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Patti Territoriali, i motivi del consenso. Il modello di sviluppo proposto dai Patti riscuote consenso essenzialmente in virtù:. Della crisi di molte forme di intervento pubblico utilizzate in passato.
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Patti Territoriali, i motivi del consenso Il modello di sviluppo proposto dai Patti riscuote consenso essenzialmente in virtù: Della crisi di molte forme di intervento pubblico utilizzate in passato. Del cambiamento dell’approccio delle istituzioni (nazionali e locali) alla questione dello sviluppo economico. Delle indicazioni ed orientamenti provenienti da studiosi ed intellettuali locali favorevoli ad uno sviluppo endogeno.
Il contesto temporale L’idea del Patto Territoriale trae la sua logica agli inizi degli anni ‘90. Fine degli interventi straordinari per il Mezzogiorno (1992) e fine dei grandi interventi e progetti strategici pensati e gestiti “dall’alto”. 1992: dissesto finanziario pubblico, avvio di drastiche politiche di risanamento del debito. Riduzione di risorse finanziarie per il Mezzogiorno, tendenti ad alimentare l’assistenzialismo, con scarsi benefici socio- economici. Tangentopoli, che proprio in quegli anni faceva emergere il sistema della corruzione ed i legami tra opere pubblica e politica.
Un nuovo modello di sviluppo Fattori che hanno favorito il cambiamento. Affermazione di amministratori motivati, competenti e sensibili al tema dello sviluppo locale. Risorse comunitarie maggiormente indirizzate ad “iniziative locali per lo sviluppo e l’occupazione” e “mobilitazione dal basso” di competenze, energie, risorse e saperi. Clima favorevole tra gli attori territoriali, al modello concertativo. Ambiente culturale e scientifico orientato all’incoraggiamento di processi di sviluppo locale e di crescita endogena.
La nascita del Patto Territoriale Il patto territoriale nasce sotto la spinta delle comunità locali meridionali che provano a trovare delle soluzioni alla fine dell’intervento straordinario nel Mezzogiorno. Sotto l’incalzare di tali movimenti spontanei e del CNEL, nel 1995 il Patto Territoriale comincia a delinearsi come oggetto giuridico. E’ con la delibera Cipe del 21 marzo 1997, infine, che si giunge ad una prima definizione normativa. Il Patto viene introdotto dalla L 662 / 97.
La concertazione Definire l’area territoriale del Patto. La legge prevede che la costituzione di un Patto sia preceduta da una lunga fase di concertazione tra i soggetti locali, che insieme devono: Fare un’analisi dei problemi economici dell’area. Delineare una strategia di intervento. Raccogliere tutti i progetti imprenditoriali ed infrastrutturali utili a tale strategia.
Impegni Nella fase della concertazione ogni soggetto locale assume precisi impegni: Gli Enti locali snellire le procedure burocratiche. I sindacati offrire condizioni di flessibilità della forza lavoro. Le imprese assicurare incrementi occupazionali e formazione. Le banche fornire agevolazioni nell’accesso al credito. Le forze dell’ordine garantire la sicurezza dell’area.
Iter prima fase del Patto Stesura del “Patto”, firmato dai soggetti coinvolti. Invio alle banche convenzionate con il Ministero del Tesoro per l’istruttoria della validità dei progetti imprenditoriali inseriti nel Patto. Il Ministero del Tesoro verifica: La bontà del progetto di sviluppo contenuto nel patto e disponibilità dei progetti imprenditoriali privati. La qualità della concertazione (capacità dei soggetti locali a lavorare insieme, intraprendere azioni collettive, ecc.). Approvazione del Patto
La gestione del Patto Territoriale Costituzione formale di una Società responsabile della gestione (società di capitale a maggioranza pubblica), responsabile delle attività connesse al patto, con compiti di: Rappresentanza dei soggetti sottoscrittori. Attivazione risorse finanziarie, tecniche ed organizzative. Monitoraggio, verifica risultati ed impegni assunti.
Promozione di procedure decisionali L’obiettivo della legge sui patti non è di imporre regole di natura sostanziale, ma di promuovere specifiche procedure decisionali, per tale motivo, infatti, la legge conferisce uguale importanza. Alle modalità con cui tale finalità viene perseguita. Alla finalità di raccogliere progetti imprenditoriali economicamente validi nell’ambito di un programma integrato di sviluppo su scala locale. Il Patto non è considerato come un semplice strumento di politica, ma un fine della politica
Razionalità del Patto L’accento sulla modalità d’azione, piuttosto che sull’efficienza nel raggiungimento dei risultati strettamente economici porta ad analizzare la razionalià del Patto. Un presupposto analitico della proposta del Patto è che vi siano alcuni elementi del contesto socio-istituzionale che possono agevolare od ostacolare lo sviluppo economico locale. Un secondo presupposto (la vera scommessa del Patto), è che su tali elementi del contesto si possa incidere con politiche pubbliche.
Rendimento istituzionale ed economico In particolare si ritiene che i fattori che incidono sul rendimento istituzionale ed economico dell’area, ai quali si attribuisce un ruolo di variabili parzialmente autonome, siano: Natura e intensità delle relazioni tra istituzioni locali. Propensione all’azione collettiva. Grado di fiducia tra i protagonisti dello sviluppo.
Patto come contesto sperimentale Il Patto si propone di creare un “contesto sperimentale” nel quale vengono definite un insieme di procedure che inducono, tramite l’incentivo ed impongono, attraverso il dettato della legge, precise modalità di comportamento. Il Patto costringe i soggetti economici a giocare un gioco con attori, regole e rapporti diversi da quello giocato tradizionalmente, con l’auspicio che si giunga a benefici sociali netti. Per tale motivo la legge prevede una precisa sequenza di azioni delle fasi dalla gestazione (concertazione), alla gestione.
L’auspicio Il contesto sperimentale del Patto dovrebbe indurre un cambiamento nella tipologia dei comportamenti dei suoi protagonisti, in direzione di un superamento di logiche campanilistiche, di una maggiore capacità di riconoscere interessi comuni, di una maggiore propensione all’azione collettiva ed alla produzione di beni pubblici locali. L’auspicio è che le modalità di azione proposte attraverso i patti, possano diventare prassi tendenti ad essere riprodotte anche al di fuori del Patto stesso. I soggetti, infatti, apprendendo la valenza positiva di determinate logiche di comportamento, dovrebbero trasferirle fuori dal contesto del Patto.
Obiettivo del Patto La proposta del Patto persegue due obiettivi distinti: Rafforzare le relazioni orizzontali fra le istituzioni locali ed affermare logiche di comportamento di tipo cooperativo (obiettivo socio-istituzionale). A Produrre e realizzare programmi di sviluppo integrati, pensati sui bisogni specifici e sulle priorità dei territori interessati. B L’originalità della legge sui patti è che tiene conto di entrambi gli obiettivi, rendendola diversa da una normale legge di incentivazione
Verifica del successo dei Patti Relativamente all’obiettivo B, non è possibile effettuare valutazioni compiute sul loro effetto sul territorio, in quanto, anche nei Patti in fase più avanzata, i progetti imprenditoriali non sono stati ancora ultimati. Relativamente alla verifica del raggiungimento dell’obiettivo A (aspetti socio-istituzionali), si può valutare se il Patto ha prodotto dei cambiamenti prendendo in considerazione due aspetti della situazione di partenza: La sfera cognitiva dei soggetti locali. I comportamenti e realizzazioni concrete.
La sfera cognitiva dei soggetti locali L’analisi effettuata ha valutato come il Patto abbia modificato le categorie interpretative della realtà da parte dei soggetti locali, valutando: il grado di consenso soggettivo alla concertazione. l’adesione ad una visione “sistemica” dei problemi del territorio. l’individuazione delle aree in cui la cooperazione sarebbe stata possibile e vantaggiosa (interviste a campione).
Comportamenti e realizzazioni concrete Relativamente a tale aspetto, è stato: Verificato se ed in che misura, eventuali modifiche nella sfera cognitiva si siano tradotte in azioni concrete ed empiricamente verificabili. Ciò ha portato ad un’analisi approfondita delle diverse fasi della vita del patto ed in particolare della fase di concertazione. Analizzato il grado di mobilitazione dei differenti soggetti, per comprendere la natura e l’intensità del coinvolgimento dei partecipanti al Patto, in maniera tale da distinguere comportamenti “consapevoli” da condotte di tipo opportunistico. Analizzato le modifiche intervenute nella rete dei rapporti tra i soggetti locali in termini di struttura, estensione e densità, al fine di confrontare l’architettura istituzionale precedente e successiva al Patto.
Risultati socio-istituzionali del Patto Si è giunti in ad una prima valutazione dell’esito dei Patti in merito ad raggiungimento di risultati di natura socio-istituzionale (ob. A precedentemente citato). Ne è emersa una situazione molto composita, che non ha comunque impedito di formulare una risposta sintetica all’interrogativo di fondo sulla capacità del Patto territoriale di modificare il contesto socio-istituzionale dell’area.
Le condizioni di successo del Patto Si è anche cercato di sviluppare uno schema esplicativo per individuare la condizioni che consentono il raggiungimento degli obiettivi del Patto, per il momento (e provvisoriamente) lo schema ha adottato due tipologie di cause in grado di condizionare il successo di un Patto: Cause esterne al contesto del Patto Cause interne al contesto del Patto
Cause esterne al contesto del Patto Fattori rilevanti per tutti i Patti nazionali, ma con possibile impatto differenziato su scala locale: Leggi d’incentivazione concorrenziali con quelle del Patto. Clima politico. Legislazione nazionale. Evoluzione istituzionale. Azioni proposte dall’UE. Inadempienze delle istituzioni nazionali. Riforme sistema elettorale. Tangentopoli.
Cause di natura locale esterne al contesto del Patto Cause relative alla storia istituzionale ed economica di ciascun territorio: Architettura istituzionale. Composizione sociale. Dati strutturali dell’economia. Modelli di governo incompatibili con il modello proposto dal Patto.
Cause interne al contesto del Patto Quando il contesto sperimentale del Patto non riesce a modificare le logiche di condotta dei soggetti locali nella direzione considerata, si ha il fallimento del Patto, cioè quando: Non cambiano le norme condivise. Non si accresce la fiducia tra gli attori locali. Non aumenta la propensione a cooperare. Non si realizzano beni pubblici.
I motivi del fallimento, limiti di legge Lo strumento giuridico potrebbe non essere stato calibrato correttamente. Si pensi ad esempio: Alla presenza contestuale di Patti Europei per l’occupazione e Patti territoriali nazionali, che presentano procedure differenti, con l’eventuale scoperta di un sistematico successo delle une sulle altre. All’assenza di meccanismi sanzionatori per gli attori che non rispettano gli impegni presi.
I motivi del fallimento, l’errore umano Per quanto siano vincolanti i dispositivi di legge, i promotori ed i gestori del Patto godono di significativi gradi di autonomia. In alcuni momenti della vita del Patto bisogna fare delle scelte di natura organizzativa ed istituzionale. Scelta di un valido nucleo tecnico. Il passaggio dalla concertazione alla gestione comporta scelte sulla composizione della Società di gestione. Incapacità di predisporre uno strumento istituzionale idoneo.
Iter legislativo (1) 1° Fase (1995) CIPE: definisce i contenuti generali dei Patti, le modalità organizzative ed attuative ed approva i singoli patti da stipulare. CNEL: svolge attività di accompagnamento; i patti sono trasmessi dai soggetti promotori, accompagnati da attestazione dell’avvenuta concertazione delle parti sociali da parte della Consulta per il Mezzogiorno, costituita nell’ambito del Cnel, al Ministero del bilancio e della programmazione economica, per l’approvazione da parte del Cipe. Cnel: ruolo centrale: ad esso è affidato il compito di promuovere l’accordo fra le parti sociali e di aiutarle a progettare il piano di intervento, nonché certificare l’avvenuta concertazione tramite il protocollo d’intesa.
Iter legislativo (2) 2° Fase (1996) L. 662/1996: Patto come strumento nazionale di programmazione negoziata. Delibera Cipe 21 marzo 1997: 1) è modificato il ruolo del CNEL, che perde competenza nella fase progettuale, conserva la facoltà di promuovere il patto ma la sua presenza non è più obbligatoria. L’esistenza della concertazione viene verificata attraverso il protocollo d’intesa; 2) il MTBPE prende il posto del CIPE nell’approvazione dei patti e assicura l’assistenza alla progettazione degli interventi, attraverso convenzioni con società di servizi; 3) il soggetto responsabile deve essere costituito sul nascere.
Iter legislativo (3) 3° Fase (1998) Delibera Cipe 9 luglio 1998: introduzione della “formula 488”, cioè nuove regole importate dalla legge 488/92, che prevedono la creazione di un’apposita graduatoria compilata sulla base di indicatori oggettivi. Sono premiati i patti con le iniziative produttive più efficaci nella creazione di nuova occupazione, più efficienti e con la massima integrazione con le infrastrutture. L.144/99: soppressione del ruolo della cassa Depositi e Prestiti e trasferimento delle risorse direttamente al soggetto responsabile del patto (o del contratto d’area). Quest’ultimo provvederà al pagamento dei soggetti beneficiari.
Iter legislativo (4) 4° Fase (2000) Snellimento procedure (sburocratizzazione) ed incremento fondi a favore delle attività produttive. L. 340/2000: testo unico sulla programmazione negoziata. • Accordo 15/04/2003 – Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano: regionalizzazione degli strumenti della programmazione negoziata. • Delibera Cipe n. 026 del 25/07/2003: regionalizzazione dei Patti territoriali e coordinamento Governo, Regioni e Province autonome per i Contratti di programma. • Ogni Regione e Provincia autonoma assume la responsabilità del coordinamento, della programmazione e della gestione dei Patti territoriali di propria competenza. • Le Regioni e le Province autonome, per i patti oggetto di trasferimento, si impegnano a subentrare nei rapporti giuridici esistenti con i soggetti responsabili, con quelli convenzionati e con quelli incaricati dell’assistenza tecnica. • Le Regioni e le Province autonome, il Ministero delle Attività produttive e il Ministero dell’Economia e delle Finanze si impegnano, con il concorso delle parti economiche e sociali, a monitorare congiuntamente il processo di attuazione della regionalizzazione e dei criteri di selettività, valutandone assieme l’efficacia e gli eventuali correttivi.
Investimenti programmati e finanziamento pubblico dei Patti Nazionali (€)
Contesto esterno e “contesto sperimentale” E’ stata verificata una connessione molto stretta tra: Contesto esterno nazionale (quadro politico-istituzionale e di normativa nazionale) e “Contesto sperimentale” (modalità di nascita, costruzione e gestione del Patto territoriale).
I cambiamenti nella sfera percettiva La ricerca ha appurato come il Patto abbia cambiato visibilmente la sfera cognitiva dei soggetti locali coinvolti e come questo costituisca un vero e proprio spartiacque tra Un passato costituito da istituizioni locali autoreferenziali e Un presente caratterizzato da istituzioni aperte all’interazione
Cambiamento di percezione La trasformazione è evidente ascoltando le dichiarazioni dei protagonisti intervistati: Inefficacia di una chiusura campanilistica. Capacità del Patto di avviare un “clima” nuovo ed un visione di identità del territorio. Fiducia nello strumento della collaborazione. Maggiore consapevolezza della necessità di “rete” istituzionale. Consapevolezza che lo sviluppo dipende dai comportamenti degli attori istituzionali e sociali locali. Patto come strumento per aggregare risorse e progetti imprenditoriali “dal basso”.
Patti nazionali e Patti europei Si è accertata una netta differenza di approcci e di iter procedurali tra i Patti nazionali e quelli europei. Patti nazionali, avviati a tentoni ed a strappi, anche per via di riferimenti normativi incerti. Patti europei, hanno avuto un processo di costruzione più lineare in quanto guidati da procedure e tempistica definite a priori dall’UE.
Cento miliardi I cento miliardi di “dote” dei Patti hanno sicuramente rappresentato uno stimolo per le coalizioni pattizie. L’esistenza di una soglia rigida di contributi finanziari pubblici ha però costretto i promotori dei Patti a fare delle scelte precise. Maggior orientamento al progetto. Individuazione di una strategia condivisa. Analisi costi e benefici sociali. Utilità collettiva. Superamento del particolarismo delle categorie imprenditoriali.
Comportamenti e realizzazioni concrete L’”effetto” Patto è ancora modesto sul piano delle realizzazioni microeconomiche. I singoli progetti di investimento all’interno dei Patti non hanno avuto maggiori facilitazioni rispetto alle normali incentivazioni (es. L.488/92). Tuttavia Il vero vantaggio comparato consiste nel fatto che il Patto permette di: Agire contemporaneamente sugli incentivi diretti e e sul miglioramento del contesto esterno delle imprese. Finanziare gli investimenti. Ridurre le economie ambientali.
Produzione di beni pubblici E’ ancora limitata la capacità dei Patti di indurre la produzione di beni pubblici locali e di economie esterne. I ritardi sono riconducibili: Al ritardo dell’apprendimento del nuovo“gioco” cooperativo. Alla “forza” degli assetti delle relazioni pregresse. Sono tuttavia riscontrabili alcune significative realizzazioni concrete, a dimostrazione della capacità del Patto di produrre un cambiamento istituzionale.
I soggetti della concertazione La rappresentatività dei soggetti coinvolti nella concertazione è molto alta. I quattro pilastri sui quali si “edifica” un Patto sono Associazioni Imprenditoriali Amministrazioni Provinciali Comuni Sindacati
Gli esiti “materiali” della concertazione I protocolli di intesa sono essenzialmente delle dichiarazioni di buone intenzioni. In nessuno dei casi analizzati la concertazione è stata “formalizzata” in senso giuridico. In alcuni casi possono al massimo esistere degli accordi sulle procedure, le regole di governo e la rappresentanza del “tavolo” concertativo deliberato dall’ente promotore. Solo al momento della costituzione delle società di gestione dei Patti o di erogazioni finanziarie pubbliche, i soggetti locali (principalmente i sindacati), spingono alla formalizzazione giuridica dei “tavoli”.
Tra concertazione e gestione La criticità più evidente, pressoché generalizzata per tutti i patti, è relativa al passaggio tra la fase di concertazione e quella di gestione. A La concertazione non è conflittuale, in quanto l’obiettivo comune è quello di raccogliere risorse pubbliche. B La gestione è caratterizzata da conflitti in quanto coinvolge e favorisce direttamente determinati soggetti, ignorandone altri. Tale scollegamento è attribuibile alla mancata partecipazione di molti soggetti (in genere finanziariamente deboli) protagonisti della fase concertativa, all’interno delle società di gestione ed all’ingresso di soggetti (finanziariamente forti) ma con ruoli marginali in fase concertativa.
Un bilancio sui patti Attualmente non è possibile trarre bilanci definitivi. Si può sicuramente affermare, tuttavia, che esiste una frattura tra ciò che il Patto si prefigge di essere e ciò che ha fino ad ora effettivamente prodotto. La ricerca sul campo evidenzia una varietà di casi e difformi gradi di asimmetria tra “modello” e realtà. In alcuni casi esistono degli scarti minimi tra obiettivi ed esiti, in altri tali scarti sono più evidenti. Si è rilevata, inoltre, una certa ambiguità nel cambiamento istituzionale, che in realtà a volte si rivela incerto, sfumato, provvisorio e parziale.
Un bilancio sui patti (2) Tra i risultati ottenuti si pensi: Sfera cognitiva: il metodo della concertazione istituzionale e sociale ha conquistato un consenso generalizzato. Comportamenti: soggetti che non si conoscevano si sono ritrovati in riunioni, assemblee, etc. Le Associazioni imprenditoriali sono state “costrette” a dialogare, a trovare denominazioni comuni, a riconoscersi, a sollecitare ed organizzare la mobilitazione dei propri associati.
Risultati tangibili Risultati tangibili Sul piano delle realizzazioni concrete si segnalano, ad esempio: Banche che agevolano il credito. Comuni che si consorziano per gestire congiuntamente aree industriali attrezzate. Sindacati che abbattono il costo del lavoro. Comuni che velocizzano le autorizzazioni amministrative. Costituzione di sportelli unici per le imprese, agenzie per l’ambiente, consorzi, avvio di programmi di formazione professionale, ecc.
……ma anche opportunismo Concertazione e mobilitazione hanno, naturalmente, calamitato opportunismo sociale e istituzionale di molti soggetti interessati esclusivamente a: “Cavalcare” una nuova opportunità politica Drenare risorse finanziarie Tutt’altro che rari sono, infatti, i patti nati esclusivamente da coalizioni collusive, finalizzate essenzialmente all’accaparramento di flussi finanziari.