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LE BUONE PRASSI di Andrea Canevaro

LE BUONE PRASSI di Andrea Canevaro. “ Il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne tutti insieme è la politica. Sortirne da soli è l’avarizia.” (Lorenzo Milani). LE BUONE PRASSI NON SONO LE BUONE AZIONI, NON SONO LE AZIONI MIGLIORI

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LE BUONE PRASSI di Andrea Canevaro

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Presentation Transcript


  1. LE BUONE PRASSIdi Andrea Canevaro “ Il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne tutti insieme è la politica. Sortirne da soli è l’avarizia.” (Lorenzo Milani)

  2. LE BUONE PRASSI NON SONO LE BUONE AZIONI, NON SONO LE AZIONI MIGLIORI E’ PIUTTOSTO L’ORGANIZZAZIONE CHE TIENE CONTO: DELLA PLURALITA’ DEI SOGGETTI, DELLE LORO DIVERSITA’ - DI GENERE, - DI CULTURA, - DI ETA’ - DELLE EVENTUALI DISABILITA’

  3. Una buona azione è quella che permette ad un individuo di superare delle difficoltà dovute ad un deficit, grazie al buon aiuto, alla buona disponibilità delle persone che incontra, che ha la possibilità di avvicinare; diventa “buona prassi” quando questa azione individuale produce la riorganizzazione di un percorso istituzionale che tiene conto di tutti, quindi con una valenza politica che non si può nascondere o dimenticare.

  4. Un esempio: • Se studiamo l’integrazione scolastica e prendiamo in considerazione unicamente il perimetro definito dal momento in cui è iniziata, non “vediamo” due elementifondamentali: • la scuola media unica, • e l’organizzazione delle classi per percorso enon per livelli (ovvero: il percorso in un ordinamento scolastico non viene interrotto se manca il raggiungimento di un dato livello, e il gruppo-classe può avere una configurazione eterogenea, pur all’interno di un certo ventaglio), e mantiene gli stessi insegnanti per l’intero percorso. • Questi due elementi organizzativi precedono l’avvio dell’integrazione, e non sono stati pensati esplicitamente per l’integrazione. Ma le conseguenze sono nell’ottica dell’aver costruito buona prassi. Ed è tanto vero, che sentiamo minacciata la qualità dell’integrazione quando vediamo che vengono prese decisioniche rimettono in discussione quei due elementi organizzativi ricordati.

  5. SEGUIRE UN PERCORSO DI BUONE PRASSI SIGNIFICA: dare avvio alla costruzione di un modello che si perfeziona in itinere con il coinvolgimento di tutte le persone interessate.

  6. Realizzare buone prassi non è un’operazione semplice. Perché? • Le stesse persone disabili potrebbero avere come riferimento, per la risposta ai propri bisogni, il modello che non è delle buone prassi, e quindi richiedere percorsi speciali non integrabili nella riorganizzazione: ottenere sostegni, ausili particolari, piste facilitate, straordinarie, e quindi far sempre riferimento alla eccezionalità e non alla buona prassi normale.

  7. Per superare questo rischio comprensibile, occorre che le persone disabili siano coinvolte nella progettazione delle buone prassi, nella comprensione della logica che sta sotto le buone prassi, e devono diventare protagoniste competenti di una realizzazione che va un po’ oltre la soddisfazione immediata del bisogno, perché esige non tanto il superamento, in qualsiasi modo dell’ostacolo, quanto l’organizzazione che consenta di ridurre o eliminare gli ostacoli organizzativi.

  8. BUONE PRASSI E PROFESSIONALITA’ • LA LOGICA DELLE BUONE PRASSI HA BISOGNO DI TUTTI: • non ha bisogno solo degli specialisti, dei professionisti che si occupano di disabilità ma riguarda un’organizzazione sociale nel suo complesso, e quindi tutti coloro che ne fanno parte, con altre professioni che non ritenevano, preventivamente di doversi occupare di persone disabili e handicappati, di riduzione di handicap.

  9. COMPETENZE DI TUTTI E ACCADEMICHE • Le competenze “grezze” hanno bisogno di un collegamento con le competenze accademiche; • devono essere valorizzate, riconvertite,non dissipate.Le competenze vanno utilizzate in funzione della rete sociale a cui apparteniamo, stabilendo CONTINUITA’ tra chi ha un ruolo di cittadinanza senza competenze ufficiali e chi è SPECIALISTA

  10. LA LOGICA DELLE “BUONE PRASSI” VA NELLA LINEA DI FAVORIRE UN’ASSUNZIONE DI RESPONSABILITÀ DI CIASCUNO.

  11. LA BUONA PROFESSIONE È COLLEGATA ALLO SVILUPPO DELLE BUONE PRASSI. La buona professione dei ferrovieri, o di chi organizza le ferrovie, dovrebbe avere escogitato dei sistemi di accoglienza per le persone che hanno delle disabilità, o di transizione, o permanenti, o per il percorso esistenziale, tali da non rendere sempre straordinaria l’apparizione di un disabile in una stazione ferroviaria o su un treno. Buone pratiche vuol dire previsione. Chi fa le previsioni? I buoni professionisti. Diversamente bisogna ricorrere al volontariato.

  12. VOLONTARIATO E BUONE PRASSI Anche il volontariato è migliore se ha alle spalle buone pratiche e buoni professionisti, altrimenti risulta un volontariato che risolve la continua emergenza

  13. LINEA DI CONTINUITA’ • La possibilità di abbattere le barriere organizzative è legato al riconoscimento di una realtà ampia e non amputata, e questo significa: • individuare in una condivisionedi base dei bisogni l’elemento di appartenenza: apparteniamo a un gruppo umano che ha bisogni simili.

  14. La persona molto capace di far da sé e la persona molto bisognosa dell’aiuto degli altri hanno dei bisogni comuni e le buone prassi hanno bisogno di rivedere leggi, regolamenti, strutture organizzative, per costruire questa linea di continuità.

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