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UOC di Neuropsichiatria Infantile

Il trattamento nella disabilità intellettiva. 5 dicembre 2013. UOC di Neuropsichiatria Infantile. Trattamenti della DI: panoramica degli interventi DI e comorbilita’ Le frequenza di comorbilità psichiatriche stimate nella DI oscilla tra il 4-18% in base ai criteri diagnostici del DSM-IV-TR.

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  1. Il trattamento nella disabilità intellettiva 5 dicembre 2013 UOC di Neuropsichiatria Infantile

  2. Trattamenti della DI: panoramica degli interventi • DI e comorbilita’ • Le frequenza di comorbilità psichiatriche stimate nella DI oscilla tra il 4-18% in base ai criteri diagnostici del DSM-IV-TR. • Disturbo da Deficit dell’Attenzione/Iperattività • Disturbi Dell’umore • Disturbi Generalizzati dello Sviluppo • Disturbi Da Movimenti Stereotipati

  3. Trattamento farmacologico • La DI è frequentemente associata ad alterazioni neurologiche e somatiche. • finalizzato anche a contenere e ridurre stati di aggressività, comportamenti autolesivi, e ADHD • prevalente nella cura di disturbi psichiatrici. • Interventi sul comportamento • Una vasta gamma di interventi per questi pazienti sono rivolti alla riduzione/ eliminazione delle condotte disadattive e all’insegnamento di abilità sociali più funzionali

  4. I principali metodi comportamentali utilizzati a livello educativo e riabilitativo sono (Cavagnola,1994) Shaping = rinforzo comportamenti desiderati per approssimazioni successive. Chaining = una dettagliata analisi dei passi necessari all’esecuzione del compito e nel proporre gradualmente ogni singola operazione per giungere infine all’attuazione del comportamento complesso. Prompting = consiste nel fornire l’aiuto necessario al completamento di una determinata attività (aiuto materiale-fisico o verbale). Fading = suggerimenti finalizzato alla generalizzazione di un comportamento, abbandonato sistematicamente e con gradualità.

  5. Altri esempi di terapie comportamentali considerate efficaci per questi pazienti sono (Bouras, 2000) • il programma positivo • la saturazione/ sovracorrezione dello stimolo • l’attenuazione dello stimolo • la token economy • il rinforzo positivo e differenziale • l’estinzione • Interventi comportamentali sempre più integrati dall’insegnamento di strategie di autoregolazione comportamentale (approccio metacognitivo), come l’autoistruzione verbale e l’automonitoraggio dell’ attenzione, per contrastare un eccessivo meccanicismo e favorire il ruolo attivo del soggetto.

  6. Interventi riabilitativi in ambito cognitivo e metacognitivo • Mirati a favorire il rafforzamento e in alcuni casi l’introduzione di quelle abilità che a causa della disabilità non si sono sviluppate e consolidate spontaneamente. • Sviluppo/potenziamento delle seguenti funzioni (Pilone et al., 2002): • Funzioni basali della vita di relazione: percezioni, motricità e linguaggio • Funzioni del pensiero: precognitive (attenzione, memoria, rappresentazione), cognitive e metacognitive • Nozioni culturali: strumentali (letto-scrittura e calcolo), storiche, letterarie, artistiche, tecnologiche • Una attenzione particolare è data anche all’ insegnamento di abilità che favoriscano l’autonomia e l’integrazione sociale del paziente (abilità di funzionamento adattivo; Cavagnola, 1994).

  7. Interventi sugli aspetti affettivi e relazionali • A causa delle difficoltà comunicative e cognitive, l’area affettiva e relazionale nei pazienti con DI è spesso compromessa: necessità di affrontare tali difficoltà per ridurre l’isolamento sociale e favorire l’acquisizione di abilità sociali più funzionali. • Interventi educativi sulle emozioni (Educazione Razionale Emotiva) • Interventi sulle abilità sociali (Social Skills Training). • Interventi sulla famiglia • parent training • psico-educazione (consapevolezza dei limiti del figlio e competenza nel sostenerlo).

  8. Psicoterapia • Bouras e coll. (2000) sottolineano come nel campo della DI ci sia un dibattito in corso sulla possibilità degli individui cognitivamente svantaggiati di beneficiare della Psicoterapia Cognitivo Comportamentale (TCC). • la psicoterapia per pazienti con DI lieve o moderata: esperienza utile all’instaurarsi di una relazione sicura con il terapeuta e a favorire la conoscenza di sé e l’aumento dell’autostima, l’espressione delle emozioni e l’apprendimento di strategie comportamentali più adeguate soprattutto a livello sociale.

  9. DI moderata-grave: trattamenti supportivi alternativi • DI grave o profondo: trattamento delle difficoltà emotive e relazionali attraverso forme non verbali come l'arteterapia, lo psicodramma o la musicoterapia.

  10. Abilità cognitive Necessarie per accedere alla TCC • Diversi studi (Willner e Hatton, 2006; Bruce et al., 2010) concordano nel fatto che tali abilità siano le seguenti: • adeguate abilità di linguaggio e comunicazione (espressione e comprensione) • auto-monitoraggio e memoria • riconoscimento ed etichettatura delle diverse emozioni • collegamento delle emozioni agli eventi attivanti • comprensione del modello cognitivo e del ruolo di mediazione dei pensieri

  11. Abilità cognitive Necessarie per accedere alla TCC • Diversi studi ( Oathamshaw&Haddock 2006; Sams et al. 2006; Joyce, et al. 2006) hanno evidenziato come molte persone con DI, soprattutto lieve, siano in possesso delle seguenti abilità cognitive: • identificare le emozioni di base • comprendere il legame tra le emozioni e le situazioni attivanti • comprendere la relazione tra pensieri ed emozioni e il ruolo di mediazione di questi ultimi

  12. Principali interventi di psicoterapia cognitivo comportamentale nella DI Social Skills Training Problemi comportamentali spesso associati a condizioni di disabilità mentale affrontati prevalentemente facendo ricorso a strategie di contenimento, senza porre la necessaria attenzione anche alla costruzione di abilità sociali in grado di sostituire modalità inadeguate di affrontare le relazioni interpersonali. Numerosi studi mettono in evidenza come un approccio centrato sul potenziamento delle abilità sociali possa risultare molto significativo per facilitare positive interazioni in ambito familiare, scolastico, lavorativo e sociale (Cottini 2007).

  13. Social Skills Training • Diversi programmi di insegnamento (per una rassegna vedere Castellani et al., 2010) ma quello più operativo è il metodo di McGinnis e Goldstein (1986) che consiste nelle seguenti fasi: • osservazione/valutazione globale delle competenze interpersonali e delle abilità sociali del paziente • insegnamento delle abilità sociali (“Apprendimento Strutturato”), di tipo comportamentale: • modeling: osservazione di un modello che emette un comportamento • role playng: simulazione di un ruolo da parte dell’osservatore • feedback sul comportamento emesso • generalizzazione degli apprendimenti a contesti di vita reali e diversificati

  14. Social Skills Training • Gli autori hanno selezionato cinque gruppi di abilità sociali il cui possesso, secondo la ricerca scientifica, è correlato a prestazioni efficaci e ad un soddisfacente adattamento all’ambiente, quali: • abilità prerequisite per la vita di gruppo • abilità per fare o mantenere amicizie • abilità di gestione delle emozioni • abilità per controllare l’aggressività • abilità per la gestione dello stress.

  15. “Alfabetizzazione emotiva” • Acquisizione o il miglioramento della capacità di riconoscere ed esprimere le emozioni. • Interventi di psicoeducazione finalizzati a: • conoscere la gamma delle diverse emozioni e le componenti di ciascuna (fisica, cognitiva, comportamentale e affettiva) • riconoscere il legame tra una emozione e un evento attivante • conoscere il ruolo di mediazione dei pensieri, ovvero l’interpretazione data ad un evento come scatenante un’emozione.

  16. “Alfabetizzazione emotiva” • Terapia Razionale Emotiva di Ellis, semplificato e utilizzata per pazienti con DI. • Consapevolezza=controllo dei pensieri=regolazione delle emozioni. • Il programma si articola intorno a tre aree principali (Di Pietro, 1992): • consapevolezza delle proprie reazioni emotive e ampliamento delle espressioni verbali atte a descriverle • consapevolezza della relazione tra pensieri ed emozioni e superamento dei modi di pensare disfunzionali • apprendimento di un repertorio di convinzioni funzionali da usare per affrontare le difficoltà

  17. “Problemsolving e metacognizione” • Il training di insegnamento dell’abilità di problemsolving consiste nelle seguenti fasi (Marmocchi et al., 2004): • individuare il problema • proporre possibili soluzioni • valutare le soluzioni emerse (vantaggi e svantaggi) • individuare la soluzione migliore • stabilire la pianificazione delle azioni per attuare la soluzione scelta • verificare la soluzione scelta

  18. Concludendo…. • In soggetti con DI e psicopatologia è possibile attuare i seguenti interventi: • psico-educazione sul tema della disabilità e della DI; • interventi più di tipo comportamentale: “social skills training” e”alfabetizzazione emotiva” e problemsolving; • applicazione del modello ABC; • ristrutturazione cognitiva.

  19. Una ricerca del gruppo DI Competenze attentive nella Distrofia Muscolare di Duchenne: il possibile ruolo della distrofina

  20. Obiettivo Studiare l’attenzione nella Distrofia Muscolare di Duchenne (DMD) per comprendere meglio il possibile ruolo svolto dalla distrofina. 2 ricerche: 1. Indagare la frequenza del Deficit di Attenzione ed Iperattività (DDAI) nella DMD; 2. Approfondire le abilità di spostamento automatico e volontario dell’attenzione nei soggetti con DMD.

  21. Perché la DMD? Cos’è • Malattia genetica degenerativa dei muscoli • Incidenza di 1/5000 nati maschi • Determinata da alterazioni (delezioni, duplicazioni, mutazioni puntiformi) di un gene localizzato nel cromosoma X che contiene le informazioni per la produzione della proteina distrofina. Tutti i tipi di mutazione hanno come effetto la totale assenza della proteina. Diagnosi • Biopsia muscolare • Diagnosi genetica (anomalie a carico del gene che codifica per la distrofina)

  22. Distrofina e Sistema Nervoso Centrale (SNC) La distrofina è concentrata nelle cellule piramidali post-sinaptiche della corteccia cerebrale (soprattutto negli strati profondi della corteccia frontale), nell’ippocampo e nel soma e nei dendriti nelle cellule di Purkinje nel cervelletto. Assenza di distrofina: possibili conseguenze • Disturbi a livello di trasmissione sinaptica • Significativa riduzione del QI (Taylor et al., 2010; Kreis et al., 2010) • Medie-severe difficoltà di apprendimento (Wingeier et al., 2009) Soggetti con DMD

  23. Distrofina Espressione “full-lenght” Isoforme “tronche” • Dp260 espressa nella retina • Dp140 nella microvascolatura e negli astrociti del SNC (promoter in intron 44, exon 45-52) • Dp116 nelle cellule di Schwann del sistema nervoso periferico • Dp71 è l’isoforma più rappresentata nel cervello (exon 62-79)

  24. Assenza di distrofina e coinvolgimento isoforme: quali effetti sull’attenzione? Studio 1: Indagare la frequenza del Deficit di Attenzione ed Iperattività (DDAI) nella DMD • Obiettivi: • Frequenza del DDAI nella DMD • Abilità cognitive e genotipo (aspetti genetici alla base della condizione) • Relazione DDAI/Disabilità Intellettiva (DI) e genotipo • Studio di Hinton e coll. (2006) → questionario Child Behavior Checklist (CBCL): 25% dei soggetti con problemi di attenzione significativi; • Studio di Poysky (2007) → questionari somministrati ai genitori: 12% dei genitori affermava la presenza di diagnosi di DDAI nei propri figli; • Studio di Steele ed altri (2008) → questionario Conners Parent Rating Scale Revised (CPRS-R): 50% dei soggetti con problemi di attenzione significativi.

  25. Partecipanti • Studio multicentrico: Università Cattolica e Ospedale Bambino Gesù, Roma; Istituto Mondino, Pavia • Mutazioni classificate in base al “Muscolar Leiden Distrofia Database” • 103 soggetti con DMD (range età 4-16 anni) suddivisi in tre gruppi: • non trattati con steroidi • regime intermittente (giorni alterni/settimane alterne, 10 giorni si/10 giorni no) • trattati con corticosteroidi continuativamente

  26. Materiale e Metodi • Criteri diagnostici DSM-IV-TR (APA, 2000) • Compilazione Conners Scale-Revised per genitori “CPRS-R: L” e insegnanti “CTRS-R: L” (Conners, 2000): • Osservazione punteggi delle tre sottoscale addizionali delle “Conners Scale-Revised”: • Indice DDAI: efficace nell’identificare soggetti che soddisfacevano poi i criteri del DSM-IV-TR per la diagnosi d DDAI • Indice CGI: particolarmente sensibile ad effetti del trattamento • Indice DSM-IV-TR: fornisce punteggi per disattenzione, iperattività/impulsività e uno totale. • Valutazione Cognitiva: scale Wechsler • Fisher Exact Test (p<.05) per confronto DDAI e DI, funzioni motorie, trattamento steroideo e tipo di mutazione

  27. Risultati e Conclusioni • Stima della frequenza del DDAI nella DMD su un ampio campione: DDAI presente nel 32% dei soggetti con DMD rispetto al 3%-7% nella popolazione normale (Polanczyk, de Lima, Horta, Beiderman e Rhode, 2007; Rappley, 2005) • Maggiore frequenza di DDAI sottotipo misto e disattento rispetto a DDAI sottotipo iperattivo-impulsivo • DDAI non sembrerebbe essere correlato con il livello di compromissione motoria e/o con il trattamento steroideo • DDAI più frequente in soggetti con DI (66%) Mutazioni che coinvolgono la parte intermedia e finale del gene: a valle dell’esone 45, generalmente note per più alto rischio di DI(Taylor et al., 2010) Mutazioni che coinvolgono l’isoforma DP140 • DDAI più frequente in Mutazioni che coinvolgono l’isoforma DP71 Siamo quindi riusciti a osservare che mutazioni a valle dell’esone 45 determinano maggiore frequenza non solo di DI ma anche di DDAI

  28. Assenza di distrofina: quali effetti sull’attenzione? Studio 2: Indagare le abilità di spostamento automatico e volontario dell’attenzione

  29. Orientamento automatico e volontario: circuiti neurali Recenti scoperte rafforzano precedenti risultati ottenuti da studi che hanno utilizzato la tomografia ad emissione di positroni (PET) e di fMRI in cui l’attenzione visiva di tipo volontario attiva in modo più considerevole la corteccia frontale e dorso parietale (Corbetta, 1998). La rete frontoparietale ventrale sembrerebbe invece modulata dalla rilevazione di eventi inattesi o a bassa frequenza, indipendentemente dalla loro localizzazione, modalità sensoriale di presentazione e tipo di risposta (Corbetta et al., 2000).

  30. Assenza di distrofina e coinvolgimento isoforme: quali effetti sull’attenzione? Studio 2: Indagare le abilità di spostamento automatico e volontario dell’attenzione • Stato dell’arte … • De Moura et al. 2009 (paradigma di Posner): • Attenzione automatica: nessuna differenza tra soggetti con DMD e controlli di pari età • Attenzione volontaria: differenze statisticamente significative tra soggetti con DMD e controlli di pari età (costi, benefici ed errori) • Le abilità di attenzione volontaria dei soggetti con DMD di 12 anni sono state confrontate con dati presenti in letteratura sulle abilità di attenzione di bambini di 7,5 anni (Perche e Garcia Larrea, 2005) da cui sono emerse stesse prestazioni. De Moura et al., 2009

  31. Obiettivi • Indagare ulteriormente la dissociazione tra controllo automatico e volontario nei DMD • Confrontare la prestazione dei DMD con quella ottenuta da bambini di inferiore età cronologica per validare l’ipotesi speculativa fatta dagli autori del precedente lavoro Perché? Come è possibile notare non emerge nessuna differenza nei due gruppi nei Tempi di Reazione (TR) dei “trial validi” del compito di attenzione volontaria (De Moura et al., 2009). Abbiamo pertanto ipotizzato una difficoltà dei DMD anche nelle abilità di spostamento automatico dell’attenzione

  32. Campione • 20 ♂ con DMD (età media 10 aa, range 8.2-13.2 aa) • 20 ♂ a sviluppo tipico (età media 10.3 aa, range 8.5-13.4 aa) • 20 ♂ a sviluppo tipico (età media 7.6 aa, range 6.5-9.1 aa)

  33. Materiale e Metodi Esperimento 1: Orientamento Automatico dell’Attenzione • 1 blocco da 112 trial • ISI (Interstimulus Trial Interval) variabile di 65-115 ms; SOA (100/150 ms) per • desincronizzare la risposta • 36% trial validi/invalidi e 11% trial neutri • Registrazione risposte: Softwere E-Prime 2.0

  34. Analisi statistiche • ANOVA Fattoriale Between subject :TR/percentuale di errore • gruppo (DMD, gruppo pari età, gruppo 6-9 anni) • tipo di condizione (valida, invalida e neutra) • ANOVA Univariata (gruppo per indici di attenzione calcolati): • costi (TR invalidi -TR neutri) • benefici (TR neutri -TR validi) • effetto di attenzione (TR invalidi - TR validi) • TR>150 ms • Fisher Test • livello di significatività di 0,05

  35. Risultati Esperimento 1: Orientamento Automatico dell’Attenzione Tempi di reazione • Effetto principale di gruppo (F2,1714=68,76, p<0.01) • TR DMD > TR Gruppo di pari età • TR DMD = TR Gruppo 6-9 anni • nessuna differenza dei TR per gli indici di attenzione calcolati nei tre gruppi

  36. Risultati Esperimento 1: Orientamento Automatico dell’Attenzione Percentuale di errore • Effetto principale di gruppo (F2,1745=73,24, p<0.01) • % err DMD > % err Gruppo di pari età • % err DMD = % err Gruppo 6-9 anni

  37. Conclusioni Esperimento 1 • I soggetti DMD mostrano maggiori tempi di reazione e maggiore percentuale di errore rispetto al gruppo di controllo a sviluppo tipico di pari età MA … • I soggetti DMD mostrano stessi tempi di reazione, costi di attenzione e percentuale di errore rispetto al gruppo di controllo a sviluppo tipico di 6-9 anni

  38. Materiale e Metodi Esperimento 2: Orientamento Volontario dell’Attenzione • 1 blocco da 112 trial • ISI (Interstimulus Trial Interval) variabile di 800-1000 ms; SOA (850/1050 ms) • 67% trial validi, 21% invalidi e 11% trial neutri • Registrazione risposte: Softwere E-Prime 2.0

  39. Analisi statistiche • ANOVA Fattoriale Between subject :TR/percentuale di errore • gruppo (DMD, gruppo pari età, gruppo 6-9 anni) • tipo di condizione (valida, invalida e neutra) • ANOVA Univariata (gruppo per indici di attenzione calcolati): • costi (TR invalidi -TR neutri) • benefici (TR neutri -TR validi) • effetto di attenzione (TR invalidi - TR validi) • TR>150 ms • Fisher Test • livello di significatività di 0,05

  40. Risultati Esperimento 2: Orientamento Volontario dell’Attenzione Tempi di reazione • Effetto principale di gruppo (F2,224=5,89, p<0.01) • TR DMD > TR Gruppo di pari età • TR DMD = TR Gruppo 6-9 anni

  41. Risultati Esperimenti 2: Orientamento Volontario Tempi di reazione • nessuna differenza dei TR per gli indici di attenzione calcolati nei tre gruppi anche se i bambini con DMD presentano costi attentivi maggiori di circa 65 ms rispetto al gruppo di controllo di pari età.

  42. Risultati Esperimenti 2: Orientamento Volontario dell’Attenzione Percentuale di errore • Effetto principale di gruppo (F2,24=5,08, p<0.01) • % err DMD > % err Gruppo di pari età • % err DMD = % err Gruppo 6-9 anni

  43. Conclusioni Esperimento 2 • Difficoltà di spostamento volontario nei soggetti DMD rispetto al gruppo di controllo a sviluppo tipico di pari età espresse in: • maggiori tempi di reazione • maggiore percentuale di errore in tutte le condizioni del compito • maggiori costi di attenzione MA … • I soggetti DMD mostrano stessi tempi di reazione, costi di attenzione e percentuale di errore rispetto al gruppo di controllo a sviluppo tipico di 6-9 anni

  44. Quindi • Maggiore frequenza di DDAI • Nei bambini con DMD che nella popolazione “normale” • Nei bambini con DMD e DI • Nelle mutazioni che coinvolgono la parte intermedia e finale del gene (Dp140e Dp71) • Inoltre … • Presenza di difficoltà di orientamento automatico dell’attenzione • Conferma di difficoltà di orientamento volontario dell’attenzione • Stessa prestazione dei bambini con DMD e di 6-9 anni nelle abilità di spostamento • automatico e volontario Deficit disesecutivo ↓ Dall’uguaglianza delle prestazioni dei soggetti DMD e gruppo di controllo a sviluppo tipico di 6-9 anni, è possibile rafforzare l’ipotesi avanzata da De Moura e colleghi circa il possibile deficit disesecutivo dei bambini con DMD.

  45. GRAZIE UOC di Neuropsichiatria Infantile

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