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NPLs: immobilizzazioni a lungo termine

NPLs: immobilizzazioni a lungo termine. Prof. Dino Crivellari Laboratorio Crediti Non Performing Lezioni Aprile. SPV “E”. SPV “Q” . Un confronto tra cartolarizzazioni NPLs “virtuose” e “non virtuose”. % INCASSI SU Px. % INCASSI SU GBV.

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NPLs: immobilizzazioni a lungo termine

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Presentation Transcript


  1. NPLs: immobilizzazioni a lungo termine Prof. Dino Crivellari Laboratorio Crediti Non Performing Lezioni Aprile

  2. SPV “E” SPV “Q” Un confronto tra cartolarizzazioni NPLs “virtuose” e “non virtuose” % INCASSI SU Px % INCASSI SU GBV

  3. Un confronto tra cartolarizzazioni NPLs “virtuose” e “non virtuose” % INCASSI SU GBV Un confronto + 71,6% • Maggiore incidenza della quota ipotecaria, notoriamente più profittevole, nell’ operazione con veicolo “Q” rispetto a quella con veicolo “E” 665,8 €mln GBV 1.702 €mln QUOTA IPOT.(%GBV) 31% 69% Px (sale price) 537 €mln 210,4 €mln

  4. Un confronto tra cartolarizzazioni NPLs “virtuose” e “non virtuose” Un confronto % INCASSI SU Px + 72,1% • per l’operazione con veicolo “Q” è stato pagato un valore realizzabile • al contrario dell’operazione con veicolo “E” per la quale è stato pagato un valore non realizzabile 665,8 €mln GBV 1.702 €mln QUOTA IPOT.(%GBV) 31% 69% Px (sale price) 537 €mln 210,4 €mln

  5. Il credito non performing va considerato una: PERDITA IMMOBILIZZAZIONE come tale va reso produttivo La gestione di un portafoglio NPLs si configura pertanto come un processo produttivo pluriennale IMMOBILIZZAZIONE A LUNGO TERMINE

  6. Scarto aziendale e termovalorizzatore IL TERMOVALORIZZATORE E’ DI FATTO UN INCENERITORE DI RIFIUTI IN GRADO DI SFRUTTARE IL CONTENUTO CALORICO DEI RIFIUTI STESSI PER: 1 GENERARE CALORE PRODURRE ENERGIA ELETTRICA 2 RISCALDARE ACQUA

  7. La gestione dei crediti insoluti si è trasformata da centro di costo in una vera e propria business line Nella realtà dei fatti questo assunto si è dimostrato errato

  8. Differenze tra unità di recupero tradizionali e unità dedicate Unità Dedicata Struttura tradizionale Struttura Organizzativa • Decentrata in rete • Accentrata e specializzata per • tipologia di credito L’attività di recupero crediti richiede un modello organizzativo sostanzialmente differenterispetto a quello di una banca tradizionale • Correttezza legale • e amministrativa Strategia • Massimizzare velocità di recupero • Aggressivo e orientato alla transazione extra-legale Stile • Burocratico/formale Competenze • Finanziarie/valutazioni asset • Capacità negoziali • Legali e fiscali • Amministrativo/legali Staff • Recuperatore • Specialisti funzionali (legali, fiscali, • finanziari, ecc.) organizzati in team Sistemi • Sistemi di supporto alle decisioni • Processi definiti di recupero • Forti incentivi sulla performance • Cartacei • Remunerazione fissa 8

  9. Modalità di definizione della strategia ottimale di gestione degli NPLs Modelli possibili Stretegia applicata Tipologia operatore bancario • gestione in house della maggior parte dei crediti • offerta proattiva di servizi di servicing a controparti di dimensioni minori • grandi banche italiane o estere, che hanno conseguito economie di scala e di scopo per gestione economicamente ottimale dei loro portafogli NPLs • banche di dimensioni medio-grandi che avranno sviluppato skill/expertise per la valutazione economica delle alternative • banche di medie dimensioni • banche piccole In house • valutazione della convenienza economica della strategia make vs buy per i diversi segmenti • gestione in house della fascia alta della clientela • servicing/cessione delle altre cessioni in base al pricing stimato nei due mercati Arbitraggisti * • gestione in house delle fasi di pre-incaglio • cessione a terzi in blocco delle sofferenze ogni 2/3 anni Tradizionale * Terminologia mutuata da: Mc Kinsey

  10. Evoluzione gestionale ed organizzativa degli operatori • Il settore della gestione dei crediti problematici negli ultimi 10 anni ha attraversato un periodo di forte evoluzione • Sta crescendo negli operatori un orientamento alla gestione “in logica di business” e alla creazione di valore • Specializzazione, sviluppo professionale delle risorse, innovazione gestionale ed organizzativa rappresentano le levefondamentali di evoluzione di questo settore

  11. Si sta diffondendo la costituzione di unità specializzate nella gestione dei crediti problematici Modifica dei confini settoriali Evoluzione gestionale ed organizzativa degli operatori Operatori del settore: OUTSOURCING INTERNO SPECIALIZZAZIONE • Banche • Società di leasing, credito al consumo • Divisioni di investiment bank • Divisioni di operatori immobiliari • Società di recupero crediti (ca.700 società) PARTNERSHIP INDUSTRIALI ESTERNALIZZAZIONE CONSORZI TRA IMPRESE NUOVI PLAYER CONCENTRAZIONI BASILEA II RECEPIMENTO DIRETTIVA SUI RITARDI DI PAGAMENTO Evoluzione regolamentare e normativa

  12. Qual era la situazione prima che prendessero avvio le recenti spinte innovative? Le banche come gestivano il credito in default?

  13. Per avere un quadro di efficienza delle procedure di recupero crediti attuate dalle Banche, l’Organo di Vigilanza a fine 2000 ha condotto un’indagine E’ emerso che: Le procedure giudiziali e gli accordi privatistici hanno la stessa rilevanza nell’ambito delle procedure di recupero crediti I costi attesi delle procedure giudiziali tendono a superare i vantaggi attesi a beneficio delle procedure stragiudiziali Le procedure stragiudiziali mostrano un più elevato tasso di recupero COSTI ANNUI PER L’ATTIVITA’ DI RECUPERO CREDITI I costi sostenuti per il recupero del credito sono pari al 2,3% dei costi operativi, di cui ca. il 50% sono imputabili al costo dei legali esterni Rilevazione Banca d’Italia – Anno 1998 - 2000 Valori espressi in % dei costi operativi

  14. Il livello di efficienza della giustizia influenza la qualità del credito QUOTA DEI CREDITI EFFETTIVAMENTE RECUPERATA PER TIPOLOGIA DI PROCEDURA DI RECUPERO * Gli accordi stragiudiziali consentono recuperi analoghi a quelli delle procedure esecutive immobiliari, tra il 60% e il 70% del credito DURATA DEI PROCEDIMENTI GIUDIZIALI DI RECUPERO CREDITI ** Il ricorso ad accordi stragiudiziali, nel 41% dei casi, è dettato soprattutto dalla volontà di ridurre i tempidelle procedure giudiziarie e contenerne le spese e gli oneri (*) Rilevazione Banca d’Italia – Anno 2000 – Valori espressi in % (**) Elaborazione dati Ministero della Giustizia – Dati nazionali

  15. I tempi e i costi della giustizia E’ oramai condiviso che la lunga durata delle cause civili offre vantaggi dilatori per la parte in torto: Il ricorso alle vie giudiziali infatti è una strategia finalizzata ad ottenere una dilazione di pagamento della somma contestata o in alternativa a concordare una transazione favorevole I tassi di interesse legali applicati sulle somme contestate sono generalmente inferiori a quelli di mercato a tutto vantaggio della parte in torto che, in tal modo, si avvantaggia dell’eccessiva durata dei processi I lunghi e lenti tempi della giustizia rappresentano anche un costo per lo svolgimento e lo sviluppo di un’attività d’impresa: Costi per recupero crediti Per il recupero di un credito in Italia sono necessari in media 1.210 giorni lavorativi a fronte di soli 190 della Danimarca 6,5% 10,5% 9% 16,8% I costi complessivi derivanti dall’aver intrapreso le vie giudiziali per recuperare un credito gravano pesantemente sulle imprese 17,6% • Fonte: World Bank (2006)

  16. Facendo i conti: il costo del “servizio di giustizia” si concretizza in: MAGGIORI PERDITE PER LE BANCHE MINOR GETTITO FISCALE PRENDIAMO AD ESEMPIO LE PROCEDURE CONCORSUALI …

  17. PARADOSSO: Se tutte le procedure si realizzassero in un Tribunale piuttosto che in un altro il valore attuale netto risulterebbe sensibilmente diverso (media nazionale: 8 anni, 3 mesi) TRIBUNALE Best Practice (durata media procedure fallimentari: 5 anni)* TRIBUNALE Worst Practice (durata media procedure fallimentari: 13 anni, 7 mesi)* differenziale = 427,7 €mln • L’inefficienza della giustizia si misura in termini di differenziale di prezzo e non soltanto in termini di iniquità. • La perdita subita dalle banche è considerevole: 10,4 €mld per mancato incasso (che si traduce anche in un minor gettito fiscale pari a 4,4 €mld) più la perdita finanziaria dovuta alla eccessiva durata dei procedimenti • Fonte: Istat 2007 • Elaborazione dati UniCredit Credit Management Bank

  18. Il Bad Banking Poiché una diminuzione, anche limitata, dello stock di sofferenze ha significativi effetti positivi sulla redditività, le banche italiane hanno adottato metodologie in grado di incidere sul livello dei costi complessivi, diretti e indiretti, della gestione del contenzioso Accanto alle procedure di recupero crediti “tradizionali” a metà degli anni ’90 fa la sua comparsa una tecnica di gestione delle sofferenze: il c.d. Bad Banking Viene presa a modello la scelta del sistema bancario statunitense per la gestione dei NPL’s

  19. Il Bad Banking nel sistema bancario statunitense VANTAGGI Negli Stati Uniti, società specializzate nell’acquisto e nel recupero NPL’s stipulano accordi esclusivi (c.d. forward flow agreements) in base ai quali l’originator si impegna a cedere con continuità tutte le sofferenza che rispecchiano criteri predefiniti • l’acquirente del pool si assicura un flusso di attivi in grado di coprire i costi fissi dell’attività svolta • le sofferenze sono immediatamente eliminate dal bilancio del cedente migliorando l’adeguatezza di capitale senza l’incertezza legata alla necessità di trovare ogni volta un cessionario

  20. Il Bad Banking in Europa La Bad Bank può definirsi un organismo, appositamente creato o già operante sul mercato, a cui vengono ceduti gli attivi problematici, ma anche partecipazioni, di una banca Tuttavia, il bad banking in Europa come in Italia è stato interpretato ed attuato quale singola fase di articolati piani di risanamento di intermediari in crisi E’ quanto accaduto nei casi: ITALIA FRANCIA del Crédit Lyonnais con il Consortium de Realisation del Banco di Napoli con la Società di Gestione degli Attivi

  21. Case study: il Consortium de Realisation Il CdR ha origine da un accordo siglato il 5 aprile 1995 tra lo Stato Francese e il Crédit Lyonnais, in base al quale sono stati trasferiti al CdR 135 miliardi di franchi di attivi, direttamente o indirettamente, detenuti dalla banca, in maggior parte crediti problematici ma anche partecipazioni L’idea era quella di alleggerire le probabili perdite del CdR grazie ai ricavi originati dalla vendita di partecipazioni di qualità. In realtà l’effetto è stato quello di deprimerne il valore di mercato • E’ una S.p.A. con una struttura organizzativa leggera, che ruota intorno ad un presidente e ad un direttore generale, entrambi scelti dal ministro dell’economia e delle finanze. • E’ costituito da 5 filiali dette di primo rango, così strutturate: • 3 società patrimoniali • 1 società di gestione crediti, il CdR Crèances, che si occupa del recupero e della cessione dei crediti in portafoglio • 1 struttura bancaria che gestisce i flussi finanziari e la tesoreria interna Solo il 31 dic. 2014, data entro la quale il CdR dovrà aver ceduto tutti i crediti in portafoglio, si saprà con esattezza il costo del salvataggio del Crèdit Lyonnais, l’ultima banca pubblica francese

  22. Case study: la Società di Gestione degli Attivi Il decreto ministeriale del 14 ottobre 1996 ha consentito al Banco di Napoli, previa autorizzazione della Banca d’Italia, di procedere alla cessione pro soluto, a una società del gruppo, di crediti in sofferenza e comunque ad andamento anomalo Particolarità di questa operazione di cessione è che il BdN, già soggetto cedente e finanziatore, (in quanto creditore della SGA per un importo corrispondente al prezzo di cessione, alla cui estinzione sono destinati i proventi rivenienti dal realizzo degli attivi), è anche chiamato a ripianare le eventuali perdite • Il 1° gennaio 1997 si realizza il trasferimento a titolo oneroso e pro soluto delle attività problematiche del Banco di Napoli alla SGA, incaricata di gestirne il recupero • La cessione ha riguardato attività per una valore nominale pari a ca. 17.400 miliardi per 33 mila posizioni Questa soluzione nasce dalla duplice esigenza di garantire continuità nell’azione di recupero e di preservare il contatto diretto con i debitori. Ma questo ha determinato un disorientamento, sia in capo al personale del BdN incaricato dell’esecuzione del mandato sia in capo ai debitori • Le attività di gestione, amministrazione e riscossione dei crediti sono affidate al servizio centrale di recupero crediti del Banco di Napoli

  23. Il bad banking è invece uno strumento che può consentire di sviluppare il business delle sofferenze Lessons learned Analizzando queste esperienze non è possibile parlare di vere e proprie bad banks, non configurandosi quali nuove tipologie di intermediario finanziario • liberare risorse finanziarie impegnate in attività immobilizzate • migliorare i coefficienti patrimoniali, gli indici di redditività e la gestione dei rischi • liberare risorse umane e tecnologiche • migliorare la propria reputazione sul mercato, grazie ad un minor monte sofferenze Alla bad bank si potrebbero rivolgere non solo gli intermediari in difficoltà, ma tutti gli intermediari di mercato che abbiano convenienza a cedere attivi problematici al fine di:

  24. Servicing esterno Il Servicer è un intermediario, remunerato al risultato, al quale un soggetto, non necessariamente una banca, esternalizza, su base continuativa e sistematica, la gestione dei crediti in sofferenza • provvedere al recupero degli asset • in tempi inferiori • in misura maggiore • a migliori condizioni di costo COMPITO del SERVICER E’: L’elemento di novità non risiede nell’attività svoltama nelle modalità operative attuate dal Servicer e finalizzate ad una gestione attiva

  25. Il contratto di Servicing CONTENUTO NORMATIVO L’accordo di mandato, assistito da procura generale, stabilisce l’ampiezza dei compiti individuando per importo e categoria i crediti oggetto di gestione • Occorre fissare: • i tempi di assegnazione degli incarichi in relazione al momento in cui si verifica il default del cliente per garantire la tempestività dell’intervento; • l’eventuale termine ultimo entro il quale l’attività di gestione deve essere compiuta; • le deleghe per la definizione delle posizioni con modalità diverse dal recupero integrale, spese e interessi compresi. LIMITI DI AUTONOMIA

  26. La struttura tariffaria del contratto di servicing Tipicamente è articolata su 3 elementi: COMMISSIONI FISSE COMMISSIONI VARIABILI COMMISSIONI STRAORDINARIE di norma annuali per ogni posizione data in gestione differenziate in funzione del grado di recuperabilità, della tipologia e dell’importo del credito, del timing atteso del recupero applicate sugli incassi di importo superiore a quello previsto dal business plan incentivando il raggiungimento e il superamento degli obiettivi

  27. I vantaggi dell’esternalizzazione del processo di recupero La convenienza ad esternalizzare la gestione dei crediti insoluti è soprattutto da ricercarsi in una riduzione dei costi operativi, ma non solo: • Riduzione del costo di recupero fino al 10% • Eliminazione del costo fisso amministrativo per la gestione del contenzioso e sua sostituzione con un costo variabile determinato dal corrispettivo dovuto al servicer e solo in caso di successo dell’attività di recupero

  28. La logica economica dell’outsourcing VALORE GENERATO VALORE AL CLIENTE 50 % 7 50 % VALORE AL SERVICER 100% 10% 9% 14% 5 RIDUZIONE DEI COSTI TOTALI 7 77% 12 72 55 10% 5 RIDUZIONE DELLA PERDITA Costi complessivi Costi operativi Oneri finanziari Perdite su crediti

  29. L’outsourcing interno Intorno alla fine degli anni ’90 diversi Gruppi bancari si sono dotati di strutture ad hoc, giuridicamente separate, ovvero hanno trasformato quelle esistenti a cui hanno delegato l’intera fase della gestione degli attivi problematici Si tratta di società, in alcuni casi banche, autonome sul piano operativo e orientate al raggiungimento di obiettivi di efficienza economica e non alla mera amministrazione del contenzioso

  30. Numerosi sono i vantaggi derivanti dalla costituzione di un Servicer Captive La destinazione al servicer captive delle proprie risorse specialistiche consente alla mandante di non perdere un capitale umano sul quale ha investito elevati costi di formazione e aggiornamento Il rapporto di mandato si presenta più duttile ad una modifica dello schema contrattuale che potrà di volta in volta essere adeguato alle politiche di recupero della mandante Il servicer captive sarà sicuramente più attento e scrupoloso nell’attività di reporting alla mandante

  31. Indice Argomenti Il Nuovo Accordo sul Capitale L’applicazione dei principi contabili internazionali I crediti nello IAS 39 Basilea II e IAS 39: un confronto Possibile scenario futuro del mercato dei crediti

  32. Tappe attraverso cui si è giunti al Nuovo Accordo sul Capitale 1975 – Si costituisce il Comitato di Basilea per la Vigilanza Bancaria formato dai Governatori delle Banche Centrali dei Paesi del Gruppo dei Dieci il cui compito istituzionale è fornire raccomandazioni sulla vigilanza vincolante delle banche 1988 – Viene firmato l’Accordo sul Capitale che costituisce l’attuale sistema di vigilanza prudenziale 1996 – Viene regolamentato il rischio di mercato come integrazione dell’Accordo esistente 1999 – Si propone un nuovo schema di Regolamentazione del Patrimonio ed una revisione del sistema di misurazione dei rischi 2001 – Viene proposto un testo di Nuovo Accordo sui requisiti patrimoniali 2003 – Verifica delle proposte di revisione e predisposizione testo definitivo 2007 – Entrata in vigore del Nuovo Accordo sul Capitale

  33. Tipologie di rischio I Rischi aziendali sono al centro dell’attenzione delle Autorità di Vigilanza e di Basilea II Rischio di Credito = rischio di perdita per insolvenza del debitore Rischio Operativo = rischio di perdita per non aver agito in maniera corretta Rischio di Mercato = rischio di perdita per variazione valore strumenti finanziari Altri Rischi Rischio Strategico: rischio di perdita per non aver scelto di fare la cosa giusta (scelta strategica sbagliata) Rischio Reputazionale: rischio di perdita per eventi che impattano sulla reputazione aziendale Rischio di Business: rischio di perdita per la volatilità dei ricavi Rischio di Real Estate: rischio di perdita per svalutazione del valore degli immobili include include Rischio legale: rischio di perdita a causa del mancato rispetto di leggi, regolamenti, normative, etcc. Rischio di tasso: rischio di perdita per variazioni sfavorevoli tassi di interessi Rischio di cambio: rischio di perdita per variazioni sfavorevoli tassi di cambio Rischio azionario: rischio perdita per variazioni sfavorevoli corsi azionari

  34. Basilea II e il Rischio di Credito Possibilità di subire una perdita a seguito dell’insolvenza, cioè del mancato rimborso del debito secondo gli obblighi contrattuali stabiliti con la Banca, di una controparte nei confronti della quale esiste un’esposizione creditizia RISCHIO DI CREDITO Le variabile del rischio di credito sono: • perdita attesa: è la stima di perdita che più verosimilmente avrà luogo in un anno • Analiticamente: PA = PD * LGD * EAD PA = perdita attesa PD = probabilità di default LGD = tasso di perdita data l’insolvenza EAD = esposizione al momento del default • perdita inattesa: è la variabilità della perdita attesa e rappresenta la massima perdita ottenibile con un certo intervallo di confidenza

  35. Basilea II e il Rischio di Credito Basilea II introduce un nuovo metodo di misurazione del Capitale Regolamentare basato sulla corretta quantificazione del rischio di credito attraverso il sistema di rating Il rating è la valutazione sintetica del merito di credito di una controparte (rating di controparte) o del profilo di rischio di una operazione (rating di operazione); nel primo caso si fa riferimento alle sole caratteristiche della controparte, e si misura la probabilità di insolvenza (PD), nel secondo si ha come oggetto di analisi l’operazione nel suo complesso (controparte, garanzie, durata, clausole accessorie) e si fornisce una misura comprensiva anche dell’esposizione al momento del default (EAD) e del tasso di perdita in caso di insolvenza (LGD) Il sistema di rating è definito come un insieme strutturato e documentabile di metodologie, processi organizzativi e organizzazione delle basi dati, che permettono la raccolta delle informazioni rilevanti, la loro elaborazione e l’attribuzione di una valutazione sintetica del rischio connesso con un singolo credito, con l’obiettivo di pervenire ad una stima della perdita attesa

  36. Obiettivi della proposta di Nuovo Accordo sul Capitale • Assicurare che l’allocazione di capitale delle banche si maggiormente risk-sensitive • Introdurre requisiti patrimoniali per il rischio operativo • Migliorare il livello di convergenza tra capitale economico e capitale di vigilanza • Incoraggiare le banche all’utilizzo di sistemi interni per il calcolo dei rischi Da Basilea I a Basilea II 1988 2003 • Considerazione solo dei rischi di credito e di mercato (dal 1996) • Capitale di Vigilanza “lontano” dal concetto di Capitale Economico (VaR) e “misleading” per l’allocazione del capitale e “mispricing” • Estensione dei requisiti patrimoniali per i rischi operativi • Avvicinamento del Capitale di Vigilanza al Capitale Economico (VaR) con l’introduzione di modelli avanzati anche per il rischio di credito e operativo In vigore dal 2007 per il rischio di credito si richiedono serie storiche di almeno 2/7 anni a seconda dei parametri; di 3 anni le serie storiche inerenti il rischio operativo

  37. I Pilastri della nuova normativa I° PILASTRO Requisiti patrimoniali minimi II° PILASTRO Controlli prudenziali sull’adeguatezza patrimoniale III° PILASTRO Informazione al pubblico / disciplina di mercato Costituiscono un insieme unitario e il Nuovo Accordo non può considerarsi attuato se non sono operanti insieme

  38. Il primo Pilastro BASILEA II Requisiti patrimoniali, organizzativi e gestionali del gruppo bancario Vengono richiesti requisiti minimi di capitale a copertura dei rischi Vigilanza sui Requisiti di Capitale Disciplina imposta dal mercato Requisiti minimi di capitale Il primo Pilastro è rivolto a definire le regole quantitative per la misurazione dei fabbisogni di capitale in relazione ai diversi profili di rischio

  39. Il secondo Pilastro BASILEA II Requisiti patrimoniali, organizzativi e gestionali del gruppo bancario Vengono definiti processi di controllo prudenziale da parte delle Autorità di Vigilanza Vigilanza sui Requisiti di Capitale Disciplina imposta dal mercato Requisiti minimi di capitale Il secondo Pilastro affianca alle regole quantitative un processo interattivo tra le autorità di vigilanza a livello di Comitato di Basilea e soprattutto a livello nazionale con le banche

  40. Il terzo Pilastro BASILEA II Requisiti patrimoniali, organizzativi e gestionali del gruppo bancario Vengono introdotte regole di trasparenza e comunicazione che puntano ad ottenere un accrescimento della disciplina di mercato Vigilanza sui Requisiti di Capitale Disciplina imposta dal mercato Requisiti minimi di capitale Il terzo Pilastro rafforza l’efficacia della normativa sulla trasparenza dell’informazione al fine di premiare la buona gestione e penalizzare scelte e comportamenti carenti e troppo rischiosi

  41. Basilea II e il Rischio di Credito La Normativa di Basilea determina direttamente il capitale come somma di perdita attesa ed inattesa Perdita attesa REQUISITO PATRIMONIALE + Perdita inattesa Basilea II prevede più opzioni per la misurazione del rischio di credito Approccio Standard Adotta pesi di rischio prestabiliti in base alla categoria del debitore Rischi di credito Variabili di calcolo PA = perdita attesa PD = probabilità di default LGD = tasso di perdita data l’insolvenza EAD = esposizione al momento del default Maturity = durata residua PD stimata dalla Banca LGD fissata da Aut. Vigilanza EAD fissata da Aut. Vigilanza Metodo Base Approccio “IRB” basato sui rating interni PD stimata dalla Banca LGD stimata dalla Banca EAD stimata dalla Banca Metodo Avanzato Le stime di PD, LGD e EAD si devono basare su serie storiche significative

  42. Le “attuali” regole per la determinazione del capitale di vigilanza Il Patrimonio di vigilanza detenuto dalle banche a fronte della copertura dei rischi su crediti è attualmente determinato secondo criteri stabiliti nell’Accordo di Basilea sul Capitale del 1988: Non differenziati per l’effettiva rischiosità delle controparti Coefficienti fissi • Prevalentemente dipendenti da: • Natura della controparte (Banche-Stati sovrani-Corporate-Consumer) • Presenza di particolari garanzie EFFETTI • Disallineamento tra CAPITALE REGOLAMENTARE e CAPITALE ECONOMICO • Penalizzazione delle Banche virtuose, costrette ad allocare Capitale in eccesso, e premio alle Banche meno virtuose, non obbligate a riservare idonee quantità di Patrimonio di Vigilanza

  43. Le “attuali” regole per la determinazione del capitale di vigilanza Accordo di Basilea sul Capitale del 1988: Esposizione Ponderazione per coefficienti di rischio standard Attivo ponderato Patrimonio di vigilanza = 8% dell’attivo ponderato L’assorbimento di capitale oggi è indifferenziato per TUTTE le esposizioni corporate:

  44. Le “nuove” regole per la determinazione del capitale di vigilanza Le modalità con cui il sistema bancario concede credito subiranno nei prossimi anni profondi mutamenti a seguito delle ricadute legate all’applicazione dell’Accordo sul Capitale (Basilea II). OBIETTIVO L’Accordo è volto a misurare la quota minima di capitale che la Banca è tenuta a detenere a fronte del rischio di credito QUALITA’ DELL’ATTIVO ASSORBIMENTO DEL CAPITALE

  45. Le “nuove” regole per la determinazione del capitale di vigilanza Requisiti patrimoniali minimi (Primo Pilastro) Il Comitato di Basilea permette alle Banche una scelta fra due metodi per calcolare i loro requisiti patrimoniali in relazione al rischio di credito Approccio Standard Modifica i vecchi pesi e consente l’utilizzo dei rating esterni Internal rating Internal Rating Based (IRB) Foundation Richiede che la Banca assegni un rating interno e una probabilità di insolvenza (PD) alle singole controparti. Le ponderazioni dipenderanno da tali valori e da parametri definiti, stimati dalle autorità di vigilanza, per l’esposizione a default (EAD), la perdita in caso di insolvenza (LGD) e la Maturity. Internal Rating Based (IRB) Advance Richiede che la Banca stimi anche i parametri di EAD, LGD e la Maturity.

  46. Indice Argomenti Il Nuovo Accordo sul Capitale L’applicazione dei principi contabili internazionali I crediti nello IAS 39 Basilea II e IAS 39: un confronto Possibile scenario futuro del mercato dei crediti

  47. IAS e contesto normativo di riferimento La normativa contabile europea sta affrontando un importante processo di armonizzazione tendente a recepire sempre più i principi contabili internazionali IAS = International Accounting Standards e IFRS = International Financial Reporting Standard Il Regolamento dell’Unione Europea 1606/2002 ha stabilito che il primo bilancio consolidato da pubblicare secondo gli IAS è quello dell’esercizio 2005

  48. L’applicazione dei nuovi principi contabili internazionali Proprio in quanto gli IAS non costituiscono solamente un modello di valutazione (alternativo a quello tradizionale), la loro applicazione ha effetti pervasivi Sull’offerta di prodotti finanziari alla clientela (e relativa contrattualistica) 1 Sui sistemi amministrativi (piani dei conti, procedure amministrative e contabili, budgeting e reporting direzionale) 2 Sui sistemi informatici di supporto ai sistemi amministrativi ed operativi 3 Sui processi operativi e sugli orientamenti gestionali (es. risk management e segment reporting) 4 Sulla cultura e sui modelli di informazione e comunicazione al mercato 5 Aspetti societari/fiscali/distribuibilità risultati 6

  49. Indice Argomenti Il Nuovo Accordo sul Capitale L’applicazione dei principi contabili internazionali I crediti nello IAS 39 Basilea II e IAS 39: un confronto Possibile scenario futuro del mercato dei crediti

  50. Categoria di iscrizione e metodi di valutazione IAS 39 non prevede disposizioni specifiche per i crediti in quanto tali e si applica ai crediti in quanto strumenti finanziari Costo Ammortizzato per i crediti di durata superiore ai 18 mesi Costo per i crediti che scadono nel breve periodo Loans and receivables Valutate al Fair value Profitti e perdite da rivalutazione a patrimonio netto Valutate al Available for sale Fair value Profitti e perdite da rivalutazione a conto economico Financial Instruments at fair value through profit and loss Valutate al

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