, quando non si aveva la televisione e c’era tutta una serie di sceneggiati” (Fanchi, Identità mediatiche, 2002, 78-79)
I racconti orali • “ci informano non solo sui fatti, ma su quello che essi hanno voluto dire per chi li ha vissuti e li racconta; non solo su quello che le persone hanno fatto, ma su quello che volevano fare, che credevano di fare, che credono di aver fatto; sulle motivazioni, sui ripensamenti, sui giudizi e le razionalizzazioni.[…] • L’interesse della testimonianza orale non consiste solamente nella sua aderenza ai fatti, ma nella sua divaricazione da essi; perché in questo scarto si insinua l’immaginario, il simbolico, il desiderio” (Portelli 1999)
L’intervista narrativa • Generalmente il ricercatore lascia parlare “il testimone” senza interromperlo, mostrando interesse per quello che dice. • Solo alla fine, può tornare sulla traccia e sui punti eventualmente non considerati. • In un’intervista aperta, anche l’ordine con cui il testimone costruisce il racconto è un’informazione importante per conoscere le sue priorità e i suoi interessi (Morley, 1980)
Il retellling • Il metodo del retelling si basa sul racconto del ricordo. • Il racconto seriale di una storia fa emergere come il materiale narrativo viene selezionato, strutturato e organizzato secondo le regole della memoria (o della percezione). • Lo spettatore attinge dal “solido serbatoio di ricordi” per interpretare una linea narrativa attuale, per trarre inferenze con cui collegare le esperienze di fruizione pregresse con quelle in corso. • Il modo in cui lo spettatore ri-racconta una storia fruita, evidenzia la struttura dei suoi processi interpretativi.
“non è accaduto granché” • “Per quel che riguarda la relazione fra Ken e Sally, non è accaduto granché. Per settimane abbiamo visto Ken preoccuparsi del cambiamento dei suoi sentimenti verso Sally, passando dal comportamento di capoufficio a quello di innamorato, e il tutto è culminato nel bacio in ufficio.[…] • Credo che Ken avesse paura di farsi coinvolgere troppo e che Sally non fosse poi così interessata a lui. Credo anche che Ken non avesse intenzione di rompere con Deirdre, di mandare a monte un altro matrimonio e di dover anche affrontare tutti i pettegolezzi che ne sarebbero nati.[…] • La puntata finì e noi rimanemmo con il fiato sospeso fino al lunedì dopo per vedere cosa succedeva . Per la stampa popolare quello fu un gran giorno” (Livingstone, 1990 studio su Coronation Street)
La performatività delle narrazioni • Se per performatività intendiamo, nelle parole della Butler, quegli atti e gesti, generalmente costruiti, che regolano i principi di organizzazione dell’identità, • nel senso che «l’essenza o l’identità che altrimenti pretendono di esprimere sono invenzioni fabbricate e sostenute tramite segni corporei e altri mezzi discorsivi», • allora dobbiamo ritenere che è proprio nelle narrazioni delle audience che si manifesta il loro essere performativo e il loro partecipare performativo ai contesti sociali e mediali.(Butler, 1990)