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USCIRE DALLA CRISI E’ POSSIBILE ?. Si, ma occorre prima capire alcuni aspetti che l’hanno provocata e cercare soluzioni indicate dagli economisti critici e dai movimenti di protesta di tutto il mondo. Introduzione di Giuseppe Barabino. Quattro tomi per capire: La Finanza 3/37;
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USCIRE DALLA CRISI E’ POSSIBILE ? Si, ma occorre prima capire alcuni aspetti che l’hanno provocata e cercare soluzioni indicate dagli economisti critici e dai movimenti di protesta di tutto il mondo.
Introduzione di Giuseppe Barabino • Quattro tomi per capire: • La Finanza 3/37; • La finanza pubblica 38/87; • Possibili alternative 88/149. • Conclusioni 150/164. • Spunti liberamente tratti dal libro “ Finanza per indignati” edito nel mese di aprile 2012 di Andrea Baranes e successivi accadimenti
In questa prima parte viene analizzata come funziona la finanza secondo il neoliberismo, e come funzionano i mercati finanziari e le borse. Le differenze tra azioni e obbligazioni. Il concetto di speculazione finanziaria, come opera, e quello di bolla finanziaria. Le funzioni delle banche e la leva finanziaria. La cartolarizzazione dei crediti e i paradisi fiscali. La crisi del 2007-2008. Il sistema bancario ombra.
COME FUNZIONA LA FINANZA SECONDO I PRINCIPI DEL NEOLIBERISMO • Dai paese anglosassoni la dottrina liberista si è rapidamente imposta fino a diventare un pensiero unico. In questa diffusione hanno giocato un ruolo fondamentale le istituzioni internazionali quali il FMI e la Banca mondiale, assieme al Dipartimento del Tesoro statunitense. Queste teorie postulano la capacità dei mercati di autoregolarsi, e di conseguenza la necessità che lo Stato si faccia da parte per lasciare gli stessi mercati liberi di agire, dato che i mercati tendono in ogni momento ad autoregolarsi, ed il prezzo è il miglior indicatore di questo equilibrio; quindi il libero mercato riesce a garantire l’allocazione ottimale delle risorse ( materie prime, capitale, lavoro ).
CRITICHE ALL’IMPANTO NEOLIBERISTA • Il modello parte da alcuni presupposti e semplificazioni, che non corrispondono alla realtà, come quelle che ogni partecipante al mercato ha le stesse informazioni su disponibilità e prezzi. Infatti non si può considerare l’economia come una scienza esatta, ne applicare dei modelli economici a una realtà estremamente complessa. • La semplificazione maggiore si può riassumere affermando che la teoria dei mercati efficienti prescinde completamente dall’esistenza di esseri umani.
TUTTO E’ MERCE • Il problema è che questo modello pretende di ricomprendere l’intero sistema di produzione, distribuzione e consumo, fondandosi su pochi assunti di partenza. L’efficienza dei mercati e soprattutto il prezzo, punto di incontro tra domanda ed offerta, come indicatore del valore di ogni bene o servizio, anche di quelli più essenziali alle nostre vite, ed ha portato all’assioma <<prezzo = valore>> all’estremo nel corso degli ultimi decenni. Tutto deve diventare merce, e chi non può permettersi di pagare il prezzo ( sanità, scuola i cui costi devono diminuire ) verrà escluso dal mercato. Lo slogan vincente diventa meno tasse per tutti, meno Stato, più mercato.
NEOLIBERISMO E CRESCITA • Il valore sociale, ambientale e relazionale dei beni e dei servizi non viene in nessun modo preso in considerazione dalle teorie liberiste. Tra due prodotti con caratteristiche simili l’unica discriminante è il prezzo. Se il primo è fatto inquinando , sfruttando i lavoratori, impedendo i diritti sindacali, eludendo il fisco, mentre il secondo è realizzato con criteri socialmente ed ambientalmente responsabili, questo non interessa alla dottrina neoliberista. Il primo avrà costi di produzione più bassi, e potrà essere venduto a prezzi inferiori, vincendo nei mercati.
Questa logica ha anche portato a considerare il PIL, come l’indicatore ultimo dello stato di salute dell’economia e, peggio ancora , della qualità della vita dei cittadini, anziché semplicemente un indicatore della ricchezza prodotta da un Paese in un anno, ovvero la somma di tutti i beni e di tutti i servizi prodotti e venduti durante l’anno. • Già Robert Kennedy, negli anni sessanta, però affermava che il PIL <misura tutto, tranne ciò che rende la vita degna di essere vissuta> e non misura l’amicizia, le relazioni, gli affetti, la felicità.
LA FINANZA E IL FUNZIONAMENTO DEI MERCATI FINANZIARI • La Finanza. La crisi finanziaria globale, la speculazione finanziaria, la finanza casinò sono al centro dell’attenzione dei media, e sono disponibili molte definizioni tecniche, ma per provare a semplificare <la finanza è il mercato dei soldi>. • La finanza nasce quindi al servizio dell’uomo. Permette agli Stati, al sistema produttivo ed ai cittadini di reperire i capitali necessari al proprio funzionamento, mettendo a disposizione i capitali necessari tramite i canali bancari ( prestiti ) o le borse ( azioni o obbligazioni ).
MONETE E DENARO • Anche se vengono usati come sinonimi, denaro e moneta, non sono la stessa cosa. La moneta è il circolante emesso da uno Stato in un dato periodo. In una definizione elementare il denaro è il circolante accettato da un mercato, in un dato momento. Così, se gli euro sono la nostra moneta, possono esistere altre forme di denaro, complementari o alternativi alla moneta ufficiale . Progressivamente le banconote e il denaro sono sempre più slegati dal loro corrispondente valore in oro, ma oggi sempre più spesso anche il supporto cartaceo viene rimosso, e il denaro è rappresentato da una scrittura contabile nel computer di una banca,
AZIONI E OBBLIGAZIONI • Le obbligazioni sono dei contratti che obbligano l’emittente a restituire un prestito con un certo interesse. Possono essere concesse dalle banche con capitale proprio , e allora la controparte sarà la banca, oppure emettendo obbligazioni a un dato interesse, e allora la controparte saranno l’insieme degli investitori che hanno deciso l’acquisto delle obbligazioni. • Le azioni sono invece il capitale sociale di un’impresa. Se compro azioni, divento proprietario in parte dell’impresa e partecipo ai rischi conseguenti.
COSA SONO E COME FUNZIONANO LE BORSE • Le borse valori sono luoghi fisici ove si incontrano le imprese e gli Stati che emettono i loro titoli e gli investitori che vogliono acquistarli. La loro creazione ha permesso di aumentare la liquidità dei titoli finanziari, trovando in ogni istante una controparte disposta a comprare o vendere i titoli. Lo scambio dei titoli segue la legge della domanda e dell’offerta. Ogni giorno viene calcolata la media dei titoli e delle obbligazioni vendute, e il calcolo percentuale se sono stati venduti a un prezzo maggiore o minore del giorno precedente.
LA SPECULAZIONE FINANZIARIA • LA PROGRESSIVA LIBERALIZZAZIONE DEI MERCATI. L’approccio liberista si è tradotto nel progressivo smantellamento delle normative, e dei controlli riguardanti le attività economiche, il commercio internazionale e, in maniera preminente, la finanza. Poco alla volta è stato rimosso il sistema di regole messo in piedi dopo la crisi del 1929, che prosegue ancor oggi. Già negli anni settanta si assiste a una liberalizzazione del mercato delle valute e dei tassi di cambio. Dopo la seconda guerra mondiale con l’accordo di Bretton Woods fu deciso che tutte le valute fossero ancorate al dollaro, e che questo a sua volta fosse convertibile in oro.
Nel 1971 il Presidente Nixon decise in maniera unilaterale di cancellare la convertibilità oro-dollaro. A causa delle difficoltà economiche conseguenti alla guerra del Vietnam. Negli anni ottanta sono stati progressivamente eliminati prima i vincoli, e poi i controlli sui flussi di capitali in entrata ed uscita dai singoli Paesi. Nel decennio successivo vengono liberalizzati i servizi finanziari e il sistema bancario per poi arrivare, a cavallo tra il XX e XXI secolo , all’emergere di una vera e propria ingegneria finanziaria, a discapito della crisi globale e delle dichiarazioni sulla necessità di regolamentare la finanza.
IL CASO DELLE VALUTE. Con la liberalizzazione dei cambi, ogni valuta ha una quotazione che dipende dalla domanda e dall’offerta rispetto alle altre , come avviene per qualunque bene. La quotazione di una valuta rispetto alle altre ha impatti diretti e rilevanti sull’economia di un Paese, dato che una valuta forte rende più difficili le esportazioni, e più semplici le importazioni. Quindi , se un’economia va bene e aumenta l’export, tende a crescere il valore della corrispondente valuta, il che, a sua volta, rende più difficili le esportazioni, per cui in pratica la quotazione di ogni valuta dipende direttamente dalla forza economica, e dalla capacità di esportazione del singolo Paese.
COME OPERA LA SPECULAZIONE. Operatori sui mercati internazionali comprano e vendono valute, azioni, altri titoli per guadagnare unicamente dalle oscillazioni dei prezzi, senza nessun interesse nei Paese corrispondenti, e senza nessuna attività reale. Cercano di guadagnare dalle aspettative. Con i moderni sistemi informatici è possibile comprare e vendere qualunque prodotto finanziario anche migliaia di volte in un’ora. I computer delle grandi banche e delle altre imprese finanziarie lavorano 24 ore su 24, acquistando e vendendo azioni, valute, derivati e via discorrendo.
Queste operazioni ed il mercato delle valute correttamente dovrebbe essere legato all’import-export di beni e di servizi. ( se compro una automobile negli USA cambio gli euro in dollari, se vado in vacanza in Giappone cambio gli euro in yen, ecc). Questo commercio trasnazionale ha una dimensione intorno ai 20.000 miliardi di dollari all’anno, e questa dovrebbe essere logicamente la dimensione del mercato valutario, se le attività fossero legate unicamente all’economia reale.
Il mercato delle valute ha invece superato i 4000 miliardi di dollari al giorno. In altre parole, in una sola settimana circolano più soldi sui mercati finanziari di quanti siano legati a un intero anno di economia reale. Oltre il 98% dei capitali che circolano nel mondo non ha nessuna finalità produttiva e non è legato all’economia reale, ma serve unicamente alla speculazione, ovvero a fare soldi dai soldi nel più breve tempo possibile. Questa è una delle manifestazioni della finanziarizzazione dell’economia. La finanza trasformata da mezzo in fine in se stesso. Un ribaltamento completo delle priorità, in cui la finanza non è più al servizio dell’economia reale, ma al contrario è l’economia influenzata e sempre più spesso guidata dalla decisioni prese dal mondo finanziario.
DALLA BOLLA DEI TULIPANI AI SUBPRIME. Uno dei pilastri su cui poggia il neoliberismo è la teoria dei mercati efficienti, in grado di determinare attraverso il prezzo il valore degli scambi, che però viene spesso contraddetta. All’inizio del del XVI secolo nelle corti dei nobili europei divennero di moda il tulipani. La domanda dei bulbi cresceva continuamente. Alcuni mercanti cominciarono a comprare bulbi non per coltivare tulipani, ma sperando che il prezzo continuasse a salire, per poi rivendere il bulbo stesso, ovvero per speculare, ma la cosa non avvenne. La bolla dei tulipani è considerata la prima grande crisi finanziaria moderna. Nulla è cambiato nei quattro cento anni successivi, fino alla bolla della new economy del 2001 e quella del settore immobiliare del 2007. Si compra a poco, vendi a tanto, sperando in una bolla, o ancor meglio contribuendo tu stesso a creare la bolla con i tuoi acquisti.
UN APPETITO INSAZIABILE. Il PIL ovvero la ricchezza legata alla produzione e vendita di beni e servizi, cresce mediamente del 3% ogni anno nel mondo. Gli speculatori cercano rendimenti anche dieci volte superiori. Nel lungo periodo, non è difficile capire che la situazione non è sostenibile. Le possibilità sono solamente due. O la finanza continua a risucchiare risorse e a vampirizzare l’economia reale, o crea ricchezza fittizia, gigantesche bolle sul nulla, che prima o poi scoppiano trascinando con se la vita delle persone, finché appunto la finanza cercherà di intervenire anche sul clima, affidando ai mercati beni comuni quali l’ambiente e la biosfera. Non più chi inquina paga, ma chi paga può inquinare, a seconda dei prezzi stabiliti dagli speculatori.
LE BANCHE • COSA FANNO LE BANCHE. Oggi le banche oltre alla tradizionale funzione di raccolta e impiego del denaro, in misura sempre maggiore hanno spostato la loro attività verso attività meramente finanziarie e speculative, alla ricerca di maggiori profitti. Infatti le grandi banche commerciano in valuta, realizzano operazioni di compra vendita di titoli finanziari per conto della clientela, o in proprio, e realizzano altre operazioni finanziarie, e meno della metà dei ricavi proviene da prestiti alla clientela, mentre la parte più sostanziosa è realizzata grazie a operazioni finanziarie e commissioni su prodotti spesso rischiosi e speculativi.
BANCHE E LEVA FINANZIARIA. Per leva finanziaria si intende il fatto che è possibile realizzare un investimento con una parte di capitali proprio, e un’altra presa a prestito. Così, una leva di 5 a 1, significa che se investo 100 sui mercati finanziari, solo 20 sono soldi miei, ma 80 li ho presi in prestito da qualche altro. Alcuni soggetti speculativi lavorano normalmente con leve finanziarie da 30 a 1 o anche superiori, vale a dire solo il 3% di ciò che investono è loro, il resto è preso in prestito dalle banche. Sperano poi di realizzare dall’investimento un profitto superiore agli interessi che devono alle banche per il prestito fatto.
TUTELE DEL SISTEMA BANCARIO. La recente crisi finanziaria, così come quella del 1929, dimostra che delle regole sono necessarie per limitare il campo di azione, e per vigilare sull’operato delle banche. Queste regole servono prima di tutto a tutelare i risparmiatori e i clienti, che affidano il loro denaro e in un secondo luogo per assicurare la stabilità dell’intero sistema economico. In Italia, per assicurare la clientela , su tutti i conti correnti esiste una garanzia pubblica che, in caso di fallimento, viene rimborsata dallo Stato fino a un massimo di 103.000 euro.
L’ACCORDO DI BASILEA. Tra i diversi accordi internazionali per regolamentare il sistema bancario, uno dei più importanti è quello di Basilea del 1988, seguito dall’accordo di Basilea II nel 2004. Tale accordo prevede che per ogni prestito erogato le banche debbono tenere a disposizione un certo patrimonio per tutelare la clientela. La quantità di capitale da tenere a disposizione varia a seconda del rischio del finanziamento e oscilla intorno all’8%. C’è però un modo per eludere l’accordo e continuare a prestare soldi, che spiega la crisi del 2.007: LA CARTOLARIZZAZIONE.
LA CARTOLARIZZAZIONE DEI CREDITI. La cartolarizzazione è un processo finanziario che permette alle banche di trasformare un credito ( es. un mutuo ) in titoli finanziari, che possono essere rivenduti sui mercati ( es. obbligazioni ). Questo meccanismo è stato al centro della crisi finanziaria del 2007. Le banche concedevano prestiti anche a persone prive di qualunque garanzia ( il clienti subprime, al di sotto dei migliori ), perché rivendevano gli stessi mutui sui mercati dopo averli trasformati in obbligazioni, rientrando subito dei soldi erogati, liberando risorse che possono essere utilizzate per altri prestiti. Per capire la dimensione del fenomeno, negli Stati Uniti nell’anno della crisi (2007 ) il totale delle obbligazioni emesse dalle imprese ammontava a 5800 miliardi di $. I titoli del Tesoro degli Stati Uniti erano pari a 4500 miliardi. I titoli basati sulle cartolarizzazioni erano 11.000 miliardi di $, ovvero erano superiori a tutte le altre obbligazioni circolanti negli USA.
FATTE LE REGOLE TROVATO L’INGANNO. Uno dei vantaggi della cartolarizzazione consiste nel poter eludere le regole e i controlli, in particolare quelli sul capitale proprio che le banche devono garantire per ogni prestito. Nel processo di cartolarizzazione avviene un passaggio in più. La banca che ha concesso il mutuo, non emette le obbligazioni, ma vende il muto a una società veicolo. La società veicolo versa alla banca il valore del mutuo e per finanziarsi emette obbligazioni che vende sul mercato. Questo significa che la banca si disfa del suo credito. Grazie alle (SPV) le banche possono portare fuori bilancio i mutui e gli altri crediti, scaricare il rischio ed erogare sempre più prestiti. Le società veicolo agiscono come le banche e costituiscono il cuore del sistema bancario ombra.
I PARADISI FISCALI. Le imprese finanziarie e produttive, e i grandi capitali possono liberamente muoversi in giro per il mondo alla ricerca del territorio più adatto per ogni loro esigenza, consigliate da stuoli di consulenti, avvocati e commercialisti, e per sfruttare ogni anfratto della gigantesca zona grigia nella legislazione internazionale, al confine tra operazioni legali e illegali. Una zona in cui troviamo senza soluzione di continuità il riciclaggio del denaro delle peggiori mafie internazionali e piccoli imprenditori vessati dal fisco che portano i loro profitti al sicuro all’estero, e con trucchi più disparati per pagare meno tasse.
CONCLUSIONI. Cartolarizzazioni, sistema ombra, attività speculative, leva finanziaria, paradisi fiscali non sono un elenco esaustivo dei problemi di buona parte del sistema bancario degli ultimi anni. • L’attuale sistema bancario ha rotto e comunque seriamente compromesso il proprio << contratto sociale >> secondo il quale opera nell’interesse dell’economia e dell’insieme della società. Da strumento per le attività umane le banche si sono in gran parte trasformate in problema per la società e in fonte di instabilità e crisi.
Per salvarle dal baratro gli Stati hanno dovuto versare oltre 3500 miliardi di aiuti in quattro anni, una cifra che da sola basterebbe a pagare tutti i debiti di Italia, Spagna, Grecia e Portogallo e di questi aiuti ben oltre la metà sono stati versati dagli Stati Uniti e poi dall’Europa con il Regno unito (978 ), la Germania, ( 417 ), l’Irlanda ( 147), l’Olanda (143), il Belgio (137), e poi con cifre minori l’Austria, la Francia, il Portogallo, la Spagna e infine l’Italia con 4,1 miliardi, scaricando dette perdite sui cittadini. La finanza muove il mondo e nessuno può permettersi il fallimento di grandi banche. Peccato però che mentre ai cittadini si chiede di tirare sempre più la cinghia, ai big del credito sia ancora concesso tutto, compreso stipendi da favola e liquidazioni multimilionarie; a fine 2011 il valore dei derivati sulla roulette dei mercati era arrivato all’iperbolica cifra di 647 miliardi di $, nove volte il PIL mondiale.
LA CRISI DEL 2007- 2008 • I MOTIVI SCATENANTI. Il sistema finanziario è al centro della formazione e del successivo scoppio della bolla dei mutui subprime e della conseguente crisi finanziaria. Le banche concedevano mutui anche alla clientela più rischiosa e priva di garanzie perché grazie al sistema delle cartolarizzazioni potevano rivendere gli stessi mutui sui mercati. Dopo l’insolvenza dei primi mutuatari l’intero sistema è andato rapidamente nel panico e si è bloccato. La perdita di valore dei crediti subprime rispetto al periodo pre crisi ad aprile 2008 è stata di 45 miliardi di dollari.
LA LEVA FINANZIARIA. Diversi soggetti a partire dalle stesse banche, lavoravano con una leva finanziaria pari o anche superiore a 40 o 50 a 1. Subito dopo la bolla dei subprime scoppia la bolla dei debiti, di dimensione enormemente maggiore, e le banche sono costrette a vendere parte dei titoli nel portafoglio, naturalmente non i titoli tossici, che non vuole più nessuno, ma azioni, obbligazioni e titoli di Stato che hanno ancora un mercato. Determinando il crollo dei prezzi aumentando notevolmente l’offerta. Come un’epidemia la crisi dei subprime contagia l’intera finanza globale, che si è rilevata un colosso dai piedi d’argilla, trascinando con sé l’insieme dell’economia.
IL SISTEMA BANCARIO OMBRA NELLA CRISI. Al centro del processo non troviamo però solo le banche, ma anche e soprattutto il sistema bancario ombra (SPV) a loro legate. Le società ombra hanno preso in prestito i soldi dei risparmiatori, dei fondi di investimento, dei fondi pensione e li hanno investiti in titoli sempre più incomprensibili e rischiosi. Finché cresceva la bolla finanziaria basata su quei titoli, i profitti salivano a dismisura, attirando sempre nuovi capitali. Con la flessione del sistema immobiliare statunitense la bolla è scoppiata e buona parte dei titoli che circolavano nel sistema bancario ombra si è rilevata per quello che era: spazzatura, iniziando una corsa sfrenata a disfarsene, con vendita a ribasso e lo scoppio del panico.
IL CONTAGIO ALL’ECONOMIA REALE E BILANCI CREATIVI PER NASCONDERE LA CRISI. Il blocco della finanza ha trasmesso la crisi all’economia reale. Le imprese si finanziano tramite prestiti bancari o emissione di azioni o obbligazioni. Senza accesso al credito verranno meno nuovi investimenti e quindi rallenterà l’occupazione, che significa meno capitali a disposizione di lavoratori e famiglie, meno consumi e meno vendite per le imprese, aggravando la crisi dell’economia reale e innescando una spirale recessiva. Gli Stati allora sono dovuti intervenire per tappare le perdite e salvare le banche, che mentre fino ad allora erano tenute a iscrivere nel portafoglio i titoli al valore di mercato, sono state invece autorizzate a iscrivere i titoli al prezzo a cui li avevano comprati. Questo accorgimento , di cambiare in corsa le regole, ha permesso a bilanci disastrati, di tornare di colpo in attivo o comunque a mascherare le perdite effettive.
LA FINANZA COME MEZZO, LA FINANZA COME FINE. Nel periodo del consumismo guidato unicamente dal dogma della continua crescita dei consumi, del PIL, come risolvere il paradosso? Come vendere sempre più automobili, più telefonini e più prodotti a persone sempre più povere? La soluzione è in apparenza molto semplice: indebitando le famiglie, le imprese e gli Stati per drogare i consumi e la crescita economica. Di fronte alle persone facoltose che spendono sempre meno del loro reddito, per riuscire a mantenere una elevata domanda , che potesse assorbire almeno in parte l’offerta, il declino del potere d’acquisto dei lavoratori è stato compensato con il debito, ovvero affidando alla finanza il compito di supplire agli squilibri di reddito che la stessa aveva causato.
Lo sviluppo della finanza è stato quindi funzionale alla creazione di una massa crescente di debiti, ovvero è stato il mezzo che ha permesso questa trasformazione economica e sociale. Il progressivo sviluppo della finanza e della tecnologia informatica fa si che il settore finanziario garantisca tassi di profitto più alti del resto dell’economia. Le imprese e i capitali cercano quindi una remunerazione dalla speculazione finanziaria, allontanandosi dalle attività produttive.
La finanza ha creato un sistema basato sui derivati non regolamentati, sulle cartolarizzazioni, e sul sistema ombra per espandere la massa di denaro, di scommesse e di debiti. I mutui subprime sono stati unicamente la scintilla che ha fatto scoppiare la crisi, costituita dalla gigantesca bolla fatta di debiti e speculazione. E la finanza neoliberista, che per decenni aveva postulato l’esistenza di mercati efficienti e la necessità che lo Stato si facesse da parte ha di colpo avuto bisogno di migliaia di miliardi di soldi pubblici per non collassare.
LA FINANZA PUBBLICA
In questa seconda parte vengono esaminati i comportamenti degli STATI, i loro indebitamenti, lo SPREAD, e i derivati. I piani di salvataggio. Gli squilibri su scala mondiale, compresi quelli monetari e la svalutazione. Le politiche fiscali e i paradisi fiscali. Il debito pubblico in Italia. L’evasione fiscale e l’economia sommersa. La recessione in atto in conseguenza della crisi. Le Banche Centrali e gli interventi in economia. Il salvataggio delle banche. Le soluzioni proposte dalla Comunità internazionale: una visione sbagliata e ingiusta. L’estremismo neoliberista.
GLI STATI • Le questioni di finanza pubblica sono complesse. La cinghia di trasmissione della finanza privata del 2007-2008 a quella degli Stati e delle finanze pubbliche del 2011 è diretta ed evidente. I governi sono dovuti intervenire con enormi iniezioni di capitali, prima per salvare il sistema finanziario dal completo collasso e subito dopo per cercare di fare ripartire l’economia, e si sono quindi dovuti indebitare
IL DEBITO: NON SOLO IN TITOLI DI STATO • Gli Stati hanno delle entrate e delle uscite. Le entrate sono principalmente quelle fiscali ( tasse e imposte ), mentre le uscite sono costituite dalle diverse spese investimenti pubblici, infrastrutture ( strade, scuole ), mantenimento della pubblica amministrazione, della giustizia e dell’ordine pubblico. Se in un anno le uscite superano le entrate lo Stato ha un deficit. In questa situazione lo Stato deve trovare risorse per finanziare la propria attività. Il debito pubblico è la somma di tutti i deficit accumulati. Una possibilità per far fronte a un deficit è aumentare il debito attraverso l’emissione di titoli di Stato, che per l’Italia sono rappresentati dai BOT, BTP e CCT che sono in pratica obbligazioni.
Il valore del debito totale dello Stato, in Italia, è composto dal valore della somma dei titoli di Stato circolanti, e dai debiti delle amministrazioni locali, i debiti della pubblica amministrazione verso i propri fornitori, e quindi di tutte le passività lorde dello Stato e di tutti i suoi enti. I titoli di Stato hanno una scadenza e vengono emessi dal Tesoro previa indizione di aste pubbliche alle quali partecipano le banche e le società di intermediazione abilitate. Il finanziamento del debito sui mercati, ove agiscono altri Stati, con economie più solide della nostra, ha quindi un costo legato al tasso di interesse al quale vengono emessi i titoli. Lo spread è la differenza tra il tasso di interesse offerto dalla Germania e quello dall’Italia.
SPREAD e CDS: misurare o determinare il rischio? • Al di la dei vincoli europei , maggiori sono gli interessi, maggiori sono le difficoltà a tener fede alle promesse fatte e rimborsare il debito. Oltre allo spread esistono anche altri indicatori della rischiosità di uno Stato, quali i CDS ( derivati ) che permettono di assicurarsi contro un fallimento. , e sono diventati un indicatore dello Stato di salute di un Paese. Il costo di un CDS è in qualche modo un indicatore della probabilità che il fallimento si verifichi davvero.
LA CRISI DAL PRIVATO AL PUBBLICO • I PIANI DI SALVATAGGIO. Alla fine del 2008 l’intero sistema finanziario era sull’orlo del collasso. A causa del crollo della fiducia le banche non prestavano più soldi, né tra di loro sul mercato interbancario, né alla clientela. Sono dovute intervenire le banche centrali come prestatori di ultima istanza, ovvero sostenendo le banche in difficoltà fornendo loro prestiti. Già dalla metà del 2007, sia la FED, il sistema bancario centrale degli USA, sia la BCE in Europa sono intervenute prestando decine di miliardi di dollari agli istituti in difficoltà. Per stimolare il sistema i governi sono arrivati fino ad acquistare i titoli tossici in cambio di denaro fresco, per dare iniezioni di liquidità alla finanza.
IL DEBITO DAL PRIVATO AL PUBBLICO. I debiti pubblici sono aumentati in maniera drammatica dopo il salvataggio del sistema bancario e finanziario. In soli due anni , tra il 2009 e il 2011, il debito pubblico USA è passato dall’84 al 99% del PIL, dal 2007 al 2010 in Francia dal 63 all’81%, in Germania dal 63 all’81%. Complessivamente il deficit europeo è passato dallo 0,6% del PIL al 7%. Il debito pubblico italiano è salito a 1900 miliardi di euro. Già all’inizio del 2009 diversi quotidiani segnalavano come i piani di salvataggio delle banche potrebbero portare l’Unione europea in crisi, dato che è evidente come lo sforzo gigantesco compiuto dai governi avrebbe portato conseguenze nei conti pubblici.
SQUILIBRI IN EUROPA E SU SCALA MONDIALE • L’Unione europea è frutto di un progetto di integrazione sovranazionale che ha prodotto una moneta unica, un mercato unico con libera circolazione delle merci, l’abbattimento dei controlli sui movimenti di capitali, la creazione di una banca centrale europea (BCE). Secondo gli accordi di Mastricht gli Stati si sono impegnati a rispettare alcuni parametri: un debito massimo pari al 60% del PIL e un deficit non superiore al 3% del PIL. Per le imprese è possibile sfruttare le differenze di legislazione per stabilire le sedi produttive e piano piano il sistema di solidarietà e di welfare è stato soppiantato in una corsa verso il fondo in materia di leggi e di tutele.
SQUILIBRI COMMERCIALI SU SCALA EUROPEA. In concreto esistono squilibri tra i diversi Paesi: Germania e quelli del centro Europa da una parte e quelli della periferia più deboli Portogallo, Irlanda, Grecia, Spagna, chiamati spregiamente PIGS ( maiali ), sempre più spesso una seconda I, indica Italia. La moneta e il mercato unico hanno messo questi Paesi in competizione, e i Paesi della periferia hanno registrato deficit crescenti nei confronti del centro, e in particolare delle banche dei Paesi più forti, in primo luogo quelle tedesche, ma anche francesi e inglesi. E’ da sfatare il mito che i tedeschi sono più competitivi perché lavorano di più e che l’aumento della produttività in Germania sia maggiore rispetto alla periferia.
In verità la Germania ha addirittura mantenuti fermi i salari o li ha addirittura diminuiti e si è posta l’obiettivo di diventare un competitore globale , sfidando gli USA e persino la Cina sul piano dell’export, diventando uno dei maggiori esportatori nel mondo, non certamente su scala mondiale, ma europea. Nella visione neoliberisa e mercantile che si cerca di imporre a inizio 2012, l’intera UE deve comprimere i salari e il costo del lavoro per ingaggiare una corsa al ribasso con la Cina e le altre potenze emergenti, e invece di svalutare la moneta la Germania chiede di svalutare il costo del lavoro. La Germania partiva da una posizione di forza , dovuta a una molteplicità di fattori, dalle spese per la ricerca alla dimensione delle imprese, dalla produttività alla rete di infrastrutture, e salari pressoché invariati mentre crescevano quelli degli altri Paesi, ma per effetto dell’inflazione.
L’inflazione più alta soprattutto dopo l’entrata in vigore dell’euro è legata al credito facile per finanziare i consumi nei Paesi della periferia, che nel frattempo aumentavano le loro importazioni proprio dalla Germania, che ha accumulato un surplus di oltre 1000 miliardi di euro dal 2000. L’impossibilità dei Paesi della periferia di poter svalutare la propria moneta rispetto a quella tedesca ha peggiorato le cose producendo squilibri che ora si vogliono far rientrare con piani di austerità e diminuendo il costo del lavoro nei Paesi della periferia.
SQUILIBRI SU SCALA GLOBALE La Cina è diventata la fabbrica del mondo e presenta un gigantesco surplus commerciale, mentre gli USA sono i primi consumatori del pianeta e registrano deficit spaventosi. Gli Usa si indebitano per comprare prodotti cinesi e i cinesi acquistano titoli di stato statunitensi, in pratica consentendo a quest’ultimi di comprare a credito e mantenendo così il livello di vendite e produzione. Una situazione che sta esasperando gli squilibri su scala globale e le tensioni valutarie. In Europa la Grecia e gli altri Stati della periferia si sono indebitati per comprare prodotti tedeschi. Nel caso della Cina è lo Stato ad aver prestato soldi agli USA con l’acquisto di buoni del tesoro statunitensi, mentre in Europa sono le banche private a prestare i capitali necessari ai Paesi della periferia per mantenere alta la produzione e le esportazioni nei Paesi del centro. Diversi analisti segnalano come la prossima crisi potrebbe scoppiare per la condizione dell’economia cinese e la presenza di una colossale bolla immobiliare, a cui potrebbero sommarsi le difficoltà degli USA ove il debito ha superato il 100% del PIL, dato anche che è lecito domandarsi per quanto tempo gli americani potranno accumulare deficit per comprare a credito dalla Cina?