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Liceo Leonardo Da Vinci, Treviso 31 gennaio 2014. Un approccio ecologico alla gestione e conservazione degli ambienti acquatici di transizione Prof. Piero Franzoi (CEMAS-DAIS). Approccio ecologico?.
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Liceo Leonardo Da Vinci, Treviso 31 gennaio 2014 Un approccio ecologico alla gestione e conservazione degli ambienti acquatici di transizione Prof. Piero Franzoi (CEMAS-DAIS)
Approccio ecologico? Ecologia studio della complessa rete di interazioni tra gli organismi ed il loro ambiente, a diversi livelli di organizzazione:
Livelli (principali) di studio dell’ecologia INDIVIDUO POPOLAZIONE COMUNITÀ ECOSISTEMA
Ecosistema “… Un’unità esplicita, dal punto di vista spaziale, della Terra che include, entro i suoi confini, tutti gli organismi insieme con tutte le componenti dell’ambiente abiotico.” (LIKENS, 1992) Ecosistema insieme di componenti in relazione tra di loro che costituiscono un’unità
Le componenti abiotiche e biotiche dell’ambiente interagiscono insieme a formare un sistema integrato, l’ecosistema. L’ECOLOGIA studia il funzionamento di questo sistema integrato, caratterizzato da un flusso di energia e da un ciclo della materia. Studia i problemi relativi alla produzione di energia organica e al suo trasferimento tra gli organismi. Si occupa inoltre dello studio del trasferimento della materia e del riciclo dei nutrienti essenziali (C, N, P, S, …) tra il comparto biotico e quello abiotico. L’attenzione si focalizza su tassi e proprietà collettive che caratterizzano l’ecosistema nel suo complesso: produttività, tassi di decomposizione, resilienza, stabilità.
Organismi AUTOTROFI sono in grado di trasformare il carbonio della CO2 in molecole organiche e biomassa vivente Gli autotrofi di gran lunga dominanti sono i FOTOAUTOTROFI utilizzano l’energia solare per convertire la CO2 in composti organici semplici (FOTOSINTESI) Organismi ETEROTROFI ottengono energia dalla demolizione delle sostanze organiche sintetizzate dagli autotrofi (o da altri organismi eterotrofi); questa energia è poi utilizzata per la sintesi di molecole organiche complesse
Rete trofica marina pelagica che fa capo all’aringa (Mare del Nord) Elton (1927)
1 2 3 4 Rete trofica di un estuario europeo
Flusso e dissipazione dell’energia attraverso l’ecosistema sole PP C1 C2 C3
L’efficienza ecologica tra livelli contigui varia da 5 a 30% (10% circa di media) Questo comporta una rapida riduzione dell’energia che fluisce lungo le reti trofiche, originando una struttura energetica “piramidale” della componente biotica dell’ecosistema (piramide dell’energia)
FONTI DI ENERGIA • Produzione di carbonio organico con la fotosintesi • UTILIZZAZIONE DIRETTA CATENA DEL PASCOLO (Consumatori primari Erbivori) • UTILIZZAZIONE COME DETRITO CATENA DEL D. (Consumatori primari Detritivori)
Flusso del Carbonio in un Ecosistema (semplificato) CATENA DEL PASCOLO ERBIVORI PRODUTTORI PRIMARI DETRITO CATENA DEL DETRITO DECOMPOSITORI
PRODUTTIVITÀ PRIMARIA Produttività della componente autotrofa dell’ecosistema Velocità con cui viene generata nuova biomassa a partire da una fonte di energia (energia solare nel caso degli organismi fotosintetici) e da composti inorganici. Si misura in J/(m2 anno) o g/(m2 anno)
MACROALGHE MICROALGHE Ecosistemi Acquatici: PRODUTTORI PRIMARI ANGIOSPERME
PRINCIPALI FATTORI CHE CONTROLLANO (LIMITANO) LA PRODUZIONE PRIMARIA NEI SISTEMI ACQUATICI • Temperatura • Luce • Nutrienti (N, P, in alcuni casi Si, micronutrienti) • CO2 Non è limitante: • Dall’atmosfera • Dalla decomposizione della sostanza organica (prodotta sia nell’ambiente acquatico che in quello terrestre) • Riserva di carbonio inorganico (dissoluzione delle rocce calcaree)
PRODUTTIVITÀ SECONDARIA: E’ la velocità di produzione di biomassa da parte degli eterotrofi. Anche questa viene espressa in cal/m2 anno o J/m2 anno. Una quota della produzione primaria è utilizzata dagli erbivori, i quali a loro volta sono consumati dai carnivori. Questa è detta catena del pascolo o sistema dei pascolatori Parte della produzione primaria invece muore e viene utilizzata da batteri, funghi e animali detritivori Catena del detrito o sistema dei decompositori
IL DETRITO L’insieme di tutti i tipi di materiale biogenico, in vari stadi di decomposizione microbica, che rappresenta una fonte potenziale di energia per le specie di consumatori. La maggior parte di questo materiale è costituito da frammenti vegetali. È la principale fonte di energia in molti habitat acquatici (es. sistemi ad acque correnti, zone umide, estuari e lagune...) Anche in ambienti con una importante produzione primaria, una quota importante di quest’ultima non viene consumata dagli erbivori ma entra, dopo la morte degli organismi fotosintetici, nella catena del detrito
Esistenza di microorganismi con differenti esigenze metaboliche Capaci di metabolizzare la maggior parte dei composti del C presenti negli ambienti acquatici, sia in presenza che in assenza di O2 • DETRITO AUTOCTONO Derivato dalla produzione primaria in situ • DETRITO ALLOCTONO Prodotto al di fuori del sistema acquatico considerato (ad es. detrito di origine terrestre)
CPOM Materia organica particolata grossolana (>1000 µm). Frammenti vegetali grossolani, spoglie di animali. Pesante, di norma depositata sul fondo FPOM Materia organica particolata fine(<1000 µm) Derivata dalla frammentazione e decomposizione della CPOM. Di norma in sospensione nelle acque correnti, tende a sedimentare soltanto in acque ferme o lente DOM Materia organica dissolta passa attraverso un filtro di 0,45 µm. Si origina dalla macerazione del detrito fogliare, oppure per secrezione da parte dei produttori primari
La decomposizione della sostanza organica morta (detrito) è il processo principale di riciclizzazione dei nutrienti Detritivori e Decompositori trasformano la sostanza organica in forma minerale rendendo disponibili i nutrienti per il riciclo interno all’ecosistema Detritivori e Decompositori traggono energia e nutrienti dall’ossidazione di composti organici rompendo i legami chimici formati nel corso della “costruzione” di tessuti vegetali ed animali
CICLI DEI NUTRIENTI In che modo i nutrienti vengono trasformati e riciclati negli ecosistemi acquatici?
Assimilazione: acquisizione dei “nutrienti” dall’ambiente, in forma inorganica oppure organica Rimineralizzazione o rigenerazione dei nutrienti: forma organica forma inorganica I NUTRIENTI LIMITANTI (FOSFORO E AZOTO) VENGONO RICICLATI RIPETUTAMENTE TRA GLI ORGANISMI E LE COMPONENTI NON VIVENTI DEGLI ECOSISTEMI ACQUATICI
Oltre ai processi generali alla base del funzionamento degli ecosistemi, vanno considerati anche i SERVIZIche gli ecosistemi naturali forniscono all’uomo • SERVIZI in termini di FORNITURA DI BENI: produzione di cibo, legno, erbe medicinali, combustibili fossili, acqua … • SERVIZI in termini CULTURALI: valori spirituali, valori estetici, educazione, attività ricreative e sportive …
SERVIZI in termini DI REGOLAZIONE: capacità degli ecosistemi di smaltire inquinanti, di ridurre il dilavamento superficiale (presenza di foreste), ridurre l’effetto delle inondazioni (ruolo della vegetazione, presenza di zone umide), di ridurre gli effetti di specie nocive e di malattie, ed infine la capacità di regolare il clima (sequestro della CO2 da parte delle piante) • SERVIZI DI SUPPORTO: consentono il buon funzionamento degli ecosistemi e sono alla base degli altri servizi ecosistemici; produttività primaria, ciclizzazione dei nutrienti, formazione del suolo …
Attività antropiche hanno di norma l’effetto di compromettere, in maggiore o minor misura, la capacità degli ecosistemi di fornire Beni e Servizi
Ci sono 4 differenti tipi di valori economici che gli ecosistemi forniscono alla società umana: • VALORI DI USO DIRETTO: acqua di falda per uso potabile e/o irriguo, stocks ittici, ecc. • VALORI DI USO INDIRETTO: filtrazione, depurazione, trasformazione di inquinanti, fissazione della CO2, ecc. • VALORI “OPZIONALI”: ricreativi, estetici ecc. • VALORI DI “NON USO”: valore intrinseco connesso alla mera esistenza degli ecosistemi ad es. per la sopravvivenza delle specie Difficoltà crescente di utilizzare le metodiche classiche di valutazione economica
Approccio ecologico? Dal punto di vista metodologico L’ecologia usa strumenti quantitativi per raccogliere, elaborare dati e verificare ipotesi Osservazioni in campo Esperimenti in laboratorio Esperimenti in campo Modelli matematici
I “problemi” dell’ecologia: • Enorme complessità (elevato numero di variabili coinvolte) • Difficoltà/impossibilità di studiare i fenomeni in laboratorio • Si opera soprattutto in campo, ma i limiti sono severi perché: • - le condizioni non sono controllate e non possono essere variate a piacimento • - non ci sono garanzie di ripetere le osservazioni alle medesime condizioni
Sono necessarie integrazioni fra • ricerche di campo, dove si osservano popolazioni e comunità in condizioni naturali o in condizioni di disturbo • ricerche di laboratorio, che analizzano processi elementari o riproducono piccoli ecosistemi artificiali • ricerche teoriche che elaborano modelli concettualie/o matematici da validare con i dati sperimentali (campo e/o laboratorio)
MODELLI Possono essere Descrittivi o concettuali (rappresentazione verbale e/o grafica) Matematici offrono previsioni QUANTITATIVE
Le conoscenze ottenute da osservazioni e/o esperimenti possono essere utilizzate per costruire MODELLI: • Sono rappresentazioni astratte, semplificate, di sistemi reali • Modelli quantitativi: utilizzano la comprensione ottenuta dai dati per prevedere scenari: evoluzione nel tempo, applicazione di differenti opzioni gestionali, …
… approccio ecologico alla gestione e conservazione di ecosistemi… ? Gli impatti antropici ad una varietà di scale – da locale a globale – alterano gli ecosistemi e ne compromettono di conseguenza le capacità di auto-sostentamento e di fornire beni e servizi Il ripristino delle funzioni ecosistemiche richiede una comprensione delle relazioni tra elementi fisici, comunità biotiche e flussi di materiali, e di come queste relazioni sono state alterate
VALUTAZIONE GESTIONE (mitigazione e compensazione degli effetti, ripristino) CONSERVAZIONE
Primo step VALUTAZIONE ECOLOGICA Costruzione di un MODELLO ECOLOGICO COCETTUALE Illustra le principali relazioni di causa ed effetto all’interno dell’ecosistema di studio e mostra come le forzanti (dirette ed indirette) di cambiamento (sia naturali che antropiche) influenzano l’ecosistema nel suo complesso e le specie in esso presenti
MODELLO CONCETTUALE DPSIR INTERVENTI STRUTTURALI DETERMINANTI (O FORZANTI): AGRICOLTURA, INDUSTRIA, CENTRI URBANI, … RISPOSTE: LEGGI E NORME, PIANI, … INTERVENTI PRESCRITTIVI E/O TECNOLOGICI IMPATTI: SULL’ECOSISTEMA, SULLA SALUTE, … BONIFICHE PRESSIONI: EMISSIONI IN ATMOSFERA, SCARICHI INDUSTRIALI, REFLUI URBANI, … STATO: QUALITÀ DELL’ARIA, QUALITÀ DELL’ACQUA, BIODIVERSITÀ, …
Modello Ecologico della Byscaine Bay (Florida, U.S.A.) FORZANTI PRESSIONI EFFETTI ECOLOGICI ATTRIBUTI ECOLOGICI INTERESSATI
Ambienti acquatici di transizione? Ecosistemi costieridi transizione (EAT) fra gli ecosistemi continentali (sia terrestri che acquatici) e gli ecosistemi marini; Presentano condizioni abiotiche e biotiche caratteristiche e peculiari che li differenziano sia dagli E. continentali che dagli E. marini.
Delta … Sacche …
Necessità di definire e classificare gli habitat costieri per fini gestionali e amministrativi→ identificare ed delimitare in modo non equivoco unità gestionali appropriate→ definizione di unità geografiche per scopi di gestione e conservazione degli habitat. Le definizioni in questo caso devono aver valore anche in termini amministrativi e legali. Queste classificazioni hanno quindi valore a livello di un singolo stato o di un’unione di stati (ad es. Comunità Europea)
Water Framework Directive (EU,2000) Per il miglioramento della qualità ecologica delle acque superficiali europee. La direttiva distingue, acque dolci, acque di transizione ed acque marine costiere. La WFD definisce come acque di transizione quei “corpi d’acqua superficiale, posti in vicinanza di foci fluviali, che hanno carattere parzialmente salino per la vicinanza delle acque costiere ma che sono sostanzialmente influenzati dai flussi di acqua dolce.”
Il termine acque di transizione include insieme, in un’unica categoria, sia gli estuari tidali (la tipologia più diffusa sulle coste atlantiche europee) che le lagune salmastre (la tipologia più diffusa nel Mediterraneo) PSU ACQUE SALMASTRE Sistema di Venezia (1959)
Classificazione degli Ecosistemi Acquatici di Transizione in base all’ampiezza dell’escursione di marea: NANO-TIDALI intervallo di marea < 0,5 m MICRO-TIDALI intervallo di marea > 0,5 m e < 2 m MESO-TIDALI intervallo di marea > 2 m e < 4 m MACRO-TIDALI intervallo di marea > 2 m e < 6 m IPER-TIDALI intervallo di marea > 6 m ACQUE DI TRANSIZIONE DEL MEDITERRANEO
LAGUNE E STAGNI COSTIERI “specchi d’acqua salmastra separati dal mare aperto da cordoni sabbiosi (tomboli, scanni, lidi) intercalati da aperture” LAGUNE (microtidali):bacini costieri dominati dalle maree che comunicano con il mare attraverso bocche o foci; caratteristici dell’Alto Adriatico STAGNI (nano-tidali):bacini costieri non dominati dalle maree che comunicano con il mare, anche saltuariamente o ad intermittenza, attraverso varchi o canali; (es. stagni sardi; “laguna” di Orbetello) (Brambati, 1988)
Apporti convergenti di sabbie litorali provenienti da due sorgenti terrigene puntiformi principali (es. laguna di Venezia) Origine di un bacino nell’ambito dei processi che portano alla formazione di un “delta fluviale” (es. lagune del Delta del Po)
Trasporto convergente di sabbie litorali che vanno a chiudere un insenatura marina fra due promontori rocciosi, oppure che vanno ad addossarsi ad un’isola (es. stagni di Orbetello)