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cls riabilitazione 2012. “epistemologia professionale” . nelle professioni della salute e della cura. prof.Patrizia de Mennato . i contenuti. costruire una biografia professionale - saperi e apprendimenti- EBM/NBM - lo stile di assistenza - clima comunicativo - ascolto attivo - .
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cls riabilitazione 2012 “epistemologia professionale” nelle professioni della salute e della cura prof.Patrizia de Mennato i contenuti costruire una biografia professionale - saperi e apprendimenti- EBM/NBM - lo stile di assistenza - clima comunicativo - ascolto attivo - la pratica riflessiva - le emozioni dell'operatore - dalla compliance all'alleanza terapeutica - il contratto riflessivo la metodologia formativa la pratica riflessiva
[…….. ] Ma quali sono le motivazioni dietro alle segnalazioni o alla richiesta di una consulenza medico-legale?Non sempre infatti c' è un reale errore medico…. L' approfondimento indica che la maggior parte di ciò che viene percepito come errore dai cittadini riguarda gestione, attenzione e comunicazione nei confronti del malato e della propria famiglia. Quest' ultima è qualitativamente carente e fa sentire il cittadino trattato male. La maggior parte dei disagi percepiti dai cittadini riguarda la relazione medico-paziente (33,5%). Un pizzico di umanità in più eviterebbe buona parte delle segnalazioni. Per esempio, molto spesso viene riferito che, in sede di acquisizione del consenso, il medico non precisa la modalità della prestazione, le sue finalità, i rischi ad essa connessi, le eventuali complicanze, gli effetti collaterali, le alternative e i risultati prevedibili. Ovviamente non tutte le segnalazioni diventano denunce e non tutte le denunce finiscono in un' aula di Tribunale. L' 80 per cento dei procedimenti giudiziari vengono alla fine archiviati. Restano però quei 32 mila casi ogni anno di morti in ospedale causate da errori medici: il 2,5% circa del totale dei decessi in Italia, secondo i dati Istat. Più dei morti per incidenti stradali. Con una spesa che si aggira intorno ai 260 milioni di euro all' anno, solo per il prolungamento dei tempi di degenza. Ma c' è di più: 1 su 6 di questi errori, circa 5.000, non è dovuto a negligenza, a incompetenza o a mancanza di conoscenze tecniche, bensì alla fallibilità del ragionamento umano: si chiamano errori cognitivi. Le possibili soluzioni sono: formazione, lavoro in team e simulazione delle emergenze, come in aeronautica. La lacuna più grave è però quella che metà degli ospedali non sa quanti e quali errori commettono. E che, quindi, non può lavorare per ridurli al minimo. Conclude Gaudioso: «Chiediamo al ministro della Salute di rendere operative su tutto il territorio nazionale le linee guida sugli errori, le check list e tutti gli strumenti di prevenzione che già esistono, ma corrono il rischio di rimanere solo dei pezzi di carta o relazioni ai convegni». (Corriere della Sera: 9.01.2010) una epistemologia professionale si costruisce sulla capacità di riflettere su di sè richiede di mettersi di fronte al nostro pensiero, alle nostre aspirazioni, alle nostre azioni, ai nostro sentimenti, alle nostre emozioni.......
La Formazione continua è centrata nella capacità di riflettere sul proprio apprendimento attraverso l’esperienza concreta della pratica professionale L’identità delle professioni mediche e sanitarie evidenziano segnali di una trasformazione che incontra significativi momenti di crisi e di dibattito interno. Le professioni della salute e della cura - essendosi costruite nel recente passato su di una idea di professionalità ancorata ai principi del modello biomedico ed all’interno di una cultura organizzativa marcatamente caratterizzata dalla medicalizzazione, burocratizzazione e dall’aziendalizzazione - sembrano spesso non rispondere alla domanda di “comprensione” nella prassi medico-sanitaria ed alla sempre più consistente domanda sociale di salute. Gli elementi di criticità del Sapere Personale Professionale ( de Mennato) si possono comprendere “ osservandoli” imparare ad osservare “occorre scoprire che la medicina è fatta anche, e forse soprattutto, di storie (oltre che diagrammi, numeri e dati analitici); il cinema può costituire un immenso archivio, formativamente disponibile e utile, di esse( S.Beccastrini) I Film ci permettono di attivare in un percorso metacognitivo che utilizzi materiali di conoscenza costruiti secondo il “paradigma narrativo” (es. letteratura, storie di malattie, fiction, autopatografie) e nel quale il professionista impari ad osservare in profondità, interpretare, riconoscere i significati dell’esperienza personale. Si tratta, dunque, di offrire occasioni di riflessione che mettano in evidenza quanto la conoscenza consolidata – e tuttavia in trasformazione – del sapere medico si collochi in un clima culturale ed in un ethos scientifico inquieti che sviluppano la capacità di osservarsi nella singolarità delle condizioni non strutturate, flessibili e dinamiche proprie della pratica professionale (Personal-Practical-Knoledge).
noi siamo interessati all’esperienza Vogliamo sollecitarvi a riflettere sulle esperienze che costruiscono la vostra identità professionale Vogliamo sollecitarvidall’assumere voi stessi come oggetto della vostra formazione ….Sono le cose che sappiamo, le azioni intraprese, i risultati conseguiti, i progetti ed i fallimenti a costituire l’oggetto di riflessione nel corso della pratica professionale in modo da costruire un vero e proprio “repertorio personale di pratiche esperte” maturate nel tempo. Un patrimonio di azioni professionali che si riverberi all’interno del contesto di lavoro, delineando un clima di assistenza ed una vera e propria “comunità di buone pratiche”. La costruzione di una competenza professionale di questo tipo, però, non sostituisce l’expertice tecnica prodotta da una solida conoscenza specialistica, ma ci insegna a tradurlo in capacità di “ capire”. In capacità di avere accesso alla gran parte delle informazioni che provengono dal soggetto, dalla situazione e dal professionista stesso e che spesso rimangono sottaciute proprio perché il percorso tradizionale di formazione alla professione non insegna a riconoscere il valore costruttivo di questi strumenti riflessivi a favore di conoscenze tecniche e formalizzate. Il rifugiarsi così frequente all’interno di eccessi di “professionalizzazione” mostra – proprio – la tendenza ad estraniare ed a neutralizzare il disagio che il contatto con l’altro in difficoltà attiva negli stessi operatori della cura, mascherando con strategie inconsapevoli di fuga la profonda natura “personale”[1] dell’azione professionale. imparare a riflettere [1]P.de Mennato, Il sapere personale riflettere è trasformare a partire dalle pratiche quotidiane Elaborati degli studenti corso 2006-2007
l'esperienza personale … che permette di prendere coscienza e di riconfigurare la realtà della cura secondo i punti di fuoco situati che includono l’osservatore l’impegno alla pratica riflessiva comporta la ridefinizione dell’identità professionale compito è una biografia Il carattere funzionale della [professione] riduce [il professionista] a un semplice impiegato.[…] deve diventare non più solamente una funzione, una specializzazione, una professione, ma un compito…………[che esprime] un incredibile miscuglio tra coercizione e volontarismo.E. Morin Attenta alla singolarità, all’emergenza, alla “novità” sulladimensione stilistica e narrativa è la conoscenza personale che lega l’evidence-based alla relazione centrata sulla cura. Epstein (1999)
Alla ricerca del professionalism .............. cos’è oggi? ................... Il riconoscimento della dimensione conoscitiva, pratica, etica,sensibile al contesto della complessità “riflessione critica su una competenza globale, che rende capaci di operare scelte professionalmente competenti quando sono in gioco elementi dilemmatici o di complessità.” [F. Consorti, L. Potasso, E. Toscano]. I cardini del professionalism recuperano dignità epistemica alla complessa costruzione del pensiero nel quale vanno reintrodotte a pieno titolo l’ insieme delle doti umane (rispetto, compassione, integrità) proprie dell’umanesimo (humanism), le competenze riflessive, di automonitoraggio, di apprendimento reciproco, di auto-regolazione (self assessment, regulation and reflection), etiche e della comunicazione (ethicalreasoning, communicationskills). “saggezza pratica” che viene solo dall'esperienza prolungata. Hilton e Slotnick (2005) L'obiettivo della pratica è un "azione saggia […] il giudizio ne è la chiave(Harris, 1993) …………...
il pensiero complesso deve essere riflessivo Epistemologia della pratica riflessiva ………. “pratiche per l’azione”, La riflessione nel corso dell’azione ESSERE NELL’ESPERIENZA/APPRENDERE NELL’ESPERIENZA/APPRENDIMENTO TRASFORMATIVO La riflessione nel corso dell’azione non si attiva solo riproducendo procedure note; essa è indotta dall’elemento insolito ed imprevisto – dal “caso” direbbero i teorici della complessità – dalla “sorpresa” afferma Schön. La condizione di tale riflessione è data proprio dall’essere “attrezzati” a riconoscere nuove emergenze di forma che rimettono in discussione interpretazioni e strumenti dell’azione consuetudinari
La formazione medica - oggi - riguarda prevalentemente la costruzione di un sapere fatto di “ scienza, tecnologia, professione esercitata in un modo sempre più veloce”( Cagli, 2007) facciamo i conti con la nostra idea di medicina La medicina “ seppure è una scienza, è una scienza dell’incertezza” ( G.Cosmacini, Prima lezione di medicina) A questa “scelta di campo della medicina”( Del Vecchio, 2008) si adeguano gli studenti in medicina “E’ come se nella medicina occidentale – sia a livello di formazione che di pratica professionale – convivessero due anime, in essa profondamente radicate: l’anima biologica e l’anima clinica. A queste due anime corrispondono a due paradigmi di pensiero differenti che coesistono ed interagiscono continuamente nella pratica medica, soprattutto nelle sue branche meno specialistiche”[1]. Questa doppia anima del pensiero medico traspare nel pensiero di tutti noi ed interviene come teoria e come condizione di scelta preferenziale nel nostro agire professionale. …Non vi è segno più vivido della persistenza di queste idee della fame di tecnica così caratteristica negli allievi delle professioni”(D.H.Schon, Il professionista riflessivo) in queste affermazioni sono iscritti i più alti gradi di [1] L. Zannini, Idem, pag. 136. potenza e debolezza del vostro agire professionale
formare alla cura nelle professioni sanitarie “E’ come se nella medicina occidentale – sia a livello di formazione che di pratica professionale – convivessero due anime, in essa profondamente radicate: l’anima biologica e l’anima clinica. A queste due anime corrispondono a due paradigmi di pensiero differenti che coesistono ed interagiscono continuamente nella pratica medica, soprattutto nelle sue branche meno specialistiche”L. Zannini, Salute malattia e cura, cit. pag. 136. delineare un abito mentale Cura To cure/to care
il "sapere professionale" è un "sapere personale" che si costruisce nel tempo produce filtri cognitivi, aspettative, valutazioni in rapporto alla propria esperienza ed al compito riflettere su di esso.... è trasformare riflettere su di esso.... è farsi domande Elaborati degli studenti corso 2006-2007 IL GRANDE COCOMERO – cosa dovevamo sapere “la medicina rappresenta una singolare unità di conoscenza teoretica e di sapere pratico, una coesione che non può essere intesa come applicazione della scienza alla prassi. Dunque consiste in un genere speciale di scienza pratica di cui, nel pensiero moderno, si è smarrito il concetto”. H.Gadamer costruisce una "biografia professionale"
cos'è una biografia professionale È la storia della nostra conoscenza in rapporto a quello che noi stessi sappiamo di essa È la storia dellanostra esperienza in rapporto a quello che noi stessa sappiamo di essa La qualità professionale, certamente prodotta anche da tratti personali, non può essere abbandonata a un talento spontaneo, ma è il risultato di un lungo processo di formazione che ha come soggetto se stessi e che è attuato con se stessi; si fonda su una personale sensibilità che non è innata, ma è il frutto della storia personale dell’individuo e della sua formazione. Richiede cioè che ogni professionista del lavoro di cura affini una competenza che gli permetta di porsi “davanti a uno specchio”, di imparare dalla “concretezza esistenziale” delle proprie esperienze personali, dalla coscienza biografica, dai legami che la nostra mente intesse con il “sapere” de Mennato P, Formare al lavoro sociale, Guerini, Milano, 2005 Medici per la vita riguarda la nostra capacità di entrare in rapporto con... … l’identità personale e cognitiva che interviene e si modifica nel corso delle esperienze professionali
la "biografia professionale" è un "sapere personale" che si costruisce nel tempo AGENDO sui modi del conoscere saperi formalizzati Le nostre interazioni con gli altri sono influenzate dal nostro sapere tacito, dalla nostra visione del mondo, dalla nostra “conoscenza personale” (M.Polanij) (teorie ingenue, conoscenze spontanee) e dalle nostre aspettative nei loro confronti.(J. Bruner) sui sistemi interpretativi che caratterizzano l’attività professionale individuale e le “comunità di pratiche”. (ricerca biomedica, epidemiologica e clinica) Corpi organizzati di conoscenze che rispondono ad un punto di vista e producono propri vincoli e limitazioni Le nostre conoscenze scientifico/professionali formano una“intelligenza specifica” ed una “attrezzatura strumentale” che funge da “mediatore” dei significati della realtà consentendo di spiegare fatti contingenti e particolari.(J.Bruner) Questi esprimono un sapere situato ( in un particolare contesto situazionale e cognitivo) e distribuito ( in forma tacita nelle menti dei soggetti che condividono una pratica quotidiana e professionale) (expertise) Costruiscono criteri di significato e “versioni del mondo”(N. Goodman) di noi stessi degli altri saperi taciti Patch Adams. I saperi La mia storia professionale è un continuo intreccio tra storia personale e professionale, come tutte le storie d’altronde; ho impiegato anni per mettere insieme tutti i pezzi e questo Corso è stata l’ulteriore possibilità di scoprire nuovi tasselli per riuscire a costruire un primo puzzle, sapendo che ne potranno seguire altri. Elaborati degli studenti corso 2007-08
la nostra professionalità cambia attraverso le relazioni con gli altri, con i saperi, nell’ambito delle “comunità di pratiche” e anche attraverso il costruirsi nel tempo della propria conoscenza (P.P.K.)(cfr.Connelly, Clandinin) biografia professionale saperi L’argomento scelto per la tesi era suggerito dalla consapevolezza che non possa esistere una riabilitazione che non tenga conto dell’uomo e dei molteplici aspetti e particolarità del soggetto a cui essa si rivolge, per capire e comprendere, oltre le problematiche di disabilità, anche il mondo racchiuso in ciascun soggetto affinchè l’intervento riabilitativo possa essere significativo oltre che sul piano del recupero delle funzioni anche sulla qualità della vita, dell’autonomia, dei rapporti interpersonali e dell’inserimento sociale. Lo stile professionale traduce l’insieme di valori, di norme e di pratiche incorporati dai professionisti della salute all’interno del lavoro di cura e costituisce l’habitus attraverso il quale il professionista della cura si relaziona con i soggetti della cura. Lo stile professionale è condizionato da modelli di cultura della salute che si condividono anche inconsapevolmente (contenenti rappresentazioni, valori, linguaggi, etc), (P.deMennato “Formare al lavoro sociale”) Elaborati degli studenti corsi 2005-2006 Dopo più di un mese nonostante la messa in opera di tutte le strategie riabilitative di mia conoscenze il quadro rimaneva sostanzialmente invariato, ma qualcosa dentro di me diceva che non stavo facendo abbastanza e non nella direzione giusta. Ripensai alla mia esperienza con i bambini, al ruolo fondamentale della madre nello sviluppo, all’importanza della relazione corporea quando i normali meccanismi di percezione sono alterati e pensai di coinvolgere la madre anche nel trattamento riabilitativo. La proposta fu accolta con naturalezza, sebbene ambedue fossimo un po’ preoccupate su come procedere, ma la serenità della madre mi contagiò dandomi l’idea che insieme avremmo potuto fare il massimo possibile per la ragazza. Concordammo insieme l’approccio migliore nella conduzione della giornata, la presenza dei fratelli e degli amici che era possibile coinvolgere, le stimolazioni da proporle, il modo in cui rapportarsi, come sottolineare i piccoli successi e come stimolarne l’attenzione. Da parte mia misi in secondo piano le tecniche di mobilizzazione tradizionali per concentrarmi su un approccio motorio globale che comprendeva anche il recupero della posizione fetale, dondolii e cullamenti accompagnati da nenie e filastrocche cantate sottovoce.
il percorso di costruzione di una “epistemologia professionale” “ci si trova a dover affrontare problemi caratterizzati da situazioni “sconcertanti, turbative, complesse, incerte, caratterizzate da instabilità, unicità e conflitti di valore” D. Schon, Il professionista riflessivo La malattia ha due volti [1] da un lato si esprime in un corpo oggettivato, può essere descritta attraverso strategie di ricerca rigorosa di tipo sperimentale e quantitativo, rimossa o modificata con interventi tecnici, dall'altro è esperienza soggettiva vissuta dall'individuo e dai suoi familiari e dallo stesso medico, che può essere conosciuta attraverso strategie di ricerca altrettanto rigorose di tipo qualitativo e compresa grazie a metodologie riflessive che possono influenzarne la prognosi ed il decorso (es. la presa in carico) [1]U. Galiberti, La casa di Psiche, 2006. Esprime le “coppie concettuali” che incontriamo all’interno dei ragionamenti medici e di cura. Qual’è la nostra posizione rispetto a queste coppie concettuali? proviamo a fare degli esempi .............
... l"idea di salute/malattia ....... rilevanza del vissuto una sfida al sapere tradizionale il significato attribuito alla salute appartiene alla nostra storia personale disease ( malattia fisica) attenzione ai segni (sintomi, dati clinici, parametri bio-fisologici) illness ( sensazione personale dello star bene/male) rilevanza dell'oggetto attenzione ai significati (es.attribuzione di valore ai sintomi nel contesto personale ) epistemologia empirico-quantitativa epistemologia costruttivista “Quando una persona entra in un ospedale, in un ambulatorio o in un consultorio territoriale, diviene terreno della pratica medica, dell’assistenza infermieristica, … assistiamo ad una vera e propria trasformazione che avviene attraverso una serie di atti precisi e codificati che fanno sì che la persona diventi “paziente” e che il suo corpo diventi un “oggetto medico”. “qualità della vita percepita” “Parlare di salute vuol dire comprendere il significato di particolari o quotidiani eventi, dei conseguenti adattamenti o disadattamenti attivati e dei desideri e delle aspettative di un soggetto che si trova inserito in un determinato ambiente. Parlare di salute, in definitiva, significa parlare della vita di ciascuna persona, non solo per quello che essa è, ma soprattutto per come viene percepita e vissuta” Zannini L., Salute, malattia, cura, Franco Angeli, Milano, 2001, p. 44.. K.Young Hanna e le sue sorelle
... tipo di razionalità ....... forme del "ragionamento medico" scelta di una razionalità riflessiva scelta della razionalità tecnica rilevanza dell'expertise rilevanza della conoscenza personale La razionalità tecnica prevede azioni compiute nel rispetto di saperi consolidati “ritenuti risolutori di problemi attraverso tecniche e saperi specialistici” Processi di standardizzazione delle azioni professionali Il punto-di-vista riflessivo offre una “personale visione” delle opportunità che le condizioni di realtà rendono accessibili, valorizza la dimensione singolare dell’azione, assume una dimensione predittiva e progettuale “Ciò che il malato sente è personale, soggettivo, e quindi ritenuto inutile. Questo punto di vista spinge la medicina a entrare sempre più nello specifico, nel microscopico, a intraprendere un processo di molecolarizzazione. Il protagonista è quindi la cellula: è lei l’oggetto di cura”[1]. Sono molti i segnali provenienti dai contesti della cura che ci rendono consapevoli dei limiti del modello bio-medico e in particolare noi fisioterapisti percepiamo questi messaggi quotidianamente, perché a differenza dei medici trascorriamo molto tempo con i pazienti e abbiamo modo di entrare nel loro vissuto emozionale, di conoscere le loro ansie, le loro paure, i loro dubbi e ci rendiamo conto che questi aspetti rappresentano barriere enormi nel percorso riabilitativo e nel progetto di vita futuro. [1] uno studente. Corso di Storia della Medicina 2009 Elaborati degli studenti corsi 2007-08 WIT. perchè il cancro
...i modelli di diagnosi... ... Narrative-based medicine ... ... Evidence-based medicine ... … medicina basata su prove di efficacia e sulla diffusione dei risultati della ricerca sperimentale, costruisce modelli interpretativi e diagnostici centrati sui meccanismi fisiopatologici, epidemiologici e terapeutici più accreditati “La pratica clinica sviluppa una dimensione dialogica che si concretizza in un “discorso sul malato e sulla malattia che non è soltanto una spiegazione, ma che è anche comprensione, produzione intersoggettiva di significato” ( H.G.Gadamer. Dove si nasconde la malattia. Milano Cortina 1994) PRODUCEUNA FORMA SPECIFICA SI OSSERVAZIONEUN PUNTO-DI-VISTA • l’esperienza narrativa consente di lavorare sul proprio apprendimento trasformandolo. • l’attività narrativa su “i casi clinici” genera teorie dalla pratica. • l’esperienza narrativa consente l’incontro nella relazione di cura di “due storie” contestualizzandole in una “relazione terapeutica” il "caso" protocolli terapeutici l "alleanza terapeutica" valutazione di efficacia dei farmaci Nella morsa del ragno – il punto di vista
riepiloghiamo riflettere .... è trasformare il proprio sapere a partire dalla pratica quotidiana Io credo che il passaggio attraverso questo modello, che vede al primo posto l’expertise, abbia avuto il pregio di cercare di riunificare un linguaggio tecnico della cura, che permetta di scambiarsi le informazioni a livello intra e interprofessionale per iniziare una modalità di trasmissione e di scambio di informazioni (anche se puramente tecniche), che nel settore riabilitativo ancora stenta ad esserci. Penso anche, però, che questo modo di rappresentare gli oggetti epistemici compresi nello spazio della cura, quali l’idea di salute-malattia, di corpo, di individuo-soggetto-paziente, sia estremamente riduzionista; il rischio è quello che il professionista percepisca il paziente e i suoi bisogni in funzione del suo sapere specialistico escludendo completamente l’importanza dell’esperienza personale di malattia, condizionata dal suo contesto socio-culturale e da determinanti soggettive, rispetto alla capacità dell’individuo di sopportare la sofferenza. Dunque la visione clinica che ha burocratizzato e medicalizzato eccessivamente lo spazio della cura ha degli aspetti potenzialmente validi, ma insufficienti a comprendere realmente la complessità e la multidimensionalità del concetto di salute-malattia, perché in questa è compresa la dimensione emotiva, il vissuto personale, la soggettività che caratterizza e rende unica ogni esperienza di malattia. E proprio l’idea che questa “unicità” sia un elemento di apprendimento e di crescita del sapere professionale porta alla convinzione di dover recuperare la soggettività umanizzando i contesti della cura, dove i bisogni sono comunicativi e relazionali. Il paradigma bio-medico ancorato ad una epistemologia di natura quantitativa,cioè basata sulle evidenze, necessita a mio avviso “urgentemente” di essere affiancato, integrato, da un orientamento complementare, con la valorizzazione della medicina narrativa meglio definita come Narrative Based Medicine, che rappresenta la base del paradigma bio-psico-sociale, e riconosce la narratività come elemento formativo della nostra professionalità, quindi la capacità di saper verbalizzare, di saper rendere testimonianza alle esperienze professionali affinché possano diventare patrimonio condiviso all’interno della cultura professionale. La complementarietà dei due paradigmi genera una ricchezza, un sapere relazionale che si pone come competenza trasversale rispetto alle specifiche tecniche possedute e che conferisce un valore aggiunto al sapere professionale. Elaborati degli studenti corso 2007-08
ogni professionista e ogni comunità di pratiche costruiscono uno stile di assistenza … non è il risultato di un’invenzione e non è la “descrizione” oggettiva di un “fatto”, ma è il risultato di visioni del mondo. Risponde ad un “sapere personale” del mondo. Quale tipo di assistenza avrei voluto io se fossi stata “dall’altra parte” ? Elaborati degli studenti corso 2007-08 ...stili di assistenza ... DI TIPO EMOZIONALE “cooperazione” È uno stile che valorizza l’aspetto relazionale amichevole e rassicurante, tende a ridurre le sensazioni negative ( ansia e paura) ed a riconoscere l’insorgere di meccanismi di difesa DI TIPO COGNITIVO “compliance” È uno stile “impersonale” orientato ad influenzare le attese del paziente riguardo alla malattia o alla terapia (dare spiegazioni sulla malattia, sulle percentuali di guarigione, sui nuovi orientamenti terapeutici …) farsi carico dei bisogni del malato tanto fisici che emozionali L’assistenza di TIPO EMOZIONALE risulta più efficace di altre variabili come la situazione clinica, il tipo di trattamento, le caratteristiche demografiche e culturali del paziente fornire prestazioni che favoriscono la guarigione UN MEDICO, UN UOMO – litigio tra i medici Cfr. Report sull’influenza della relazione medico-paziente sugli esiti clinici e terapeutici (Z.di Blasi e al. 2001 e R,Canestrari e C.Cipolli, 1991)
ogni professionista e ogni comunità di pratiche costruiscono uno stile comunicativo la pragmatica della comunicazione riconosce la comunicazione come sistema reciprocamente adattivo dal quale i singoli atti comunicativi assumono significato il problema della comprensione L’OPERATORE USA UN LINGUAGGIO INCOMPRENSIBILE IL PAZIENTE NON CAPISCE L’OPERATORE DA’ LA COLPA DI CIO’ AL PAZIENTE barriere comunicative IL PAZIENTE SI IRRIGIDISCE MARS ATTACK circolarità della comunicazione “(inconsapevolmente) noi stessi “produciamo” il comportamento comunicativo dell’altro e ne siamo – a nostra volta – “prodotti” accedere alla consapevolezza del proprio agire comunicativo “ogni partner comunicativo è coinvolto in più relazioni comunicative con altri e con la vita stessa” P. Watzlawick
la pragmatica della comunicazione La pragmatica riguarda l’incidenza della comunicazione sul comportamento, ovvero, l’interazione tra trasmettitore-recettore in quanto mediata dalla comunicazione circolarità della comunicazione rumore feedback le parole dell'emittente le parole del recettore canale codice repertorio di segni verbali CONTESTO relazione "non esiste la non-comunicazione"
l'attenzione posta al linguaggio comprensibile e alla chiarezza espositiva è una condizione necessaria ma non sufficiente per una buona comunicazione Anamnesi (questionario o colloquio) WIT- anamnesi Il GRANDE COCOMERO - ascolto
ogni interazione comunicativa incontra PERCETTIVE Relative alla percezione soggettiva e selettiva dell’evento vissuto e/o ricordato, alla familiarità o novità degli elementi che costituiscono l’evento vissuto… alla percezione di sé all’interno della situazione. differente atteggiamento in rapporto alla visita medica barriere COGNITIVE Relative ai codici linguistici, ai sistemi di rappresentazione della realtà, alle gerarchie in base alle quali ordinare le conoscenze. Condivisione di un repertorio di segni necessari alla comprensione della prescrizione terapeutica VIAGGIO A KANDAAR – visita medica CULTURALI Relative ad immagini sociali e culturali condivise, relative all’appartenenza a gruppi (famiglia, gruppo di pari, associazioni culturali, politiche, comunità scientifiche…) inoltre, a posizioni di pregiudizio. differenze culturali nell’interpretazione del dolore, della malattia della morte DI DIFESA DEL SE’ Sentimenti di vulnerabilità, autostima, svalutazione/ipervalutazione, di appartenenza e/o estraneità Sentimenti di inadeguatezza al compito pdm2002-4
ogni comunicazione ha comeprima funzione quella di definire se stessi e l’altro all’interno della relazione come mi vedo/ come mi vedono/ come ti vedo WIT – studiosi/pazienti
si manifesta attraverso sottili atti comunicativi .... che agiscono come meccanismo di “influenzamento” involontario del comportamento altrui CONFERMA ogni individuo assume consapevolezza di sé attraverso il riconoscimento degli altri TU SEI IMPORTANTE PER ME!!!!! RIFIUTO presuppone il riconoscimento almeno parziale dell’altro anche quando si rifiuta il contenuto del messaggio non sono d’accordo con te DISCONFERMA non riguarda il contenuto ( vero/falso), nega l’esistenza dell’altro NON ESISTI!!!!!!!
La relazione si esprime solo parzialmente con la comunicazione verbale “non sono soltanto gli atti comunicativi espliciti che permettono una buona comunicazione, ma […] questa è influenzata dall’ atteggiamento che l’operatore ha nei confronti di chi gli sta di fronte. Perciò il tono di voce, la mimica del corpo, oltre a quella del volto e tanti altri elementi, rafforzano o cambiano completamente il senso delle espressioni verbali che i due interlocutori si scambiano, col risultato che le stesse parole possono assumere significati completamente diversi a seconda del contesto in cui vengono espresse. A ciò si aggiunge […] che ciò che accompagna l’espressione verbale, guida la postura, il tono della voce, la mimica ecc., sono la spia dell’atteggiamento che chi parla ha nei confronti dell’altro e aiutano l’altro a “leggere” dentro di lui e quindi a dare il corretto significato alle parole che ascolta”.S. Kanizsa p.79 la comunicazione-non-verbale
i registri comunicativi non verbali nella relazione di cura possono facilitare o impedire una corretta interazione i segnali dell'operatore "statici": abbigliamento, aspetto fisico.. "dinamici": postura, distanza, espressione facciale, tono della voce ... i segnali del paziente "statici": abbigliamento, aspetto fisico.. "dinamici": postura, distanza, espressione facciale, tono della voce ... CONTESTO relazione il linguaggio del corpo
agli aspetti cinesici e posturali alla percezione corporea Orientamento del corpo, aspetti indicativi di coinvolgimento o di distacco (sincerità o dissimulazione) di sé all’interno della situazione. sentirsi più o meno adeguato al contesto (muoversi con disinvoltura o goffamente) il linguaggio della comunicazione silenziosa è legato ai gesti (e non-gesti), al silenzio e alle tonalità, alle azioni (e alle omissioni), ai sentimenti (espressi e non), agli sguardi ………… all’immagine del corpo Ogni individuo tende a proporre agli altri una “facciata” ( Goffman) che definisca per gli altri il nostro ruolo nell’interazione ( abbigliamento, strumenti professionali …) allo spazio interpersonale Lo spazio fisico è inteso come spazio simbolico ( prossemica) al luogo-ambiente in cui si svolge Regole implicite dei luoghi di lavoro ( ospedale, studio privato…)
ogni relazione demarca uno spazio personale definendo il valore attribuito alla...... zona intima Lo spazio immediatamente circostante l proprio corpo. Indica intimità o viceversa aggressione o invasività. zona personaledefinita dal limite esterno della zona intima e il confine segnato dal braccio proteso. Indica il limite degli incontri sociali tra individui che si conoscono (amici, colleghi, familiari) zona sociale. Riservata agli incontri formali (lo spazio del saluto a braccio proteso) zona pubblica riservata ad incontri ufficiali che non implicano coinvolgimento interpersonale la prossemica "la dimensione nascosta" "dal punto di vista antropologico la medicina è una cultura con un linguaggio, azioni, abitudini, rituali, spazi, costumi, regole proprie" K.Young (spazi chiusi, assenza di spazio personale,bianco anonimo delle corsie, odori nauseanti di disinfettanti e medicinali, orari, ritmi ospedalieri.....)
il corpo nella pratica clinica Nel mondo sociale ordinario il corpo è investito di proprietà simboliche, culturali, e sociali che si manifestano attraverso gli abiti, gli odori e i profumi, le posture …. Nel passaggio al regno della medicina il corpo viene espropriato della sua soggettività per diventare oggetto dell’interesse e dell’intervento degli operatori sanitari. la relazione tra operatore sanitario e paziente è prima di tutto una relazione di corpi ( toccare, manipolare, medicare …) così come la relazione che il paziente intrattiene con il proprio corpo è un dialogo – spesso drammatico – tra un corpo sano ( il prima) e il corpo malato (il durante). la relazione di corpitocca aspetti profondi e personali dell’agire professionale con forti coefficienti di ambiguità intimità spersonalizzazione es. l'atto di spogliarsi implicano situazioni di stretto contatto con il corpo dell'assistito e mettono in gioco vissuti profondi della propria corporeità ( pudori, riservatezze, esibizioni ...) timore, paura, ansia, panico.... WIT – visita ginecologica emozioni
l'obbiettivo minimo del professionista è saper mantenere la relazione Nella relazione si entra ed essa assorbe profondamente coloro che vi sono implicati. essendo preparati ad avere una esperienza emotiva. (I. Salzberger , G. Polacco, E. Osborne) E’ una relazione pedagogica, perchè determina crescita, cambiamento, ridefinizione di prospettive e d’intenzionalità, ristrutturazione di forme di esistenza; ciascun soggetto allo stesso tempo, apprende ed insegna qualcosa a se stesso e ad altri. E’ una relazione comunicativa, in quanto si fonda sulla necessità che ciascuno ha di trasmettere idee, di condividere emozioni, esperienze, pensieri. costruendo una competenza all'ascolto delle proprie emozioni e di quelle dell'altro (attraverso l'auto-riflessione, stile comunicativo e relazionale) la responsabilità dell'ascolto delle proprie emozioni COMA PROFONDO – i sentimenti ascolto attivo La nozione di sentimento pone in risalto l’esperienza vissuta come una unità emotivo-cognitiva indivisibile che lega entrambe i partners della relazione.
i vissuti delle relazioni di cura i sentimenti del paziente • I sentimenti che pervadono le relazioni possono essere più o meno realistici ed eccessivi. • “Può sembrarci strano il fatto che noi dobbiamo essere: «recipienti» di sentimenti negativi e positivi così potenti. Possono essere ingiustificati dalla situazione, dal modo in cui ci comportiamo e da ciò che sappiamo di noi stessi. Poiché non sappiamo perché tali sentimenti sono sorti tendiamo a sperimentare la loro manifestazione come perturbante, trovandoci a turno lusingati oppure feriti da essi. • La maggior parte delle volte tendiamo a sottovalutare la loro presenza, siamo inclini a sottovalutare la loro forza e l’effetto poderoso che possono avere sul rapporto”. • (I. Salzberger, G. Polacco, E. Osborne ) “… viviamo in una società nella quale la capacità di controllare le emozioni e di mostrare “un comportamento adeguato” vengono tenuti in grande considerazione. Inoltre, viviamo in una società in cui, per esercitare una certa professione è richiesto un “comportamento professionale”. Il paziente che soffre non solo ci fa sentire colpevoli, ma ci fa dubitare di essere in grado di mantenere un buon rapporto interpersonale senza perdere la maschera identificata con il ruolo professionale. … la paura di piangere rappresenta un ostacolo drammatico all’ascolto delle più genuine preoccupazioni che sono presenti in coloro che vivono il conflitto tra la personale preoccupazione e la maschera che sentono di dover indossare” ( Kubler Ross Death.The final stage ofgrowth) i sentimenti del professionista
i sentimenti del paziente Lo stato di disagio costruisce proprie costellazioni psichiche proiezione attribuzione ad altri dei propri pensieri paziente " vigile" regressione dipendenza negazione fuga formazione reattiva aggressività Meccanismi di difesa Il grande cocomero. Ma voi sapete cosa state facendo …..
i sentimenti del professionista la “forza delle riverberazioni” emozionali disagio richiesta di consenso difesa ansia di inadeguatezza al compito angoscia paura della critica dell'ostilità di perdere il controllo Punti vulnerabili prodotti da esperienze dolorose vissute “La malattia non è fonte di ansia unicamente per il paziente: lo è anche per chi si prende cura di lui, per il medico, per il personale ospedaliero e per i familiari. Chiunque abbia a che fare con persone che richiedono assistenza può aver bisogno di difendersi dal malato e dalla malattia. L’angoscia di morte e di contagio evocata da certe situazione patologiche, il senso di frustrazione o di onnipotenza provati nell’assistere i pazienti, la fatica fisica ed emotiva legata alla particolare difficoltà di un caso, l’aggressività o la lamentosità rivolte da alcuni pazienti […] sono situazioni che suscitano intense risposte difensive” V.Lingiardi, Meccanismi di difesa Il grande cocomero. Tu sei quello che ho sempre cercato
i sentimenti del paziente i sentimenti del professionista proiezione attribuzione ad altri dei propri pensieri disagio paziente " vigile" difesa ansia di inadeguatezza al compito negazione fuga regressione dipendenza paura della critica dell'ostilità di perdere il controllo richiesta di consenso formazione reattiva aggressività angoscia Patch Adams ….. Paziente oncologico
Conoscenza e controllo delle proprie emozioni/ Riconoscimento delle emozioni altrui costruire una sintonia l’attenzione ai significati impliciti degli atti comunicativi Mancanza di attenzione, indifferenza (disconferma) l’apertura ai sentimenti propri ed altrui eccessiva permissività (incapacità di costruire limiti al comportamento emozionale incontrollato, intolleranza) i limiti sono un contenimento sostenere la richiesta di essere “visto”, ascoltato, notato, “contenuto”, sostenuto tollerare l’ansia prodotta dal coinvolgimento emozionale nella relazione imparare a non proiettare i propri sentimenti “insopportabili” sul paziente ( la propria dipendenza produce dipendenza) tollerare l’ansia di inadeguatezza al compito (non sono onnipotente) ripetitività/routine/spersonalizzazione eccesso di professionalizzazione condividere la riflessione sull’esperienza attraverso momenti di comunicazione in gruppi di lavoro e di supervisione interrompereuna sintonia
il rapporto tra professionista e paziente atteggiamenti delpaziente caratteri di un contratto tradizionale Ho piacere che sia il miglior professionista. ( onnipotenza) Ho il conforto di essere in buone mani. Ho solo bisogno di attenermi ai suoi consigli e tutto andrà bene. ( delega di responsabilità) Metto tutto me stesso nelle mani del professionista e così ottengo un senso di sicurezza. ( dipendenza) Io so, a prescindere dalla mia incertezza. ( onnipotenza) Devo mantenere le distanze e conservare il ruolo di esperto. Devo dare al paziente un’idea della mia expertise, ma comunicare anche una sensazione di di calore e simpatia, come un “dolcificante”. (disconferma “affettuosa”) Devo creare una condizione che risponda al mio status professionale producendo deferenza. (comunicazione asimmetrica) asimmetria e dipendenza atteggiamenti del professionista WIT – comunicazione diagnosi- contratto tradizionale
caratteri di un contratto "riflessivo" gli atteggiamenti del paziente la disponibilità ad un contratto riflessivo riconosce il valore reciprocamente costruttivo dell' autonomia e dell'autorevolezza Favorisco il giudizio autonomo in rapporto ai convincimenti personali del paziente (diversità culturali e/o religiose) “Accompagno” al un consenso “consapevole” ( informed) Costruisco una comunicazione “appropriata” amichevole e rassicurante ( J.Chen, British Medical Journal, 1999) “assisterò i miei pazienti nel prendere decisioni consapevoli che coincidano con i loro valori e le loro convinzioni” British Medical Journal, 2001 Imparo a superare il paternalismo Conservo la responsabilità della scelta nei casi di dissonanza cognitiva in base ai principi di “scienza e coscienza” Considero come elemento di valutazione l’utilità per il paziente Sono in grado di riconoscere e di accettare i miei limiti e i limiti della medicina Favorisco le condizioni per una fiducia biunivoca “modulando” l’intervento sul singolo individuo corresponsabilizzazione e collaborazione " alleanza terapeutica" gli atteggiamenti del professionista WIT- contratto riflessivo
Bibliografia iniziale P.deMennato, C.Orefice, S.Branchi, Educarsi alla “cura”. Un itinerario riflessivo tra frammenti e sequenze. Lecce, PensaMultimedia, 2011 Testi di approfondimento A.Canevaro, A.Chieragatti, La relazione d'aiuto,Carocci, 1999 F.Davigo, Abitare la salute, FrancoAngeli, 2004 P.deMennato, A.Cunti, Formare al lavoro sociale, Milano, Guerini, 2005 P.Gaspari, Aver cura,Guerini, 2002 B.Genevay, R.Katz,le emozioni degli operatori nelle relazioni di aiuto, Erikson,1994 Masini V.,Medicina narrativa. Comunicazione empatica ed interazione dinamica nella relazione medico-paziente, Franco Angeli, Milano, 2005 C.Melacarne, La formazione nei contesti della cura, Lecce PensaMultimedia, 2005 S. Kanizsa, L'ascolto del malato, Guerini, 1994 S. Kanizsa, Pedagogia ospedaliera, Carocci, 2001 P.Taccani e al. Curare e prendersi cura, Carocci, 1999 L.Zannini, Salute, malattia e cura, FrancoAngeli, 2003 L.Zannini, Medicina narrativa e MedicalHumanities, Cortina, 2008