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“L’intuizione fondamentale di Keynes riguarda la nostra impossibilità di sapere (o calcolare) che cosa ci porterà il futuro.” R. Skidelsky, Keynes , il Mulino, Bologna 1998. Non pretendere l’impossibile.
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“L’intuizione fondamentale di Keynes riguarda la nostra impossibilità di sapere (o calcolare) che cosa ci porterà il futuro.” R. Skidelsky, Keynes, il Mulino, Bologna 1998
Non pretendere l’impossibile Non sono un tuttologo: so poco di questioni finanziarie (Banche, Borse, Istituzioni finanziarie, Casinò) e non sono uno storico del pensiero economico. Sono un cultore dell’Economia dello sviluppo e di quella branca della Macroeconomia che si occupa del comportamento dei sistemi economici reali. Mi scuserete quindi se, per dirla con le parole di Keynes, “Dirò troppo per l’inesperto, troppo poco per l’esperto. Benché nessuno ci creda, infatti, l’economia è materia tecnica e difficile. Sta perfino diventando una scienza.”John Maynard Keynes, La Grande Depressione del 1930, in Esortazioni e profezie, Garzanti, Milano 1968 Una doverosa premessa: non eccedere nella semplificazione
Di cosa parleremo • Da Marx a Keynes (e dopo) • Alle origini della crisi attuale • Ritorno a Keynes?
Da Marx a Keynes (e dopo). Alcuni cenni all’evoluzione del pensiero economico.
Il paradigma della «fiera del villaggio»: • La forma di mercato più efficiente è quello della libera concorrenza nella quale eventuali eccessi di offerta o di domanda daranno luogo ad un processo di aggiustamento del prezzo fino a raggiungere una situazione «di equilibrio». • L’economia neoclassica è incentrata sul momento dello scambio di una data quantità di merce. In questo contesto la domanda di beni si adegua all’offerta (data) attraverso il meccanismo della variazione dei prezzi. Non è prevista l’esistenza di crisi e la Politica economica interviene solo quale rimedio al fallimento dei mercati. • Attraverso lo scambio, le esigenze dei consumatori e quelle dei produttori concorrono a determinare il prezzo della merce, in relazione alla particolare situazione di mercato in cui avviene lo scambio. • In situazioni come il monopolio, oppure in presenza di asimmetrie nelle informazioni, di beni pubblici o di esternalità, il mercato diviene inefficiente (fallisce), nel senso che non raggiunge l’ottimalità paretiana.
Il paradigma keynesiano • L’economia keynesiana è incentrata invece sul momento della produzione; In questo contesto, per usare le parole di Luigi Pasinetti (1977), “Ci sono macchine e ci sono lavoratori in grado di farle funzionare, ma il tutto rimane inattivo per insufficienza di domanda effettiva”. • la produzione industriale richiede tempo; • le imprese agiscono in condizioni di incertezza e possono commettere errori; • gli errori nella stima della quantità da produrre si tradurranno in variazioni indesiderate delle scorte; • nel tentativo di porre rimedio a tali errori, le imprese cercheranno di aggiustare la quantità prodotta (l’offerta aggregata) alla domanda aggregata; • se la domanda aggregata risulterà inferiore alla capacità produttiva del sistema si avrà «disoccupazione involontaria».
L’economia keynesiana in pillole • L’approccio keynesiano è simile a quello degli economisti classici: In questo contesto, si assume che la politica fiscale che la politica monetaria abbiano efficacia nello stimolare l’attività produttiva in funzione anticrisi. Ma nella realtà le cose funzionano cosi? • il sistema economico nel suo complesso viene analizzato nelle sue caratteristiche e nella sua evoluzione nel tempo; • L’esigenza di descrivere, di quantificare e di comparare i sistemi economici ha portato alla creazione degli schemi di «contabilità nazionale»; • il funzionamento del sistema economico viene descritto mediante il principio della domanda effettiva e le teorie della domanda effettiva; • Il sistema economico viene scomposto in due sottosistemi tra di loro interdipendenti, quello reale e quello monetario. Dal primo trae origine la politica fiscale (la gestione del bilancio pubblico) e dal secondo la politica monetaria (la gestione della quantità di moneta in circolazione).
La teoria e la realtà • Qual è dunque oggi l’eredità di Keynes? Provo ad indicare alcune geniali intuizioni di questo grande economista: • • il suo approccio macroeconomico; • • il ruolo dell’incertezza che governa gli investimenti privati; • • l’opportunità dell’intervento pubblico in economia; • • l’importanza delle istituzioni nel governo dell’economia; • • l’imprescindibilità del ruolo moneta; • la necessità di tenere sotto controllo la speculazione. • I limiti della politica monetaria: quanto è efficace nello stimolare l’attività produttiva? • Gli obiettivi della politica monetaria: la BCE e la politica monetaria orientata alla lotta all’inflazione. • Con internet e la globalizzazione il mondo è profondamente mutato e molto più complesso.
Le origini della crisi attuale e il suo trasferimento all’economia reale.
Le crisi economiche, siano esse di dimensione locale oppure globale, sono endemiche al sistema capitalistico. Esse sono riconducibili a due diverse tipologie: le crisi finanziarie e le crisi reali. Le crisi sono endemiche al sistema di produzione capitalistico Le crisi sui mercati finanziari sono originate dal venir meno della fiducia sulla capacità del debitore di onorare i propri debiti. Essendo il sistema economico fortemente interconnesso, le crisi finanziarie si trasmettono al mercato reale e viceversa. Tra la prima e la seconda guerra mondiale si sono verificate, a livello mondiale, otto crisi, tra cui la Grande Crisi degli anni ’30. Tra il 1944 e il 1971 vi sono state 6 crisi e tra il 1974 e il 2008 16. Le crisi sul mercato reale hanno origine, invece, o da una carenza di domanda effettiva, dalla scarsità di materie prime, oppure da tensioni sui mercati delle fonti energetiche. Le crisi finanziarie aumentano con la liberalizzazione e l’apertura dei mercati. Esse possono avere origine: • sul mercato valutario (sterlina, lira, 1992) • dalla insostenibilità del debito (Argentina 2001) • sul mercato del credito (USA 2007-8) Le crisi economiche si susseguono dunque sempre più rapidamente!
L’economia americana innova • Dalla seconda metà degli anni ’90 negli USA ha inizio una forte crescita del settore delle costruzioni, crescita che durerà fino al 2006. • I bassi tassi d’interesse praticati dalla FED favoriscono l’espansione dei mutui e la nascita di nuovi intermediari finanziari con lo scopo di procurare sempre nuovi clienti (debitori) a cui vendere una casa mediante l’accensione di un mutuo. • Per garantirsi contro il rischio di insolvibilità, gli intermediari finanziari attuano la cosiddetta «cartolarizzazione» dei crediti. Si innesca la cosiddetta bolla speculativa sul prezzo delle abitazioni, che riguarda sia le abitazioni nuove che quelle già esistenti. • Ma l’accensione di un mutuo (senza garanzia reale) richiede che il debitore sia affidabile, vale a dire deve disporre di un flusso di reddito certo che gli consenta di rimborsare il mutuo acceso. Con la nuova liquidità così acquisita vengono concessi nuovi mutui, mettendo in moto un processo di moltiplicazione dei depositi.
La crisi finanziaria si trasmette all’economia reale • Con l’ascesa dei prezzi delle abitazioni si afferma la pratica della ricontrattazione dei mutui. • Ma quando l’economia reale rallenta, come è accaduto a seguito dell’attentato alle Torri Gemelle nel 2001, qualche debitore (specie coloro che hanno perso il lavoro) inizia a dichiararsi insolvente e i prezzi delle abitazioni cessano di aumentare. Mediante questa pratica le famiglie americane finanziano i consumi, ma nel contempo l’indebitamento aumenta. • Infine, quando a partire dal 2006 il prezzo delle abitazioni crolla, le banche chiedono ai debitori di rientrare sul valore dei mutui concessi e ciò si traduce in una forte riduzione dei consumi. Le banche rilevano le abitazioni dei debitori e le immettono sul mercato favorendo in tal modo l’inversione della tendenza all’aumento dei prezzi delle abitazioni sul mercato immobiliare. Con la caduta dei consumi la crisi finanziaria si trasmette all’economia reale.
Tanti debiti • In sintesi, la crisi finanziaria è stata causata da un eccesso di debito e dalla distruzione di ricchezza finanziaria. Di per sé il debito non è un male: esso si può intendere, infatti, come l’opposto della ricchezza, o meglio, una forma di ricchezza futura goduta anticipatamente. Le famiglie Al pari della ricchezza, il debito si manifesta con diverse modalità e ciascuna modalità possiede un diverso criterio di sostenibilità del debito. • Per comprendere l’importanza del concetto di sostenibilità del debito si può fare riferimento ai quattro operatori di spesa considerati dalla Macroeconomia: Le imprese Lo Stato L’estero E verificare per ciascuno di essi quali possono essere i motivi dai quali può insorgere un debito e qual è il criterio più appropriato per valutare la sostenibilità del debito stesso
Consiste nell’affidabilità basata sulla disponibilità di un congruo stock di ricchezza e sulla continuità del flusso del reddito. Per le famiglie: Consiste nell’affidabilità basata sull’efficienza dell’impresa, sulle sue buone prospettive di mercato sulla solidità del sistema economico. Per le imprese In assenza di disavanzo primario, la sostenibilità del debito pubblico è affidata alla condizione che l’economia cresca ad un tasso non inferiore al tasso di interesse. Per lo Stato: Non esiste un criterio generale per valutare la sostenibilità di questa forma di debito. Tuttavia, nel lungo periodo a nessuna economia è consentito di accumulare un consistente debito nei sui rapporti commerciali. Per l’estero Come varia la sostenibilità del debito: La speculazione, che scommette sulla sostenibilità del debito delle imprese (acquistando e vendendo azioni e obbligazioni), del debito pubblico (acquistando e vendendo titoli dello stato) e sul debito estero (acquistando e vendendo valuta), non è la causa dei fenomeni, ma li amplifica e, a seconda della disponibilità liquida, talvolta asseconda l’autorealizzazione delle previsioni
La ricchezza reale non svanisce con le crisi • Possiamo individuare almeno tre diversi tipi di ricchezza: • la ricchezza reale • La ricchezza finanziaria • La ricchezza sociale La crisi finanziaria ha distrutto in poche settimane “una quantità di ricchezza pari a quella svanita nell’intero secolo precedente: più che nelle due guerre mondiali messe assieme”. Ma quale forma di ricchezza svanisce con le crisi? La ricchezza reale, che deriva dall’eccedenza del reddito sui consumi e prende la forma di abitazioni e di capitale fisso industriale non svanisce con le crisi finanziarie, semplicemente passa di mano! La ricchezza finanziaria, che deriva dall’aumento del valore degli assets (il portafoglio dei titoli di credito) in seguito a fenomeni come l’inflazione o come le bolle speculative, svanisce invece con le crisi finanziarie. La ricchezza sociale consiste invece nel capitale umano e nel capitale sociale. Ma mentre il capitale umano non svanisce con le crisi, il capitale sociale, che si esprime nella fiducia, svanisce repentinamente; concorre a favorire le crisi e richiede molto tempo per la sua ricostituzione. Talvolta la ricostituzione del capitale sociale passa attraverso eventi sociali traumatici come i cambiamenti di regime.
La crisi finanziaria attuale L’attacco terroristico alle Torri Gemelle La ricchezza finanziaria svanisce con la crisi Fonte: L. Noto (Senior Economist & Fund Manager del Monte Paschi Asset Management SGR), Obama-economics: la ricetta contro la depressione?
Dalla seconda metà degli anni ’80il tasso di crescita dei consumi si è mantenuto, negli USA,molto al di sopra del tasso di crescita dell’economia La crisi dei consumi dopo l’attentato alle Torri Gemelle … Il crollo dei consumi nel 2008 Con il crollo dei consumi il risparmio torna ad aumentare! Nello stesso periodo, la quota del risparmio sul reddito si è ridotta progressivamente fino ad annullarsi dal 2005 in poi. Consumi, risparmio e ricchezza reale negli USA In pratica, dalla seconda metà degli anni ’80 le famiglie americane hanno continuato a consumare la maggior parte del loro reddito (indebitandosi con le banche); acquistando beni di importazione (indebitandosi con l’estero) e ricorrendo al risparmio altrui! Fonte: L. Noto (Senior Economist & Fund Manager del Monte Paschi Asset Management SGR), Obama-economics: la ricetta contro la depressione?
L’economia mondiale entra in crisi Si può interrompere la spirale della recessione? • Secondo la teoria economica di ispirazione keynesiana, è possibile intervenire con opportune misure di politica monetaria e di politica fiscale. • La recessione americana si trasmette ai sistemi economici con i quali l’economia statunitense ha delle relazioni di scambio (gli USA producono circa il 28% del PIL mondiale), principalmente le economie asiatiche (la Cina e l’India producono assieme il 7,3% del PIL mondiale), ma anche quelle europee (la UE a 27 paesi produce il 30% del PIL mondiale). Con la riduzione della domanda estera, anche queste economie vedranno ridursi le loro esportazioni e, quanto più l’economia è aperta, tanto maggiormente risentirà della crisi reale. La politica fiscale, consiste invece nella gestione del bilancio dello stato. L’operatore pubblico può attuare misure compensative della domanda aggregata allo scopo di contrastare la riduzione dei consumi delle famiglie ed avviare nuovi investimenti reali in infrastrutture. Ma gli interventi in deficit fanno aumentare il debito pubblico. La politica monetaria consiste nel controllo, da parte delle Banche Centrali (la FED, la BCE) della quantità di moneta in circolazione per contrastare la crisi di liquidità delle istituzioni creditizie.
Come uscire dalla crisi • il mercato non si corregge da sé • i mercati falliscono • le politiche keynesiane funzionano • la politica monetaria non deve limitarsi alla lotta all’inflazione • le innovazioni finanziarie hanno un costo sociale Cinque mosse da Nobel: secondo il Premio Nobel per l’Economia Joseph Stiglitz, la crisi ci ha insegnato che:
Come uscire dalla crisi Cinque mosse da Nobel: secondo il Premio Nobel per l’Economia Joseph Stiglitz, la crisi ci ha insegnato che: i mercati falliscono il mercato non si corregge da sé le politiche keynesiane funzionano le innovazioni finanziarie hanno un costo sociale la politica monetaria non deve limitarsi alla lotta all’inflazione
E’ possibile un ritorno a Keynes? Il contesto internazionale • Per fronteggiare la recessione e per giustificare le misure di intervento volte a sostenere la domanda aggregata, molti osservatori hanno evocato un ritorno a Keynes. Ma è realistico questo riferimento? • John Maynard Keynes ha elaborato le sue teorie tra il 1930 e il 1936. • La diffusione delle sue teorie, specie negli Stati Uniti è avvenuta dopo la fine della Seconda Guerra mondiale. • Molti di coloro che sostengono l’efficacia delle teorie keynesiane guardano con nostalgia agli anni ’50 e ’60 del Novecento. • Ma quale è stato il contesto (irripetibile) in cui tali politiche hanno avuto successo? • Tutti i paesi occidentali avevano esigenza di ricostruire l’apparato produttivo distrutto dalla guerra; • In ciascun paese vi era una domanda sostenuta per i consumi interni, che a sua volta induceva domanda di investimenti produttivi; • Le imprese manifestavano una elevata propensione al reinvestimento dei profitti; • In ogni paese vi era un elevato clima di coesione sociale e di attaccamento al lavoro, con condizioni del mercato del lavoro coerenti con i valori sociali condivisi; • In ogni paese, infine, l’esistenza di un sistema di valori condivisi poneva un freno agli egoismi individuali in favore dell’interesse collettivo. Il contesto interno • Gli Accordi di Bretton Woods sono venuti meno nell’agosto del 1971; • gli effetti del Piano Marshall si sono esauriti; • gli USA vivevano una fase non isolazionistica; • i paesi europei vivevano una intensa fase di collaborazione che ha visto la nascita prima della CEE, poi dello SME e infine dell’Unione Europea; • Le economie occidentali sperimentavano un clima improntato all’ottimismo, in cui aspettative economiche a lungo termine erano favorevoli; • Oggi le condizioni che hanno favorito la Golden Age dello sviluppo economico non esistono più • l’economia mondiale è fortemente interconnessa (globalizzazione); • gli Usa stanno perdendo la leadership di potenza economica mondiale a favore di Cina e India; • l’Europa ha difficoltà a trovare un suo ruolo politico, oltre che economico, e la sua popolazione è fortemente in declino; • e anche Continente Africano si sta muovendo
E per concludere: «Casinò» “… quanto più perfezionata è l’organizzazione dei mercati di investimento, tanto maggiore sarà il rischio che la speculazione prenda il sopravvento sull’intraprendenza. (…) Quando lo sviluppo del capitale di un paese diventa un sottoprodotto delle attività di un casinò da gioco, è probabile che vi sia qualcosa che non va bene”. John Maynard Keynes, Lo stato dell’aspettativa a lungo termine, cap. XII della Teoria generale dell’occupazione dell’interesse e della moneta, UTET, Torino 1971, pp. 298-299.
Per saperne di più • J. M. Keynes, Teoria generale dell’occupazione dell’interesse e della moneta, UTET, Torino 1971 • J. M. Keynes, Esortazioni e profezie, Garzanti, Milano 1968 • G. La Malfa, J.M. Keynes, Luiss, Roma, 2006 • A. Minc, Diavolo di un Keynes. La vita di John Maynard Keynes, Utet, Torino, 2008 • R. Newbury, J.M. Keynes. Vita pubblica e privata di un grande economista ed esteta trasgressivo, Boroli Editore, Milano 2007 • L. Pasinetti, Sviluppo economico e distribuzione del reddito, il Mulino, Bologna, 1974 • R. Skidelsky,Keynes, il Mulino, Bologna, 1998 • J. Stiglitz,Le cinque mosse contro lo stallo, Il Sole 24 Ore, 3 gennaio 2010