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Diritto di cronaca • è legittimo quando concorrano le seguenti tre condizioni: 1) utilità sociale dell’informazione; 2) verità (oggettiva o anche soltanto putativa purché, in quest’ultimo caso, frutto di un serio e diligente lavoro di ricerca) dei fatti esposti; 3) forma “civile” della esposizione dei fatti e della loro valutazione: cioè non eccedente rispetto allo scopo informativo da conseguire, improntata a serena • obiettività almeno nel senso di escludere il preconcetto intento denigratorio e, comunque, in ogni caso rispettosa di quel minimo di dignità cui ha sempre diritto anche la più riprovevole delle persone, sì da non essere mai consentita l’offesa triviale o irridente i più umani sentimenti.
Interesse pubblico della notizia • È il diritto dell’opinione pubblica a essere messa al corrente di fatti che incidono sulla vita politica, sulla società, sul costume, sulle relazioni interpersonali.
La verità • La verità dei fatti, cui il giornalista ha il preciso dovere di attenersi, non è rispettata quando, pur essendo veri i singoli fatti riferiti, siano, dolosamente o anche soltanto colposamente, taciuti altri fatti, tanto strettamente ricollegabili ai primi da mutarne completamente il significato.
La verità • La verità non è più tale se è “mezza verità” (o comunque, verità incompleta): quest’ultima, anzi, è più pericolosa della esposizione di singoli fatti falsi per la più chiara assunzione di responsabilità (e, correlativamente, per la più facile possibilità di difesa) che comporta, rispettivamente, riferire o sentire riferito a sé un fatto preciso falso, piuttosto che un fatto vero sì, ma incompleto. La verità incompleta (nel senso qui specificato) deve essere, pertanto, in tutto equiparata alla notizia falsa.
La verità • È sempre necessaria una valutazione caso per caso, per verificare se l’aver taciuto le circostanze di fatto che modificano, qualificano e completano la notizia siano frutto di malizia o pura dimenticanza (Cass. pen., 29/4/ 2003, n. 19804)
Forma “civile” della esposizione dei fatti • La forma della critica non è civile, non soltanto quando è eccedente rispetto allo scopo informativo da conseguire o difetta di serenità e di obiettività o, comunque, calpesta quel minimo di dignità cui ogni persona ha sempre diritto, ma anche quando non è improntata a leale chiarezza.
L’intervista • La questione giuridica relativa alla condotta del giornalista, che si limita a riportare un'intervista dal contenuto diffamatorio, comporta un delicato bilanciamento tra interesse della collettività alla conoscenza delle informazioni di interesse pubblico e il diritto dei soggetti menzionati nell'intervista alla tutela del loro onore e reputazione
I° orientamento • Affermazione di responsabilità del giornalista, a titolo di concorso con il dichiarante, per la pubblicazione delle dichiarazioni di terzi lesive della reputazione altrui, in quanto a carico del cronista sussiste sempre il limite della verità della notizia che egli ha il dovere giuridico di controllare per evitare che la stampa si traduca in una "cassa di risonanza" delle offese alla reputazione, anche se non condivise dal giornalista;
II° orientamento • l'obbligo della verità, cui deve attenersi il giornalista, avrebbe ad oggetto solo la fedeltà al testo dell'intervistato e non anche il contenuto delle dichiarazioni rilasciate, purché di interesse pubblico. In tal senso sarebbe configurabile l'esimente putativa dell'esercizio del diritto di cronaca in favore del giornalista tutte le volte in cui la notizia è costituita non solo dal contenuto delle dichiarazioni rese dall'intervistato, quanto dalle qualità di quest'ultimo, idonee a determinare un particolare affidamento sulla veridicità delle sue affermazioni.
L’intervento delle SS.UU. penali della Cassazione • Stabilire se sia configurabile, e in quali limiti, la responsabilità penale del giornalista che riporti il testo di una intervista nella quale il soggetto intervistato abbia rilasciato dichiarazioni lesive della reputazione di terzi.
Cass. SS.UU., 16 ottobre 2001, n. 37140 • L'aver riportato "alla lettera" nel testo di un'intervista le dichiarazioni del soggetto intervistato, qualora esse abbiano oggettivamente contenuto ingiurioso o diffamatorio, non integra di per sé la scriminante del diritto di cronaca. • Il giornalista che assuma una posizione imparziale può tuttavia essere scriminato in forza dell'esercizio del diritto di cronaca quando il fatto in sé dell'intervista, in relazione alla qualità dei soggetti coinvolti, alla materia in discussione e al più generale contesto dell'intervista, presenti profili di interesse pubblico all'informazione, tali da prevalere sulla posizione soggettiva del singolo.
Cass. SS.UU., 16 ottobre 2001, n. 37140 • In tal caso, il giornalista potrà essere scriminato anche se riporterà espressioni offensive pronunciate dall'intervistato all'indirizzo di altri, quando, ad esempio, per le rilevanti cariche pubbliche ricoperte dai soggetti coinvolti nella vicenda o per la loro indiscussa notorietà in un determinato ambiente, l'intervista assuma il carattere di un evento di pubblico interesse, come tale non suscettibile di censura alcuna da parte dell'intervistatore.
Diritto di critica • Non consiste solo nella narrazione di fatti, ma nell’espressione di un giudizio, di un’opinione che come tale non può pretendersi rigorosamente obiettiva, posto che la critica, per sua natura, non può che essere fondata su un’interpretazione, necessariamente soggettiva, di fatti e comportamenti. (v. Cass., 3/7/1993, n.6493).
Diritto di critica • Difficoltà di discernere e separare la narrazione dei fatti dal loro commento. • Ove il giudice pervenga, attraverso l'esame globale del contesto espositivo, a qualificare quest'ultimo come prevalentemente valutativo, i limiti dell'esimente sono costituiti dalla rilevanza sociale dell'argomento e dalla correttezza di espressione
Diritto di critica • Fermo restando che il diritto di critica non si concretizza nella semplice narrazione di fatti, ma in un giudizio o nella manifestazione di una opinione, per cui i limiti scriminanti sono più ampi che nel diritto di cronaca, tuttavia anch’essi soggiacciono al limite della rilevanza sociale e della correttezza delle espressioni usate.
Diritto di critica • La critica deve pur sempre riferirsi ad un determinato evento, sia esso artistico, sociopolitico, storico, culturale, letterario o religioso, ma, per sua stessa natura, consiste nella rappresentazione, per l'appunto critica, di quello stesso fatto e, dunque, nella sua elaborazione. Ed il giudizio, che per definizione la sostanzia, non può essere rigorosamente obiettivo ed imparziale, in quanto è ineludibile espressione del retroterra culturale e formativo di chi lo formula.
Diritto di critica: limiti • concretizzandosi nella manifestazione di un'opinione che, come tale, non può pretendersi rigorosamente obiettiva, presuppone comunque un contenuto di veridicità, limitato alla oggettiva esistenza del fatto assunto a base delle opinioni e delle valutazioni espresse. • Esiste infatti una chiara differenza tra l'argomentata manifestazione di un'opinione e l'affermazione di un fatto non corrispondente al vero ed è principio indiscusso che la libertà della stampa di esprimere giudizi critici, cioè "giudizi di valore" trova il solo, ma invalicabile, limite nella esistenza di un "sufficiente riscontro fattuale.
Diritto di critica: limiti • Il diritto di critica consiste nella espressione di giudizi sull'operato e la figura altrui. Come tale, esso è connotato da un approccio decisamente soggettivo al fenomeno oggetto di critica. Il limite della verità dunque, diversamente da quel che avviene per il diritto di cronaca, non può essere strettamente rispettato, se non nell'obbligo di riferire correttamente il presupposto di fatto sul quale poi si innesta, appunto, il giudizio valutativo. • Ciò tuttavia non esime chi formula la critica dal rispetto degli altri due limiti che la giurisprudenza ha elaborato con riferimento alla attività giornalistica: quello della rilevanza sociale del fatto offerto alla cognizione dei lettori e quello della continenza, vale a dire della correttezza del linguaggio usato.
Diritto di critica e politica • Il diritto di cronaca sancito dall’art. 21 Cost. consente, nel corso delle competizioni politiche o sindacali, toni aspri e di disapprovazione, a condizione che la critica non trasmodi in attacco personale portato direttamente alla sfera privata dell’offeso e non sconfini nella contumelia e nella lesione della reputazione dell’avversario. (Nella specie la Suprema Corte ha ritenuto scriminante le aspre critiche dirette contro un candidato avversario durante la campagna elettorale per il rinnovo del consiglio comunale, definito “di razza nuova, spietato con la politica, un khomeinista nella lotta per il potere” uno che “avrebbe collaudato un modo di amministrare a metà strada tra il decisionismo e l’illegalità, come non si era mai visto finora nelle città peggio amministrate d’Italia” e che “avrebbe fatto da cerniera tra l’amministrazione e i vari gruppi immobiliari finanziari, che nel frattempo sarebbero diventati i veri padroni di Roma”) (Cass. 11746/1992)
Diritto di critica e politica • “il limite all’esercizio di tale diritto deve intendersi superato, quando l’agente trascenda ad attacchi personali, diretti a colpire, su un piano individuale, senza alcuna finalità di pubblico interesse, la figura morale del soggetto criticato, giacché, in tal caso, l’esercizio del diritto, lungi dal rimanere nell’ambito di una critica misurata ed obiettiva, trascende nel campo dell’aggressione alla sfera morale altrui, penalmente protetta” (Cass., sez. V. 20 gennaio 1984).
Diritto di critica e politica • Ciò che determina l’abuso del diritto è la gratuità delle aggressioni non pertinenti ai temi apparentemente in discussione; è l’uso dell’argumentum ad hominem, inteso a screditare l’avversario politico mediante l’evocazione di una sua pretesa indegnità o inadeguatezza personale, piuttosto che a criticarne i programmi e le azioni. Chi adopera questo tipo di argomenti, infatti, non può invocare il diritto di critica in nome della democrazia, perché tende a degradare il dibattito politico da un confronto di idee e di progetti a uno scontro tra pregiudizi alimentati dalle contumelie, sottraendo ai cittadini ogni possibilità di effettiva partecipazione politica (Cass., 7990/1998) • Né l’offesa personale può risultare legittimata da una forma espressiva che pretenda di suscitare ilarità.
Diritto di satira • Costituisce una modalità corrosiva e spesso impietosa del diritto di critica. • Raccontare i fatti mediante la burla, l’esagerazione, l’estremizzazione dei fatti. • Artt. 9, 21, 33 Cost. • Satira espressione artistica – limiti più elastici
Diritto di satira: Cass. n. 13563/1998 • La satira è anche espressione artistica in quanto opera una rappresentazione intuitivamente simbolica che, in particolare la vignetta, propone quale metafora caricaturale. Come tale non è soggetta agli schemi razionali della verifica critica, purché attraverso la metafora pure paradossale sia comunque riconoscibile se non un fatto o comportamento storico l’opinione almeno presunta della persona pubblica, secondo le sue convinzioni altrimenti espresse, che per sé devono essere di interesse sociale. Pertanto, può offrirne la rappresentazione surreale, purché rilevante in relazione alla notorietà della persona, assumendone contenuti che sfuggono all’analisi convenzionale ed alla stessa realtà degli accadimenti, ma non astrarsene sino a fare attribuzioni non vere
Diritto di satira: Cass. n. 13563/1998 • Sul piano della continenza il linguaggio essenzialmente simbolico e frequentemente paradossale della satira, in particolare grafica, è svincolato da forme convenzionali, onde non si può applicarle il metro consueto di correttezza dell’espressione. Ma, al pari di ogni altra manifestazione del pensiero, essa non può superare il rispetto dei valori fondamentali, esponendo la persona, oltre al ludibrio della sua immagine pubblica, al disprezzo.
Diritto di satira: Cass. 36348/2001 • Non può considerarsi satirica la critica che trascende l’ambito di un’interpretazione esasperata e finanche maliziosa di un accadimento reale - ma pur sempre volta a suscitare ilarità nel lettore - finendo per risolversi in allusione, gratuitamente offensiva, a fatti inesistenti.