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“La Psicologia del Confronto” Intervento del Dott. Stefano Greco

“La Psicologia del Confronto” Intervento del Dott. Stefano Greco . MARTIAL ARTS DAYS Shaolin Temple, Via Marco Simone Roma 7 e 8 giugno 2008. “Il guerriero che non conosce la dolcezza, si rende vulnerabile al nemico”

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“La Psicologia del Confronto” Intervento del Dott. Stefano Greco

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Presentation Transcript


  1. “La Psicologia del Confronto” Interventodel Dott. Stefano Greco MARTIAL ARTS DAYS Shaolin Temple, Via Marco Simone Roma 7 e 8 giugno 2008

  2. “Il guerriero che non conosce la dolcezza, si rende vulnerabile al nemico” Antico detto dei Samurai

  3. L’Arte marziale come punto di incontro di molti punti di vista… • Tecniche di combattimento • Confronto con se stessi e con l’avversario • Una filosofia di vita • Un modo per governare in modo intelligente le proprie emozioni • Un “mettersi al servizio degli altri” • Un modo per rafforzare l’autostima • Una “via” di crescita personale

  4. Una definizione di Psicologia del Confronto • “La psicologia del confronto è un settore della psicologia che analizza le diverse modalità con cui gli individui reagiscono nelle occasioni di confronto, sia esso fisico, sia psichico” Rosa Maria Distefano “Psiche marziale” (Ed. Mediterranee)

  5. Il vero tatami è il nostro rapporto con la vita • La flessibilità necessaria a gestire gli eventi della vita equivale alla capacità del Maestro di Arti marziali nel saper convogliare tutta l’energia sviluppata dal sistema nella giusta direzione, cedendo od opponendosi nell’istante giusto.

  6. La flessibilità • La disponibilità e la capacità di modificare i propri schemi comportamentali e l’approccio ai problemi a fronte di mutate condizioni ambientali e/o personali • Dubbi, problemi, sfide, difficoltà non sono altro che “situazioni che ci mettono alla prova” e che richiedono adeguate strategie di affrontamento

  7. Non solo tecniche • Saper ri-conoscere le proprie modalità di risposta in situazioni di stress • Conoscere i propri punti di forza e di debolezza • Sviluppare consapevolezza sulle dimensioni psicologiche ed emotive che entrano in gioco durante le gare

  8. Criticità psicologichea livello individuale • La soglia di tolleranza della fatica • Lo stress da eccitazione (ad es. la presenza del pubblico durante una gara) • Ansie caratteriali, frustrazioni, Io debole/superficiale • La paura di essere rifiutati, non accettati • La paura di perdere – ansia da prestazione legata al timore dell’avversario – o di non farcela • La paura di vincere – “nikefobia” – nella duplice caratterizzazione: 1) Depressione da successo 2) Inibizione al successo

  9. Approfondimenti • “Nel caso della depressione da successo l’atleta, subito dopo aver conquistato un titolo importante, ha un crollo nella forma e nell’umore che gli impediscono di continuare a competere ad alti livelli. In questi casi per l’atleta l’agonismo, che in un primo momento era servito ad incrementare l’autostima, diviene fonte di ansia per le maggiori responsabilità che il successo comporta. Per l’atleta che grazie al successo ha gonfiato l’immagine di se stesso, senza avere una base psicofisica ben strutturata, sarà più difficile accettare le inevitabili defaillance dell’allenamento e delle gare che verranno; defaillance che sono vissute come e vere e proprie ferite narcisistiche, soggettive e personali” (Rosa Maria Distefano)

  10. Approfondimenti • Nel caso dell’inibizione al successo l’atleta consegue ottimi risultati in allenamento, ma in gara è invaso dall’emozione e dall’ansia, condizione che gli impedisce di esprimere al meglio le proprie potenzialità. Tale stato è legato ad una struttura nevrotica della personalità e, quindi, ad insoluti problemi affettivi datati dall’infanzia ed evocati dalla situazione sportiva. Tra questi problemi, uno dei più importanti deriva dai sensi di colpa dovuti ad una inibizione dell’aggressività da parte del contesto familiare durante l’infanzia; dal momento che la pratica marziale, ed in particolare quella agonistica, richiede aggressività, le esperienze infantili possono facilmente essere evocate e l’atleta potrà vivere il successo come un atteggiamento contro i valori familiari. E’ naturale che, in un simile contesto, la vittoria può rappresentare la prova di una aggressività non più controllata. I sensi di colpa e gli stati d’ansia diventano così delle difese contro un pericolo ancora maggiore: il successo (Rosa Maria Distefano)

  11. Criticità a livello di squadra • Invidie e gelosie • Competizione interna non finalizzata • Incomprensioni con il Maestro • Tensioni con la palestra/organizzazione per motivi economici e/o organizzativi

  12. I due aspetti fondamentali della marzialità psicologica • IO COMPATTO, PROFONDO E CENTRATO IN SE’ (non su di sé) • INTEGRAZIONE DEI DIVERSI ASPETTI DELLA PERSONALITA’ (superamento definitivo di traumi, ferite, ricordi penosi, vissuti spiacevoli e raggiungimento di uno stato di sicurezza e padronanza personale)

  13. La mente è il corpo e il corpo è la mente • Superamento della semplicistica distinzione mente – corpo • L’essere vivente come unità integrata e coordinata dall’io cosciente • Esiste un’intelligenza del corpo ed una corporeità della mente (i pensieri non sono entità astratte o esterne ma fanno parte del nostro essere, così come le emozioni non sono solo ormoni fisiologici: è tutto interconnesso)

  14. Spezzone del film “L’ultimo samurai”

  15. Il contributo della Psicologia alle Arti marziali • Ascolto e supporti mirati per dissolvere ansie, paure e limiti autoimposti • Lavoro mirato per il rafforzamento dell’autostima, della sicurezza di se’ e della padronanza emotiva • Accompagnamento verso il raggiungimento degli obiettivi

  16. Alcuni esempi di tecniche psicologiche • Ancoraggi positivi – associazioni mentali di aiuto per l’atleta • Dialogo interno costruttivo e di autoincitamento • Isolamento acustico-sensoriale dall’ambiente e massima concentrazione verso il confronto

  17. "Un soldatodovrebbe seguire internamente la via della carità ed esternamente quella del coraggio; quindi il monaco impari dal soldato il coraggio e il soldato impari dal monaco la carità".

  18. Il codice etico dei praticanti delle Arti marziali e degli Sport da Combattimento • Con il termine "bushido" che vuol dire "via del guerriero" (bushi= guerriero do= via), si intende un codice comportamentale che i samurai di dettero per disciplinare la loro casta. • Questo codice venne messo per inscritto da Tsuramoto Tashiro che raccolse le regole del monaco-samurai Yamamoto Tsunemoto (1659-1719) nel famoso testo Hagakure che significa “All'ombra delle foglie". • Nel bushido si trovavano elementi  zen e scintoisti. • La formazione del samurai ideale fu il risultato di varie componenti, religiose, filosofiche, sociali, che interagirono determinandone le regole da seguire. Sarà proprio il buddismo zen a rendere lo spirito del samurai forte come la sua spada. Il samurai doveva dimostrare impassibilità e autocontrollo in tutte le circostante e per questo si allenava per anni. Grazie allo zen il samurai imparava ad avere padronanza assoluta di se stesso in qualsiasi situazione; lo zen insegnava molte altre cose al samurai, come la magnanimità verso i deboli, i vinti, scrivere poesie o semplicemente ritirarsi a bere del tè (cha). • Il samurai doveva possedere: senso del dovere (Giri), risolutezza (Shiki), generosità (Ansha), fermezza d'animo (Fudo), magnanimità (Doryo) e umanità (Ninyo).

  19. La figura del Santo-Guerriero • L’atteggiamento del praticante di Arti marziali riflette sia quello dell’asceta – yogi in meditazione appartato – sia quello del “mondano”, vale a dire una persona che vive attivamente nel mondo, immerso nello spirito del suo tempo

  20. Dal punto di vista psicologico • Il Santo-Guerriero parte dalla convinzione che non esistono ostacoli più grandi di quelli che la persona autogenera e che qualsiasi sollecitazione provenga dalla vita debba essere affrontata con atteggiamento fermo e costruttivo, credendo fermamente che verrà superata con esito vittorioso

  21. Nella vita di tutti i giorni, questo significa che… • Il praticante di Arti marziali non deve usare le sue tecniche per fare il bullo o l’esibizionista, attaccare i tifosi della squadra avversaria allo stadio o massacrare di botte l’automobilista indisciplinato • Il praticante di Arti marziali è “sulla via della crescita” e della consapevolezza di se stesso, del valore della sua vita e di quella degli altri

  22. Conclusioni • Attraverso le Arti marziali, l’individuo non soltanto sviluppa la capacità di combattere ma anche e soprattutto quella di comprendere che la vera questione non è l’ostacolo ad essere più forte dell’individuo ma quest’ultimo a dover trovare il coraggio di sconfiggere la sua stessa paura, di far defluire la sua rabbia e le sue frustrazioni in modo armonico, per arrivare a conquistare uno stato di beatitudine interiore

  23. Conclusioni • Le Arti marziali sono state diffuse per offrire all’uomo sicurezza e fiducia in se stesso, per fargli riconoscere le manifestazioni della propria paura, rabbia e frustrazioni • Saper riconoscere le “qualità dell’avversario” è alla base della capacità di confrontarsi • La volontà di confrontarsi è già volontà di vincere

  24. Riferimenti Relatore • Dott. Stefano Greco, Psicologo e Coach per lo sviluppo delle qualità personali, del benessere, della sana combattività e dell’autostima nella vita e nello sport • Consulenze personalizzate, conferenze, interventi nelle palestre, workshop per squadre sportive • E-mail: stefano.greco7@tin.it • Cellulare: 340.3881451

  25. Bibliografia Stefano Greco, Edizioni FrancoAngeli Milano • “Umorismo & Management. Una leadership a colpi di sorriso. Come sviluppare un approccio innovativo nella gestione delle persone in azienda” • “La formazione come palestra della professionalità. Guida pratica all’utilizzo delle attività formative per le persone e le organizzazioni” • “La psicologia del cambiamento. Riflessioni, risorse e strategie per governare gli eventi della Vita” Nelle migliori librerie o su www.ibs.it

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