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Il progetto Im.Pr.O.N.T.E . ( Im prese per la Pr oduzione O rganizzata di N uove T inture E cologiche ) ha come obiettivo la riscoperta e la valorizzazione di due piante tintorie utilizzabili per l’estrazione di principi coloranti:
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Il progetto Im.Pr.O.N.T.E.(Imprese per la ProduzioneOrganizzata di NuoveTintureEcologiche)ha come obiettivo la riscoperta e la valorizzazione di due piante tintorie utilizzabili per l’estrazione di principi coloranti: • il guado (Isatistinctoria L.) per la produzione dell’indaco, sostanza colorante blu i cui precursori sono contenuti nelle foglie • il cartamo (CarthamustinctoriusL.), dai cui fiori si estraggono pigmenti di colore giallo e rosso
Obiettivi del progetto • Messa a sistema dell’intera filiera produttiva nelle singole fasi di: • coltivazione delle due piante; • estrazione dei relativi coloranti; • impiego per la tintura dei tessuti; • Fattibilità tecnica ed economica del loro inserimento nei piani colturali; • Trasferimento dei risultati alle altre aziende del comparto agricolo.
Il progetto è stato articolato in quattro azioni • Azione 1 • Allestimento dei campi dimostrativi e definizione dei protocolli colturali (Partner: PSTS, Aziende Agricole) • Allestimento dei campi dimostrativi • Messa a punto delle tecniche di coltivazione a basso input • Analisi delle caratteristiche morfo-bio-agronomiche delle specie allo studio • Definizione dei protocolli colturali
Azione 2 • Produzione dei pigmenti e definizione dei protocolli di estrazione • (partner: PSTS, Aziende agricole) • Messa a punto del processo di estrazione dei pigmenti • Analisi delle caratteristiche quali-quantitative dei pigmenti • Definizione dei protocolli di estrazione dei pigmenti
Azione 3 • Tintura dei tessuti (partner: PSTS, Sartoria Pipi) • Messa a punto del processo di tintura • Prove di tintura su tessuti naturali • Analisi delle caratteristiche di qualità e stabilità del colore • Catalogo di tessuti in fibre naturali colorati con pigmenti naturali.
Azione 4 • Divulgazione e dimostrazione (partner: PSTS, Aziende agricole, Sartoria Pipi, Etnos) • Diffusione e divulgazione dei risultati generati dal progetto • Realizzazione di un network fra aziende agricole, enti di ricerca ed istituzioni.
Il ruolo dei coloranti naturali nel passato • Fin dall’inizio della storia del genere umano si colora per numerosi e diversi motivi: • soddisfare il proprio senso estetico; • esprimere la propria unicità; • emulare i fiori e gli uccelli; • dichiarare la propria appartenenza ad un ceto sociale o ad una tribù; • propiziare le forze della natura o quelle degli dei.
Fino al 1853 per colorare qualsiasi oggetto si faceva ricorso ai coloranti di origine naturale, ma quell’anno, William Henry Perkin scoprì il primo colorante sintetico. Estratto per sintesi dal catrame derivato del petrolio, fu la malvina a colorare la seta di una tonalità purpurea.
Importanza economica • Punti critici • ridotte dimensioni delle coltivazioni; • difficoltà nel reperimento del materiale di propagazione; • scarsa conoscenza delle tecniche colturali; • insufficiente grado di meccanizzazione; • assenza di impianti di prima trasformazione nelle zone adiacenti alle aree di coltivazione; • mancanza di un sistema di standardizzazione ed uniformità del prodotto che consenta di porre le basi per l’avvio di possibili procedure di certificazione.
Punti di forza • inserimento in un contesto di valorizzazione scientifico-culturale e ambientale attraverso il quale concorrere alla conservazione e al miglioramento delle risorse dei territori e ad alimentare le economie rurali locali; • mancata inclusione inserimento nell’elenco delle colture eccedentarie; • possibilità di essere coltivate con i metodi dell’agricoltura biologica, potendo così essere apprezzate da un mercato sempre più attento alle questioni ambientali e alla salubrità dei prodotti; • protezione dei terreni dal rischio di erosione, aspetto da tenere in considerazione per promuovere la coltivazione delle piante tintorie.
L’uso dei coloranti naturali nel settore tessile • Impieghi • scopi didattico-educativi; • recupero storico di attività del passato ; • attività creative nell’ambito del tempo libero; • produzione di capi, per lo più in lana e cotone, i cui filati sono stati colorati con i coloranti naturali a causa delle problematiche legate all’applicazione del colore, alla riproducibilità della tinta ed alla solidità dei colori.
I motivi che stanno conducendo ad una riscoperta dei coloranti di matrice vegetale si possono ricondurre a: • impatto sull’ambiente dei coloranti di sintesi nella fase di produzione e smaltimento; • consumo di risorse non rinnovabili, petrolio e derivati; • emissioni di sostanze tossiche nell’aria e nell’acqua;
tossicità dei coloranti di sintesi; • rischi per gli operatori nella fase di produzione; • rischi nella movimentazione di quantitativi elevati di sostanze chimiche altamente tossiche (anilina, ammoniaca, ecc.); • azione cancerogena di molti prodotti finiti; • rischi di dermatiti allergiche da contatto (DAC) per chi indossa vestiti colorati sinteticamente.
Il guado (Isatis tinctoria L.) Glasto comune, guado, erba guada, woad, dyer's woad, teinturiére, färberwaid, hierba pastel, glaston, pastello, tintaguada, guadone, vado, glastro, indaco.
Origine e diffusione • Il centro di origine di Isatistinctoria L. (2n=28) è probabilmente l’Asia centrale. • Il guado era già noto nell'epoca preistorica e veniva coltivato per estrarre dalle sue foglie i pigmenti coloranti dai quali si otteneva l'indaco, la colorazione blu più utilizzata dal genere umano. • Nel Medioevo, il guado ebbe la sua maggiore espansione in Europa, dove sembra sia stata introdotta dagli arabi. • Dapprima si diffuse in Inghilterra ed in Francia poi in Italia dove le coltivazioni ebbero una grande rilevanza economica a carattere industriale.
Nel XIV e nel XV secolo l’esportazione del guado risultava una delle voci più importanti per le casse dello stato. L'Umbria era una delle regioni di maggiore produzione, la cittadina di nome Gualdo Tadino, vicino a Nocera, era divenuta famosa per questa coltura. • Nel Midi-Pirenei, che rimase l’unica area di produzione in Francia, la sua coltura ha persino soppiantato quella tradizionale dei cereali nel triangolo Tolosa-Albi-Carcassonne.
Le ricchezze generate dal “blu di pastel” in Francia diedero origine al mito del “Paese della cuccagna”, sinonimo ancor oggi di abbondanza e di spensieratezza. Infatti, le foglie del guado dopo essere state frantumate ed essiccate, venivano conservate in sfere, “cocagnes” da dove deriva il nome “cuccagna”.
Tolosa si è imposta nel cuore del commercio del “pastel”, organizzato sotto l’impulso di commercianti audaci in una rete internazionale e capillare che serviva tutta l’Europa. • Le guerre di religione (1562-1598) e poi, nel XVII secolo, la schiacciante concorrenza dell’indaco che si estraeva dall'Indigofera tinctoria L. (da cui prende il nome il colore indaco), giunta dall’India, misero fine a questa fiorente economia.
Inquadramento botanico e organografia Dominio Eukaryota Regno Plantae Divisione Magnoliophyta Classe Rosidi Ordine Brassicales (Bromhead) Famiglia Brassicaceae (Burnett) Tribù Isatideae Genere Isatis L. Specie Isatis tinctoria L
pianta erbacea a ciclo annuale o biennale • glabra o pubescente • alta 40-120 cm con fusto eretto, trigono, robusto • foglie basali in rosetta, picciolate, oblungo-lanceolate, acute. • infiorescenza caratteristica dei mesi maggio/luglio, distribuita in densi racemi corimbosi, corolle gialle con lungo pedicillo a 4 petali • i frutti sono silique pendule, lunghe 3-5 volte la larghezza, contenenti un solo seme nero a maturità. Presentano una colorazione che vira dal marrone al rosso porpora intenso.
Ciclo biologico ed esigenze • Originaria dell’Europa centrale e meridionale. • In Italia è riscontrabile in quasi tutte le regioni ad eccezione del Trentino Alto Adige. • Pianta spontanea, i suoi habitat tipici sono terreni incolti, bordi stradali o ferroviari, suoli calpestati o disturbati. • Predilige suoli basici e/o sabbie silicee posti ad un’altitudine tra 0 e 2.100 m s.l.m. • In Sicilia, l’Isatistinctoriaè particolarmente abbondante su tutto il territorio etneo e questo potrebbe spiegare la cospicua presenza dell’Anthocharis damone sull’Etna.
Utilizzazione del prodotto • Specie officinale tossica • E’ stata impiegata per l'alto contenuto di sali minerali e di vitamine, per la cura dello scorbuto, delle anemie, delle debilitazioni fisiche con annesso dimagrimento, come stimolante per la crescita dei bambini, quale astringente e cicatrizzante per uso esterno, contro le dermatiti, le ulcere, le piaghe e le ferite • Ottimo come foraggio per il bestiame ed anche come pianta da sovescio • Raramente usata nell'alimentazione, causa la sua difficile digeribilità • L’interesse per il guado è legato soprattutto alle sue peculiarità tintorie
Le foglie fresche del guado contengono i precursori del pigmento indaco, che viene poi estratto per la tintura attraverso un sistema di macerazione. Il prodotto ottenuto viene poi asciugato ed essiccato, fino ad ottenere il pigmento naturale sotto forma di polvere. Le foglie vengono strappate con le mani, una per una alla loro base, e poi vengono lavate e macinate fino ad essere ridotte in poltiglia. Quindi, vengono confezionate in pani con le mani per essere essiccate. Questa operazione non danneggia le piante, che emettono nuove foglie permettendo anche quattro raccolti durante la fase di maggiore attività vegetativa coincidente nei nostri ambienti con il periodo primaverile. Le proprietà coloranti delle foglie diminuiscono nelle epoche di raccolta più tardive. L’essiccazione dei “pani” avviene molto lentamente, essi vengono stesi ad asciugare su delle reti e rivoltati continuamente, avendo cura di mantenerne la loro compattezza.
Al termine dell’essiccazione, i tintori sbriciolano i pani con i martelli e poi li fanno sciogliere in acqua con l’aggiunta di un “mordente”, cioè una sostanza usata per fissare il colore prima di tingere, in modo che il pigmento poi risulti insolubile in acqua, durante i lavaggi dei tessuti. Prima che venisse scoperto e utilizzato il solfato di ferro, i “pani” si scioglievano in acqua e urina, ma si utilizzavano come mordenti anche ceneri, ghiande di quercia, rame e muschio. Filtrando il liquido, si ottiene il “bagno-colore”, dove si immergono le stoffe o le matasse per essere colorate e si lasciano bollire lentamente per tutta la notte. La mattina, una volta fissato il colore, vengono scoperchiati i calderoni e attraverso l'ossidazione all’aria, le stoffe color giallastro prendono la tinta indaco, durevole ed omogenea. Le matasse o le stoffe vengono quindi stese ad asciugare.
Protocollo tecnico per la coltivazione del guado Concimazione • La concimazione del terreno deve essere effettuata preferibilmente mediante concimi organici da interrare il più precocemente possibile con le prime lavorazioni del terreno con l’obiettivo di reintegrare gli elementi nutritivi asportati dalla coltura e mantenere stabili le condizioni di fertilità del suolo. • Non sono previste concimazioni di copertura
Preparazione del letto di semina • Il letto di semina deve essere preparato effettuando le più opportune lavorazioni del terreno necessarie per la eliminazione delle infestanti e per creare adeguate condizioni di sofficità in grado di assicurare una regolare germinazione dei semi. • Si raccomanda di eseguire erpicature ripetute in condizioni di tempera del terreno a circa 10-15 giorni da ogni precipitazione (falsa semina) al fine di eliminare le plantule delle infestanti.
Semina • La riproduzione del guado avviene per seme (silique); • Le silique hanno un colore violetto tendente al nero e sono in grado di mantenere la loro proprietà germinativa per due o tre anni dalla raccolta. • La semina deve essere effettuata in autunno, quanto più precocemente possibile, in relazione all’andamento termo-pluviometrico ed alle condizioni di sofficità raggiunte nel terreno, in modo da consentire alla pianta il raggiungimento di uno stadio di accrescimento tale da resistere alle basse temperature invernali e di avere un ciclo colturale quanto più lungo possibile al fine di ottenere rese elevate. .
La semina, manuale o attraverso seminatrici di precisione, va effettuata ad una profondità di circa 1-2 cm con file distanti tra loro 50-70 cm. • L’investimento unitario deve essere pari a 20 piante m-2(10 o 7 cm di distanza sulla fila) • Considerando un peso 1000 semi del guado pari a 5,5 g ed una germinabilità del 80%, la densità di semina deve essere pari a 1,4 kg di seme per ettaro • L’emergenza avviene dopo circa 10 giorni dalla semina
Cure consecutive • La pianta non ha bisogno di acqua né di interventi particolari di tecnica colturale, tranne la sarchiatura del terreno per il controllo delle erbe infestanti Aspetti fitosanitari • E’ necessario effettuare un costante controllo per monitorare l’eventuale verificarsi di avversità di tipo ambientale o parassitario.
Raccolta delle foglie • La prima raccolta delle foglie deve essere effettuata attraverso sfalcio manuale o per mezzo di falciatrici meccaniche quando la pianta raggiunge un’altezza ed un diametro di circa 25-30 cm. Lo sfalcio deve essere effettuato ad un’altezza dal terreno pari a circa 5 cm in modo da non inibire la capacità di ricaccio delle piante. • Successivamente vengono effettuati ulteriori sfalci ad un intervallo di circa 20 gg, ogni qualvolta la pianta raggiunge un’adeguata dimensione. • Gli sfalci vanno ripetuti fino a quando la produzione di biomassa è tale da giustificare l’intervento.
In Sicilia, alla fine della primavera-inizio estate, la pianta, che ha perso il suo potere colorante, si sviluppa in altezza sino a 1 metro, con una rigogliosa fioritura gialla e la successiva produzione di semi. • Come le altre brassicaceae, la coltivazione del guado non deve essere ripetuta sullo stesso terreno, al fine di evitare la presenza di parassiti indesiderati.
Risultati dei campi dimostrativi • La coltivazione del guado è stata realizzata negli anni 2012-13 e 2013-14 presso le 5 aziende agricole partner del progetto su una superficie pari a circa 4.000 m2 per ogni azienda • La semina è stata effettuata manualmente in entrambi gli anni tra la fine del mese di ottobre e l’inizio di novembre utilizzando un investimento unitario programmato di 20 piante m-2 con file distanti tra loro 70 cm. • E’ stato utilizzato seme della varietà ‘CS’ acquistato presso la ditta B&D World Seed, Francia • Non è stato necessario effettuare alcuna concimazione o intervento irriguo mentre il controllo della flora infestante è stato realizzato attraverso sarchiature manuali
La raccolta è stata effettuata nel periodo marzo-giugno sfalciando manualmente la parte aerea delle piante a circa 5 cm dal suolo, e ripetendo tale intervento ad intervalli di circa 20 giorni, ogni volta che l’altezza della pianta raggiungeva circa 25 cm • All’interno dell’appezzamento coltivato a guado in ogni azienda sono state individuate, in maniera randomizzata, 4 parcelle dalle dimensioni di 9 m2 (3 x 3 m) • In queste aree campione è stata rilevata la data di emergenza (gg dalla semina) e l’investimento unitario (piante m-2) e, in corrispondenza di ogni sfalcio effettuato sulle 3 file centrali, l’altezza della pianta (cm), il numero delle foglie (n), la lunghezza della radice (cm) ed il peso fresco e secco delle foglie (t ha-1)
Nella media dei tre ambienti di coltivazione la data di emergenza ha fatto registrare un valore medio pari a 11,1 giorni dalla semina e l’investimento unitario è risultato pari a 17,5 piante m-2. • Sono state effettuate 4 raccolte a 171, 190, 202 e 221 giorni dalla semina nella media dei 3 ambienti (con un valore medio generale pari a 195,8), quando le piante, al momento dello sfalcio, presentavano un’altezza media pari a 22,8 cm, un numero di foglie pari a 20,8 ed una lunghezza della radice pari a 11,3 cm. • La resa in biomassa fresca totale è risultata pari, nella media dei tre ambienti a 52,4 t ha-1 facendo registrare nelle 4 raccolte un andamento decrescente con valori pari, rispettivamente, a 19,1, 15,5, 11,6 e 6,2 t ha-1.
La resa in indaco grezzo ha raggiunto un valore totale nelle 4 raccolte pari a 59,0 kg ha-1facendo registrare in corrispondenza della seconda raccolta un valore più alto (24,5 kg ha-1) rispetto alla prima (17,1 kg ha-1) per poi decrescere successivamente con valori pari a 13,0 e 4,5 kg ha-1 registrati rispettivamente alla terza e quarta raccolta • La percentuale di pigmento estratto dalla biomassa fresca è risultata nella media pari a 0,11% con valori unitari registrati nelle 4 singole raccolte rispettivamente pari a 0,10, 0,17, 0,11 e 0,07%.
Caratteri biomorfologici ed agronomici (valori medi dei tre ambienti di coltivazione ± dev. st.)
Il cartamo (Carthamus tinctorius L.) Cartamo, zafferanone
Origine e diffusione • Il nome del genere Carthamus deriva dal verbo arabo “qurtum”, tingere, con riferimento alle proprietà tintorie delle sue infiorescenze, mentre il nome specifico tinctorius, è un aggettivo che sottolinea le qualità tintorie della pianta • Il cartamo è una pianta annuale di origine policentrica, dall'Asia continentale (Iran, Pakistan) all'Africa orientale (Sudan, Etiopia). Coltivata fin dall'antichità in Egitto, Cina, bacino del Mediterraneo ed Etiopia • In Italia il cartamo è presente allo stato spontaneo in alcune regioni centro-settentrionali
Anticamente il cartamo era noto sia agli Egizi che ai Greci per le sue infiorescenze, dalle quali si estraeva la cartamina, una sostanza colorante usata per tingere i tessuti ma anche in campo alimentare e cosmetico. • Nell'Italia settentrionale, nel primo dopoguerra, il cartamo veniva coltivato quale succedaneo dello zafferano, simile per aspetto e colore, ma provvisto di un blando aroma e per questo indicato come lo “zafferano dei poveri”. • In seguito al miglioramento delle condizioni di vita, anche nelle nostre regioni non è stato più coltivato e lo si può trovare in qualche orto o giardino per la bellezza dei suoi fiori.
Con l'avvento dei coloranti chimici questa pianta è stata quasi completamente abbandonata per l’utilizzo dei pigmenti coloranti. • Oggi il cartamo è coltivato nel mondo per la produzione di olio su una superficie pari a circa 800.000 ettari ed una produzione di seme pari a circa 650.000 t. • L'India è il più grande Paese produttore di cartamo del mondo seguita da Kazakistan, Messico e U.S.A. • In Europa il cartamo è coltivato solo in Spagna e Portogallo.
Inquadramento botanico e organografia Dominio Eukaryota Regno Plantae Divisione Magnoliophyta Classe Magnoliopsida Ordine Asterales Famiglia Asteraceae Sottofamiglia Cichorioideae Tribù Cardueae Sottotribù Centaureinae Genere Carthamus Specie C. tinctorius
Il cartamo è una specie annuale, che raggiunge un’altezza di circa 1 m. Le foglie superiori sono spinose. La radice è di tipo fittonante e può arrivare ad una profondità di 1,5 m. Ogni ramificazione termina con un’infiorescenza a capolino che porta fino a 100 fiori, tutti tubulosi, circondati da brattee spinose. I fiori sono gialli, giallo-rossastri o bianchi. A fecondazione avvenuta, prevalentemente autogama, gli ovari dei fiori evolvono in acheni di colore bianco brillante che a maturità contengono il 9-10% di acqua e il 38-40% di olio.
Utilizzazione del prodotto • all'interno della pianta di cartamo possiamo trovare un gran numero di principi attivi davvero molto importanti, come i glucidi, i lipidi, la vitamina C, la cellulosa, un olio incluso fra i grassi insaturi, con azione anti-colesterolo • un enzima che si trova nei semi utilizzato per la coagulazione del latte e come addensante per la preparazione di creme e budini a livello industriale • la cartamina e neocartamina che sono dei coloranti flavonici, proteine, fibre, calcio, potassio, ferro, tiamina, riboflavina e niacina • la medicina popolare utilizzava i semi di questa pianta per trattare gli stati infiammatori del fegato, i fiori venivano usati nel trattamento di malattie esantematiche