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. DIRITTO URBANISTICO Docente : Prof. Antonino Longo Orario di ricevimento : mer. 12-14 Email : alongo@dau.unict.it Luogo di ricevimento : D.A.U. , piano III Corso di Laurea : Edile-Architettura Anno di corso : I Semestre : I Numero totale dei crediti : 5 cfu.
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. DIRITTO URBANISTICO • Docente: Prof. Antonino Longo • Orario di ricevimento: mer. 12-14 • Email: alongo@dau.unict.it • Luogo di ricevimento: D.A.U., piano III • Corso di Laurea: Edile-Architettura • Anno di corso: I • Semestre: I • Numero totale dei crediti: 5 cfu
. CONTENUTO DEL CORSO (testo Urbani) Parte I: principi, funzioni, soggetti. • Nozioni generali • Evoluzione e fonti del diritto urbanistico • Attori pubblici e funzioni urbanistiche • La funzione di salvaguardia • La funzione di disciplina sostanziale Parte II: la funzione precettiva VI. I procedimenti di pianificazione urbanistica e territoriale. Profili generali VII. Gli strumenti urbanistici comunali Sezione I: il piano regolatore generale Sezione II: la funzione di gestione Sezione III: la riconversione urbana VIII. Le convenzioni urbanistiche IX. La pianificazione sovracomunale e di coordinamento e gli interesse differenziati X. La proprietà XI. Le opere pubbliche XII. L’urbanistica consensuale. Parte III: Controllo dell’attività edilizia XIV. La funzione sanzionatoria
. CONTENUTO DEL CORSO (Testo Longo) Capitolo I – La riforma del Titolo V della Costituzione rilancia la territorialità quale fattore unificante dei governi Capitolo II – Il consenso interistituzionale e la pianificazione territoriale Capitolo III – La tutela nazionale degli interessi territoriali sul piano collaborativo e sussidiario Capitolo IV – I percorsi di cooperazione territoriale in Europa Capitolo V – Limiti dei moduli concertativi nell’ordinamento italiano Capitolo VI – La necessità ineludibile di una legge di principi Capitolo VII – Alcune considerazioni finali
TESTI DI RIFERIMENTO URBANI P., CIVITARESE S., Diritto Urbanistico, Torino, Giappichelli, 2010. LONGO A., Governo del territorio, Milano, Giuffrè, 2009. Slides, dispense ed altro materiale didattico saranno resi disponibili durante lo svolgimento delle lezioni
MODALITA’ D’ESAME • Durante lo svolgimento delle lezioni saranno raccolte le firme attestanti la presenza. • Controappelli saranno effettuati per verificare l’effettiva frequenza degli studenti. • Saranno effettuate verifiche scritte o colloqui orali in itinere sulla preparazione conseguita dagli studenti frequentanti ad integrazione dell’esame finale. • L’esame finale consisterà in una prova orale
UOMO E DIRITTO Ubi societas, ibi ius è una locuzione latina che significa "dove c'è una società (civile), lì vi è il diritto". Ogni società non può che fondarsi sul diritto, non può esservi alcuna società (civile) che non avverta l'esigenza di regolamentarsi. "Ubi homo, ibi societas. Ubi societas, ibi ius. Ergo ubi homo, ibi ius". Principio di origine romanistica che sta ad indicare come l'uomo abbisogni necessariamente di regole giuridiche per poter vivere. Difatti se l'uomo è un "animale sociale" per usare una espressione di Aristotele, ossia necessariamente deve vivere con altri uomini e si relaziona costantemente con altri uomini. Per poter fare tutto questo è necessaria la creazione di regole.
DIRITTO NATURALE E DIRITTO POSITIVO • Il termine diritto, nella sua più nota accezione, identifica l'insieme ed il complesso sistematico delle norme che regolano la vita dei membri della comunità di riferimento. • Due concetti del diritto: naturale e positivo. Una delle concezioni più risalenti è la c.d. teoria del diritto naturale, o giusnaturalismo. Tale teoria postula l’esistenza di una serie di princìpi eterni e immutabili, inscritti nella natura umana. Il diritto positivo (cioè il diritto effettivamente vigente) non sarebbe altro che la traduzione in norme di quei princìpi. Il metodo adottato dal legislatore è, dunque, un metodo deduttivo: da princìpi universali si ricavano (per deduzione) le norme particolari.
LE NORME • Per norma giuridica si intende la “regola di condotta”, dotata dei caratteri della generalità e dell’astrattezza, avente la capacità di determinare, in maniera tendenzialmente stabile, l'ordinamento giuridico generale (ossia il diritto oggettivo). Una norma è una proposizione volta a stabilire un comportamento condiviso secondo i valori presenti all'interno di un gruppo sociale. Essa è finalizzata a regolare il comportamento dei singoli appartenenti al gruppo, per assicurare la sua sopravvivenza e perseguire i fini che lo stesso ritiene preminenti. • Lageneralitàconsiste nella ripetuta applicabilità della stessa ogni qual volta si presentino le condizioni prescritte. • L’astrattezza si riferisce al fatto che la norma giuridica non deve essere ricondotta ad un caso specifico, ma deve riferirsi ad un situazione astratta, ciò per garantire l'applicabilità ad una molteplicità di casi concreti.
“COATTIVITA’ “ DELLE NORME GIURIDICHE • La norma giuridica viene assimilata ad un comando, che impone all'individuo un determinato comportamento. Il carattere "coattivo" della norma giuridica è, dunque, imprescindibile. Questo elemento centrale della norma giuridica contribuisce, in modo determinante, a differenziarla da altri tipi di norme, come quelle morali o religiose, che appartengono ad una sfera non coattiva. • L'individuo è libero o meno di assecondare un comando religioso o morale. Può sentirsi perfino obbligato a farlo ma tale obbligo non è generalizzabile. Affini alle norme giuridiche vere e proprie possono considerarsi quelle deontologiche, che appartengono più alla sfera morale, ma che, quando sono inserite in disciplinari di ordini professionali o di associazioni di produttori, possono prevedere anche sanzioni in caso di violazione.
CARATTERISTICHE DELLE NORME GIURIDICHE • Le caratteristiche di una norma sono: la generalità, l'astrattezza, la novità, l'imperatività o coazione. • A parte generalità ed astrattezza di cui si è detto innanzi, la novità è intesa nel senso che ogni norma viene emanata per regolare un comportamento che fino a ieri si riteneva che non dovesse essere regolato, oppure allo scopo di modificare un già esistente regolamento di quel tale comportamento. L'imperatività (o coazione) consiste nel fatto che, accanto ad una norma che contiene un precetto, esiste una norma che prevede la sanzione. Gli atti o fatti da cui scaturiscono le norme giuridiche costituiscono le fonti del diritto, e, più esattamente, le fonti di produzione normativa o normogenetiche.
FONTI DEL DIRITTO • Le fonti del diritto si distinguono in fonti di cognizione e fonti di produzione. • Per fonti di cognizione s'intende l'insieme dei documenti che fornisce la conoscibilità legale della norma e sono, quindi, documenti che raccolgono i testi delle norme giuridiche, come la Costituzione, la Gazzetta Ufficiale e i codici. • Per fonti di produzione s'intendono gli atti e i fatti idonei a produrre norme giuridiche. Le fonti di produzione si distinguono, a loro volta, in fonti-atto e fonti-fatto. • Per fonti-atto si intendono atti giuridici volontari imputabili a soggetti determinati ed implicano l'esercizio di un potere ad esso attribuito (“atti normativi”), mentre le fonti-fatto, pur non essendo riconducibili ad azioni volontarie, sono accettati dall'ordinamento nella loro oggettività, “fatto normativo" (si tratta, in altri termini, di meri fatti giuridici).
ATTI GIURIDICI … • L'atto giuridico è un fatto giuridico consistente in un comportamento umano volontario. Per gli atti giuridici, quindi, è rilevante l'imputazione ad un soggetto di diritto, che può essere la persona fisica che ha voluto il loro accadimento o la persona giuridica per la quale detta persona fisica ha agito in qualità di organo. • Sono esempi di atto giuridico: la promessa, il testamento, la sentenza, il contratto, l'atto amministrativo. Sono, altresì, atti la legge, il regolamento e, in generale, tutti gli atti che sono fonti del diritto in quanto il loro effetto è la produzione, modificazione o abrogazione di una norma giuridica (“atti normativi”). • Essi possono essere recettizi, non recettizi, leciti, illeciti, unilaterali, bilaterali, plurilaterali, collegiali, pubblici, privati.
… E FATTI GIURIDICI • Con il termine fatto giuridico si indica un avvenimento o una situazione prevista dalla fattispecie di una norma. Al verificarsi del fatto giuridico la norma ricollega il prodursi di un effetto giuridico, ossia la costituzione, modificazione o estinzione di un rapporto giuridico. • Il fatto giuridico si distingue dal fatto naturalistico. Se un fatto naturalistico è previsto nella fattispecie di una norma, esso diventa giuridicamente rilevante in seno all'ordinamento giuridico ed è qualificabile come fatto giuridico. • I fatti giuridici si possono inoltre distinguere in: • meri fatti, se per l'ordinamento è irrilevante la volontà del loro accadimento, a prescindere che sia determinato da un'azione umana o da una forza della natura (ad esempio la morte di una persona, un evento meteorologico); • atti giuridici, se, invece, per l'ordinamento è rilevante la volontà del loro accadimento, determinato da un'azione umana (ad esempio un testamento, una sentenza, un contratto)
NORMA E LEGGE • La norma non va in nessun caso confusa con la legge. Mentre la legge è un atto, la norma è la conseguenza di questo. La legge è una delle fonti del diritto, la norma è diritto. La norma è un comando che si ricava dall'interpretazione delle fonti del diritto (ermeneutica: dottrina e giurisprudenza). • Le norme sono solitamente desumibili da una formulazione linguistica scritta (costituzione, legge, regolamento...) al fine di conferire alla stessa un alto grado di certezza e durevolezza nel tempo.
Fonti di produzione nell'ordinamento italiano (ABROGABILITA’ E IRRETROATTIVITA’) • Costituzione (sovraordinata a tutte le altre fonti) • legge costituzionale* • legge ordinaria • decreto legislativo • decreto legge • referendum abrogativo • regolamento • contratto collettivo di lavoro *legge regionale L'art. 117 della Costituzione, cosi come modificato dalla riforma del titolo V con l.3/2001, individua tre tipi di competenza legislativa: • la competenza esclusiva dello Stato; • la competenza ripartita tra Stato e Regioni (entrambe, nelle materie espressamente indicate); • la competenza esclusiva delle Regioni, in tutte le materie non enumerate (principio di residualità). • le leggi regionali sono completamente equiparate alle leggi statali o ordinarie, per tale motivo si collocano insieme con esse tra le fonti primarie subcostituzionali.
FONTI-FATTI • Le fonti sopradette, sono cd. fonti-atti, vale a dire manifestazioni di volontà espresse da un organo dello Stato o da altro ente a ciò legittimato dalla Costituzione, che, di regola, sono formulate per iscritto. • Nel nostro ordinamento sono, però, previste anche fonti-fatti, cioè comportamenti oggettivi od atti di produzione esterni all'ordinamento che possono essere schematicamente sintetizzate in : • consuetudine • norme di diritto internazionale generalmente riconosciute • accordi internazionali • fonti di ordinamenti stranieri richiamate nell'ordinamento
FONTI INTERNAZIONALI … • L'ordinamento internazionale e quello interno convivono su piani paralleli, essendo espressione di distinti processi di integrazione politica. Perciò, affinché le norme internazionali entrino a far parte dell'ordinamento interno, si deve verificare ciò che si indica con il termine di "adattamento", che può essere automatico o speciale. • L'adattamento automatico o generale è previsto dall'art. 10 della Costituzione, laddove dispone che «l'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute» (cioè le consuetudini internazionali). • L'adattamento speciale, invece, impiegato per il diritto internazionale pattizio, può consistere: • Nel semplice «ordine di esecuzione», che opera direttamente solo in relazione a trattati contenenti norme self-executing; • nell'adattamento speciale ordinario, ossia in atti normativi interni necessari per dare esecuzione a norme internazionali che non siano self-executing. In seguito all'adattamento, le norme internazionali assumono, nell'ordinamento giuridico interno, la stessa posizione gerarchica delle fonti che lo operano
… E IL DIRITTO DELL’U.E. • Una particolare posizione presenta, nel quadro del diritto internazionale, il diritto dell'Unione Europea, in quanto i Trattati e le fonti che ne derivano godono di una particolare copertura costituzionale (art. 11: «l'Italia [...] consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni»), in virtù della quale presentano una particolare forza attiva, paragonabile a quella delle norme costituzionali, consistendo in una limitazione definitiva dei diritti sovrani dello Stato, e una resistenza passiva rinforzata, prevalendo, in virtù della ripartizione di competenza operata dai Trattati, le norme comunitarie su quelle interne anche successive. • Sono dette per questo motivo norme interposte in quanto si frappongono tra la Costituzione e le altre fonti primarie. La giurisprudenza della Corte Costituzionale ha avallato la prassi per cui il diritto comunitario può derogare anche leggi Costituzionali purché non siano norme fondamentali e immodificabili quali ad esempio diritti fondamentali, e democraticità dell'ordinamento italiano.
ORDINAMENTO GIURIDICO Con il termine ordinamento giuridico si intende sia una comunità organizzata in vista del perseguimento di uno scopo comune (quindi, in questo senso, si può dire che lo Stato è un ordinamento giuridico) sia l'insieme delle norme (il diritto positivo) che regolano la vita di questa comunità (in questo senso, quindi, si dirà che lo Stato ha un ordinamento giuridico). Il diritto positivo è il diritto vigente in un determinato ambito politico-territoriale in un determinato spazio di tempo, posto dal potere sovrano dello Stato mediante norme generali ed astratte contenute dalle leggi nonché da disposizioni concrete ed individuate di carattere "regolamentare-amministrativo“.
ORDINAMENTO ORIGINARIO E DERIVATO • Un ordinamento giuridico può essere originario oppure derivato. È originario quando non deriva la sua sovranità da nessun altro ordinamento (ad esempio, lo Stato la Chiesa, la Comunità internazionale); è invece derivato quando la sua sovranità non è diretta e immediata, ma un riflesso della sovranità di un altro ordinamento (le Regioni italiane e l’Unione europea sono entrambi ordinamenti giuridici derivati). • La sovranità è l'espressione della somma dei poteri di governo riconosciuta ad un soggetto di diritto pubblico internazionale. Tale istituto giuridico rappresenta uno degli elementi costitutivi dello Stato, assieme al territorio ed al popolo. La sovranità connota il potere supremo dello Stato nei rapporti internazionali e la sua essenziale indipendenza
STATO • Lo Stato è un ordinamento giuridico politico, ovvero esercitante il potere sovrano su un determinato territorio e sui soggetti ad esso appartenenti. Esso comanda anche mediante l'uso della forza armata, della quale detiene il monopolio legale. Alla parola Stato afferiscono due concetti distinti: • Stato-Comunità: popolo, stanziato su un territorio definito, che è organizzato attorno ad un potere centrale (comunemente chiamato “Stato-nazione"). • Stato-apparato (o Stato-organizzazione): quel potere centrale sovrano, organizzato in possibili differenti modi, che detiene il monopolio della forza, e impone il rispetto di determinate norme nell'ambito di un territorio ben definito.
STATO E NAZIONE • Una nazione (dal latino natio: “nascita") è un complesso di persone che, avendo in comune caratteristiche quali la storia, la lingua, il territorio, la cultura, l’etnia, la politica, si identificano in una comune identità a cui sentono di appartenere legati da un sentimento di solidarietà. È questa coscienza di un'identità condivisa, questo sentimento di appartenenza a tale identità e di solidarietà che li lega, diffusi a livello di massa e non solo tra ristrette cerchie di persone, che rende una comunità etnica, culturale, politica una nazione. • Al fine di autodeterminare la propria esistenza, spesso la nazione aspira a diventare Stato, cioè a darsi un ordinamento giuridico che ne affermi la sovranità. In tal caso si parlerà di Stato-nazione. Esistono nazioni senza Stato.
STATO COME ENTE TERRITORIALE • lo Stato è anche un ente territoriale, in quanto individuato da una porzione di territorio che è soggetta alla sua sovranità. • Lo Stato è sovrano giacché superiore ad ogni altro soggetto entro i suoi confini. Per essere tale, la sovranità deve manifestarsi come "indipendenza" nei rapporti reciproci; per tale ragione, allora, lo Stato è indipendente e sovrano; sovrano al suo interno, indipendente nei confronti degli altri Stati. • Lo Stato esercita i seguenti poteri: la sovranità (esercitata attraverso i tre poteri pubblici legislativo, esecutivo e giudiziario) e il monopolio della forza affinché vi sia un fondamento obbligatorio.
PRINCIPIO DELLA SEPARAZIONE DEI POTERI • La separazionedei poteri è uno dei principi fondamentali dello stato di diritto. • Il concetto dello stato di diritto presuppone che l'agire dello Stato sia sempre vincolato e conforme alle leggi vigenti: dunque lo Stato sottopone se stesso al rispetto delle norme di diritto, e questo avviene tramite una Costituzione scritta (principio della civil law).La separazione dei poteri consiste nell'individuazione di tre funzioni pubbliche - legislazione, amministrazione e giurisdizione- e nell'attribuzione delle stesse a tre distinti poteri dello stato, intesi come organi o complessi di organi dello stato indipendenti dagli altri poteri.
I TRE POTERI DELLO STATO • Nelle moderne democrazie: • la funzione legislativa è attribuita al parlamento, nonché eventualmente ai parlamenti degli stati federati o agli analoghi organi di altri enti territoriali dotati di autonomia legislativa, che costituiscono il potere legislativo; • la funzione amministrativa è attribuita agli organi che compongono il governo e, alle dipendenze di questo, la pubblica amministrazione, i quali costituiscono il potere esecutivo; • la funzione giurisdizionale è attribuita ai giudici che costituiscono il potere giudiziario.
POTERE LEGISLATIVO • Il potere legislativo è uno dei tre poteri fondamentali attribuiti allo Stato. • Negli stati contemporanei del potere legislativo è titolare: • il parlamento a livello nazionale; • i parlamenti degli stati federati e nelle federazioni; • eventuali organi, analoghi al parlamento, di regioni e altri enti territoriali ai quali è riconosciuta autonomia legislativa. Detti organi producono le norme attraverso un atto che prende il nome di legge.
POTERE ESECUTIVO Il potere esecutivo, generalmente posseduto da un'istituzione denominata “governo", è il potere di applicare le leggi, distinto dal potere legislativo, che è il potere di fare le leggi e da quello giudiziario che è il potere di giudicare, ed eventualmente punire, chi non rispetta le leggi. Il potere esecutivo è esercitato da organi che eseguono le prescrizioni di legge e attuano in concreto le pubbliche finalità. I suoi compiti sono di: • far rispettare l'ordine e la legge attraverso la gestione delle forze di polizia e dei penitenziari; • condurre la politica estera dello Stato; • dirigere le forze militari; • dirigere i servizi pubblici e la pubblica amministrazione.
POTERE GIUDIZIARIO • Il potere giudiziario è quel potere che, in quanto organo costituzionale, permette in via definitiva e autonoma di risolvere una controversia di natura civile, penale e amministrativa (secondo le diverse giurisdizioni) applicando la legge, nel rispetto del contraddittorio delle parti, trasparenza del procedimento e motivazione della decisione, da parte di un Giudice terzo. • Questo procedimento si svolge in diversi uffici a seconda il grado di giudizio nell’ambito del quale il cittadino viene giudicato con la possibilità di impugnare le eventuali sentenze.
GIURISDIZIONE ORDINARIA … • Esistono due diverse giurisdizioni: una ordinaria e una speciale. • Quella ordinaria si occupa di materie civile e penale. In ambito civile la controversia sorge tra soggetti privati che prendono il nome di "attore" (per colui che avvia la procedura) e "convenuto" (colui che si difende). In questo caso ci si rivolge in primo grado al Giudice di pace o al Tribunale, in secondo grado alla Corte d'Appello e in terzo grado (definitivo) alla Suprema Corte di Cassazione.
… E QUELLA SPECIALE • Per quanto riguarda la giurisdizione speciale si divide in amministrativa, contabile e militare. • La prima risolve controversie dove sono coinvolte le pubbliche amministrazioni (tutela degli interessi legittimi) e se ne occupa il giudice amministrativo, ovvero in primo grado il Tribunale Amministrativo Regionale e in secondo grado il Consiglio di Stato. • La seconda risolve controversie sulla contabilità pubblica ed enti finanziari dallo Stato; se ne occupa il giudice contabile in primo grado la Corte dei Conti nella sezione regionale mentre, in secondo grado, nella sezione centrale. • Infine, quella militare, si occupa dei reati commessi dalle forze armate.
IL DIRITTO URBANISTICO Solo di recente il Diritto Urbanistico ha assunto una dignità disciplinare autonoma rispetto agli altri insegnamenti di materie giuridiche. Si tratta di una materia tipicamente interdisciplinare che seca trasversalmente numerosi campi disciplinari, sia tecnici sia giuridici. Esso afferisce, tuttavia, in misura largamente prevalente, al Diritto Amministrativo di cui costituisce un settore di estrema rilevanza non solo teorica, ma anche pratica. Il D.U. incide, peraltro, sui rapporti giuridici privati, sul regime giuridico del diritto di proprietà dei beni immobili, si confronta costantemente con il diritto costituzionale anche di derivazione sovranazionale secondo quanto previsto dal novellato art. 117 Cost.. E’ anche oggetto di studio del dirittopenale laddove, come spesse, accade, le trasformazioni fisiche del suolo poste in essere in violazione della disciplina urbanistica, determinano feedback penalmente rilevanti.
ELEMENTI DEFINITORI Il D.U. presenta contorni disciplinari di carattere estremamente incerto e mutevole nel tempo. In un periodo compreso fra la legge urbanistica generale (L. n. 1150/1942) e i primi anni Settanta si pensava che il D.U. coincidesse con la regolamentazione dell’incremento edilizio e la definizione dell’assetto urbano attraverso l’adozione di determinati piani urbanistici (D.U. in senso stretto). Più di recente il D.U. ha assunto connotati più fluidi, afferendo alla disciplina degli usi del territorio e delle sue risorse al fine di preservarli da iniziative economiche incompatibili con gli obiettivi della tutela e della conservazione (D.U. in senso lato). Prescindendo dai problemi definitori il D.U. ha assistito ad una notevolissima proliferazione della legislazione statale e regionale riguardante la disciplina degli usi, delle trasformazioni e della tutela del territorio nei suoi vari elementi costitutivi (paesaggio, risorse naturali, infrastrutture, centri abitati) ed al conseguente incremento dell’intervento della P.A. con vieppiù ampi poteri di regolazione e controllo.
IL D.U. E I PRINCIPI GENERALI DEL DIRITTO AMMINISTRATIVO • Il D.U. è ritenuto una partizione del Diritto Amministrativo di cui mutua concetti e relativi istituti giuridici. • E’, pertanto, necessario individuare preliminarmente la natura giuridica della funzione amministrativa cercando di distinguerla dalla funzione legislativa e da quella giurisdizionale. • Secondo la dottrina più classica la funzione amministrativa coincide con la funzione esecutiva: rappresenterebbe attività esecutiva della legge. Ciò in scrupolosa applicazione del principio di separazione dei poteri secondo cui a ciascun potere deve necessariamente corrispondere una specifica funzione. • 1) Il potere legislativo, con il compito di fare le leggi e di creare il diritto oggettivo; • 2) Il potere esecutivo, con il compito di dare esecuzione alla previsione legislativa; • 3) il potere giudiziario, con il compito di garantire l’osservanza dell’ordinamento giuridico.
. • In quest’ottica la funzione amministrativa rappresenta la “cura concreta dell’interesse pubblico” in esecuzione di quanto previsto da una norma giuridica. • La più recente dottrina ha, peraltro, rilevato la mancata rispondenza di tale tradizionale tripartizione alla concreta realtà delle cose, poiché ciascuno dei poteri esercita di fatto funzioni che sarebbero proprie di altri poteri. Non solo. • La stessa funzione amministrativa non potrebbe comunque essere relegata a mera esecuzione di leggi dovendo, invece, ritenersi riconducibile, più in generale alla regolazione e disciplina di rapporti giuridici e comportamenti, alla predisposizione di strumenti finanziari, alla definizione dei poteri dei privati, alla pianificazione territoriale. • FUNZIONE AMMINISTRATIVA identifica, pertanto, l’insieme delle attività svolte dagli apparati amministrativi dello Stato e delle altre amministrazioni pubbliche per la cura dell’interesse generale.
IL MOTIVO • A differenza di quanto accade in genere nel diritto privato, l’attività posta in essere da un’amministrazione ai fini del perseguimento di un determinato scopo risulta giuridicamente rilevante per l’ordinamento. • Se una società privata decide di far costruire un edificio da destinare a propria sede, ciò che rileva è semplicemente che la proposta di affidamento dell’appalto sia effettuata da chi è legittimato a rappresentare la società e che tale proposta non sia viziata da errore, violenza o dolo. Quando, tuttavia, la stessa attività viene posta in essere da un’amministrazione pubblica assume rilevanza IL MOTIVO ossia l’interesse pubblico per la tutela del quale si vuole procedere a tale realizzazione, se e a chi serve, chi sarà il contraente e perché, quanto costerà l’opera pubblica, in quale luogo e perché localizzarvi l’edificio. • Tutta la relativa attività sarà, ovviamente, caratterizzata da una sequela di atti amministrativi. • Il tratto connotativo dell’attività posta in essere dalla P.A. è rappresentato dalla necessità che il suo operato sia controllabile e verificabile; esigenza di controllo che costituisce la ragione precipua della qualificazione dell’attività amministrativa come esercizio di una funzione.
TRIPARTIZIONE DELLA FUNZIONE AMMINISTRATIVA • L’attività amministrativa si distingue in tre funzioni principali: • 1) attiva; • 2) consultiva; • 3) di controllo. • La prima è l’attività finalizzata alla cura degli interessi pubblici attraverso l’emanazione di atti o il compimento di azioni reali (ad es. l’ordine di demolizione) di un fabbricato; • La seconda serve a “consigliare” l’amministrazione sul modo migliore di curare l’interesse pubblico e da luogo ai pareri; • La terza è volta a sindacare l’operato delle amministrazioni pubbliche cui sono affidati i compiti di amministrazione attiva. • Soltanto per gli atti di amministrazione attiva si utilizzerà il termine di PROVVEDIMENTO (atto con cui si esprime la volontà imperativa dell’ente). • Gli altri atti verranno denominati semplicemente atti amministrativi poiché strumentali, o collegati, all’atto amministrativo provvedimento.
UFFICI, ORGANI, POTESTA’, COMPETENZE E ATTRIBUZIONI • L’elemento basilare dell’articolazione della P.A. è rappresentato dall’UFFICIO. • Esso costituisce la struttura organizzativa di base dei soggetti pubblici: ogni soggetto pubblico ha, cioè, un disegno organizzativo secondo cui a ciascun ufficio è affidato lo svolgimento di un certo compito (uffici funzionali). • Taluni uffici sono denominati ORGANI giacché hanno il compito di imputare gli effetti della propria attività all’organizzazione cui appartengono (il soggetto pubblico si “esprime” attraverso il suo organo). • Così accade per il Consiglio Comunale il quale è organo del Comune poiché esso può emettere atti rivolti all’esterno che modificano situazioni giuridiche soggettive come l’adozione di un piano urbanistico. • Prima di tale atto altri uffici avranno istruito la pratica, consultato ulteriori uffici, preparato e scritto materialmente il provvedimento (essi non sono, tuttavia, organi poiché la loro attività rileva solo ai fini dell’organizzazione interna).
. • La POTESTA’ rappresenta l’espressione del potere autoritativo ed unilaterale della P.A..(fra gli atti e le attività che ne sono espressione si ricordano il potere di stipulare contratti, di rilasciare certificati, di erogare prestazioni, di raccogliere dati, ecc.). • Sia le potestà sia gli altri compiti vengono comunque ripartiti fra le varie amministrazioni secondo due criteri: l’ATTRIBUZIONE e la COMPETENZA. • Attribuzione è l’ambito degli interessi pubblici che una norma giuridica affida alla cura di un soggetto in una determinata materia. • Competenza va, invece, riferita esclusivamente all’attività degli organi e degli uffici (è un concetto più ristretto rispetto a quello di attribuzione). • Es. Il Comune ha attribuzione in materia di pianificazione urbanistica, il Consiglio Comunale (orano del Comune) ha competenza ad adottare il piano regolatore generale.
I POTERI AUTORITATIVI DELLA P.A. • La funzione amministrativa può essere esercitata in via autoritativa e non autoritativa (per accordi). • Il potere di agire mediante atti d’imperio costituisce il più tangibile connotato del diritto speciale delle amministrazioni pubbliche. • Quando un’amministrazione esercita una potestà pubblica, si dice che emette un provvedimento amministrativo autoritativo, incidendo, cioè, unilateralmente sull’altrui sfera giuridica, in particolare costituendo, modificando o estinguendo situazioni giuridiche soggettive. • All’imperatività si ricollegano tre caratteristiche principali: • 1) l’esecutività: i provvedimenti producono i relativi effetti indipendentemente dalla loro legittimità (c.d. presunzione di legittimità degli atti amministrativi i cui effetti cessano di prodursi solo a seguito di annullamento). • 2) l’esecutorietà: la P.A. può ottenere l’esecuzione coattiva del proprio provvedimento anche con l’impiego della forza pubblica. • Tale caratteristica è espressione del c.d. potere di autotutela esecutiva delle amministrazioni pubbliche le quali, a differenza di quanto accade per i privati, nell’ambito delle proprie attribuzioni possono portare ad esecuzione i propri atti senza la necessità di rivolgersi all’autorità giudiziaria.
. • Nell’ambito dell’autotutela esecutiva la dottrina fa rientrare anche il potere di eliminare o modificare i propri atti che risultino viziati e, quindi, irregolari o invalidi secondo le modalità ed i limiti fissati dalla legge. • Nei casi in cui venga, infatti, sollevata da parte di un terzo privato o dalla stessa amministrazione una questione circa la regolarità dell’atto, possono essere aperti procedimenti amministrativi specifici – detti di riesame – il cui esito va dalla conferma all’annullamento d’ufficio, alla riforma dell’atto stesso. • I procedimenti di riesame differiscono sostanzialmente da quelli di revisione che danno luogo alle misure della revoca, ritiro o abrogazione dell’atto.. • Peraltro, mentre l’annullamento d’ufficio può essere pronunciato soltanto in presenza di un vizio di legittimità del provvedimento, la revoca rappresenta la misura da adottare nel caso in cui l’amministrazione dovesse reputare inopportuna una determinata decisione a seguito di una nuova valutazione degli interessi in gioco, oppure in ragione delle mutate circostanze di fatto oppure ancora in relazione a fatti di cui non si era tenuto conto in precedenza al momento dell’emanazione del provvedimento.
. • 3) L’inoppugnabilità: detta anche consolidazione, sicché una volta spirato il termine di sessanta giorni dalla conoscenza del provvedimento, non se ne può più chiedere al giudice amministrativo il relativo annullamento. • Decorso il predetto termine (che è di decadenza), solo la stessa amministrazione può eliminarlo in virtù dei suddetti poteri di autotutela esercitabili in ogni tempo. • L’inoppugnabilità è, comunque, legata alla effettiva conoscenza del provvedimento medesimo da parte dei soggetti destinatari interessati alla sua impugnazione. • In taluni casi è la stessa legge a fissare le modalità di effettiva conoscenza del provvedimento mediante la fissazione di presunzioni: ad esempio per i PRG si presume la conoscenza del piano mediante la pubblicazione dello stesso sul Bollettino Ufficiale della Regione. • In tutti gli altri casi è onere dei destinatari del provvedimento che si intende impugnare la dimostrazione della data e della modalità di avvenuta conoscenza del provvedimento. Trascorsi inutilmente i sessanta giorni dalla conoscenza dell’atto, il provvedimento si consolida e, per l’effetto, non può più essere annullato.
I PRINCIPI FONDAMENTALI DELL’ATTIVITA’ AMMINISTRATIVA • I principi fondamentali dell’attività amministrativa sono quattro: • 1) il principio di legalità; • 2) la riserva di legge; • 3) il principio di imparzialità; • 4) il principio del buon andamento. • Il primo trova il suo fondamento normativo nella L. 241/1990; gli altri tre nella Carta Costituzionale. • Allorché l’azione amministrativa si svolge in contrasto con i predetti principi essa diviene “ingiusta” (illegittima) ragione per cui l’Ordinamento giuridico accorda ai cittadini l’utilizzo di taluni strumenti di controllo volti alla difesa da possibili abusi da parte della P.A.
IL PRINCIPIO DI LEGALITA’ • Esso rappresenta il fondamento del c.d. “Stato di diritto”, laddove tutti i poteri devono essere subordinati alla legge. • Si tratta del primato della legge sull’amministrazione, ossia del Parlamento, espressione della volontà popolare (per ciò legittimato democraticamente), sui funzionari della P.A. • In forza di tale principio nessun potere può legittimamente essere conferito all’amministrazione se non previsto da una norma giuridica. • Il principio di legalità si configura un paradigma declinato in due distinti principi: di tipicità e di innovatività dei provvedimenti amministrativi. • Il principio di tipicità postula la necessità che ogni ad ogni provvedimento amministrativo corrisponde una funzione tipica; deve, cioè, avere una precisa finalità prevista da una norma. • Il principio di innovatività stabilisce, invece, la tassatività del numero dei provvedimenti amministrativi (dotati di imperatività) non essendo consentito dalla legge l’emanazione di provvedimenti non tipici, ossia non previsti espressamente dall’ordinamento giuridico (cosa che, di converso, può accadere nel diritto privato).
LA RISERVA DI LEGGE • Tale principio rappresenta un rafforzamento della funzione garantista del principio di legalità. • La riserva di legge esclude, infatti, che una determinata materia, in mancanza di una espressa disciplina legislativa, possa essere oggetto di una regolamentazione attraverso atti normativi secondari (regolamenti). • Si tratta di una garanzia posta a tutela dei cittadini secondo la quale determinati argomenti di particolare rilevanza i cui effetti sono suscettibili di poter incidere in modo significativo sulla sfera giuridica soggettiva dei singoli, debba necessariamente essere normata con legge del Parlamento. • Secondo l’art. 23 della Costituzione, ad esempio, l’imposizione di tasse e tributi può essere disposta esclusivamente in forza di una norma di legge. • In definitiva la riserva di legge ha una funzione essenziale di garanzia in quanto intende assicurare che in materie particolarmente delicate, come quella dei diritti fondamentali del cittadino, le decisioni vengano assunte dall’organo più rappresentativo del potere sovrano dello Stato: il Parlamento.
I PRINCIPI DI IMPARZIALITA’ E BUON ANDAMENTO • I principi di imparzialità e buon andamento della P.A. sono previsti dall’art. 97 della Carta Costituzionale. • Buon andamento significa efficienza della P.A. che si traduce in economicità ed efficacia dell’azione amministrativa a cui risultano affiancati quelli di imparzialità, di pubblicità e di trasparenza. • Sulla scorta di tali principi la P.A. deve informare il proprio agire al raggiungimento del miglior risultato costi/benefici non potendo limitarsi all’attestazione di un risultato meramente formale. • L’imparzialità è attuazione del principio di giustizia. • La P.A., nell’esercizio delle proprie funzioni, è tenuta a tenere in assoluta considerazione tutti i fatti afferenti agli interessi considerati dalla legge secondo le regole improntate a certezza, trasparenza e democraticità. • Esso costituisce corollario del più generale principio di uguaglianza sancito dall’art. 3 della Costituzione. • Costituisce tipica espressione del principio di imparzialità l’obbligo di motivazione dei provvedimenti amministrativi, il principio di partecipazione dei privati al procedimento amministrativo, il vizio dell’eccesso di potere. • Ai superiori principi generali se ne affiancano di ulteriori aventi origine nella giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea e, specificamente: • - il principio di proporzionalità e quello di non discriminazione.
LA DISCREZIONALITA’ AMMINISTRATIVA • La discrezionalità amministrativa rappresenta un concetto fondamentale del diritto amministrativo. • Vi sono taluni casi nei quali la funzione amministrativa si trova sostanzialmente vincolata allorché, in presenza di determinati presupposti stabiliti da una norma di legge, la P.A. non ha altra scelta che assumere un determinato comportamento (provvedimento). • In tali ipotesi la P.A. si limita all’accertamento circa la sussistenza dei necessari presupposti sanciti dalla norma per l’adozione di quel determinato provvedimento richiesto (come accade nel permesso di costruire). • In altri casi, invece, l’attività amministrativa è discrezionale. • La discrezionalità è il metodo mediante il quale la P.A., secondo il proprio prudente apprezzamento, stabilisce come realizzare, in concreto, l’interesse pubblico quando ciò non sia prestabilito dalla legge. • Le norme di legge, infatti, nell’attribuire il potere all’amministrazione, indicano, seppure raramente, l’interesse pubblico da tutelare (interesse primario) che dovrà, tuttavia, necessariamente collidere con altri interessi, pubblici o privati (secondari), ritenuti subordinati al primario interesse pubblico da curare. • La P.A. dovrà, pertanto, esercitare i poteri attribuiti dalla legge scegliendo di soddisfare l’interesse primario o ritenere prevalenti gli interessi secondari. • La c.d. discrezionalità amministrativa sta proprio nella prudente ponderazione comparativa dell’interesse primario con gli interessi secondari. • L’esito di tale valutazione sarà l’individuazione dell’interesse meritevole di tutela da parte dell’amministrazione.
. • Tale giudizio di “prevalenza” varia a seconda dell’ambito di discrezionalità concesso dalla norma alla P.A. • La norma di legge può, infatti, attribuire alla P.A. la determinazione discrezionale del contenuto del provvedimento (discrezionalità sul quid); • Può lascare alla P.A. solo la scelta su se emanare il provvedimento (discrezionalità sull’an); • Può consentire alla P.A. solo i tempi e i modi di adozione di un provvedimento (discrezionalità sul quomodo). • Ad esempio, nella formazione di un piano territoriale obbligatorio per legge la P.A. ha discrezionalità nel quid, ma non anche nell’an, ben potendo stabilire discrezionalmente i contenuti del piano , ma non anche la necessità o meno di adottarlo (lo deve adottare). • La discrezionalità amministrativa non va confusa con la discrezionalità assoluta: la P.A. non gode affatto della liberta di scelta; al contrario necessita che ogni decisione sia il frutto dell’osservanza di precisi criteri alcuni dei quali sono espressione di principi generali (ragionevolezza, imparzialità, uguaglianza, trasparenza, ecc…); ciò quando tali criteri non siano già contenuti nella norma attributiva del potere amministrativo di adozione del provvedimento (circostanza rara).
LA MOTIVAZIONE DELLA SCELTA • Elemento essenziale per rendere trasparente l’utilizzo dei criteri stabiliti dalla norma ai fini dell’adozione del provvedimento è che tali criteri, posti a fondamento del provvedimento, siano resi noti all’esterno. • La motivazione del provvedimento è posta a giustificazione della decisione adottata nei confronti di tutti i cittadini i quali devono essere posti nelle condizioni di conoscere se la scelta adottata dalla P.A. risulti o meno coerente con i criteri che l’amministrazione ha dichiarato di porre a base della decisione. • “vi è, pertanto, una stretta correlazione nell’attività amministrativa fra interesse pubblico, scelta discrezionale e motivazione della scelta, dovendo l’amministrazione evidenziare l’attualità dell’interesse pubblico da soddisfare”. • (Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria n. 7/1999).
ESEMPIO • L’Assessorato Regionale al territorio, che ha competenza sui beni paesaggistici, viene a conoscenza della costruzione di un’abitazione privata in una zona “vincolata” senza la necessaria autorizzazione (N.O. Soprintendenza per i BB.CC.AA.). • L’ufficio preposto può adottare tre distinte soluzioni: • 1) ordinare la demolizione della costruzione; • 2) autorizzare i lavori in sanatoria; • 3) autorizzare i lavori “con prescrizioni”. • In tutte le ipotesi menzionate la P.A. irrogherà una sanzione amministrativa pecuniaria (obbligatoria per legge – Codice dei bb.cc.). • Nel primo caso la sanzione coinciderà con la demolizione; • Nel secondo e terzo la sanzione pecuniari si accompagnerà al rilascio di un’autorizzazione in sanatoria. • La P.A. dovrà, comunque, motivare la propria decisione in relazione all’interesse primario (tutela del patrimonio paesaggistico) e agli interessi secondari (quello privato). • Nell’ipotesi in cui decidesse per la demolizione dovrà necessariamente dimostrare la necessità del suo abbattimento per la liberazione del panorama tutelato; laddove, in caso contrario, la relativa decisione sarebbe ritenuta sproporzionata ed irragionevole e, quindi, annullabile. • Nell’ipotesi in cui, viceversa, dovesse decidere per il mantenimento della costruzione (sanatoria e prescrizioni) dovrà necessariamente giustificare il provvedimento sulla base dell’ininfluenza della costruzione in ordine alla tutela del paesaggio, magari disponendo l’eliminazione solo di una parte dell’edificio.
LIMITI INTERNI ED ESTERNI ALLA DISCREZIONALITA’ • La presenza di altri interessi (non primari) suscettibili di poter incidere sfavorevolmente sulla soddisfazione dell’interesse pubblico primario ha imposto i c.d. limiti interni alla discrezionalità della P.A.. • Qualora tali limiti dovessero essere superati si configurerebbe un “eccesso di potere” con la conseguente invalidità del relativo provvedimento amministrativo. • Dai predetti limiti interni vanno distinti i c.d. limiti esterni che si indirizzano non alla discrezionalità della decisione amministrativa quanto direttamente al potere della P.A. che viene limitato all’origine attraverso una contrazione dei poteri stessi. • Es. Nei procedimenti di pianificazione urbanistica, ove è massima l’eterogeneità degli interessi in gioco, l’interesse primario (l’ordinato e razionale assetto del territorio) è frutto di un’articolata quanto complessa ponderazione degli interessi da tutelare. • L’adozione di una soluzione rispetto ad un’altra dipenderà da scelte discrezionali a cui è assolutamente difficile apporre limiti se non nell’organizzazione, da parte della norma, della discrezionalità amministrativa, in articolati procedimenti che siano idonei a contemperare il più elevato numero di interessi in campo.