360 likes | 507 Views
LA RIFORMA DEL MERCATO DEL LAVORO NOVITA’ IN TEMA DI LE PARTITE IVA E DI ASSOCIAZIONE IN PARTECIPAZIONE. Roberto Nucci Dottore Commercialista r.nucci@studionucci.it VIALE BUOZZI N.14 - 50053 EMPOLI (FI). Premesso
E N D
LA RIFORMA DEL MERCATO DEL LAVORONOVITA’ IN TEMA DI LE PARTITE IVA E DI ASSOCIAZIONE IN PARTECIPAZIONE Roberto NucciDottore Commercialista r.nucci@studionucci.it VIALE BUOZZI N.14 - 50053 EMPOLI (FI)
Premesso che la L. 92/2012 mira a realizzare "un mercato del lavoro inclusivo e dinamico", in grado di contribuire alla creazione di occupazione e alla crescita sociale ed economica del Paese, vengono enunciate, accorpandole per aree di intervento, le finalità generali perseguite dal disegno riformatore, individuabili, tra le altre, nelle seguenti: • favorire l'instaurazione di rapporti di lavoro più stabili, valorizzando il lavoro subordinato a tempo indeterminato quale "contratto dominante", ossia quale forma comune di rapporto di lavoro; • contrastare gli usi degli istituti contrattuali esistenti volti ad eludere obblighi contributivi e fiscali; Art 1, comma 1 legge 92/12
Le cosiddette "partite IVA fittizie" Presunzione relativa del carattere coordinato e continuativo - e quindi subordinato per mancanza del progetto
L'art. 1 co. 26 della L. 92/2012 è finalizzato a razionalizzare il ricorso alle collaborazioni rese da titolari di partita IVA, da un lato, valorizzandone le caratteristiche professionali ed accentuandone il requisito dell'autonomia e, dall'altro, incidendo sui profili che hanno facilitato un uso distorto anche di tale istituto, con il diffondersi del fenomeno delle "false partite IVA". Fonte: relazione governativa al DDL
l meccanismo utilizzato dalla riforma per perseguire la suddetta finalità è quello dell'introduzione di una presunzione legale relativa che, al ricorrere di determinati indici presuntivi e in mancanza di prova contraria, consente di procedere ad una riqualificazione del rapporto di lavoro.
Il nuovo art. 69-bis del DLgs. 276/2003 ("Altre prestazioni lavorative rese in regime di lavoro autonomo") - introdotto dalla norma in commento e già modificato dall'art. 46-bis del DL 83/2012 convertito - dispone che “le prestazioni lavorative rese da una persona titolare di partita IVA sono considerate rapporti di collaborazione coordinata e continuativa al verificarsi di determinate condizioni.
E per “persona titolare titolare di partita iva” si potrebbe trattare di un imprenditore individuale o di un esercente arte o professione. • La rubrica dell’art.69 ha fatto ritenere che siamo nel campo del lavoro autonomo ma c’è chi sostiene che si possa trattare anche dell’artigiano o del prestatore di servizi (contratto d’opera) inquadrato come “impresa”. • Il confine tra le due fattispecie resta comunque molto incerto.
La presunzione opera qualora ricorrano "almeno due" dei seguenti tre presupposti: 1- durata complessiva della collaborazione con il medesimo committente superiore a 8 mesi annuiper 2 anni consecutivi; 2- corrispettivo derivante da tale collaborazione, anche se fatturato a più soggetti riconducibili al medesimo centro di imputazione di interessi, di ammontare superiore all'80% dei corrispettivi annui complessivamente percepiti dal prestatore nell'arco di 2 anni solari consecutivi; 3- disponibilità di una postazione di lavoro fissa presso una delle sedi del committente
Nel testo originario al posto dei 2 anni consecutivi era previsto il periodo di un anno solare. Si è voluto colpire i casi evidenti di abuso e non i rapporti che si verificano occasionalmente. • Cosa si intende per “Centro di imputazione di interessi”? Non esiste una definizione, in assenza di chiarimenti potrebbe essere il soggetto economico, facilmente individuabile nei gruppi societari.
La presunzione non operase il committente - trattandosi, come si è detto, di presunzione relativa - riesce a fornire la prova contraria. Poiché la norma non dice espressamente cosa deve essere provato, ne’ quali sono le modalità, occorre fare riferimento alla normativa fiscale (Iva e redditi). Ai sensi del DPR 633/72 (art.1) l’Iva si applica alle prestazioni di servizi effettuate nell’esercizio di imprese e nell’esercizio di arti e professioni. Il concetto di “prestazione di servizi” rilevante ai fini Iva (art.3) è il più ampio possibile e non necessità chiarimenti in quanto comprende tutti i contratti tipici e tutte le altre prestazioni effettuate verso corrispettivo, derivanti dagli obblighi di fare, ecc.
L’elemento determinante per coloro che esercitano attività d’impresa o di arte e professione è invece la “professione abituale”, come stabilito dagli artt.4 e 5 del Decreto Iva. • Ciò vale a escludere i rapporti occasionali. • Al secondo comma dell’art.5 poi si afferma che non si considerano effettuate nell’esercizio di arti e professioni le prestazioni di servizi inerenti ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di cui al vecchio art.49 dpr 597/73. • Oggi al vecchio 597/73 corrisponde l’art.53 Tuir.
Dal 1.1.2001 poi la categoria dei redditi di collaborazione coordinata e continuativa è stata spostata all’art.50 del TUIR, nei redditi assimilati a rapporti di lavoro dipendente, che al comma 1, lett c-bis) li definisce • “ … rapporti di collaborazione aventi per oggetto la prestazione di attività svolte senza vincolo di subordinazione a favore di un determinato soggetto nel quadro di un rapporto unitario e continuativo senza impiego di mezzi organizzati e con retribuzione periodica prestabilita, sempreché gli uffici o le collaborazioni non rientrino nei compiti istituzionali compresi nell'attività di lavoro dipendente di cui all‘articolo 49, comma 1, concernente redditi di lavoro dipendente, o nell'oggetto dell'arte o professione di cui all‘articolo53, comma 1, concernente redditi di lavoro autonomo, esercitate dal contribuente;
Quindi in sintesi i caratteri che dovrebbero distinguere le prestazioni di lavoro autonomo a partita Iva dai rapporti di collaborazione (coordinata e continuativa o a progetto) dovrebbero essere: • - l’esercizio per professione abituale • - l’assenza di un rapporto unitario e continuativo col committente/datore • - l’impiego di mezzi organizzati • - l’assenza di una retribuzione periodica prestabilita.
Mentre altri elementi distintivi dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa sono stati elaborati dalla giurisprudenza nell’interpretazione dell’art.409 c.p.c. e che valgono a differenziare tali rapporti con quelli di lavoro dipendente. Una per tutte, la Corte di Cassazione, che ha individuato i requisiti “della collaborazione, della continuità delle prestazioni, dell'osservanza di un orario determinato, del versamento a cadenze fisse di una retribuzione prestabilita, del coordinamento dell'attività lavorativa all'assetto organizzativo dato dal datore di lavoro, dell'assenza in capo al lavoratore di una sia pur minima struttura imprenditoriale - che, privi ciascuno di valore decisivo, possono essere valutati globalmente con indizi probatori della subordinazione”. (Cass. Sez. U., sent. n. 379 del 30-06-1999).
La prova contraria significa pertanto dimostrare la sussistenza dei caratteri distintivi di cui alle slides precedenti, anche facendosi rilasciare apposite dichiarazioni dal lavoratore autonomo (eventualmente da includere nel contratto da stipulare per iscritto), possibilmente corredate da idonea documentazione.
Ipotesi di non operatività della presunzione Al di là dell'eventuale sussistenza degli indici presuntivi di cui sopra (come modificati, da ultimo, dal DL 83/2012 convertito), nell'ottica di salvaguardare le situazioni caratterizzate da una certa professionalità e redditività, è, comunque, previsto che la presunzione non operi: nei casi in cui la prestazione lavorativa presenti (congiuntamente) i seguenti 2 requisiti: 1) - sia connotata da competenze teoriche di grado elevato acquisite attraverso significativi percorsi formativi ovvero da capacità tecnico-pratiche acquisite attraverso rilevanti esperienze maturate nell'esercizio concreto di attività;
2- sia svolta da un soggetto titolare di un reddito annuo da lavoro autonomo non inferiore a 1,25 volte il livello minimo imponibile previsto ai fini del versamento dei contributi previdenziali alle Gestioni dei commercianti e degli artigiani, ex art. 1 co. 3 della L. 2.8.90 n. 233; Si consideri che, per l'anno 2012, il reddito minimo annuo (c.d. "minimale"), da prendere in considerazione ai fini del calcolo del contributo IVS dovuto da artigiani e commercianti, è stabilito in misura pari a 14.930,00 euro. In relazione all'anno in corso, ai fini della non operatività della presunzione è, dunque, richiesta la titolarità di un reddito annuo da lavoro autonomo almeno pari a 18.662,50 euro.
La presunzione non opera infine: Con riferimento alle prestazioni lavorative svolte nell'esercizio di attività professionali per le quali l'ordinamento richieda l'iscrizione ad un ordine professionale ovvero ad appositi registri, albi, ruoli o elenchi professionali qualificati, dettando specifici requisiti e condizioni. La ricognizione delle predette attività è demandata ad un apposito DM, da emanare, in fase di prima applicazione, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della riforma, sentite le parti sociali. Ad oggi 31.10.12 tale Dm non è stato ancora emanato (i tre mesi scadevano il 18.10.12)
Conseguenze dell'inquadramento del rapporto come collaborazione coordinata e continuativa • Nei casi di operatività della presunzione, laddove il committente non riesca a fornire la prova contraria, l'inquadramento della prestazione lavorativa nell'ambito delle collaborazioni coordinate e continuative implica l'integrale applicazione delle norme che disciplinano tali rapporti e, quindi, sia di quelle relative al regime fiscale e previdenziale che di quelle di cui al Capo I del Titolo VII (artt. 61 ss.) del DLgs. 276/2003, ivi compresa la disposizione sanzionatoria di cui all'art. 69 co. 1 - così come interpretata dall'art. 1 co. 24 della L. 92/2012 (vedi prima slide successiva) - a meno che la collaborazione, rientrando nei casi di cui all'art. 61 co. 2 e 3 (vedi seconda slide successiva), risulti esclusa dall'ambito applicativo della normativa lavoro a progetto.
Carattere assoluto della presunzione di subordinazione ex art. 69 co. 1 del DLgs. 276/2003 Poiché sulla natura di tale presunzione di subordinazione si erano delineati orientamenti interpretativi contrapposti. L'art. 1 co. 24 della L. 92/2012 reca una norma di interpretazione autentica dell'art. 69 co. 1 del DLgs. 276/2003, ai sensi del quale i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa (ad eccezione delle ipotesi tassativamente individuate) instaurati senza l'individuazione di uno specifico progetto "sono considerati rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato sin dalla data di costituzione del rapporto". DecorrenzaLe disposizioni di cui all'art. 1 co. 23 e 24 della L. 92/2012 si applicano ai contratti di collaborazione stipulati successivamente al 18.7.2012.
L’ Art. 61 co. 2 del DLgs. 276/2003 esclude dall'assoggettamento alla disciplina del lavoro a progetto le collaborazioni occasionali (c.d. "mini co.co.co.") di durata complessiva non superiore a 30 giorni nel corso dell'anno solare ovvero, nell'ambito dei servizi di cura e assistenza alla persona, non superiore a 240 ore, con lo stesso committente, salvo che il compenso complessivamente percepito nel medesimo anno solare sia superiore a 5.000,00 euro. • Ai sensi dell'art. 61 co. 3 del DLgs. 276/2003, le disposizioni in materia di lavoro a progetto non si applicano alle collaborazioni dei professionisti intellettuali iscritti ad Albi - come individuate dalla norma di interpretazione autentica recata dall'art. 1 co. 27 della L. 92/2012 (vedi supra) - dei componenti di organi di amministrazione e controllo delle società, dei partecipanti a collegi e commissioni e dei pensionati
In altri termini, quanto sopra significa che il rapporto di lavoro autonomo con partita IVA ricondotto allo schema della collaborazione coordinata e continuativa in virtù della presunzione in esame: • solo qualora possa essere ricompreso tra le ipotesi escluse dalla disciplina del lavoro a progetto, sarà assoggettato al regime legale, fiscale e previdenziale delle collaborazioni coordinate e continuative di cui all'art. 409 n. 3 c.p.c. (ovvero alla disciplina di cui agli artt. 61 ss. del DLgs. 276/2003 ove risulti, comunque, riconducibile ad uno specifico progetto). In particolare, con riferimento al regime previdenziale, il co. 5 del nuovo art. 69-bis del DLgs. 276/2003 dispone che, quando la prestazione lavorativa del titolare di partita IVA si configuri come collaborazione coordinata e continuativa, gli oneri contributivi derivanti dall'obbligo di iscrizione alla Gestione separata dell'INPS, di cui all'art. 2 co. 26 della L. 8.8.95 n. 335, siano a carico per 2/3 del committente e per 1/3 del collaboratore, il quale, nel caso in cui la legge gli imponga l'assolvimento dei relativi obblighi di pagamento, ha il relativo diritto di rivalsa nei confronti del committente;
qualora, invece, non rientri nei casi di cui al citato art. 61 co. 2 e 3 del DLgs. 276/2003 e sia stato instaurato (come è più probabile) senza l'individuazione di uno specifico progetto, sarà immediatamente e automaticamente trasformato, ex art. 69 co. 1 di tale DLgs., in un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, con applicazione del relativo regime legale, fiscale e previdenziale. • E’ pertanto fortemente consigliabile, nella stesura di un contratto avente per oggetto prestazioni da parte di un lavoratore autonomo con partita iva, prevedere anche una componente assimilabile ad un progetto al fine di non rendere operativa quest’ultima doppia trasformazione”
Rapporto con il “regime dei minimi” • Particolari conseguenze negative si avrebbero per il lavoratore dal punto di vista fiscale in caso di disconoscimento del regime di favore (imposta sostitutiva del 5%). • Questo potrebbe accadere solo al termine del biennio di osservazione, e quindi si avrebbe una decadenza delle agevolazioni fiscali applicate, con conseguenze per il lavoratore (oltre che per il datore di lavoro/committente).
DecorrenzaSi prevede che le nuove disposizioni sopra esaminate si applichino: • immediatamente, ai rapporti instaurati successivamente al 18.7.2012; • soltanto una volta decorsi 12 mesi da tale data, ai rapporti in corso. Ciò al fine di consentire gli opportuni adeguamenti. Al fine di risolvere le situazioni di incertezza potrebbe essere utile richiedere la certificazione del rapporto di lavoro.
Istituto della “Certificazione” dei contratti di lavoro, (artt. 75 – 83 DLgs.276/2003 poi modificato con L.183/2010) E’ stato introdotto con la finalità di ridurre il contenzioso in materia di rapporti di lavoro. E’ una procedura a carattere volontario che serve a qualificare e dare certezza che il contratto di lavoro sia correttamente inquadrato presentando i necessari requisiti di forma e di sostanza richiesti dalla legge.
L’istituto si applica a tutti i rapporti di lavoro (quindi contratti d’opera e d’opera professionale, di associazione in partecipazione, collaborazione a progetto, ecc.) • Gli effetti della Certificazione sono diretti: - tra le parti, in quanto precludono al lavoratore la contestazione del rapporto; - verso i terzi, cioè gli organi di vigilanza (ispettori del lavoro e personale ispettivo degli enti previdenziali e assicurativi). In entrambi i casi, per contestare quanto certificato, occorre presentare un ricorso giurisdizionale e far accertare giudizialmente una realtà diversa da quella certificata.
Modifiche alla disciplina dell'associazione in partecipazione con apporto lavorativo
Un'altra forma contrattuale che, per le sue caratteristiche, si presta ad un uso distorto in funzione dissimulatoria di rapporti di lavoro subordinato è l'associazione in partecipazione con apporto lavorativo. In generale, l'associazione in partecipazione, disciplinata dagli artt. 2549 ss. c.c., è il contratto con il quale un soggetto (associante) attribuisce ad un altro soggetto (associato) una partecipazione agli utili della propria impresa o di uno o più affari, in cambio di un determinato apporto che può consistere in capitale e/o lavoro. Essa si caratterizza per il controllo della gestione dell'impresa da parte dell'associato e l'obbligo di rendiconto periodico dell'associante (art. 2552 c.c. ) e ha come indefettibile elemento essenziale, che ne connota la causa, il sinallagma tra la partecipazione dell'associato al rischio dell'impresa e il conferimento dell'apporto.
Come evidenziato dalla giurisprudenza, nel contratto in oggetto la prestazione di lavoro dell'associato si svolge secondo uno schema diverso da quello del lavoro subordinato, difettando, nella specie, sia l'assoggettamento ad un vincolo di subordinazione nei confronti dell'associante, sia la garanzia di ricevere un compenso, essendo il corrispettivo della prestazione lavorativa legato ai risultati dell'impresa o dell'affare. Nella pratica, però, è difficile distinguere tra lavoro subordinato e associazione in partecipazione con apporto di lavoro: quest'ultima può, quindi, come si è detto, tradursi in uno strumento per eludere le norme inderogabili poste a tutela dei lavoratori dipendenti. Da qui l'intervento della riforma sulla fattispecie, al fine di rafforzarne la disciplina antielusiva.
Numero massimo di associati con apporto di lavoro e presunzione assoluta di subordinazione in caso di violazione • Con l'aggiunta di un ulteriore comma all'art. 2549 c.c., si prevede che, qualora l'associato apporti "anche" una prestazione di lavoro (ossia vi sia apporto lavorativo, anche se combinato con un apporto di capitale): • il numero degli associati impegnati in una medesima attività non possa essere superiore a 3, indipendentemente dal numero degli associanti; • il superamento di tale tetto massimo faccia scattare la presunzione - da qualificarsi come assoluta (non suscettibile di prova contraria) - in base alla quale il rapporto con tutti gli associati il cui apporto consista "anche" in una prestazione di lavoro (ossia in caso di apporto di lavoro o misto, con esclusione dei casi di apporto esclusivamente di capitale) si considera di lavoro subordinato a tempo indeterminato.
Ipotesi di non operatività della presunzione assoluta di subordinazione Vengono esclusi dall'obbligo di rispettare i suddetti limiti numerici e dall'operatività della presunzione assoluta di subordinazione prevista in caso di violazione: • i casi in cui gli associati siano legati all'associante da rapporto coniugale, di parentela entro il terzo grado o di affinità entro il secondo grado (stessi casi dell’impresa familiare). In questi casi, è quindi, possibile instaurare, con riferimento alla medesima attività, anche più di tre rapporti di associazione in partecipazione con apporto lavorativo (o misto); • fino alla loro cessazione, i contratti in essere che, alla data di entrata in vigore della L. 92/2012, risultino essere stati certificati ai sensi degli artt. 75 ss. del DLgs. 276/2003.
Introduzione di una presunzione relativadi subordinazione in funzione antielusiva Al fine di introdurre una disciplina antielusiva più efficace di quella sinora dettata dall'art. 86 co. 2 del DLgs. 276/2003 - che, conseguentemente, viene espressamente abrogato dall'art. 1 co. 31 della L. 92/2012 - si dispone poi che, anche nei casi di osservanza dei limiti numerici e, quindi, di non operatività della presunzione assoluta di subordinazione di cui sopra, si presumano, salvo prova contraria, rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato i rapporti di associazione in partecipazione con apporto lavorativo: • instaurati o attuati senza che vi sia stata un'effettiva partecipazione dell'associato agli utili dell'impresa o dell'affare ovvero senza consegna del rendiconto da parte dell'associante ex art. 2552 c.c. ; • nei quali il suddetto apporto non sia connotato da competenze teoriche di grado elevato acquisite attraverso significativi percorsi formativi ovvero da capacità tecnico-pratiche acquisite attraverso rilevanti esperienze maturate nell'esercizio concreto di attività.
Cosa significa fornire la prova contraria? In altre parole, quali elementi devono essere provati per vincere la presunzione di subordinazione? E’ da ritenersi che si tratti dei connotati specifici del contratto di associazione in partecipazione, che distinguono tale rapporto dal lavoro subordinato, vale a dire : - Rischio d’impresa - Partecipazione agli utili in luogo della retribuzione - Assenza di diritti retributivi, quali ferie permessi e TFR - Obbligo di consegna da parte dell’associante del Rendiconto Economico Annuale all’associato - Direttive e istruzioni in luogo del vincolo di subordinazione - Razionale e coordinato svolgimento dell’attività, quindi autonomia in luogo dell’osservanza di un rigido orario - Assenza di un potere disciplinare.
Recentissima sentenza Cassazione (5.09.12) afferma che ciò che identifica la subordinazione è l’assoggettamento del lavoratore al potere direttivo e disciplinare del datore di lavoro con la conseguente limitazione della sua autonomia e il suo inserimento nella organizzazione aziendale. Pertanto gli altri elementi assumono natura sussidiaria e non decisiva. La norma transitoria prevede che le disposizioni antielusive non si applichino ai contratti in essere al 18.07.12 se i contratti sono “certificati” ai sensi dell’art.75 DLgs.276/2003.