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ASSOCIAZIONE LIGURE DEI GIORNALISTI CONTRATTO, NON CÈ NULLA DA NASCONDERE NON ABBIAMO NULLA DA NASCONDERE. IL CONTRATTO la situazione al 281008 Il contratto, non un contratto qualsiasi, che include e non esclude.
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ASSOCIAZIONE LIGURE DEI GIORNALISTICONTRATTO, NON CÈ NULLA DA NASCONDERENON ABBIAMO NULLA DA NASCONDERE IL CONTRATTO la situazione al 281008Il contratto, non un contratto qualsiasi, che include e non esclude
Il contratto, cosa c’è, come ci si muove, la situazione al 281008Il contratto, non un contratto qualsiasi, che include e non esclude La piazza, gli scioperi, le manifestazioni, il confronto e la trattativa. Tutto in trasparenza, nelle assemblee che si stanno facendo, nelle informative della Fnsi, sul sito federale, delle associazioni regionali di stampa. I riassunti (spesso parziali e fuorvianti) che compaiono in rete generano spesso non dibattito reale, ma attenzioni fuorvianti. La rete e cosa distribuisce a volte può anche essere una trappola e diventare una tonnara sindacale: a chi giova? Alla categoria e alla necessità di un contratto? No. Il contratto serve ai giornalismi e ai giornalisti, per il futuro, per dare futuro ai colleghi più giovani (di età e di contratto), per dare sicurezza a chi un lavoro lo ha, per costruirla per chi non ha un contratto, per chi fa lavoro autonomo, per difendere la solidità degli istituti di categoria (Inpgi, Casagit, Fondo) e la loro tenuta. Non servono le posizioni parasindacali o antisindacali espresse in questi giorni sul sito dell’Ordine dei Giornalisti. Non serve alla vigilia della possibile stretta e del confronto su tesi, articoli, contenuti e defin izione della parte economica, dividere, lacerare, con informazioni false, parziali o utilizzate in modo coscientemente fuorviante: informare in modo distorto, mentendo sapendo di mentire (cosa diversa dall’esprimere legittime critiche, proposte, contributi) è la cosa peggiore che si possa fare. Ed è il “peccato” mortale che ogni giornalista può commettere. Non ci sono bozze, preaccordi segreti, c’è un confronto: nonostante le “uscite” per così dire estemporanee comparse sul sito dell’Ordine Nazionale dei Giornalisti contrabbandando documenti e argomenti di riflessione datati e che, comunque, non sono né bozze né preaccordi di sorta.
DI COSA SI E’ PARLATO, DI COSA SI STA PARLANDO, COSA C’E’… • DI COSA SI E’ PARLATO, DI COSA SI STA PARLANDO, COSA C’E’… • Il fondamento del contratto e della trattativa è il patto generazionale che consenta di garantire tutti e il nostro futuro. In sostanza non dobbiamo avere paura né commettere errori del passato quando il timore del nuovo ci ha messo in difficoltà oppure ci ha fatto affrontare con ritardo i cambiamenti in atto. Il contratto nazionale serve a tutti e soprattutto a chi nelle realtà che non sono i grandi gruppi non ha integrativi o regole forti ulteriori a tutela dei colleghi e delle redazioni. • E’ sbagliato dire teniamoci cosa abbiamo. E’ sbagliato arretrare o pensare di tornare al contratto del 1959 sul quale è bene dire e spiegare anche qualcosa sul “cosa” comporterebbe il suo ritorno. Con semplicità, chiarezza e onestà intellettuale oltre che di convenienza della tutela dei diritti. La linea è quella della difesa e aggiornamento del contratto nazionale che “includa” e non “escluda” i più deboli; che intervenga con efficacia sulle dinamiche salariali ai livelli minori con ricadute per gli istituti di categoria come Inpgi e Casagit. Nelle cose sinora fatte non ci sono valori di “pancia”, ma contenuti veri. Non dipingiamo una situazione rosa, ma su uno sfondo di crisi generale nera e di crisi del settore dell’editoria grigio scuro alcuni elementi tendenti al rosa possono (e devono) esserci. Non vogliamo fare (mente sapendo di mentire chi lo sostiene), un contratto qualsiasi, ma il contratto. E non è certo un caso se ci sono voluti oltre 1339 giorni, 18 di sciopero, di piazza, di manifestazioni per arrivare al confronto preliminare alla trattativa definitiva, finale e vera che concretizzi ipotesi di intesa, punti di caduta per portarli poi al referendum con tutti i passaggi sindacali di conferenza dei cdr, consiglio nazionale, commissione contratto che deliberi la delegazione. I tempi per noi sono essenziali e non si potrà andare oltre la metà di dicembre per la definizione di una (possibile o eventuale) ipotesi di intesa.
LA BUFALA DEL CONTRATTO DEL 1959… LA BUFALA DEL CONTRATTO DEL 1959 C’è chi con dotte dissertazioni e sintesi di dibattiti redazionali riassunti con visioni di parte, distorsioni e dimenticanze varie (interventi e analisi che non sono condivisi da chi scrive e mette in rete informazioni parziali e devianti) SOSTIENE CHE SE LA FIEG DISDETTA IL CONTRATTO E SI TORNA A QUELLO DEL 1959 AI GIORNALISTI CONVIENE. BALLE E BUFALE ASSORTITE. Nel contratto del ’59 ci sono le gabbie salariali, ci sono spazi ridotti all’osso per Cdr e garanzie sindacali e relative rappresentanze, i salari soNo parametrati su tre elementi (a) salario base, (b) contingenza (c) e un valore diversificato per esempio tra Milano e Roma che all’epoca era di 15mila lire, non c’è orario di lavoro (noi oggi abbiamo le 36 ore,) quindi la vigenza sarebbe quella generale (40h o addirittura 48 secondo alcune indicazioni contraddittorie a livello europeo), non c’è arco di impegno. E’ questa la proposta da portare ai colleghi da parte di queste professorali e dotte linee di solidarietà e prospettiva contrattuale?
IL PRINCIPIO DEI PUNTI DI CADUTA • I principi e la linea del patto generazionale sono chiari. • Si “tiene” sui fondamentali, si “tiene” sulle tutele degli istituti Inpgi Casagit Fondo. • I punti di caduta: vale la pena di utilzzare una immagine tanto semplice quanto efficace. I punti di caduta normativi ed economici vanno sui “grassi” nel senso che va fermato lo schiacciamento al ribasso dei livelli meno forti del contratto, invertendo il meccanismo che con gli aumenti salariali premia e rafforza a salire chi ha qualifiche e tutele garantite. Questo serve ed è fondamentale per il futuro e le esigenze di tutti e per tutti degli istituti di categoria. Alcuni esempi: è inutile nascondere, perché tutti lo sappiamo, che il settore dell’editoria è entrato in crisi ben prima dello sconvolgimento economico internazionale e nazionale con ricadute pesantissime sull’economia reale e di ogni giorno, Alle porte ci sono richieste e intenzioni di ristrutturazione messe in campo, vociferate, annunciate, preannunciate o già in corso, da parte di diversi gruppi editoriali e singoli editori quando già non sono in corso o sono state definite. • Un prepensionamento costa mediamente all’Inpgi 500mila euro, per sostituire a livello contributivo previdenziale un pensionato o prepensionato d’oggi, servono circa 3,8 nuovi assunti. Il turn over dell’ultimo anno e delle trasformazioni dei contratti da tempo determinato a tempo indeterminato vede poco più di 200 giornalisti interessati. Alla Casagit la mancata trasformazione del tempo determinato in tempo indeterminato, quindi precariato e disoccupazione conseguente, costa mediamente 150 euro procapite al mese, quindi 1800 euro l’anno nel biennio di copertura seguente alla conclusione del contratto. Le nuove assunzioni, da tempo, vedono i colleghi praticanti o RO entrare nel ciclo del lavoro con il solo stipendio base tabellare e la contingenza, senza integrativi aziendali con un netto depauperamento economico e un livello retributivo basso e contributivo previdenziale ridotto. E’ fondamentale il patto generazionale, è fondamentale che lo sviluppo multimediale (on line, piattaforme diverse, radiotelevisivo web etc) sia oggetto di un accordo contrattuale che comporti da parte delle aziende investimenti reali e la possibilità di aprire a spazi di nuove assunzioni e di tutela dei posti di lavoro esistenti. • Questo non significa svendere professione e colleghi, contrattualizzati e no, lavoro dipendente e autonomo. Significa avere coscienza e conoscenza della realtà anche perché in molte realtà ci sono accordi su questi temi, situazioni di conflitto tra chi è già sul multimediale e chi no nella stessa realtà editoriale, anche con diversi livelli economici. Significa dare cibo (valore economico) a chi mangia poco (colleghi ai livelli salariali bassi) e alla cucina (Casagit, Inpgi, Fondo) lasciando, per una volta, un menù un po’ meno variegato a chi per sua e nostra fortuna ha cibo (valore economico) comunque garantito.
COSA C’ERA NEL PIATTO E COSA E’ STATO TOLTO • Vale la pena di ricordare che nel corso dei confronti soo stati eliminati punti quali la licenziabilità dei “capi” (Fieg voleva la loro trasfromazione in dirigenti fuori dal contratto giornalistico), i vincoli sui trasferimenti liberi, revisione e o abolizione degli articoli 42 e 43 del Cnlg, revisione e riduzione poteri e ruolo del Cdr. Cose di poco conto? Crediamo proprio di no. Ed è bene ricordare che quanto sinora fatto va nella direzione delle indicazioni congressuali di Castellaneta e della maggioranza espressa dal congresso e ulteriormente allargatasi dopo lo stesso congresso. • IL METODO • Il confronto a delegazioni ristrette e gruppi di lavoro tecnici è servito a questo e ad altro. E lascia ovviamente il campo aperto (ma era scontato, non era stato certo cancellato) ai passaggi statutari della commissione contratto, alla formazione della delegazione allargata per la trattativa finale, alla conferenza dei Cdr, al Consiglio Nazionale e al referendum finale. Nulla è stato messo sotto il tappeto. A esprimersi su quella che sarà, quando ci si arriverà, l’ipotesi finale, il punto di caduta complessivo, saranno i passaggi interni alla Fns e alle associazioni regionali e il referendum. Chi teme cose diverse ha letto male questi mesi e il lavoro svolto con trasparenza nella difficoltà oggettiva di costruire cose concrete.
MULTIMEDIALITÀ. MULTIMEDIALITÀ. Con la Fieg è stata svolta una serie di approfondimenti e di stesure, in itinere quindi non definitive e vincolanti, su un tema che non è pià il futuro, ma il presente. Perché è impensabile che si possa concepire una materia del genere come volontaria: abbiamo mai visto un contratto, luogo di lavoro, attività in cui una persona è assunta e sceglie cosa fare e cosa no? Certo c’è chi in situazioni forti ha concordato, in assenza di un quadro di riferimento contrattuale e normativo, a livello aziendale ipotesi varie. Il contratto deve regolare la materia che è e offre la possibilità per il futuro di creare posti di lavoro e di salvarne, l’opportunità di dare una prospettiva ai “giovani” e ai “vecchi”, vincolando la formazione e il potenziamento professionale, le possibilità di investimento e di sviluppo. La multimedialità può consentire se gestita correttamente di salvare, potenziare e rilanciare il media-giornale tradizionale. Chiuderlo in un fortino significherebbe solo accettare e attuare una sorta di eutanasia della professione, il suo invecchiamento, il miope rifiuto del nuovo e della realtà che va gestita al meglio, non demonizzata per età, convenienza, interessi di parte, senza per questo smantellare diritti e dovere della nostra professione al cui interno le disparità economiche sono tali da mettere, di fatto, sempre più in contrapposizione i “giovani” rispetto ai “vecchi” e gli stessi garantiti di vecchia data e contratti. Nello specifico le ipotesi tecniche sinora svolte (in tutti i confronti contrattuali si evolve la stesura di possibili testi e temi prima di arrivare al confronto allargato delle delegazioni) peraltro non oggetto di “firme” o di ipotesi o bozze definitive, prevedono : L’unicità della professione nell’articolo 1 con la scomparsa dell’allegato N che era figlio di una ipotesi incerta di sviluppo del settore multimediale Il vincolo della testata rispetto alla assunzione, alla prevalenza dell’arco di impegno Il ruolo del direttore Il no a mansioni non giornalistiche rispetto a temi-contenuti-servizi pubblicitari, di inserimento di redazionali non giornalistici pubblicitari, gossippari etc Il tema della flessibilità collegato al multimediale e più in gnerale al lavoro giornalistico è tema da tempo presente, attivo, contrattato, discusso e applicato in molte aziende. Del resto, per essere ulteriormente chiari, è impensabile ragionare secondo il vecchio proverbio “fate ciò che dico (noi parliamo nei media in cui lavoriamo di necessità, per gli altri, di produttività, flessibilità, sacrifici etc) e non guardate ciò che faccio (il rifiuto e il no a tutto quello che consigliamo o deprechiamo a carico degli altri che lo discutono)”. Ad una concezione luddita del lavoro si contrappone l’esigenza di discutere, regolamentare e tutelare la professione rispetto agli inetivabili cambiamenti in atto: è meglio stracciarsi la camicia sul petto e subire alla fine il tutto o regolamentarlo con adeguate tutele rispetto alla particolarità della nostra professione? Quella della m/medialità è una questione centrale e, probabilmente, la più importante da definire a livello normativo e contrattuale. In tal senso, pur senza credere a Babbo Natale (siamo adulti) è interessante la lettura dell’intervista a Prima Comunicazione del capo delegazione Fieg, Donati (rilasciata il 3 ottobre quindi prima di successivi confronti in essere).
QUALIFICHE, CONTRATTI A TERMINE, LAVORO AUTONOMO • QUALIFICHE. La rigidità che oggi si riscontra nell’organizzazione del lavoro e delle carriere con ampi settori che, di fatto, non si muovono e non si muoveranno mai da RO impone una diversa lettura e revisione di questa scala. Alla gerarchia classica delle qualifiche va (e ci sono ipotesi in corso) può essere affiancata una scala di figure come redattore esperto (equivalente al Cs), redattore speciale (vicecr) e redattore senior (Cr) di eguale valore economico con criteri ancora da definire. La temporalità di altre figure (condirettore, vicedirettori) vede posizioni ancora differenziate. La Fieg vorrebbe solo due figre (reda esperto e- senior o speciale), noi diciamo che l’indennizzo per direttori condirettori vicedirettore a termine deve essere congruo (no a sole 12 mensilità nettamente più congruo). • CONTRATTI A TERMINE. Alle normative generali esistenti alle quali non possiamo sottrarci si aggiunge oggi il cosiddetto libro verde Sacconi. Ci sono difficoltà oggettive anche in sede di vertenze di lavoro in sede giudiziaria. Ci sono stati giudici che hanno rimesso il quesito alla Consulta, ma anche altri che hanno applicato il libro verde, liquidando indennizzi,ma non reintegri o stabilizzazioni contrattuali a tempo indeterminato. Con la Fieg il confronto è anche sulle percentuali di questi contratti rispetto agli organici redazionali e nei casi di nuove iniziative editoriali. Creando, per esempio, a livello aziendale o di gruppo una sorta di albo dei “CTD” (contratti a tempo determinato) da cui pescare per turn over e-o assunzioni. No ai salari di reingresso con livelli economici più bassi di quelli contrattuaoi nazionali. • LAVORO AUTONOMO. Tema sul quale pende la non attiviazione dei cosidetti decreti Damiano del precedente governo congelati dall’attuale con tutta la tematica nota, relativa all’aumento delle contribuzioni, tempi di pagamento, mettere stop a aumento e trasformazioni che editori spingono dei cococo e altri in partite Iva, tutela con ricerca minimi garantiti pagamento pezzi (esempio rapportato a salario RO tipo soglia minima pezzo a 1 ora lavoro RO con 5 scatti anche se poi molti colleghi del lavoro autonomo temono che tetto minimo veda committenti abbassare livello pagamenti). Sul tema economico esistono due problemi realie per così dire storici e di politici interni al sindacato. • Il punto storico: Fieg sostiene comunque che lavoro autonomo è di singoli giornalisti “imprenditori” e non possono essere rappresentati dal sindacato. • Il punto storico ed economico. Ci sono oggettive differenze su diverse piazze e regioni di pagamento del lavoro autonomo, con realtà meglio “messe” e altre molto …meno. Anche qui va trovato un punto di caduta che dia garanzia a chi ha livelli economici indecenti e indecorosi con una soglia minima sotto la quale non è possibile scendere. Senza creare gabbie salariali per il lavoro autonomo, ma una garanzia sui minimi va trovata.
ASPETTO ECONOMICO, STRUTTURA DI SALARIO E BUSTA PAGA ASPETTO ECONOMICO, STRUTTURA DI SALARIO E BUSTA PAGA. Non ci sono ipotesi o “scritti”. Ma è altrettanto vero che la Fieg sul tema scatti dice 7 in valore fisso e noi i 15 come sono. Inutile nascondersi che al nostro interno, come categoria e su sollecitazione dei colleghi che hanno valori economici e di qualifiche basse ci sono ragionamenti e riflessioni diverse. Nella logica dei punti di caduta in cui tenere le cose fondamentali (scatti) e fare punto di caduta su patto generazionale (del quale abbiamo parlato in apertura di comunicazione) che consolidi e aumenti valore economico ai livelli inferiori, c’è chi riflette sulla possibile revisione della temporizzazione dello scatto (tre anni?), chi riflette sulla difesa totale e non accetta alcun tipo di analisi (tanto per essere chiari: gli scatti non sono in discussione come principio, sia chiaro), chi riflette su una revisione del meccanismo di indicizzazione, chi sulle necessità di riflettere sul sistema degli automatismi, nel senso di garantirli, rivedendoli secondo il principio del patto generazionale. Inutile nascondersi dietro a un dito visto che nelle redazioni, nei confronti della giunta consulta della Fnsi, nelle associazioni di questo si parla, si discute, si litiga, si riflette. E’ ovvio che la crescita (patto generazionale) dei primi anni di livello retributivo e di carriera, può eliminare le distorsioni create dall’accordo generale del 1993 che venne trasferito anche ai giornalisti e al nostro relativo contratto. Il patto generazionale è “noi (vecchi) per loro (giovani di età e di assunzione, a prescindere dall’età) con una quota di solidarietà che comprende tutti, i riflessi sulle pensioni, sugli istituti.
LA CRISI DELL’EDITORIA • LA CRISI DELL’EDITORIA. Fnsi e Fieg hanno mosso i loro passi anche comuni nei confronti del governo. Noi abbiamo il problema Inpgi (alla fine lo hanno scoperto gli stessi editori) (18 milioni in meno di contributi la vacanza contrattuale aggravata dal peso delle crisi aziendali con icosti procapite di 500 mila euro dei prepensionamenti o pensionamenti anticipati, 1 milione di gap per la Casagit per lo stesso motivo) con emergenze e spinte (piccola editoria, periodici, casi Uspi e Fipeg, Mediacoop che vuole in contratto differenziato, la questione dei contributi ai giornali di partito e alle coop che impone una pulizia del settore per eliminare distorsioni, anomalie, contributi a chi non ha diritto etc) e Casagit. L’Inpg e la Casagit condividono il patto generazionale, su cosa si può lavorare di fronte al bambole non c’è una lira del governo? • Servono, secondo stime accreditate, 50 milioni per 5 anni per fare fronte a una crisi di settore che va affrontata con scelte anche coraggiose per rilanciarlo e possibilmente consolidarlo con una diversa gestione e prodotto (vedi anche il multimediale) sul piano qualitativo. C’è la tendenza delle aziende a espellere i colleghi non appena hanno raggiunto i parametri minimi per i loro pensionamenti. Ci sono una trentina di milioni per i contributi delle spes postali che possono essere dirottati sul fondo per la crisi di settore e gli interventi ad esso collegati per alleggerire o evitare il solo peso economico sull’Inpgi, le aziende stesse hanno convenienza a scegliere altri sistemi di consegna (la stessa Fiega avrebbe individuato un sistema di consegna altenativo alle poste italiane, esose, con riduzione di almeno il 50% dei costi con aziende e corrieri ad hoc nelle aree metropolitane. L’Inpgi come dice oggi la stessa Fieg va messa in sicurezza, Ci sono altri dieci milioni reperibili secondo una analisi e confronto dell’Inpgi. Non è possibile affrontare il 2009 senza una soluzione in materia, pena la messa in mora in qualche modo dell’Inpgi da qui a qualche anno. La crisi del settore è oggettiva anche se in chi lamenta crisi c’è chi ha comunque redditività aziendali consistenti, ma si lamenta evidenziando una perdita di qualche punto percentuale: in sostanza guadagnavo cento, oggi guadagno (editore) 70, voglio sempre avere cento e mando via i giornalisti. • Questo è al 23 ottobre il quadro della situazione e del confronto con la Fieg.