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Classificazione e gestione della perdita di sostanza ossea nella chirurgia di revisione della protesi di ginocchio G.Mon

Classificazione e gestione della perdita di sostanza ossea nella chirurgia di revisione della protesi di ginocchio G.Monteleone. Chirurgia protesica di revisione. Massima cura nella rimozione dell’impianto protesico Ripristino del bone-stock

annelise
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Classificazione e gestione della perdita di sostanza ossea nella chirurgia di revisione della protesi di ginocchio G.Mon

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Presentation Transcript


  1. Classificazione e gestione della perdita di sostanza ossea nella chirurgia di revisione della protesi di ginocchioG.Monteleone

  2. Chirurgia protesica di revisione • Massima cura nella rimozione dell’impianto protesico • Ripristino del bone-stock • Ripristino dell’interlinea articolare e riequilibrio capsulo-legamentoso • Stabilita’ primaria dell’impianto di revisione con possibilita’ di carico precoce

  3. ClassificazioneDifetti Ossei • Door’s • Bargar e Gross • Rand • Engh • G.I.R.-A.I.R. 1989 1992 1994 1994-1996-1997 1997

  4. F2A F1 F2B F3 T2A T2B T3 T1 CLASSIFICAZIONE G.I.R.-A.I.R Engh GA, AAOS, 1997,Vol.46:227-236

  5. Tipologia dei difetti ossei • Difetti ossei semplici • La mancanza di tessuto osseo è presente solo in un capo articolare • Difetti ossei combinati • La mancanza di tessuto osseo è presente sia sul versante femorale che su quello tibiale • SPECULARI • NON SPECULARI

  6. Difetti ossei combinati • Speculari: quando le perdite di sostanza ossea tibiale e femorale sono simili ed interessano lo stesso compartimento F2A-T2A

  7. Difetti ossei combinati • Non speculari: quando la perdita di sostanza ossea è maggiore in un capo osseo ed i compartimenti interessati sono diversi F1-T2A

  8. Tipi di deficit osseo • Difetto contenuto • Perdita di sostanza spongiosa con corticali ossee presenti ed in grado di sopportare carichi • Difetto non contenuto • Mancano le zone corticali per cui il carico deve essere bypassato

  9. Tipi di deficit osseo • Difetto “contenuto” • Innesti ossei non strutturali • Innesti capaci di sopportare solo parzialmente il carico • Difetto non “contenuto” • Innesti ossei strutturali • Innesti in grado di sopportare il carico

  10. Neoformazione di tessuto osseo • Osteogenesi: produzione ossea diretta • Presenza di osteoblasti viventi (osso autologo fresco) • Osteinduzione: stimolo alla differenziazione ossea della matrice amorfa • legato alla presenza di fattori e proteine osteoinduttive • Osteoconduzione: impalcatura tridimensionale • favorisce l’adesione cellulare e l’apposizione di nuovo osseo

  11. Innesti ossei non strutturati • Osso proveniente da cadavere • Osso proveniente da donatore vivente • Prelievo autologo • Prelievo eterologo • Osso liofilizzato • Osso umano variamente processato • Osso bovino processato • Granuli e biglie sintetiche • Polveri e paste demineralizzate

  12. Principali sostituti ossei non strutturati biologici • Osso omologo o eterologo trattato • Tagliato: morcellizzato o a cubetti • Lavato ad alta pressione • Liofilizzato:disidratato chimicamente • Sterilizzato:raggi gamma o ossido di etilene

  13. Principali sostituti ossei non strutturati nonbiologici • Ceramiche • Biovetri • Coralli • Idrossiapatite • Fosfato tricalcico • Cemento riassorbibile

  14. Resistenza meccanica • Dipende: • Forma dell’innesto • Dall’integrità della struttura collagenica e dalla disposizione dei cristalli di idrossiapatite • Nel tempo dipende dalle capacità biologiche e quindi dal modo di “incorporazione” nell’osso circostante

  15. Nostra preferenza • La spongiosa autologa fresca morcellizata a nostro parere sarebbe l’ideale ma l’alta incidenza del “morbity donor site” la rende poco utilizzabile, soprattutto in pazienti da riprotesizzare, di solito anziani, provati e spesso defedati ed in cui già il trauma chirurgico a livello dell’articolazione è elevato

  16. Nostra preferenza • Fino a 10 anni or sono abbiamo utilizzato osso omologo morcellizzato, lavato ad alta pressione e sterilizzato a 128° • Oggi utilizziamo matrice ossea demineralizzata più spongiosa omologa liofilizzata morcellizzata più PGF autologo più trombina autologa

  17. Nostra preferenza • Dal punto di vista biologico associamo l’osteoinduzione della matrice ossea demineralizzata alla buona osteoconduttività della spongiosa morcellizzata con lo stimolo biologico dei fattori di crescita piastrinici • L’impasto delle tre componenti consente di ottenere un innesto pastoso che riempe completamente il deficit osseo con discrete doti meccaniche alla compressione

  18. Nostra preferenza • L’impasto che si ottiene è facilmente malleabile ma di una certa consistenza, il che consente di riempire i difetti ossei ed avere la certezza che gli innesti rimangano in loco fino alla loro integrazione anche con una precoce riabilitazione • L’impasto inizia a solidificare dopo circa 30 minuti, questo consente di utilizzarlo anche per difetti ossei non perfettamente contenuti, la solidificazione completa avviene in un tempo variabile tra le 4 e le 16 settimane

  19. Nostra preferenza • L’impasto non ha la capacità meccanica di sostenere l’impianto protesico per cui, molto importante nei casi con difetti ampi e non contenuti, è l’uso di protesi con stelo lungo e cementato che supporti il carico • È possibile riempire i difetti e cementare • Il by-pass del carico nelle prime fasi favorisce l’integrazione e la formazione ossea

  20. Difetti ossei non contenuti • Innesti strutturali • Osso di banca opportunamente preparato • Rete metallica tridimensionale • Cemento “armato” • Wedge e spessori di varie dimensioni e caratteristiche • Protesi massive di tipo oncologico

  21. PROTOCOLLO CHIRURGICODifetti speculari Protesi Di Rivestimento Come Da Primo Impianto Cemento E/o Innesti Ossei Non strutturali F1 - T1 F2 - T2 F3 - T3 Protesi Di Superficie Con Stelo Corto E/o Medio O Protesi Semivincolate, Uso Di Innesti Ossei Non strutturati E/o Cemento Protesi Da Revisione Semivincolate E/o Modulari Uso Di Innesti Ossei Non Strutturali o strutturali o Entrambi

  22. PROTOCOLLO CHIRURGICO in questi casi è fortemente influenzato anche: • dalla qualità dell’osso epifisario • Trofismo • Presenza di osso spongioso • Spessore delle corticali • Ecc. • Dalla qualità delle strutture capsulo-legamentose

  23. Protocollo chirurgicodifetto osseo non speculare • F1-T2A/F1-T2B • In questi casi nonostante la lieve perdita di sostanza ossea femorale è necessario usare protesi di rivestimento a fittone medio o addirittura protesi da revisione nei casi in cui la perdita di sostanza ossea tibiale coinvolga le inserzioni legamentose con conseguente grave instabilità articolare più innesti ossei non strutturali

  24. Protocollo chirurgicodifetto osseo non speculare • F2A/F2B-T1 • Il bone loss è prevalentemente femorale, anche in questi casi l’indicazione è di utilizzare protesi con fittone medio per la componente femorale o protesi da revisione quando è presente grave lassità capsulo-legamentosa più innesti ossei non strutturali

  25. Protocollo chirurgicodifetto osseo non speculare • F1-T3/F3-T1 • Il bone loss è prevalente a carico di uno dei capi articolari per mobilizzazione o affondamento di una sola delle componenti protesiche; in questi casi l’indicazione è di usare protesi a fittone lungo per il compartimento più danneggiato o protesi da revisione quando è presente grave instabilità capsulo-legamentosa più innesti ossei strutturali e/o non strutturali o spaziatori

  26. Protocollo chirurgicodifetto osseo non speculare • F3-T2A/F3-T2B/F2A-T3/F2B-T3 • In questi casi il bone loss è cospicuo in entrambi i capi articolari; in questi casi l’indicazione è di usare protesi a steli lunghi o protesi da revisione più innesti ossei strutturali e/o non strutturali o spaziatori

  27. NOSTRA CASISTICA • Dal 1980 al 2005 216revisioni protesiche • Analisi su 76 pazienti ricontrollati • Mobilizzazione componente tibiale non cementata 30 • Mobilizzazione componente tibiale cementata 16 • Mobilizzazione componente femorale non cementata 9 • Mobilizzazione componente femorale cementata 6 • Mobilizzazione componente rotulea 9 • Osteolisi periprotesica da usura polietilenica 30 • Rottura componenti protesiche 3 • Dolore aspecifico 8 • Instabilita’ articolare residua 7

  28. Distribuzione di 56 casi revisionati sec. Class. G.I.R.

  29. Difetti ossei combinati più frequenti (C.C. + RX)

  30. Distribuzione “tipo di difetto”

  31. CONCLUSIONI • Lo stadio del difetto osseo molto spesso e’ identificabile con certezza solo dopo la rimozione dell’impianto protesico • Il difetto osseo spesso non interessa specularmente le due componenti • Nei casi di difetto osseo combinato la scelta chirurgica e’ condizionata dal sito di maggior bone loss • L’utilizzo di protesi semi-vincolate consente di risolvere casi di notevole difficolta’ nelle riprotesizzazioni di ginocchio • La gestione della perdita di sostanza ossea è molto complessa

  32. GRAZIE

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