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PREVENZIONE IN NEUROPSICHIATRIA INFANTILE

PREVENZIONE. 1) PRIMARIA: riduzione dell'incidenza (nuovi casi)2) SECONDARIA: ridurre la prevalenza (identificazione precoce e trattamenti efficaci)3) TERZIARIA: riduzione della gravit

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PREVENZIONE IN NEUROPSICHIATRIA INFANTILE

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    1. PREVENZIONE IN NEUROPSICHIATRIA INFANTILE Giovanni VALERI Corso di formazione in “SALUTE MENTALE DELL’INFANZIA E ADOLESCENZA: STRATEGIE DI INTERVENTO INTEGRATO E PREVENZIONE” Matera, 23 – 9- 2006

    2. PREVENZIONE 1) PRIMARIA: riduzione dell’incidenza (nuovi casi) 2) SECONDARIA: ridurre la prevalenza (identificazione precoce e trattamenti efficaci) 3) TERZIARIA: riduzione della gravitŕ della compromissione associata con il disturbo stabilizzato. Limite: molti disturbi psichici sono di tipo “dimensionale”: la frequenza e la gravitŕ dei sintomi si situano su un continuum.

    3. PREVENZIONE Classificazione centrata su chi riceve l’intervento 1) GENERALE (UNIVERSAL) 2) MIRATA (TARGETED) 1) GENERALE: tutti i residenti in una data area geografica; nessuno richiede esplicitamente aiuto. Vantaggi: assenza di etichettamento, inclusione della classe media; sensibilizzazione per successivi interventi. Svantaggi: limitato beneficio individuale; costo elevato; effetto maggiore su gruppi a basso rischio (diseguaglianza)

    4. 2) MIRATA: alcuni soggetti o gruppi sono scelti per l’intervento SELECTIVE PREVENTIVE: gruppi a rischio di sviluppare il disturbo (es. figli di genitori seguiti dai servizi sociali) INDICATED PREVENTIVE: gruppi con sintomi lievi o marker biologici (es. bambini con sintomi antisociali lievi) Vantaggi: miglior rapporto costi-benefici Svantaggi: etichettamento; difficoltŕ nello screening; bassa compliance nei gruppi ad alto rischio

    5. SPETTRO DI INTERVENTI PER PROBLEMI DELLA SALUTE MENTALE PREVENZIONE: - Generale - Mirata - Selettiva - Mirata - Indicata TRATTAMENTO - Identificazione – Diagnosi - Trattamenti standard per disturbi conosciuti MANTENIMENTO - Compliance nel trattamento a lungo termine - Aftercare e riabilitazione

    6. PREVENZIONE MIRATA - SCREENING SCREENING Equilibrio, negli strumenti di valutazione precoce, tra e SENSIBILITA’ (es. percentuale di bambini che hanno il disturbo al follow up e che sono stati identificati allo screening), SPECIFICITA’, e PREDITTIVITA’ POSITIVA (es. percentuale di bambini con disturbo al follow-up).

    9. PREVENZIONE MIRATA - SCREENING La maggioranza dei casi individuati nello screening sarŕ costituita da persone a “basso rischio” Ontario Child Health Study (Offord et al., 1987) Prevalenza e distribuzione dei disturbi psichici nei bambini di 4-16 anni: a) famiglie a basso reddito ( circa il 7% dei bambini), con prevalenza di disturbi psichici di oltre il 35% - (14,5% dei bambini con disturbi psichici) b) famiglie con reddito medio (circa il 40% dei bb.; prevalenza di disturbi psichici: circa il 15%) - (59 % dei bambini con disturbo psichico)

    10. 1) I disturbi psichici in etŕ evolutiva esistono e sono frequenti (10 - 15%) 2) I disturbi psichici in etŕ evolutiva sono molteplici, con differenti diagnosi, prognosi e ipotesi terapeutiche 3) Le ipotesi eziopatogenetiche sono attualmente caratterizzate dall’interazione tra: fattori genetici, fattori ambientali e fattori inerenti lo sviluppo

    11. 4) Conosciamo abbastanza bene la continuitŕ-discontinuitŕ di molti disturbi psichici dall’etŕ evolutiva all’etŕ adulta, ma conosciamo poco i processi implicati. 5) Esistono terapie efficaci per molti disturbi psichici in etŕ evolutiva; abbiamo pochi dati sull’efficacia a lungo termine delle terapie 6) Cominciamo ad avere alcuni dati sull’efficacia di interventi preventivi

    12. TERAPIE EFFICACI (RCT - Studi Controllati Randomizzati) PER DISTURBI PSICHICI IN ETA’ EVOLUTIVA FARMACI: ADHD; Psicosi; Disturbo Ossessivo-Compulsivo (DOC); Depressione; Disturbi d’ansia; Tic-sindrome Tourette. PSICOTERAPIA COGNITIVO-COMPORTAMENTALE: Depressione; Disturbi d’ansia; DOC; PTSD (incluso abuso sessuale); Bulimia. PSICOTERAPIA INTERPERSONALE: Depressione PSICOTERAPIA FAMILIARE: Disturbi della condotta; Anoressia

    13. PREVENZIONE Identificare e trattare individualmente i bambini e gli adolescenti con disturbi psichici non puň ridurre, in modo significativo, la frequenza del disturbo. 1) Il numero di soggetti in etŕ evolutiva con disturbi psichici clinicamente importanti (10-15%), eccede le capacitŕ dei servizi clinici di valutarli e trattarli. 2) L’intervallo tra la richiesta di aiuto da parte dei genitori e l’attuazione del trattamento č spesso lungo, con il rischio di cronicizzazione del disturbo.

    14. 3) La compliance al trattamento č spesso scarsa: - - il 40-60% delle famiglie con un figlio in trattamento interrompe prematuramente la terapia (Kazdin, 1996); - difficoltŕ a coinvolgere i genitori di bambini ad alto rischio 4) Sebbene vi siano numerosi trattamenti efficaci in psichiatria infantile, per molti disturbi - come i disturbi della condotta ad esordio precoce - vi sono poche prove di efficacia.

    15. APPROCCI ALLA PREVENZIONE Due differenti approcci nello sviluppo e nella valutazione dei programmi di prevenzione: 1) PREVENTIVE SCIENCE 2) CCAR - COLLABORATIVE COMMUNITY ACTION RESEARCH

    16. 1) PREVENTIVE SCIENCE: a) Identificazione di un disturbo o di un problema b) Identificazione dei fattori di rischio e protettivi c) Effettuazione di “studi pilota” di efficacia (efficacy) d) Valutazione di interventi su larga scala (effectiveness) e) Diffusione del programma in differenti comunitŕ

    17. 2) CCAR - COLLABORATIVE COMMUNITY ACTION RESEARCH I membri della comunitŕ hanno un ruolo attivo. L’intervento sarŕ “comunitŕ-specifico”, soprattutto per le soluzioni trovate. Difficoltŕ nella diffusione ad altre comunitŕ

    18. PROMOZIONE e PREVENZIONE 1) Promozione della salute e sviluppo delle competenze 2) Prevenzione di specifici disturbi psichici

    19. PSICOPATOLOGIA DELLO SVILUPPO E PREVENZIONE La “psicopatologia dello sviluppo”, dagli anni 1980, si caratterizza per l’integrazione delle conoscenze e di metodologie di ricerca, con l’obiettivo di comprendere i fattori che influenzano l’esordio e il decorso dei disturbi emozionali e comportamentali. 1) Fattori di rischio e di protezione 2) Molteplicitŕ, Specificitŕ, Timing 3) Teorie dello sviluppo e studi longitudinali 4) Modelli causali

    20. 1) FATTORI DI RISCHIO E DI PROTEZIONE - “Fattore di rischio”: presente prima dell’esordio del disturbo, aumenta la probabilitŕ di presentare il disturbo nelle persone esposte al fattore. “Fattore di protezione”: precede l’esordio del disturbo e ne riduce la probabilitŕ in presenza di un fattore di rischio Distinguere fattori “causali” da fattori “correlati” Per essere considerato fattore “causale” devono essere soddisfatti ulteriori criteri scientifici.

    21. I fattori di “rischio” e di “protezione” sono sia interni sia esterni all’individuo: a) caratteristiche individuali (es. temperamento) b) fattori familiari e genitoriali ( es. conflittualitŕ, SES) c) gruppo dei coetanei (es. devianza) d) scuola (es. intolleranza) e) comunitŕ (es. sostegno sociale) Problemi: 1) cosa distingue un fattore di “rischio” da un fattore “protettivo; 2) quale č il loro meccanismo d’azione

    22. ESEMPIO DI MODELLO DI PREVENZIONE: 1) Fattori “causali” di rischio e di protezione (es. scarse competenze sociali) 2) Intervento preventivo 3) Esito prossimale (aumento di condotte prosociali) 4) Esito distale (diminuzione dei disturbi della condotta)

    23. 2) MOLTEPLICITA’, SPECIFICITA’, TIMING A) L’eziologia dei disturbi psichici in etŕ evolutiva č MULTIFATTORIALE. Il rischio sembra aumentare con il numero di fattori causali implicati. B) Limitata evidenza di “specificitŕ” dei fattori di rischio (es. effetti aspecifici della psicopatologia genitoriale) C) Importanza del “timing”, della fase evolutiva, sull’influenza dei fattori di rischio e di protezione (es. maggiore impatto delle scarse competenze genitoriali durante la prima infanzia)

    24. 3) TEORIE DELLO SVILUPPO E STUDI LONGITUDINALI Studi longitudinali su popolazioni rappresentative, per comprendere la continuitŕ-discontinuitŕ dei disturbi psichici dall’etŕ evolutiva all’etŕ adulta Concetto di “developmental trajectory”, “traiettoria evolutiva”: passaggio da ricerche focalizzate sull’identificazione di variazioni nella probabilitŕ di eventi futuri discreti, a ricerche sul ritmo di acquisizione e di sviluppo di particolari tratti emozionali e comportamentali. ( Es. ritmo di diminuzione nei sintomi di aggressivitŕ tra i 4 e i 10 anni, tra gruppi di bambini differenziati in base al livello di competenze genitoriali)

    25. 4) MODELLI CAUSALI Comprendere come i fattori di “rischio” e di “protezione” esercitano i loro influssi sui disturbi psichici. Es. di “catena causale”: - precoci problemi di apprendimento - - problemi di comportamento - problemi scolastici - - associazione con gruppo dei pari deviante - -fallimento scolastico - comportamento antisociale.

    26. Distinzione tra fattori MEDIATORI (mediating) e fattori MODERATORI. MEDIATORE: fattore che lega una variabile indipendente ad un esito Es.: Conflittualitŕ coniugale - (competenze genitoriali) - sintomi psichici nel bambino MODERATORE: fattore che “modifica” la variabile indipendente. Es.: la struttura familiare (famiglie divorziate o non) influenza la conflittualitŕ coniugale.

    27. - Natura dinamica delle variabili: un fattore puň agire sia come “mediatore” sia come “moderatore” (es. scarse competenze genitoriali) La forza dell’associazione tra una variabile “mediatrice” e un esito limiterŕ l’impatto di un intervento. Es. i programmi di “social skill” e di “parent training” esercitano i loro effetti sui disturbi della condotta modificando fattori “causali” di rischio prossimale (aumento di condotte prosociali), ma non agiscono su altri fattori coinvolti.

    28. PREVENZIONE DI DISTURBI PSICOPATOLOGICI DELL’ETA’ EVOLUTIVA PREVENZIONE DEI DISTURBI DELLA CONDOTTA Fasce di etŕ: Bambini < 5 anni; 5 - 11 anni; >11 anni (Timing; Fattori rischio/protezione; Multifattorialitŕ) PREVENZIONE DEI DISTURBI DEPRESSIVI Generale, Mirata (Selettiva; Indicata)

    29. Disturbo della condotta Disturbo della condotta: modalitŕ ripetitiva e persistente di condotta antisociale, aggressiva o provocatoria Importante continuitŕ con i disturbi di personalitŕ dell’adulto (antisociale, borderline) L’esito negativo in etŕ adulta sembra correlato con: a) esordio precoce (prima dei 10 anni) b) disturbo persistente e pervasivo dell’infanzia c) scarse e anomale relazioni con i pari (scarse competenze sociali) d) associazione con ADHD

    30. PREVENZIONE DEI DISTURBI DELLA CONDOTTA Bambini < 5 anni Bambini 5 - 11 anni Ragazzi > 11 anni

    31. PREVENZIONE DEI DISTURBI DELLA CONDOTTA (Bambini < 5 anni) - Visite domiciliari, durante la gravidanza e nei primi due anni di vita. - Attivitŕ educativa supplementare in etŕ prescolare (3-4 anni). - Intervento intensivo 0-5 anni (centro diurno, cure mediche, servizi sociali, visite domiciliari, gruppi di genitori); + attivitŕ educativa durante la scuola elementare.

    32. PREVENZIONE DEI DISTURBI DELLA CONDOTTA (Bambini < 5 anni) 1) Olds et al. (1998) JAMA “Elmira” (studio RCT) Prevenzione (MIRATA) di condotte antisociali in figli di un gruppo di donne povere, non sposate. Visite domiciliari, durante la gravidanza e nei primi due anni di vita, effettuate da infermieri Follow-up di 15 anni: a) self-report: Riduzione di arresti (56%), di condanne (81%), di fughe (60%), di partner sessuali (63%), di consumo di alcool (56%) b) parent report: riduzione di abuso di sostanze (56%).

    33. 2) Schweinhart e Weikert (1989) Perry Prescholl Project Prevenzione (MIRATA) di condotte antisociali; programma iniziato negli anni 1960, rivolto a bambini neri poveri di 3 e 4 anni. Gruppo sperimentale (58 bb) e gruppo di controllo (65 bb.) Obiettivo: migliorare l’esito scolastico e sociale attraverso un’attivitŕ educativa supplementare in etŕ prescolare. Durata intervento: 2 anni; con programma scolastico giornaliero supplementare (90 minuti) e una visita domiciliare a settimana, effettuato da insegnanti specializzati. Follow-up in etŕ scolare (QI): gli iniziali miglioramenti nel punteggio del QI non venivano mantenuti Follow-up a 19 e 27 anni (condotte antisociali): significative differenze nelle condotte antisociali, come arresti (31% vs 51%), arresti ripetuti (5% vs 35%) Favorevole analisi costi-benefici (Barnett, 1998)

    34. 3) Campbell e Ramey (1994) Child Dev Prevenzione (MIRATA) delle compromissioni cognitive e dell’insuccesso scolastico, in un gruppo di bambini nati da madri nere povere. Confronto tra diversi tipi di interventi: - intervento intensivo 0-5, dalla nascita a 5 anni (centro diurno, cure mediche, servizi sociali, visite domiciliari, gruppi di genitori); - intervento in scuola elementare: un insegnante che assiste bambino e genitori a casa (15 visite domiciliari per anno)

    35. Valutazione degli esiti in 4 gruppi: a) programma 0-5 anni, piů intervento in scuola elementare (25 bb.) b) solo programma 0-5 anni (25 bb.) c) solo intervento in scuola elementare (21 bb.) d) nessun intervento (25 bb.) Al follow-up, a 8 anni, (QI e risultati scolastici): - i bambini con il programma completo (a) ottenevano i miglioramenti piů consistenti nel QI e nei risultati scolastici. - L’intervento nei primi 5 anni (b) era piů efficace dell’intervento in etŕ scolare (c). Non sono stati valutati gli esiti antisociali.

    36. PREVENZIONE DEI DISTURBI DELLA CONDOTTA (Bambini < 5 anni) SINTESI: Evidenza che strategie preventive rivolte a gruppi di bambini ad alto rischio (poveri, prevalentemente neri), prima dei 5 anni, sono efficacia nel prevenire condotte antisociali. Intervento su fattori di rischio e protettivi (sostegno familiare precoce, competenze genitoriali, competenze cognitive nei bambini).

    37. Non sono ancora chiari i meccanismi di azione. - Ramey e Ramey (1998) ipotizzano che gli interventi precoci aumentano l’adattamento alle richieste scolastiche, attivando una serie di fattori di “mediazione” che proteggono contro un ampio range di esiti negativi, scolastici, sanitari e sociali. Limiti: necessitŕ di valutare questi programmi (soprattutto l’educazione supplementare) in altre popolazioni di bambini, oltre ai gruppi poco numerosi di bambini neri molto deprivati. Non č conosciuta l’ampiezza del beneficio su popolazioni con minori livello di rischio.

    38. PREVENZIONE DEI DISTURBI DELLA CONDOTTA (Bambini di 5 - 11 anni) Programmi effettuati soprattutto a scuola, prevalentemente su gruppi ad alto rischio per disturbi della condotta Quattro tipi di strategie: A) Approccio rivolto al singolo fattore B) Approccio rivolto a molteplici fattori C) Rafforzamento delle competenze D) Approccio rivolto alla scuola

    39. A) APPROCCIO RIVOLTO AL SINGOLO FATTORE ABILITA’ SOCIALI 1) Training sulle “abilitŕ sociali” (gestione della rabbia, controllo dell’impulsivitŕ, empatia). Grossman et al. (1997), Second Step 2) Strategia di gestione della classe Kellam et al. (1994), GBG, Good Behaviour Game 3) Mediazione dei pari Cunningham et al. (1998)

    40. A) APPROCCIO RIVOLTO AL SINGOLO FATTORE 1) Grossman et al. (1997) JAMA, Second Step Prevenzione della violenza in bambini di 7 e 8 anni, in 12 scuole elementari, tramite 30 lezioni di “abilitŕ sociali” (gestione della rabbia, controllo dell’impulsivitŕ, empatia). Risultati: misurazioni osservazionali hanno evidenziato, 2 settimane dopo la conclusione dell’intervento, una moderata riduzione nel comportamento aggressivo e un aumento delle condotte prosociali. - Alcuni effetti persistevano anche dopo 6 mesi. - I report di genitori e insegnanti, invece, non evidenziavano effetti.

    41. 2) Kellam et al. (1994) JCPP, GBG, Good Behaviour Game Strategia di gestione della classe, in cui l’insegnante divide la classe in squadre e registra gli eventi “dirompenti”(aggressivitŕ fisica o verbale, oppositorietŕ, alzarsi senza permesso). Ciascuna squadra che in un determinato periodo di gioco non supera i 4 eventi “dirompenti”, vince un premio. Progressivamente l’insegnante aumenta la frequenza e la durata del gioco, inizia il gioco senza preannunciarlo e dilaziona la consegna del premio ai vincitori. Risultati (Studio RCT; valutazione a 6 e 11 anni:): i bambini in classi GBG presentavano minori livelli di condotte aggressive; gli effetti erano piů pronunciati nei maschi con elevati livelli di aggressivitŕ all’inizio dell’intervento.

    42. 3) Cunningham et al. (1998), JCPP, Mediazione dei pari Alcuni studenti vengono formati nella “mediazione dei conflitti”; viene quindi loro assegnato il ruolo di “mediatore tra pari” nel cortile della scuola, durante la ricreazione. I “mediatori” devono identificare il conflitto ad uno stadio precoce, intervenire entro 10 secondi e agire da mediatori secondo un protocollo standard. Risultati: intervento efficace, con riduzione delle aggressioni fisiche nel cortile del 51-65%. Effetti mantenuti al follow-up dopo un anno.

    43. B) STRATEGIE SU FATTORI MULTIPLI a) Abilitŕ sociali -> social skill training (per il bambino) es. PATH (Promoting Alternative Thinking Strategies): auto-controllo, consapevolezza emozionale e problem-solving sociale. b) Abilitŕ scolastiche -> programma di aiuto per l’apprendimento alla lettura; sostegno educativo c) Competenze genitoriali -> parenting skill training

    44. B) STRATEGIE SU FATTORI MULTIPLI 1) Montreal Longitudinal Experimental Study, Tremblay et al. (1995), Intervento MIRATO incentrato su due fattori di rischio: a) social skill training (per il bambino); b) parenting skill training (per i genitori) 2) Tri-Ministry Helping Children Adjust Project Boyle et al. (1999) JCPP Programma “GENERALE”rivolto a tre fattori di rischio per problemi emozionali e comportamentali: a) scarse competenze nella lettura; b) scarse competenze sociali;c) scarse competenze genitoriali. 3) Fast Track , CPPRG (1999), Intervento a molteplici livelli (bambino, scuola, gruppo dei pari, comunitŕ) e su molteplici fattori (abilitŕ scolastiche, competenze sociali, competenze genitoriali, sostegno alla famiglia); include una componente “Generale” e una “Mirata”.

    45. B) STRATEGIE SU FATTORI MULTIPLI 1) Montreal Longitudinal Experimental Study, Tremblay et al. (1995), Intervento incentrato su due fattori di rischio: a) social skill training (per il bambino) b) parenting skill training (per i genitori) Programma “Mirato” rivolto a tutti i bambini maschi delle scuole di Montreal che risultavano al di sopra del 70° percentile al Social Behaviour Questionaire, e i cui genitori erano francofoni e con meno di 14 anni di studio. I bambini venivano divisi, casualmente, in tre gruppi: a) intervento di 2 anni con social skill training (19 incontri, a scuola) e parent training a domicilio (media 17,4 incontri); b) gruppo di controllo “attention” (sostegno aspecifico) c) gruppo di controllo

    46. Risultati: l’intervento sembra avere un limitato effetto oltre il periodo della scuola elementare I risultati iniziali evidenziavano che i bambini del gruppo “intervento” (a) presentavano migliori risultati scolastici. Al follow-up a 15 anni (quindi dopo 6 anni la conclusione del programma) non vi erano differenze tra i gruppi, per: - risultati scolastici positivi (percentuale di bambini che frequentavano la classe appropriata per l’etŕ) - frequenza di condotte “dirompenti”, - Il gruppo intervento evidenziava un minor numero di atti antisociali (statisticamente significativo), ma non vi erano differenze nel numero di azioni giudiziarie tra i 10 e i 15 anni.

    47. 2) Tri-Ministry Helping Children Adjust Project Boyle et al. (1999) JCPP Programma “Generale”rivolto a tre fattori di rischio per problemi emozionali e comportamentali: a) scarse competenze nella lettura; b) scarse competenze sociali; c) scarse competenze genitoriali. L’iniziale progetto di intervento,offerto ai bambini all’ingresso alla scuola elementare, comprendeva (soli o in combinazione): un programma di aiuto per l’apprendimento alla lettura, un programma di social skill un programma di parent training (interrotto per scarsa compliance)

    48. Confrontati (in 60 scuole) tre diversi programmi (RCT): a) aiuto alla lettura; b) social skill training; c) combinazione di entrambi, d) condizione controllo Risultati, al follow-up dopo 1,5 e 3,5 anni: - gli effetti degli interventi erano complessivamente modesti; - osservazioni durante la ricreazione hanno evidenziato un aumento (stat. sign.) di condotte prosociali e una limitata riduzione di condotte aggressive. Limiti: esperti “esterni” nella progettazione dell’intervento

    49. 3) Fast Track , CPPRG (1999), Intervento a molteplici livelli (bambino, scuola, gruppo dei pari, comunitŕ) e su molteplici fattori (abilitŕ scolastiche, competenze sociali, competenze genitoriali, sostegno alla famiglia); include una componente “generale” e una “mirata”. Il programma inizia in 1° element. e continua fino alle scuole medie. Il programma “Generale” č offerto, al livello della classe, a tutti i bambini, e consiste nel PATH (Promoting Alternative Thinking Strategies): auto-controllo, consapevolezza emozionale e problem-solving sociale. Il programma “Mirato”, rivolto a bambini ad alto rischio (selezionati sulla base di alti livelli di problemi comportamentali) consiste: 1) un incontro di 2 ore, ogni settimana, rivolto ai bambini (social skill training e sostegno scolastico) e ai genitori (gruppo dei genitori); 2) Visite domiciliari, ogni settimana, durante la 1° elementare, per fornire un aiuto individualizzato e sostenere la generalizzazione delle competenze apprese durante gli incontri.

    50. Intervento RCT (54 scuole, in quattro regioni geografiche degli USA). I risultati a breve termine (scuole elementare) sono positivi: 1) Per l’intervento “Generale” gli effetti positivi sono stati evidenziati nella frequenza di condotte aggressive, di comportamenti iperattivi, e nella “atmosfera” di classe, valutata da un osservatore. 2) Per l’intevento “Mirato”, nel gruppo ad “alto rischio”effetti positivi sono stati riscontrati nelle competenze sociali, emozionali e scolastiche, nell’interazione con i pari e nei problemi comportamentali. Anche i genitori riferiscono effetti positivi: minor necessitŕ di punizioni, maggior soddisfazione genitoriale, legami piů affettuosi. Necessaria la valutazione a lungo termine, per verificare la significativitŕ della riduzione dei problemi comportamentali durante l’adolescenza e l’etŕ adulta. L’intervento č intensivo e sono necessari analisi accurate del rapporto costi-benefici.

    51. C) APPROCCI CENTRATI SULLO SVILUPPO DI COMPETENZE Promuovere la competenza sociale (piuttosto che ridurre la psicopatologia); 1) Seattle Social Development Project Hawkins et al, (1999) (CT) 2) Social Competence Promotion Program for Young Adolescent, Weissberg e Greenberg (1998), (CT)

    52. C) APPROCCI CENTRATI SULLO SVILUPPO DI COMPETENZE 1) Hawkins et al, (1999) Seattle Social Development Project Intervento teso a promuovere la competenza sociale (piuttosto che ridurre la psicopatologia); l’obiettivo č rinforzare i legami tra il bambino la famiglia e la scuola. (studio controllato NON randomizzato) Consiste di tre componenti: a) training agli insegnati sulla gestione della classe; b) sviluppo di abilitŕ sociali per i bambini; c) parent training Il programma č offerto dalla 1° elementare, per tutto il ciclo elementare. Risultati) del follow-up a 18 anni (self-report): riduzione di atti delinquenziali (19%), di ubriacature (40%), di partner sessuali (19%) e di gravidanze (35%), rispetto agli studenti di controllo.

    53. 2) Weissberg e Greenberg (1998), Social Competence Promotion Program for Young Adolescent (studio controllato NON randomizzato) Il programma consiste in 45 incontri in classe, con l’obiettivo di promuovere le competenze sociali (auto- controllo; gestione dello stress; decision-making; problem-solving sociale; competenze comunicative). Risultati (self-report): riduzione dei comportamenti delinquenziali e antisociali, durante le scuole medie, negli studenti che avevano ricevuto il programma per 2 anni, rispetto al programma di 1 anno o ai controlli. Necessarie ulteriori valutazioni in studi randomizzati

    54. D) APPROCCI PER LO SVILUPPO DELLA SCUOLA Modificare e sviluppare i programmi scolastici in modo da migliorare l’”atmosfera” generale e promuovere comportamenti positivi. School Development Program, Comer (1985) JAACAP

    55. D) APPROCCI PER LO SVILUPPO DELLA SCUOLA 1) School Development Program, Comer (1985) JAACAP (Studio clinico NON randomizzato): Il programma, applicato nelle scuole elementari, č costituito da tre componenti: a) un gruppo per la programmazione e gestione della scuola, composto da amministratori scolastici, insegnanti, genitori, identifica i problemi scolastici e progetta soluzioni; b) un gruppo di operatori della salute mentale, responsabile per le iniziative di prevenzione e le consultazioni con insegnanti o studenti; c) un programma per i genitori che coinvolge i genitori in tutti gli aspetti della vita della scuola.

    56. Questo approccio č centrato sui meccanismi (o processi) che sostengono il cambiamento. Lo specifico contenuto del programma non č definito. L’obiettivo č di modificare e sviluppare i programmi scolastici in modo da migliorare l’”atmosfera” generale e promuovere comportamenti positivi. Risultati: i bambini che hanno frequentato le scuole organizzate secondo questo programma hanno evidenziato risultati scolastici superiori rispetto ai controlli. Necessari studi randomizzati

    57. PREVENZIONE DEI DISTURBI DELLA CONDOTTA (Bambini di 5 - 11 anni) SINTESI: Numerosi programmi per la prevenzione dei disturbi della condotta sono stati sviluppati, soprattutto nel contesto della scuola primaria. La scuola ha un ruolo centrale nello sviluppo sociale e comportamentale, ed č riconosciuta la sua funzione, de facto, di “servizio di primo livello per la salute mentale” per i bambini e gli adolescenti.

    58. A) Gli “approcci al fattore singolo” hanno il vantaggio di essere semplici, e facili da diffondere. Comunque se li analizziamo alla luce della nostra comprensione dell’eziologia dei disturbi della condotta, questo modello č riduttivo, e difficilmente potrŕ avere un impatto significativo sull’incidenza e la gravitŕ del disturbo. B) Gli “approcci ai fattori multipli”, che intervengono su molteplici fattori di rischio e di protezione, e a diversi livelli, sono coerenti con gli attuali modelli eziopatogenetici. Sono, comunque, interventi complessi e costosi; č ancora incerto il rapporto costi-benefici.

    59. C) Gli “approcci di promozione delle competenze” hanno il vantaggio di intervenire su molteplici fattori di rischio e di protezione.Comunque l’impatto di questi programmi dipende dalla forza del rapporto tra fattori di “mediazione” (competenze sociali, autocontrollo, ecc,) e strutturazione del disturbo. D) Gli “approcci per lo sviluppo della scuola” teoricamente sono molto interessanti in quanto intervengono, “ecologicamente”, sulla cornice ambientale necessaria per la promozione e il sostegno delle condotte adattive. Sono perň necessari rigorosi studi di valutazione.

    60. Interventi preventivi sui disturbi della condotta effettuati in ambito extrascolastico Offord e Jones (1983) “non academic skill development” in due aree urbane;rivolto a ragazzi di 5-15 anni Risultati (in 3 anni): diminuzione interventi della polizia e degli atti di vandalismo; miglioramento del livello di abilitŕ fisica e sportiva. Buon rapporto costi-benefici (Ipotesi: fattore mediatore č la supervisione e il monitoraggio di adulti sui comportamenti dirompenti degli adolescenti). Limiti: benefici limitati ad abilitŕ non scolastiche; non generalizzazione nei risultati scolastici e nelle abilitŕ sociali.

    61. PREVENZIONE DEI DISTURBI DELLA CONDOTTA (> 11 anni) I programmi di prevenzione dei disturbi della condotta per preadolescenti e adolescenti sono meno diffusi, in quanto in questo gruppo di etŕ l’enfasi č soprattutto sul trattamento.

    62. PATHE - Positive Action Through Holistic Education Gottfredson (1986), Programma basato sul modello dello “sviluppo della scuola”, applicato a questa fascia di etŕ, Il programma consiste in strategie organizzative generali e di servizi rivolti a studenti ad alto rischio Risultati (studio NON randomizzato) basati su self-report: riduzione degli atti delinquenziali Necessari ulteriori studi randomizzati di valutazione.

    63. The Cambridge Somerville Study McCord (1992), Programma iniziato negli anni 1930. Ragazzi dell’etŕ di 11 anni venivano, in modo casuale, assegnati o non ad un “social worker”, il cui ruolo era di costruire uno stretto legame interpersonale con il ragazzo e di assistere sia il ragazzo sia la sua famiglia. Risultati al follow-up, quando i partecipanti avevano 40 - 50 anni di etŕ: i ragazzi del gruppo “intervento” avevano avuto un esito peggiore (condanne penali; morte prima di 35 anni; diagnosi di alcolismo, schizofrenia, disturbo maniaco-depressivo). Non č ancora chiaro perché il programma sia fallito.

    64. PREVENZIONE DEI DISTURBI DEPRESSIVI In teoria vi sono molti fattori a favore di interventi preventivi per i disturbi depressivi in etŕ evolutiva: - anche se esistono terapie efficaci, numerosi pazienti rispondono solo parzialmente; - solo una minoranza dei soggetti in etŕ evolutiva depressi si rivolgono ai servizi clinici di salute mentale (forse perché i genitori percepiscono come problematici soprattutto i disturbi del comportamento)

    65. DISTURBI DEPRESSIVI IN ETA’ EVOLUTIVA Recente riconoscimento dell’esistenza di specifici disturbi depressivi in etŕ evolutiva, con fenomenologia simile a quella degli adulti (almeno dall’etŕ preadolescenziale): alterazione del tono dell’umore e compromissioni somatiche, cognitive ed emozionali. Studi sistematici di follow-up a lungo termine hanno evidenziato un aumentato rischio per disturbi dell’umore ricorrenti in etŕ adulta (con una significativa porzione che evolve verso un disturbo bipolare), ma non un aumentato rischio per altri disturbi psichici. Importante rischio di suicidio

    66. Eterogeneitŕ dei disturbi depressivi in etŕ evolutiva: depressione sia come sintomo aspecifico, sia come indicatore psicopatologico specifico Fattori predisponenti (“vulnerabilitŕ”), precipitanti, di mantenimento. Ruolo della “vulnerabilitŕ” : distimia, “nevroticismo”, stile attribuzionale disfunzionale, stile comportamentale che aumenta l’esposizione a stress nell’arco di vita. Fattori di mantenimento: sintomatologia sottosoglia o distimia; “scarring” dopo il primo episodio; persistenza fattori di stress; comorbiditŕ

    67. PREVENZIONE DEI DISTURBI DEPRESSIVI Programmi preventivi GENERALI, con obiettivi: 1) cambiare direttamente il livello di depressione; 2) sviluppare fattori protettivi contro la depressione (es. incontri psicoeducazionali e tecniche cognitivo-comportamentali, per sviluppare abilitŕ sociali).

    68. PREVENZIONE DEI DISTURBI DEPRESSIVI Programmi preventivi MIRATI, rivolti a gruppi a rischio. I fattori di rischio piů significativi sono: 1) sintomi depressivi precoci o subclinici (Indicated) 2) storia familiare di depressione (Selective)

    69. EFFICACIA DEI PROGRAMMI DI INTERVENTO GENERALE PROGRAMMI DI INTERVENTO PREVENTIVO GENERALE Nessun programma preventivo “GENERALE” č risultato efficace nel prevenire l’esordio di disturbi depressivi. Clarke et al. (1993), School-based primary prevention of depressive symtomatology in adolescents: findings from two study. J Adol Res Due RCT studi preventivi GENERALI per ridurre i sintomi depressivi nella popolazione generale in etŕ evolutiva. Non sono stati evidenziati risultati significativi.

    70. INTERVENTI PREVENTIVI MIRATI SU SOGGETTI CON ELEVATA SINTOMATOLOGIA DEPRESSIVA (Indicated preventive) 1) King e Kirschenbaum (1990) bambini in etŕ scolare con alto punteggio a un questionario di screening Programma di training di abilitŕ sociali e consultazioni con genitori e insegnanti VS solo consultazioni Risultati: efficacia del programma “complesso” nel ridurre i sintomi depressivi

    71. 2) Clarke et al (1995) JAACAP (studio RCT) Screening a due stadi su 1652 adolescenti; identificati (con questionari)150 con sintomatologia depressiva, ma non con criteri di disturbo depressivo. Intervento: 15 incontri di terapia cognitivo-comportamentale di gruppo (3 a settimana per 5 settimane) VS nessun intervento Risultati al follow up a 6 e 12 mesi: differenza statisticamente significativa nell’incidenza di depressione maggiore o distimia tra gruppo trattato e di controllo (14,5% vs 25,7%)

    72. 3) Jaycox et al., (1994) Ragazzi di etŕ tra i 10 e i 13 anni, selezionati, con scale autosomministrate, sulla base di: a) livelli di sintomatologia depressiva b) livelli di conflittualitŕ genitoriale 143 bb. sono stati assegnati a un trattamento della durata di 12 settimane (a) cognitivo; b) abilitŕ di problem solving; c) entrambi i trattamenti). Controlli: lista di attesa o non partecipazione Risultati: significativa differenza, statistica e clinica, tra i due gruppi, alla fine del trattamento, e al follow-up a 6 mesi e a 2 anni. Limite dello studio: basso tasso di partecipazione allo screening (174/900, 19% nel scuole con i trattamenti e 88/700, 13% nelle scuole controllo)

    73. 4) Gillham et al., (1995) interventi educativi “targeted” RCT - 3 sedute di informazione su cause, trattamenti e sintomi di depressione; - 5 sedute finalizzate a incrementare la frequenza di attivitŕ quotidiane piacevoli Risultati: non differenze significative

    74. INTERVENTI PREVENTIVI MIRATI SU FATTORI DI RISCHIO FAMILIARI (Selective preventive) Interventi sulla FAMIGLIA, basati sull’ipotesi che il miglioramento di difficoltŕ specifiche (difficoltŕ nelle competenze genitoriali; depressione materna) dovrebbero ridurre il rischio di depressione nei figli. Interventi preventivi centrati sulla famiglia: 1) Madri depresse di bambini nella prima infanzia 2) Famiglie di bambini in etŕ scolare con almeno un genitore affetto da disturbo dell’umore.

    75. Interventi preventivi centrati sulla famiglia: 1) Madri depresse di bambini nella prima infanzia A) Interventi su MADRI DEPRESSE, centrati su: 1) depressione materna 2) interazione madre-bambino 3) attaccamento genitore-bambino 4) deficit nel sostegno sociale materno

    76. 1) Trattamenti psicoterapeutici brevi in donne con depressione post-partum: efficacia parziale di alcuni interventi nel ridurre la sintomatologia depressiva 2) Efficacia di terapie farmacologiche con antidepressivi

    77. Non sempre il trattamento della depressione materna migliora lo sviluppo del bambino. Cooper e Murray (1997): non ci sono significativi benefici nell’interazione genitore bambino, anche se la depressione materna, trattata con interventi psicoterapeutici, č migliorata in modo significativo Gelfand et al. (1996) intervento a domicilio rivolto a madri depresse (studio NON RCT): non significativo miglioramento dell’interazione madre-bambino.

    78. Cicchetti et al. (2000) la psicoterapia madre-bambino, intervento intensivo con l’obiettivo di sostenere le competenze genitoriali delle madri depresse, č risultata efficace nel migliorare lo sviluppo cognitivo ed emozionale dei figli.

    79. Interventi preventivi centrati sulla famiglia: 2) Famiglie di bambini in etŕ scolare con almeno un genitore affetto da disturbo dell’umore. B) Programmi di prevenzione “selective targeted” su bambini in etŕ scolare e su adolescenti 1) Sandler et al. (1992) Programma per sostenere l’intera famiglia dopo un’esperienza di lutto Risultati: riduzione dei sintomi depressivi nei bambini

    80. 2) Bearslee et al. (1997) - Ragazzi di etŕ 8-15 anni, con un genitore con disturbo dell’umore, assegnati casualmente a due tipi di intervento psicoeducazionale (RCT): a) due incontri informativi sulla depressione b) 4-9 incontri con un clinico (colloqui con genitori, con ciascun figlio, con la famiglia) Risultati al termine dell’intervento su 37 famiglie: le 19 con intervento clinico hanno riportato un maggior numero di cambiamenti positivi

    81. PREVENZIONE DEI DISTURBI DEPRESSIVI - SINTESI Nessun programma preventivo “GENERALE” č risultato efficace nel prevenire l’esordio di disturbi depressivi. Interventi su fattori di rischio risultati importanti nei programmi “GENERALI”: - aiuto alla genitorialitŕ - prevenzione del bullismo - incremento delle competenze sociali

    82. PREVENZIONE DEI DISTURBI DEPRESSIVI SINTESI I risultati di interventi preventivi MIRATI sembrano fornire interessanti prospettive, soprattutto quelli focalizzati su bambini con alti livelli di sintomatologia depressiva. Possibilitŕ di ridurre il carico di sofferenza associato ai disturbi depressivi. Necessitŕ di aumentare la percentuale di soggetti motivati a partecipare ad interventi preventivi “mirati”. Necessitŕ di valutare i possibili effetti negativi di interventi “mirati” (es. etichettamento).

    84. PROBLEMI METODOLOGICI 1) Efficacia vs Effectiveness 2) Valutazione a breve e a lungo termine 3) Fedeltŕ di applicazione del programma (manualizzazione) 4) L’impatto dei programmi di prevenzione puň dipendere da caratteristiche individuali (sesso, SES, livello di sintomatologia) 5) Problemi particolari nel dimostrare l’efficacia in programmi “generali”(es. diffusione ai controlli). 6) Programmi efficaci tendono a non essere mantenuti, né diffusi (costi, accettabilitŕ, leader carismatico)

    85. 7) Sono necessari studi che ci aiutino a comprendere meglio i “meccanismi” che sottendono l’efficacia degli interventi preventivi. - Ricerche su campioni ridotti, per studiare cosa funziona, in quale tipo di popolazione, in quali condizioni e quanto ampi siano gli effetti. 8) Complementaritŕ tra prevenzione e trattamento. - es. prevenzione della comorbiditŕ (“primary prevention of secondary disorders”)

    86. 9) Rischio della diffusione di programmi di prevenzione senza che ne sia stata verificata l’efficacia. Importante funzione dei professionisti della salute mentale dell’etŕ evolutiva, nel campo della prevenzione, č di informare politici, amministratori e colleghi sulla forza dell’evidenze scientifiche che sostengono l’efficacia ( e l’effectiveness) e l’inefficacia della varie iniziative di prevenzione.

    88. SITUAZIONI DI RISCHIO Indicatori di rischio: - INTRINSECI Basso peso alla nascita; ritardo di sviluppo, danni cerebrali, epilessia, temperamento difficile, ritardo mentale, malattie croniche - ESTRINSECI Genitori con disturbi psichiatrici, famiglie violente e disfunzionali, abuso fisico e sessuale, divorzio, svantaggio socioeconomico, quartieri degradati

    89. SITUAZIONI DI RISCHIO - ABUSO -DIVORZIO - CONTAMINANTI AMBIENTALI

    90. INTERVENTI PREVENTIVI SU FIGLI DI GENITORI DIVORZIATI Aumento del tasso di divorzio Negli anni 1990, solo il 50% dei bambini nel UK e il 40% negli USA crescono in famiglie con i due genitori biologici Effetti del divorzio sull’adattamento psicosociale (Hetherington e Stanley-Hagan, 1999): - molti bambini sperimentano difficoltŕ di adattamento (soprattutto di tipo comportamentale) nei mesi che seguono; la maggioranza dei bambini non presenta perň problemi gravi o persistenti.

    91. Interventi (scarse le ricerche metodologicamente adeguate): a) sul bambino: soprattutto a scuola b) sui genitori: terapia di gruppo c) di tipo legale: mediazione e coparenting

    92. A) Intervento sul bambino CDIP, Children of Divorce Intervention Project (Pedro-Carrol e Alpert-Gillis, 1997) Programma a scuola: sostegno emotivo; chiarificazioni di distorsioni cognitive associate al divorzio (es. che il bambino sia il responsabile del divorzio); sviluppo di abilitŕ di coping per affrontare gli stressor connessi. Intervento di 12 settimane in 75 bambini di 10-12 anni; risultati positivi (riportati da insegnanti, genitori e bambini) rispetto all’ansia, ai problemi scolastici

    93. B) Intervento sui genitori, con terapie di gruppo. L’effect-size medio sull’adattamento dei genitori č 0.80 DS, ma sull’adattamento dei bambini era decisamente inferiore (Emery et al., 1999). Oregon Divorce Study Intervento di 14 incontri di gruppo con i genitori Risultati: le madri e le insegnanti riferivano miglioramenti significativi comportamentali.

    94. C) Interventi di tipo legale: mediazione Sembrano esserci vantaggi nella mediazione per coppie che divorziano, ma non ci sono evidenze che questo migliori l’adattamento dei bambini

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