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Michele A. Cortelazzo Morfologia. formazione delle parole - 1
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Michele A. Cortelazzo Morfologia
formazione delle parole - 1 La formazione delle parole riguarda l’insieme dei meccanismi e dei procedimenti di cui una lingua si serve per costruire parole (dette più tecnicamente lessemi), e permette quindi il continuo arricchimento del lessico. La formazione di parole nuove si ottiene di norma o tramite l’aggiunta di affissi a una parola esistente o tramite la combinazione di due parole. Nel primo caso si parla di derivazione, che avviene principalmente tramite suffissi o prefissi, o contemporaneamente tramite suffissi e prefissi (parasintetici), nel secondo caso di composizione.
formazione delle parole - 2 Altri processi permettono la formazione di parole: la conversione è un processo di formazione delle parole che determina lo spostamento di una parola da una parte del discorso all’altra, dando quindi luogo a due lessemi diversi, senza l’aggiunta di affissi derivazionali (gioco nome → giocare verbo, cambiare verbo → cambio nome); la retroformazione consiste nella formazione di una parola nuova a partire da una parola già esistente tramite la cancellazione di affissi o di segmenti interpretati come tali (telemisurare da telemisurazione, perquisire da perquisizione). (Claudio Iacobini, La formazione delle parole, in Enciclopedia dell’italiano, Roma, Istituto dell’Enciclopedia italiana, 2010)
alterazione, derivazione, composizione lavoruccio lavoratore forza-lavoro
alterazione «Processo morfologico derivativo che produce modificazioni formali sulla base con l'aggiunta di uno o più suffissi, che precisano la sfera semantica connotativa espressa dalla base». L’alterazione non cambia la categoria grammaticale della base di partenza. Es.: gelato, nome, gelatino, nome. bello, aggettivo, bellino, aggettivo. rubare, verbo, rubacchiare, verbo
alterazione diminutivi (esprimono un significato attenuato): tavolino, casetta. Si usano i suffissi –ino, -etto, -ello, -uccio. vezzeggiativi (esprimono un significato attenuato, con forte componente affettiva): ragazzetto, mammina. Si usano i suffissi –ino, -uccio, -uzzo. accrescitivi (consentono un’intensificazione del significato della base, accompagnato, spesso, da una connotazione positiva o, più frequentemente, negativa): librone, palazzone, pancione, tavolone, oppure cipollotto. Si usano i suffissi –one e –otto. peggiorativi (esprimono una valutazione negativo, talvolta anche dispregiativa): postaccio, tavolaccio, ragazzaccio). Si usano i suffissi -accio (con le varianti –azzo e –acchio), –astro, –ucolo, –ardo, –uncolo.
alterazione L'alterazione è considerata uno dei processi più caratteristici dell'italiano, poiché molto spesso la possibilità di esprimere sfumature connotative è riservata alla creazione di forme alterate, laddove altre lingue ricorrono a soluzioni perifrastiche: it. cagnolino, cagnetto, canino ingl. small dog fr. petitchien
alterazione I numerosi suffissi alterativi presenti in italiano contengono sempre una sfumatura affettiva, il cui valore intrinseco può essere modificato dal contesto di impiego: così il suffisso -uccio produce un alterato con valore positivo in tesoruccio (< tesoro), mentre il medesimo suffisso reca con sé una chiara connotazione dispregiativa in forme come impiegatuccio. Proprio la connotazione affettiva degli alterati, e in particolare dei diminutivi, spiega alcuni usi comuni nel cosiddetto baby talk (per es. «vado a prepararti l’acquetta per il bagnetto»).
alterazione L'alterazione è iterabile attraverso l'aggiunta di più suffissi (cfr. omaccione dalla base (u)omo + -accio + -one, casettina dalla base casa + -etta + -ina, ragazzettino dalla base ragazzo + -ett + -ino). In molti casi di cumulo le forme intermedie non sono in uso: ors-acchi-otto (orsacchio è raro), libr-ici-att-olo (libriciatto non esiste). Vi sono numerosi casi di alterati con interfissi: bastone > baston-c-ino, campo > camp-icello; topo > top-ol-ino, freddo> fredd-ol-ino (anche fredd-ino), fuoco> f(u)och-er-ello, secco > secch-er-ello.
derivazione Processo morfologico attraverso il quale la lingua produce parole nuove attraverso processi di affissazione (prefissi, infissi, suffissi). Le regole derivative possono cambiare le categorie morfosintattiche della base a cui si applicano e produrre così nomi da verbi, verbi da nomi, aggettivi da nomi, ecc.
derivazione Le regole derivative ammettono un certo grado di ricorsività (per es. sputacchiamento).
esempi di prefissazione • intensivi: beffeggiare> sbeffeggiare, assicurare> rassicurare, cuocere> stracuocere. • negativi: colorare > decolorare, armare > disarmare; colorare > scolorare. • modali: riuscire 'uscire di nuovo' - riuscire: 'avere successo', porre > interporre, mettere > (in)framettere; crescere > accrescere, mettere > immettere.
esempi di prefissazione • di significato temporale e locativo: allarme > preallarme, meridiano > antimeridiano, moderno > postmoderno, visivo > retrovisivo; socio > consocio; linea > interlinea, prova > controprova; • intensivi: ricco> arciricco, cotto > stracotto, rifinito > superrifinito; • negativi: fedele> infedele, fortuna > sfortuna, amore > disamore, morale > amorale, credente > non credente, tetto > senzatetto. • Vedi anche basi verbali: annunciare> preannunciare, datare > postdatare o retrodatare); abitare> coabitare; fare > strafare; caricare > scaricare, educare> diseducare.
parole possibili e parole esistenti La formazione di parole è condizionata da una serie di restrizioni. Una restrizione riguarda l’insieme delle basi potenziali a cui un determinato suffisso o prefisso può aggiungersi. Ad es. il suffisso -iera, che serve ad indicare oggetti che servono a contenere quanto indicato dal nome di base (cartucciera), può aggiungersi a nomi designanti entità animate (uccelliera) e a nomi concreti anche non numerabili (zuccheriera), ma non può aggiungersi a nomi astratti (*libertiera, *bellezziera) né a nomi designanti esseri umani (*giornalistiera, *autistiera).
parasintetici I parasintetici sono derivati nei quali la base si combina simultaneamente con un prefisso e un suffisso (o un processo di conversione). Sono parasintetici verbi come accoppiare, addensare, impastare, innervosire, sbriciolare, scaldare, ecc. In questi casi non esiste un verbo analogo privo di prefissi (per es., *nervosire o *briciolare), né un nome o un aggettivo con il prefisso utilizzato dal parasintetico (per es., *addenso, *innervo, *sbriciola)..
conversione Si chiama conversione la formazione, ottenuta senza aggiunta di affisso derivazionale, di una parola appartenente a una parte del discorso diversa da quella della base: per es., piacere verbo → (il) piacere nome; rosso aggettivo → (il) rosso nome; forte aggettivo → forte avverbio; abbasso verbo → abbasso! interiezione. La conversione può essere quindi definita tecnicamente un «processo di transcategorizzazione» non segnalato da marche affissali.
retroformazione La retroformazione consiste nella formazione di una parola nuova a partire da una parola già esistente tramite la cancellazione di elementi interpretati (a volte erroneamente) come affissi (telemisurare da telemisurazione, perquisire da perquisizione, meridione da meridionale.
retroformazioni verbi:acquisire da acquisizione, inquisire da inquisizione, perquisire da perquisizione, requisire da requisizione, correlare da correlazione, compravendere da compravendita, usufruire da usufrutto, rendicontare da rendiconto (nasce secondo lo stesso schema redarre da redatto, forma considerata non accettabile dai parlanti colti); nomi:alfabeta da analfabeta, filibusta da filibustiere, sfiga da sfigato; aggettivii:ubiquo da ubiquità
parole possibili e parole esistenti Il suffisso –oso (per es. in noioso) si applica quasi esclusivamente a basi nominali (amoroso, capriccioso, peloso, pidocchioso), ma che ci sono derivati perfettamente regolari e comuni formati a partire da verbi (appiccicoso, pensoso, scivoloso) e anche da aggettivi (serioso).
restrizioni fonetiche • il prefisso s- non può essere premesso a basi che cominciano in vocale (per es., *sagevole, *silludere, *sonesto, *sunire). In questi contesti si usa il prefisso dis- (disagevole, disilludere, disonesto, disunire). • i suffissi, derivativi o alterativi, raramente possono essere usati con basi terminanti con sequenze foneticamente simili (prete → pretino, non *pretetto).
restrizioni morfologiche • i verbi derivati con il suffisso -eggiare prediligono la suffissazione con -mento (corteggiamento, ondeggiamento), ma impediscono quella con –zione; • i verbi derivati con i suffissi -izzare e –ificareprediligono la suffissazione con -zione (memorizzazione, valorizzazione), ma, anche se molto più raramente, sono attestati anche derivati con -mento (acutizzamento, indirizzamento); • gli aggettivi formati coi suffissi -bile o -istico (*discutibilino, *snobisticuccio) non possono avere il diminutivo; • gli avverbi derivati con il suffisso produttivo -mente non ammettono ulteriori derivazioni (*durettamente, * rarettamente, *elevatonamente); • gli alterati raramente possono dar luogo a derivati (*freddinità, *gelatineria).