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Lavoratrici e lavoratori. Lavoro delle donne nella società pre-capitalistica.
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Lavoro delle donne nella società pre-capitalistica • In agricoltura- le donne svolgono attività specifici: per esempio l’allevamento di piccoli animali, la mungitura, la produzione di burro e formaggio (tipica attività delle ragazze di fattoria. ma svolgono anche lavori pesanti, in Africa, sostituiscono gli uomini emigranti. • Le partenze degli uomini vogliono ancora dire maggiore lavoro per le donne. • In agricoltura non c’era distinzione tra lavoro in casa e lavoro sul campo.
Lavoro delle donne nella società pre-capitalistica • Industria: • La presenza femminile nella attività industriali e artigianali nelle società precapitalistiche copriva un vasto raggio di attività. • complesse come nel tessile e nella cucitura di abiti, pellami, ricami, oreficeria, ecc. • di pura fatica: trasporto di cibi, oggetti, persino nell’edilizia
Rivoluzione industriale • Nelle società pre-industriali la maggior parte delle donne lavora in casa, propria o di altri, o in un annesso della casa, campo, bottega- ma ci sono anche le girovaghe, le operaie stagionali, per e. là dove si fa la trattura la seta (Lucia Mondella). • La rivoluzione industriale cambia il quadro, perché sia pure lentamente buona parte delle donne andrà lavorare fuori casa. • Il ruolo economico e sociale delle donne è sempre più esteso ed evidente
Rivoluzione industriale • Infatti,la società industriale spinge alla separazione tra lavoro produttivo e lavoro riproduttivo; trascina le donne fuori di casa, addirittura lontano dai loro luoghi d’origine ( inurbamento, emigrazione) . • Uomini e donne si presentano diversamente sul mercato del lavoro perché agiscono in una società caratterizzata da quello che è stato definito patriarcato liberale, in cui all’individuo maschio è stato riconosciuta la piena dignità di depositario di diritti inalienabili, e gli stessi diritti non sono stati riconosciuti alle donne
Produzione e riproduzione • La riproduzione ha rappresentato, almeno da quando si è costituita la famiglia patriarcale e il sistema patrilineare, la “funzione” fondamentale. • Per riproduzione non s’intende solo la procreazione, ma anche tutte quelle attività di cura che si ritenevano comunemente attribuibili alle donne,. • L’intreccio produzione e riproduzione ha prodotto le ricorrenti limitazioni d’ordine culturale e legale che si sono frapposte all’esercizio di determinate mestieri e professioni da parte delle donne.
Produzione e riproduzione • L’intreccio che determina la divisione sessuale del lavoro contribuisce anche a spiegare le persistenze che colpiscono il lavoro delle donne dal Medioevo ai giorni nostri: • minore retribuzione e minore qualificazione, • minore valorizzazione sociale, • ma anche minore investimento dal punto di vista soggettivo.
Il lavoro delle donne • Parlare del lavoro delle donne vuol dire spingere la propria analisi ben oltre i confini del “mercato”. • Non solo per cercare di comprendere i percorsi attraverso cui le figure della donna lavoratrice si definiscono in vari contesti spazio-temporali; ma anche per dare conto dei molteplici piani economici in cui le donne agiscono.
Lavoratori e lavoratrici • La storica Margherita Pelaja ha osservato che le donne romane dell’Ottocento presentavano le proprie generalità usando le espressioni: filo, tesso, cucio; mentre gli uomini affermavano, , “sono tessitore, sono sarto, ecc.”. mentre, l’identità sociale maschile era definita essenzialmente in base al mestiere o alla professione, quella femminile era definita essenzialmente dallo stato civile.
Lavoratori e lavoratrici • Lavoratore: stabile, in settori ad alto contenuto tecnologico, macchine, metallurgico, meccanico, trasporti,sindacalizzato politicizzato, • Lavoratrice, al lavoro per periodi più brevi, entra ed esce, fa lavori a domicilio, pratica la pluriattività, l’occupazione dipende dai cicli di vita, in settori a scarsa meccanizzazione, nel commercio, nei servizi, scarsamente sindacalizzata.
Lavoro e dignità familiare • Quando, con l’affermazione del capitalismo, il lavoro diventava elemento fondante della dignità dell’individuo, la condizione di lavoratrice mostrava l’incapacità maschile di provvedere alla famiglia e diminuiva l’onorabilità della donna. E se alle nubili era concesso di lavorare, in previsione dell’uso di capacità e risparmi all’interno della loro futura vita di coppia, non era conveniente per le coniugate l’esercizio di un’attività extra-domestica, mentre erano ammesse la collaborazione all’attività economica e professionale del marito e il lavoro a domicilio.
Lavoratrici • Le coniugate occupate nelle fabbriche e ancor più negli uffici restano pochissime fino agli anni tra le due guerre mondiali, e crescono davvero solo dagli anni 40 del 900. Niente invece impedisce loro il lavoro dei campi o lo svolgimento di occupazioni a domicilio, sarte, ricamatrici, lavandaie, o, in domicilio altrui, domestica a ore, balia.
La lavoratrice • La questione della lavoratrice era posta in termini inscindibili da quella materna. Il valore centrale della maternità giustificava la subalternità del lavoro femminile, e negava alle lavoratrici quei diritti che progressivamente erano riconosciuti ai lavoratori: un equo salario, commisurato alle esigenze di una famiglia, una certa continuità nell’occupazione, il rispetto della dimensione privata.
Lavoratrici • Le lavoratrici non hanno pari diritto alla carriera, che non è cosa da donne, né alla parità salariale • . Non hanno diritto alla difesa del loro posto di lavoro, che possono perdere se gli uomini lo richiedono. Anzi all'occorrenza, come nel caso di alcune professioni, si legiferava per escludere, così come per imporre obblighi che non colpivano i loro colleghi maschi, come quello al nubilato • . Anche il diritto a un limite dignitoso del tempo di lavoro, per l’uomo vuol dire diritto al tempo per sé, per la donna diritto al tempo per la famiglia e la casa.
Occupazioni femminili • Ma anche vengono svalorizzate le occupazioni “femminili” tradizionali, così come quelle “nuove”. Non c’è bisogno di ricordare la parabola discendente dello status dell’insegnante, alla quale la femminilizzazione ha non poco contribuito. La donna non è, però una lavoratrice “marginale”, è semplicemente un soggetto diverso dal lavoratore.
La “tutela” della lavoratrice • Unici diritti che a lungo saranno riconosciuti alla lavoratrice sono quelli che discendono dalla sua funzione procreatrice e dai suoi doveri familiari: il diritto alla tutela della sua salute, nell’interesse dei figli che da lei saranno generati e il diritto a lavorare per un numero minore di anni rispetto al lavoratore maschio, fatto salvo che le donne pagheranno “questi privilegi” con retribuzioni inferiori.
Nel “patriarcato liberale” • Dobbiamo considerare il “ patriarcato liberale” come un sistema che, in un contesto in cui sfumano sempre più le differenze di capacità intellettuale, istruzione, e perdono importanza quelle legate alla capacità fisica, riafferma, addirittura concepita come naturale, una differenza nei diritti, nelle retribuzioni, nella collocazione gerarchica, nell’accessibilità alle professioni e nelle possibilità di carriera tra uomini e donne, per limitarci al mondo del lavoro.
Patriarcato liberale • Altrettanto diversa rimane la collocazione dei due sessi nella legislazione del matrimonio, della proprietà, nella potestà sui figli. • Differenze le prime e le seconde che si protrarranno ben oltre la concessione dei diritti politici.
Il mercato del lavoro • La fine dell’antico regime, con l’abolizione totale di un’organizzazione del mercato del lavoro fondata e regolata dalle delle corporazioni che aveva caratterizzato l’economia urbana fin dal Medioevo, comportò la soppressione dei vincoli che avevano caratterizzato fino ad allora il mercato del lavoro e posto forti limitazioni alla presenza delle donne nei settori corporati: nei ruoli di direzione e in quelli di dipendenti.
Donne e attività economiche • Per gli industriali vuol dire poter assumere donne e minori senza le limitazioni dell’arte. • Per le donne, però, vuol anche dire potersi fare imprenditrici. • A determinare le nuove dinamiche economiche e sociali e le inedite forme di diseguaglianza che si manifestarono nelle attività economiche furono, nel nuovo contesto le leggi del mercato la divisione dei ruoli in base al genere nella famiglia e nella società, • Per le coniugate il diritto civile poneva limitazioni.
Stato e donne • La partita non si gioca dunque più sul terreno dei soli rapporti tra uomini e donne, ma acquista spazio sempre maggiore un terzo agente: lo Stato, che anche solo legiferando in tema di diritto privato, perpetua la differenza e al tempo stesso la riscrive a proprio vantaggio. • Pur essendo convinto che la famiglia si regga sull’autorità maschile. • E l’economia sulle scelte dell’imprenditore, lo Stato ha un interesse specifico anche nella buona riproduzione dei cittadini
Legislazione sociale • Gli Stati interverranno a fissare i limiti necessari a non togliere alle donne persino la possibilità di dedicarsi alla cura, costrette a lavori “inadatti al loro sesso” e a orari che coprono l’arco dell’intera giornata, • Da qui una legislazione sociale che mira soprattutto a proteggere la salute fisica del nascituro, e a limitare l’impiego e gli impieghi della donna in considerazione del suo prevalente “mestiere” di madre e casalinga, e ad escludere le donne da alcuni lavori non adatti, che spesso però erano i meglio pagati.
I mestieri da donna • La divisione sessuale del lavoro non solo ha definito le condizioni d’ammissibilità delle donne nell’attività produttiva, ma anche i lavori a cui le donne potevano essere ammesse. • Variano abbastanza nell’800 e nel 900. • Comunque per molto tempo devono rispondere ad almeno uno di questi requisiti: • essere un’estensione del classico ruolo familiare, come la domestica, come l’ostetrica e l’insegnante- del resto già considerati mestieri a donna. Più avanti segretarie, infermiere, medici- la prima “professione” consentita alla donne.
I mestieri da donna • 2) non richiedere un grosso investimento d’istruzione ( non a caso si manda se si può le bambine in fabbrica prima dei maschi), tanto le ragazze poi si sposeranno. • 3) Corrispondere alle doti “femminili” di precisione, pazienza, adattabilità, tolleranza, vale a dire essere noiosi, ripetitivi, poco creativi. • Di quelle doti, però, le donne riescono già nell’800 a fare “mestiere”: la “natura” materna, invocata per tenere lontane le donne dai conflitti della vita pubblica, diventa, specularmente, la base su cui costruire vocazioni lavorative femminile centrate sulla dimensione della cura e dell’educazione
Lavoro e identità • Il lavoro con l’800 acquisisce maggiore importanza nel costruire le identità individuali: • la morale “borghese” e l’etica della responsabilità individuale danno grande valore al buon comportamento e ai risultati concreti del lavoro nel giudicare una persona; ma per le donne il valore è dato ancora dalle doti “casalinghe”, cura della casa e della famiglia .
Lavoro e identità • Le donne colte possono fare dell’educazione e dell’istruzione una professione. • Le donne accedono nella seconda metà dell’800 alla professione di infermiera, di medico, e di acquisire spazi lavorativi nel sociale. • Le donne partecipano ad alcuni diritti civili: istruirsi, per esempio, manifestare privatamente peraltro le loro opinioni.
Impiego delle donne • Nelle prime fasi dell’industrializzazione, i limiti all’impiego di giovani e donne sono fissati, molto più che dalla convenienza, dalla forza muscolare e dal livello d’istruzione richiesto. • Dalla seconda metà dell’800, mentre comunque la maggior parte delle donne salariate sono lavoratrici domestiche, un numero considerevole di donne, entrano in nuove occupazioni, a basso salario nell’industria, negli uffici nei grandi magazzini • .
Fabbriche e uffici • Nelle fabbriche la meccanizzazione riduce la necessità della forza fisica e crea una varietà di occupazioni leggere e non specializzate per cui le donne sono ritenute particolarmente adatte. • Negli uffici la sempre più elaborata gerarchia e burocratica crea occupazioni distinte per fasce di responsabilità e di potere
Crescita istruzione femminile • La limitazione fisica all’occupazione femminile viene ben presto attenuata dall’uso delle macchine. • la limitazione nella formazione viene, ma solo in parte, superata dal crescere dell’istruzione femminile. Solo in parte, perché le ragazze vengono indirizzate per lunghissimo tempo verso alcune scuole, magistrale, liceo classico, istiituti socio-pedagogici o commerciali, e pesantemente escluse dall’istruzione tecnica.
Lavori da uomini e lavori da donne • Per gli uomini si aprono occupazioni di maggiore prestigio, nelle quali anche è in crescita la domanda di lavoro, mentre donne provviste di titolo di studio e di preparazione culturale adeguata sono disposte ad accettare un mestiere di minor prestigio, e un salario di gran lunga più basso
Lavori da donne • Più ancora che nelle attività industriali, negli uffici, nei negozi, nelle scuole l’accessibilità alle donne è determinata dal progressivo disinteresse maschile per determinati ruoli e professioni. • Man mano che in alcune attività acquistano dimensioni di massa, si professionalizzano e si burocratizzano, perdono in autonomia, e sono pagate relativamente meno vengono abbandonate dagli uomini,
Studi sul lavoro femminile • I primi studi • Sociologhe • Lavoro e famiglia • Segregazione professionale • Produzione e riproduzione • Ma anche in rapporto al movimento sindacale e alla sinistra • Lavoro all’interno di un complesso di risorse femminili.
Studi sul lavoro femminile • Più di recente • Associazionismo femminile politico e sindacale • Relazioni industriali e organizzazione sindacale. • Varie categorie di lavoratrici, non solo operaie • Autorappresentazione delle lavoratrici. • Lavoro e welfare: il programma delle dnne. In Italia per ora soprattutto su secondo dopoguerra • Le donne nelle colonie e nei paesi ex-coloniali
FONTI • Lavoro “produttivo” • Difficile perché spesso scompare nei censimenti, a causa dell’intreccio produzione-riproduzione
***Industrializzazione • Perché si parli d’industrializzazione ci devono essere. • fabbriche • capitali • progresso tecnologico, lavoratori non possiedano più i loro mezzi di produzione mezzi di produzione, a cominciare dalla terra, liberamente commerciabili.
Industrializzazione • Un certo progresso tecnologico, che renda conveniente trasportare una determinata lavorazione in fabbrica dalla bottega artigiana. • Esempio della filatura e tessitura, che prima si svolgevano a domicilio.
Industrializzazione • Non tutti i mezzi di produzione vengono sottratti nello stesso momento al lavoratore/lavoratrice. • la filatura a in fabbrica e la tessitori a domicilio • Gli operai di mestiere- falegnami fabbri portano in fabbrica i propri attrezzi
Industrializzazione • Le nuove macchine – impiegate prima di tutto nel tessile, settore a forte commercializzazione,nonché a domanda abbastanza sicura- - consentono di produrre un maggior numero di pezzi in un tempo minore, rovinando filatrici e tessitori/trici. I prezzi dei prodotti si abbassano, consentendone a un maggior numero di persone d’acquisirli, ma questo rovina ulteriormente il piccolo produttori
Industrializzazione • Progressi tecnologici: le macchine inventate tra il 1760 e il 1780 in Inghilterra per la filatura la spinning jenny, mossa a mano, che permette un operaio di lavorare contemporaneamente a 8 fusi, la water frame, utilizzava l’energia idraulica, ma produceva un filo troppo fragile, e infine la mule jenny, che eliminava questo problema.
Industrializzazione • In questo modo aumentò la produzione di filo, aumentando la richiesta di tessitori e tessitrici. Molte famiglie in campagna e in città fecero di questa attività la principale, tralasciando le attività agricole, e diventando quindi sempre più dipendenti dall’attività “industriale”, dall’andamento del mercato, dalle scelte dell’imprenditore committente.
La rivoluzione industriale • La rivoluzione industriale è legata ad un aumento della quantità e della circolazione di merci, ad un’espansione dei consumi. • La produzione di macchine e merci lascia i laboratori familiari, non in grado di produrre alla velocità e nelle quantità richieste, per trasferirsi in grandi manifatture. La produzione richiede sempre maggiore quantità di manodopera, donne e minori compresi, liberati entrambi dalla decadenza dell’industria familiare, incapace di sostenere la concorrenza della produzione su larga scala.
La considerazione del reddito proveniente da lavoro femminile come accessorio rende possibile agli industriali assicurarsi forza-lavoro femminile a salari più bassi di quelli ritenuti equi ed accettabili dalla manodopera maschile.
Capitalismo e lavoro femminile • Dunque, rivoluzione industriale, sviluppo capitalistico, modernizzazione contengono al loro interno il lavoro femminile, e col loro sviluppo il confine dei lavori da uomini e dei lavori da donna si spostano continuamente. Per decenni, peraltro, le donne continueranno a farsi carico del lavoro di cura familiare, fino a che una parte di esso non verrà assunta dallo stato e dai pubblici servizi, nei quali saranno soprattutto le donne a trovare occupazione.
Macchine • Nel 1785 viene inventato il telaio meccanico, che però si diffonde solo all’inizio del XIX secolo. • Tra il 1765 e il 1782 James Watt inventa e perfeziona la macchina a vapore. Applicata inizialmente all’industria estrattiva, per prosciugare con pompe a vapore i pozzi delle miniere di carbone, alla fine del secolo era largamente diffusa nell’industria tessile. Poteva essere applicata alla siderurgia e alla meccanica.
Macchine • Macchine costose _ • occorrono capitali per le attività industriali- non più costi sostenibili dagli artigiani- • la manifattura consente costi e prezzi più bassi- • anche tessitori e tessitrici vanno in fabbrica, diventano salariati.
Nelle manifatture le donne sono impiegate prima di tutto perché come i minori possono essere pagate meno, facendo appello e alla minore forza fisica e alla loro irresponsabilità sociale: vale a dire non sono le donne che devono mantenere una famiglia se da nubili è loro dovere lavorare per contribuire al bilancio domestico, e là dove il guadagno è migliore ( anche se variabili rilevanti sono le condizioni economiche e lo status sociale della famiglia, oltreché le subculture locali), una volta sposata il suo dovere è occuparsi del marito e dei figli, il che non toglie che debba comunque da casa contribuire ad incrementare le risorse familiari.
Possono essere licenziate più facilmente perché l’dea è che esse abbiano pur sempre qualcuno che le mantiene. Le donne sono abituate ad obbedire Le donne sono abituate ad occupazioni ripetitive Le donne sono abituate ad essere pazienti e gentili. In sostanza è la condizione femminile nella società patriarcale a definire la loro “possibilità” di lavorare.
Lavori a bassa specializzazione Lavori noiosi e ripetitivi Lavori che richiedano pazienza, obbedienza e gentilezza. E quindi nel terziario Insegnanti Commesse impiegate
Tessile • Nella prima fase della rivoluzione industriale il settore trainante è il tessile, e elevato è l’impiego di manodopera femminile e minorile • In quella che viene considerata la seconda fase settore di punta diventa il meccanico, la cantieristica, la metallurgica, grazie all’uso di tecnologie e macchinari più complessi., e dell’energia elettrica.
Seconda rivoluzione industriale • L’enorme incremento delle risorse finanziarie crea le premesse per lo sviluppo di nuovi settori industriali, che richiedono investimenti di capitali molto più massicci del tessile: l’industria mineraria e l’industria pesante ( siderurgia, metallurgia, cantieristica). Queste si affermano intorno al 1840, con la rivoluzione dei trasporti, dovuta alla nave a vapore e alla locomotiva. Nel 1830 si ha la prima ferrovia, non a caso la Liverpool-Manchester. • Diminuisce il rilievo percentuale delle operaie nell’industria.